5 Terre - Campiglia
4 Marzo |
Percorso:Ad anello dal paease di Acquasanta (Marola) SP | Segnaletica:biancorossa CAI segnavia 11 - 4b - 4 - 1 |
Dislivello: m.circa510 sia in salita che in discesa | Tempo di percorrenza: ore6,30 circa |
Classificazione: E allenati | Punti sosta:nel paese di Campiglia, punto di ristoro a San Antonio |
Acqua: nel paese di Campiglia, fonte di Nozzano, nei pressi della chiesa di San Antonio | Periodo consigliato: tutto l'anno |
La prima immagine che viene in mente quando pensiamo
alle 5 Terre, è quella di versanti scoscesi che degradano a picco sul mare
seguendo il ritmo geometrico dei muri a secco,sui quali si estendono i bassi
pergolati della vite. Le 5 Terre rischiano di scomparire a causa del dirompente
abbandono delle terrazze coltivate, risultato della grande difficoltà e delle
immense fatiche che un’agricoltura del tutto peculiare, dove la
meccanizzazione è impossibile, richiede ai pochi volenterosi che ancora
resistono. Campiglia Tramonti, ubicata sulla vetta del promontorio che separa il
Golfo di La Spezia dal Golfo Dei Poeti, è un esempio delle fatiche che gli
abitanti della zona sopportano quotidianamente. I 2000 gradini della mulattiera
che fino a pochi decenni fa era l’unica via di comunicazione ne sono un
esempio.
Il nostro itinerario parte da Acquasanta, località a pochi minuti di auto dal
centro di La Spezia. Usciti dall’autostrada A11 al casello di Santo Stefano,
si percorre il raccordi per La Spezia superando la zona industriale e al primo
semaforo si svolta a sinistra immettendoci sul viale che porta verso
l’arsenale, seguendo le indicazioni per Portovenere. Costeggiando la base
della Marina Militare, in prossimità di una curva si notano i cartelli
segnaletici per Campiglia e Acquasanta. Si svolta a destra cercando un
parcheggio in prossimità del cimitero.
Il percorso scelto è tutto sommato assai breve, anche se naturalmente troveremo
il modo di allungarlo, perciò partiamo da Ripa alle 8. Arriviamo ad Acquasanta
alle 9 col sole gia alto e la temperatura insolitamente calda per la stagione.
Siamo in 15. Lasciate le auto percorriamo un tratto della carrozzabile per
Campiglia fino ad incontrare, sulla destra, l’inizio della vecchia mulattiera
ben visibile e ottimamente segnalata da cartelli (segnavia 11). Costruita alla
fine dell’800 era l’unico collegamento tra il paese di Campiglia e La
Spezia. Per la costruzione è stata utilizzata per la maggior parte pietra
arenaria della zona e per brevi tratti calcare, sempre locale. E’ stata
magistralmente posata da abili operai utilizzando cordoli trasversali sagomati a
schiena d’asino favorendo in tal modo il deflusso laterale delle acque
piovane. La scalinata è conservata intatta fino ai giorni nostri grazie
all’abilità e alle cure delle maestranze che la costruirono. Il percorso non
è certamente adatto ad escursionisti poco allenati; la mulattiera perfettamente
restaurata è facilmente percorribile ma si tratta sempre di una scalinata che
sembra non finire mai, che praticamente dal livello del mare porta fino ai 382
metri di Campiglia.
Il panorama del Golfo di La Spezia è oramai nascosto dal bosco ma non ne siamo
affatto dispiaciuti perché qui la macchia mediterranea esprime la sua massima
bellezza. Le pietre della mulattiera sempre ben squadrate, i ponti oramai
centenari ma sempre in eccellenti condizioni, fanno riflettere sulla maestria
delle genti che hanno abitato la zona. Restiamo favorevolmente sorpresi della
cura che il Parco delle 5 Terre dedica alla conservazione e fruibilità del
percorso, meravigliosi i cartelli segnaletici a forma di foglia di castagno,
un’idea davvero lodevole. I maglioni sono da tempo finiti in fondo agli zaini,
si fa per dire perché penzolano nelle maniere più improbabili da ogni laccio,
quando un po’ affaticati arriviamo al “ricovero”, un piccolo manufatto,
costruito al lato della mulattiera, adibito a punto di sosta e rifugio in caso
di pioggia, per i paesani. L’ utilizzo forse più importante era appunto di
ricovero per i carichi che i portatori lasciavano nel manufatto quand’erano
troppo stanchi, o quando qualche compaesano veniva a dare loro il cambio. Ci
fermiamo solo un istante, giusto il tempo per scattare una foto ad un gruppetto
“da ricovero”!!.
