2-3 giugno 2006 Parco del Gran Paradiso Alpi Graie

 

 

Località di partenza: Pont
Quota di partenza: 1960 metri
Dislivello: 770 metri
Difficoltà : E = (Escursionistico) percorso su sentiero o mulattiera ben tracciati e segnalati. Richiede comunque attrezzatura adeguata e allenamento.  
Area montuosa: Gran Paradiso
alpi Graie
Valle: Valsavarenche
Rifugio Vittorio Emanuele (2.730 m)
Rifugio Federico Chabod (2750 m)
Mappa - Mappa2

LA VALSAVARENCHE

Racchiusa dal massiccio del Gran Paradiso, la Valsavarenche confina con le Valli di Rhemes e Cogne, e alla testata con la Valle Orco con il piano del Nivolet. E’ attraversata dal torrente Savara, che si getta nella Dora Baltea nei pressi di Villeneuve (AO), dopo aver superato foreste e gole rocciose. Grazie alle sue caratteristiche, la valle è rimasta a lungo isolata; l’interesse turistico nei suoi confronti si è sviluppato solo a partire dall’Ottocento, quando il re Vittorio Emanuele II la scelse come meta prediletta delle battute di caccia, di cui era grande appassionato. Qui il sovrano poteva infatti dedicarsi alla caccia al camoscio e allo stambecco, diventati poi simboli del Parco Nazionale del Gran Paradiso, istituito nel 1922. Oltre che da camosci e stambecchi, le montagne della Valsavarenche sono abitate da aquile reali, gipeti e i più grandi rapaci alpini. Il territorio è estremamente vario, con ghiacciai e laghi alpini, che caratterizzano il paesaggio d’alta quota, ed è base di partenza per l’ascesa al Gran Paradiso (m 4061), l’unico 4000 interamente italiano.

La Valsavarenche è attraversata da una strada che dal piccolo comune di Introd, all’imbocco della valle, raggiunge Dégioz, a 1540 metri, ai piedi della Grivola e del Gran Nomenone, e arriva a Pont per terminare proprio alle falde del Gran Paradiso.


Il Parco Nazionale del Gran Paradiso, primo parco nazionale istituito in Italia, abbraccia un vasto territorio di alte montagne, fra gli 800 metri dei fondovalle e i 4.061 metri della vetta del Gran Paradiso.
Il territorio del Parco, a cavallo tra Piemonte e Valle d'Aosta, si estende su circa 70.000 ettari in un ambiente di tipo prevalentemente alpino. Le montagne del gruppo del Gran Paradiso sono state in passato incise e modellate da grandi ghiacciai e dai torrenti fino a creare le attuali vallate. Nei boschi dei fondovalle gli alberi più frequenti sono i larici, misti agli abeti rossi, pini cembri e più raramente all'abete bianco. Man mano che si sale lungo i versanti gli alberi lasciano lo spazio ai vasti pascoli alpini, ricchi di fiori nella tarda primavera. Salendo ancora sono le rocce e i ghiacciai che caratterizzano il paesaggio, fino ad arrivare alle cime più alte del massiccio che toccano i 4.061 metri proprio con quella del Gran Paradiso.

