Dal
15 al 22 settembre escursioni in Sardegna con le guide di Sardegna
Nascosta
Questa volta il nostro girovagare ci porta molto lontano
addirittura oltre mare, in quel gioiello della natura che è la Sardegna.
Come mai “L’Apuano” và in trasferta in una località conosciuta da tutti
per lo splendido mare e le spiagge ancora più belle dei Caraibi?
Semplicemente perché anche su quest’isola vi sono splendide montagne con una
natura ancora incontaminata dall’aspetto aspro e magico, scenari a noi
sconosciuti, inoltre impareremo a conoscere anche lo spirito e la caparbietà di
questo Popolo che è riuscito nei secoli a mantenere una loro identità a volte
anche ribelle; e vivere con loro a stretto contatto ci ha aperto un mondo
ancestrale legato ancora alle tradizioni e rituali che si perdono nella notte dei tempi.
Partiamo da Livorno in perfetto orario con la linea della Sardegna Ferries , ci
sistemiamo nelle nostre cabine e ci ritroviamo al bar per brindare alla riuscita
della nostra nuova avventura.
Arriviamo puntuali a Golfo Aranci e ci scoraggiamo appena scendiamo dalla nave
una fitta pioggia ci dà il benvenuto, per fortuna le nuvole vengono ben presto
spazzate via e si fa largo un bel sole caldo.
Qualche giorno prima della partenza avevamo fatto una cena per metterci
d’accordo dove andare e cosa fare prima di arrivare a Dorgali, il paese dove
alloggeremo, la decisione era stata quella di spostarci in quella direzione e
siccome l’autorità del capo gita è molto tenuta in considerazione cosa viene
fatto? Trasferimento verso Santa Teresa di Gallura, una settantina di silometri
più a nord di Olbia.
E poi per far cosa? Un semplice
bagno al mare; ma ce ne sarà stata di costa prima di arrivare a Dorgali? Si
comincia bene!! La disciplina non è il forte del gruppo.
Dopo il tuffo in mare e visita a S. Teresa di Gallura, finalmente riprendiamo la
via per Dorgali.
Imbocchiamo la statale 131 direzione Nuoro Cagliari.
E’ ora di pranzo e ci
fermiamo a Posada, un bel paesino in riva al mare troviamo un ristorantino che
ci ispira proprio da
Marco e Caterina.
Ottimo pranzo pagando il giusto; bene bene!!
Ripartiamo e mettiamo a dura prova la pazienza del nostro organizzatore di
Sardegna Nascosta che ci vorrebbe
attendere all’albergo per conoscerci e metterci d’accordo per l’escursione
del giorno dopo e noi angelicamente gli diciamo che all’appuntamento no ce la
facciamo ad arrivare e che ci saremmo visti l’indomani, come vedete siamo
proprio precisi ad osservare ciò che è già stato stabilito in precedenza.
Percorriamo la Statale 131 e come indicazione avevamo un certo distributore che
a quanto pare è l’unico sino a qui, dobbiamo uscire confortati anche dalla
cartellonistica che indica per
l’appunto il bivio per Lula/Dorgali.
Dorgali è situato nella zona centro-orientale della Sardegna,
sul versante occidentale del monte Bardia (882 m s.l.m.), Dorgali ha un
territorio che si estende per circa 225 Kmq, dalle pendici del Supramonte
agli altipiani del Gollèi; è, pertanto, uno dei comuni più vasti della
Sardegna.
Confina a sud con i comuni di Baunei,
Urzulei ed Orgosolo,
ad ovest con quello di Oliena,
Nuoro, Orune,
a nord con Lula, Galtellì
ed Orosei, per
affacciarsi ad est sul Golfo di Orosei.
A poco meno di due ore da Olbia,
Dorgali deve parte della sua fama come Municipio della frazione di Cala
Gonone, che dista qualche chilometro più a valle sulla costa del Golfo di
Orosei.
Individuato il nostro albergo, Albergo
S'Adde, lo raggiungiamo e prendiamo possesso delle camere,
l'albergo si presenta ben pulito e con camere molto confortevoli. Facciamo un
giro per il paese curiosi di veder cose nuove e poi a cena.
Ci aspettavamo una cena da solita mezza pensione un primo semplice semplice e il
solito arrostino che fà sempre tanta tristezza accompagnato magari da un
pallido purè; invece il benvenuto ci viene dato con primo con sugo di pesce e
branzino fresco con patate arrosto e non manca neanche il dolce.