Il bosco inizia ora a diradarsi, siamo a Colle Caporacca, e il sentiero è meno
ripido. Ben presto raggiungiamo le prime case del paese, alcune semi diroccate
ma molte ristrutturate anche con poca attenzione a giudicare dagli orrendi (per
il luogo) infissi in alluminio veramente poco in sintonia con l’ambiente.
Campiglia, prossima alle 5 Terre, offre squarci panoramici che si spingono oltre
la zona orientale del golfo, fino alle Alpi Apuane. In direzione di Portovenere
il territorio di questa frazione è collegato attraverso numerosi sentieri alle
vicine frazioni di Persico e Navone, verso il mare si espande fino alle rocce di
Albana, dette le Rosse, una scogliera particolarmente ricca di ossidi di ferro
grazie ai quali assume una colorazione rosso intenso molto suggestiva, e a
quelle del Muzzerone, ovvero le Nere grazie all'affioramento superficiale di
ardesia. Probabile insediamento preromano, conserva resti archeologici nella
limitrofa località di Castellana e resti megalitici al Monte della Madonna,
nella contigua Tramonti di Biassa. Campiglia Tramonti è conosciuta per la
produzione di vino Sciacchetrà - il Tramonti di Campiglia. Lo Sciachetrà -
chiamato in realtà rinforzato (refursà) nei luoghi di origine - è un vino
dolce passito prodotto nella zona delle 5 Terre da uve che provengono dai
celebri terrazzamenti. Arrivati nella piazzetta, sono le 10,30, siamo subito a
chiederci quale sentiero imboccare, naturalmente non perché non sappiamo come
tornare ma piuttosto per trovare il modo di allungare il percorso. Dopo varie
consultazioni decidiamo per una deviazione verso Levanto per poi ritornare a
Campiglia e infine dirigerci verso Portovenere, rientrando ad Acquasanta con i
mezzi pubblici. I Carabinieri in servizio in paese ci garantiscono che ci sono,
ci fidiamo? ….Si…naturalmente. Prima però visitiamo la chiesa di Santa
Caterina e ci concediamo un momento di relax, e una fetta di fragrante focaccia,
godendoci il panorama.
Ripartiamo alle 13,10 imboccando il sentiero (segnavia
1) che parte dalla chiesetta e seguendo il crinale attraversa la palestra nel
verde tornando a Campiglia. La palestra nel verde è una vasta area attrezzata,
immersa nel bosco, che consente tranquille passeggiate e simpatici esercizi
ginnici. Chiaramente ne approfittiamo per esibirci in improbabili sollevamenti
pesi o arrampicate su corde e scale. Il percorso, ora in discesa, ci lascia
tutto il tempo per dare qualche occhiata al sottobosco alla ricerca di qualche
fungo che l’esperto Piero dice che possiamo trovare. Il sentiero si snoda
quasi per intero nel bosco nascondendo il panorama del golfo ma saremo
ampiamente ripagati andando verso Portovenere. Alle 14,20 siamo di nuovo a
Campiglia, si deve attraversare la piazza, superare la chiesa di S. Caterina e
proseguire costeggiando il parco di un affittacamere. Si arriva, sempre in
discesa da ora in poi, sulla carrozzabile che porta al paese di Campiglia. In
prossimità di un’ampia curva si può decidere se aggirare il Monte Castellana
o proseguire lungo il crinale a picco sul mare. Scegliamo questo sentiero
(segnavia 1). Anche se indicato come difficile e conosciuto come “Sentiero del
Diavolo”, è in realtà assai agevole e di spettacolare bellezza. Come su ogni
sentiero a picco su dirupi è necessaria molta attenzione ma può essere
percorso praticamente da tutti. Inizialmente procediamo con molta attenzione
perché alcuni componenti del gruppo non sono troppo esperti. In realtà è
abbastanza esposto in alcuni tratti, tuttavia non è mai davvero difficile; così
ben presto ci rilassiamo quanto basta per goderci il panorama che ora è davvero
bellissimo.