La compagnia per questo ponte festivo ha deciso un'escursione fuori dalle nostre sempre splendide Apuane, andiamo in Valsavarenche in Val d'Aosta.
Siamo in quattro: Alessandro, Marco, Mario e Rossano.
Prendiamo il furgone di Mario e partiamo, in verità siamo un pò sconsolati perché le previsioni danno brutto tempo in tutta la penisola; ma ormai ci siamo e tentiamo lo stesso.
rendiamo l'autostrada per Genova e successivamente per Voltri, Santià, Aosta. Man mano che procediamo però il celo si fa meno grigio e ad un certo punto in lontananza si vedono le agognate Alpi.
Usciamo dall'autostrada  ad Aosta ovest (prima uscita dopo Aosta verso il Monte Bianco), poi seguiamo le indicazioni per Saint Pierre. Una volta sulla statale, proseguiamo verso Courmayeur per un paio di Km fino all'indicazione, a destra, per Valsavarenche. A questo punto proseguiamo seguendo quest'indicazione salendo per circa 20 km fino al fondo della valle, dove c'è la frazione di Pont. La strada è una normale strada asfaltata di montagna, la quota di arrivo è  a 1960 metri.
Pont Valsavarenche, una piccola frazione costituita da poche case e posta al termina della strada carrozzabile, dotata di alcuni alberghi,
Lasciamo la macchina sul piazzale dove finisce la strada ci prepariamo per l'escursione e via partiamo.
Attraversiamo il torrente Savara e imbocchiamo il sentiero n°1 per il Rifugio Vittorio Emanuele, il sentiero è molto battuto e tenuto in buonissimo stato.
Costeggiamo per un tratto il torrente nel
pianoro che conclude il vallone di Seyvaz e dopo circa ottocento metri si sale in un bosco di larici  per poi uscirvi intorno ai 2200 m. Dopo alcuni tornanti in cui la mulattiera si fa più ripida si raggiungono i resti dell'alpe La Chantè a circa 2300 mt e poi attraverso praterie.
Stiamo salendo tranquillamente tra varie amenità e godendo dello spettacolo che ci si pone davanti e pregustiamo già la bellezze che potremo godere quando saremo più in alto, si molto più in alto perché noi vorremmo toccare i 4000 metri del Gran Paradiso.
Sennonché ad un certo punto ci giriamo e Mario non c'è più aspetta pure! dopo un pò arriva è visibilmente in difficoltà, mi sa che la quota l'ha fregato! ma siamo solo a duemila metri. Mentre Marco e Rossano vanno avanti io lo aspetto, cerco di distrarlo ma non c'è niente da fare ogni pochi minuti si deve sedere.
Non si scuote neanche quando due bei esemplari di stambecco ci camminano davanti a noi a pochi metri è proprio messo male!!!
Alla fine in qualche maniera arriviamo al rifugio, costruzione in metallo a forma di mezza botte rovesciata
  collocato al margine del laghetto di Moncorvè, visibile soltanto all'ultimo.
 Ci presentiamo al gestore e ci da una camera abbastanza accogliente, Mario viene invitato a sdraiarsi e riposare ma ci rendiamo conto che a lui i 4000 metri sono vietati.
Marco si offre di rimanere con Mario e ci propone di andare su a me e a Rossano; Rossano rifiuta subito e dice che o tutti o nessuno io a denti stretti acconsento che sia così.
Giunge l'ora di cena e ci viene servito un piatto di pasta al sugo spezzatino e purea, dolce e caffè, Mario non ce la fa neanche a mangiare e tra l'altro è anche un pò
irascibile non gli si può dire niente.
Restiamo un pò a parlare ma ben presto decidiamo di andare a letto, la notte passa bene anche perchè Mario, è si sempre lui! è un noto russatore ma per questa volta si è trattenuto abbastanza, almeno questo!
Verso le quattro del mattino si sono cominciate a sentire le centinaia di persone che si preparavano a salire al Granpa come lo chiamano da queste parti e una punta d'invidia mi assale: " quasi quasi mi alzo e mi accodo a questi! " ma poi la coscienza mi dice che è giusto stare tutti insieme e fare un giro che possiamo effettuare assieme. Però.......
Giunge l'ora di alzarsi, apro la finestra e per un attimo per l'invidia spero che il tempo sia brutto,  il sole invece splende sul
Ciarforon e la Becca di Monclair.
Andiamo a far colazione, trovare il rifugio semivuoto dopo la ressa della sera prima rigira il dito nella piaga ricordandomi perchè non c'è più nessuno.
 Va bè facciamo colazione, paghiamo il conto e partiamo alla volta del rifugio
Federico Chabod. 