E' si si preannuncia una bella settimana.
Siamo un pò stanche ed è meglio andare a dormire, domani ci attende una
escursione tra i monti del
Supramonte.
Questa volta il Capo gita si fa rispettare e perentoriamente impone a tutti di
essere puntuali per la colazione e per l'appuntamento che abbiamo con Fabrizio
di Sardegna Nascosta nostro
accompagnatore.
Siamo puntualissimi, meno male, e andiamo a fare la conoscenza di Fabrizio,
Francesco, il padredi Fabrizio e Daniele che ci accompagneranno con i fuori
strada alle gole di Su
Gorroppu.
Vediamo se ho ben capito la strada per arrivarci.Dall'abitato di
Dorgali si prosegue sulla SS 125 in direzione Baunei, dopo aver superato il
bivio per Cala Gonone si incontra una deviazione sulla destra indicata dai
cartelli turistici per la Gola di Gorropu verso Oddoene, una della valli
più belle ed interessanti dell'isola, per le bellissime distese di oliveti e
vigneti e per gli innumerevoli siti archeologici e monumenti naturali, chiusa
tra le creste del Monte Gurttuglios e l'Orientale Sarda., si scende quindi verso
la località Sant'Elene(seguire inizialmente i cartelli per il rifugio Gorropu)e
al primo bivio che si incontra si devia a destra. Si procede quindi nella strada
principale superando la chiesa campestre di Nostra Signora del Buon Cammino.
Da qui si raggiunge località S'Abba Arva (questo
nome vuole dire l'acqua bianca perché abba è acqua e arva è bianca. In
Sardegna tutto ciò che è arvu, albo, arbu è sempre bianco. L'albume
dell'uovo, che sarebbe la parte bianca, viene chiamato "arvu" e quindi
bianco), e giungiamo al rio
Flumineddu, l'uso del fuori strada si dimostra molto efficace perchè a causa di
recenti alluvioni il territorio è stato alquanto dissestato portandosi via
fette di strada e ponti annessi, proseguiamo ancora per un buon tratto di simil
strada e giungiamo ad uno spiazzo dove lasciamo le auto.
Imbocchiamo quello che resta di una strada immersi in boschi di lecci,
corbezzoli, lentisco e ginepri secolari dalle forme più bizzarre che formano
dei veri e propri tunnel naturali con passaggi "simpatici" e suggestivi.
La guida Fabrizio si dimostra molto preparata e ci spiega in ogni minimo particolare
ciò che vediamo e ciò che noi a prima vista non riusciamo neanche a
distinguere, in particolar modo cominciamo a capire quanto deve amare la sua
terra.
Giungiamo ad una fonte molto generosa vista la poca acqua che venuta giù dal
cielo, non è eccessivamente caldo e l'acqua che abbiamo ci è più che sufficiente
ma in altri mesi è bene rifornirsi qui del prezioso liquido.
Costeggiamo il rio Flumineddu che forma dei piccoli laghetti molto suggestivi.
Dopo circa un'ora e mezza giungiamo all'imboccature delle Gole di Su Gorroppu,
sin qui il sentiero è ben visibile ma le gole no! eppure sono li davanti a noi
celate da una fitta vegetazione, una poiana viene a darci il benvenuto.
Seguiamo Fabrizio e adesso siamo proprio dentro la gola, un profondo canyon scavato
dai millenni dall'erosine dell'acqua, il lavoro costante del rio Flumineddu, che
da secoli scorre all'interno della gola, e che, in occasione di piogge
abbondanti si innalza impetuoso fino a riempire buona parte del canyon, ha
trasformato le pietre all'interno del Gorroppu, arrotondandole, smussandole e
modellandole fino a farle diventare vere e proprie sfere di calcare tra i più
grandi ed interessanti d'Europa, con pareti alte intorno ai cinquecento metri.
Siamo circondati da un silenzio inquietante, l'ambiente selvaggio e
primordiale e il sole che penetra appena all'interno della gola contribuiscono a
creare un ambiente di estrema suggestione, il fresco e l'umidità che si forma
all'interno delle ripide pareti rendono l'attraversamento della gola molto
piacevole.