Alle 15,15 riprendiamo la via del ritorno sul sentiero (segnavia 9) che inizia
alla fine del paese in corrispondenza di un’ampia curva della carrozzabile.
Siamo un po’ stanchi, è la prima uscita e i dislivelli da superare sono
comunque di una certa importanza; non superiamo mai 400 metri di quota ma i
continui saliscendi costringono ad oltre 1000 metri di salita, non male vero! Da
ora in poi è tutta salita sulla vecchia mulattiera del Santuario, non esiste
alcun pericolo così lasciamo che ognuno segua il proprio ritmo con i più
allenati che non vedono l’ora di raggiungere Soviore per un tè caldo e
ripararsi dal vento gelido, e i meno allenati che seguono affannosamente. I
limoni sono troppo attraenti ma i proprietari hanno accortamente raccolto i
frutti più vicini alla strada lasciando in bella mostra gli altri; ogni
tentativo è vano! Quando il sentiero interseca la carrozzabile si trovano
sempre cartelli segnaletici perciò chiunque fosse interessato a ripetere anche
solo il tratto Monterosso – Soviore non incontrerà alcun problema. Arriviamo
al Santuario alle 16,25, non siamo stanchi ma decisamente infastiditi dal vento
che ora è assai forte. Rivolgiamo un ultimo sguardo al mare in tempo per notare
uno strano fenomeno prodotto dal forte vento: al largo un mulinello alza
imponenti spruzzi di acqua che assomigliano a rivoli di fumo. Ci soffermiamo un
attimo presso la Cappella di Santa Maddalena che sorge esattamente nel luogo
dove nel 740 venne rinvenuta la reliquia venerata inizialmente nella stessa, e
dal 1000 nel Santuario di Soviore poco distante. All’arrivo deridiamo
amichevolmente Erio che si è sistemato comodamente al sole sotto il porticato
ma ben presto cambiamo idea raggiungendolo, con questo vento non basta neppure
il pile.
In lontananza, appena velate dalla nebbia che ne accresce il fascino, vediamo la
Palmaria, le pareti del Muzzerone e guardando bene, quello che da qui appare
piccolissimo: il promontorio di Porovenere con l’inconfondibile chiesetta e lo
scoglio di Byron. Arriviamo a Sella di Derbi alle ore 15,20,all’intersezione
del sentiero dell’Alta Via del Golfo ( AVG) si deve proseguire dritto
incrociando dopo poco la carrozzabile. La si percorre per alcune centinaia di
metri tralasciando i sentieri sulla destra e sulla sinistra che conducono
rispettivamente al Muzzerone e in direzione di Le Grazie. Raggiunta la sommità
del colle ci addentriamo nuovamente nella pineta aggirando le pareti del
Muzzerone; ora abbiamo una vista stupenda di Portovenere, della chiesa di San
Pietro e del castello con la Palmaria di fronte. Ci concediamo una piccola
deviazione per visitare il rifugio da poco aperto per poi tornare su ciò che
resta della vecchia strada di lizza un tempo utilizzata per trasportare al porto
i blocchi di Portoro che sono tuttora estratti dalle cave del Muzzerone. Lungo
la strada sono ancora ben visibili i fori dei piri (robusti pali infissi nella
roccia attorno ai quali veniva fatta scorrere il canapo che tratteneva la
lizza). Alle 16,45 arriviamo a Portovenere con in mente un bel gelato, potete
quindi immaginare la soddisfazione di vedere che in piazza c’è proprio una
gelateria! Ma prima bisogna pensare ai biglietti del pullman, tornare a Marola a
piedi sarebbe davvero… dura. Poi un megacono non ce lo toglie nessuno.
Fortunatamente arriviamo alla fermata con largo anticipo, beh da un lato per
fortuna perché altrimenti non avremmo trovato posto, ma per altro siamo rimasti
stipati come sardine per ben mezz’ora, praticamente senza poter muovere
neanche un braccio. Il viaggio poi, un tormento ma forse è andata peggio agli
altri viaggiatori perché non dovevamo proprio “profumare”
testo liberamente tratto dal
sito della UOEI di Ripa di Versilia
www.uoei.it/ripadiversilia