Imbocchiamo il sentiero n° 1a, attraversiamo zone prative, dossi rocciosi e numerosi ruscelli oltrepassiamo il crestone di Moncorvében;  presto troviamo anche molte toppe di neve neve ben compatta e dura, ideale per i ramponi, ma erano solo chiazze che non anno richiesto grande prudenza, abbiamo fatto uso della piccozza solo in tratti particolarmente ripidi e più ampi ma niente di difficile, comunque davanti noi si apre uno spettacolo unico, Marco conosce solo una montagna e ce la indica come la Grivola.
Ci addentriamo sempre di più tra i massi morenici di antichi ghiacciai e a tratti il sentiero non è molto battuto anzi dobbiamo arrampicarci o saltare da un masso all'altro, scendiamo in una conca e attraversiamo un primo torrente con l'ausilio di un ponte poi saliamo a zig zag su un pianoro troviamo un'altro torrente e lo oltrepassiamo con lo steso sistema dell'ultimo e ci troviamo ad un bivio tra il sentiero n° 1a e il 5 prendiamo quest'ultimo verso destra e im breve siamo al rifugio Chabod  a quota 2750 mt.
La posizione in cui è costruito lo Chabod è splendida, sensazionale colpo d'occhio sulla parete Nord del Gran Paradiso, bella la vista anche verso il piccolo Paradiso e la Becca di Montandayné si può vedere bene la via normale dal Chabod, sia la Punta Basei e la  Punta Bioula..
Quando giungiamo non c'è nessuno: è già sono tutti sul Gran Paradiso, beati loro! Da qui è zona di partenza per la scalata alla parete nord, un vertiginosa parete ricoperta di ghiaccio.
Ci informiamo se si può mangiare, naturalmente si! ma non prima di un'ora e mezza, cosa fare se non rimanere ad ammirare il Gran Paradiso e il Piccolo Gran Paradiso e i ghiacciai che sono sopra di noi, intanto il bel sole ci abbronza anche un pò.
Entriamo a mangiare e intanto arrivano i primi che scendono dalla vetta e resto li con un misto d'invidia e di ammirazione a d ascoltare il racconto che fanno della loro esperienza.
Salutiamo, dopo aver pagato il conto, e ripartiamo per ridiscendere verso Pont.
Ritorniamo sui nostri passi e al bivio tra 1a e 5 continuiamo per il 5 scendiamo tra prati nel vallone di Savolère sino a quota di 2300 mt dove troviamo i primi radi  larici e poi in un bosco sempre più fitto di larici e pini cembriScendiamo gradatamente lungo ampi sinuosi tornanti, addentrandosi nel suggestivo bosco.
 Le marmotte si fanno spesso sentire con i loro tipici fischiettii e appaiono numerose tra una roccia e l'altra. Dopo circa 1 ora di cammino i casolari di Lavassey (2190 m.)
La valle ci sembra vicina e ora il sentiero è tenuto perfettamente mantenendo il disegno originale, subito si nota la perfetta costruzione del sentiero, originariamente itinerario di caccia per i signori di casa Savoia: ogni pietra collocata al posto giusto per dare l'inclinazione più agevole e non affaticare il passo. 
Siamo quasi arrivati ma tra gli alberi sentiamo un rumore secco ci voltiamo per vedere chi o cosa ha provocato tale rumore e con nostra sorpresa notiamo a pochi metri da noi tre stambecchi che si prendono a cornate, non se ne vanno neanche quando ci avviciniamo per fare delle foto, segno evidente che la tutela della fauna e del territorio qui sono molto efficaci.
Ormai giungiamo dopo circa due ora  e mezzo nella vallata e non ci resta che farci questi ultimi chilometri su strada asfaltata o forse no! 
Rossano ha individuato a monte un ponte che attraversa il torrente Savara e allora percorriamo i bei prati dell'alpeggio Pravieux
1834 mt. verso il passaggio sul torrente almeno evitiamo un pò di asfalto.
mentre camminiamo un nutrito gruppo di camosci pascola davanti a noi e poi guarda là delle marmotte!
Giungiamo al ponte e ben contenti vediamo che il sentiero prosegue di la dal ponte portandoci a poche centinaia di metri da Pont.
Quest'ultimo tratto bisogna che lo facciamo su asfalto ma è proprio un tratto breve.
Giungiamo al parcheggio, ci cambiamo e una sciacquata nell'acqua gelida del torrente ci caccia via la stanchezza, una birra e via si riparte per tornare a casa.
Non siamo riusciti a fare quello che volevamo ma abbiamo passato due giorni indimenticabili in uno scenario bellissimo, la colpa della mancata ascensione naturalmente non è di nessuno anche perché la legge della montagna o meglio la legge che noi vogliamo credere è quella di stare sempre uniti e godere tutti quanti delle stesse esperienze e non lasciare mai da solo chi è in difficoltà e poi abbiamo già prenotato il rifugio per agosto e questa volta ci andremo.