Iniziamo l'esplorazione del canyon, eccoci tutti quanti con il naso all'in su ad
ammirare queste ripidi pareti che quasi si richiudono sopra di noi con nicchie
scavate dall'erosione di tutte le forme e misure, cominciamo a salire su enormi
sassi rotondeggianti e perfettamente levigati, la mancanza di appigli rende
complicato il proseguire, ad un certo punto siamo ad una paretina di scarsa
difficoltà in condizioni normali ma per la sua natura liscia e levigata
dobbiamo aggrapparci ad una corda posizionata li apposta per facilitarne
l'ascesa.
Una volta giunti nei pressi del lago sifone, una sorta di tunnel scavato
dall'acqua, non è più possibile procedere se non con l'ausilio di attrezzatura
alpinistica quindi ascoltiamo ancora le spiegazioni del preparatissimo Fabrizio
e poi ci rigiriamo verso valle.
Più in basso,sempre nella gola ci fermiamo per il pasto e abbiamo la gradita
sorpresa del pasto, ci eravamo rasseganti ad un frugale panino e invece Fabrizio
ci ha portato la spianata sarda, ottimo
sostituto del pane classico. La spianata può essere utilizzata farcita e anche
per preparare simpatiche pizze e altri piatti.
Noi per farcirla avevamo prosciutto, formaggio pecorino, ricotta salata e
salsiccia sarda, il tutto da annaffiare con buonissimo Cannonau.
Rimaniamo per un pò nella gola assaporando questi sapori genuini ma poi
l'autorità di Fabrizio, che tutti ascoltano non come al capo gita, ci richiama
alla partenza e quindi ci riportiamo verso le auto per il ritorno a Dorgali.
Siamo in albergo, fatta la doccia andiamo a cena anche questa ottima, dopo cena
andiamo in paese dove sentiamo della musica popolare, ci avviciniamo e scopriamo
nuove tradizioni e culture.
In una piazza troviamo un intrattenitore/cantante che alterna canzoni rock a
musica sarda eseguita con organetto ma quello che più ci stupisce è quante
persone partecipano attivamente non ai balli moderni che nessuno balla ma alle
danze sarde, danza che sapremo poi trattarsi del ballu tuntu.
Il ballu tundu è l'antico e tradizionale ballo sardo. Accompagnato dal suono
dell'organetto, viene eseguito praticamente in qualsiasi festa, sagra o
manifestazione, specialmente in Barbagia. Solo durante la quaresima le danze
lasciano spazio alla solennità della ricorrenza, riprendendo comunque il giorno
di pasqua con grande entusiasmo e vigore. Nonostante sia un ballo
tradizionale il ballu tundu è notevolmente progredito nel corso degli
anni e alla figura classica, formata dalle persone che si tenevano sotto braccio
disponendosi in cerchio con gruppi che a turno ne occupavano il centro, si sono
accostati balli sempre più articolati con variazioni
coreografiche spettacolari e di estrema difficoltà.
Rimaniamo a lungo ad ammirare questa danza che ha qualcosa di magico e
misterioso che a prima vista sembra facile ma quando in segreto, di nascosto ci
abbiamo provato ci siamo resi conto che non è cosa da poco, inoltre siamo
rimasti piacevolmente colpiti da quanti giovani e giovanissimi si dedicano a
questo ballo portando avanti le tradizioni, tradizioni che noi ormai abbiamo
perso da molto tempo.
Sveglia e colazione e subito pronti per l'escursione a Cala
Luna, questa volta partecipa tutto il gruppo visto che andremo in una del
spiagge più belle del mediterraneo.
Puntuale arriva Fabrizio che ci conduce a Cala Gonone e da quì in direzione
sud sino a Cala Fuili lasciamo e auto e imbocchiamo il sentiero per
Cala Luna.
Subito sotto di noi a strapiombo abbiamo Cala Fiuli col mare trasparentissimo,
verso nord osserviamo la costa ancora bassa, sullo sfondo l'abitato di Gonone e
il roccione di Biddiriscottai; voltandoci verso sud vediamo l'inizio della costa
alta che termina nella zona di Baunei con un alternarsi di numerose codule e
piccole spiaggette
Percorriamo la scalinata che ci porta alla base di Cala Fuili, poi ci dirigiamo
frontalmente verso l'altro costone per iniziare la salita attraverso gradini più
o meno naturali che ci portano ad un livello più alto rispetto al punto di
partenza.
Durante l'escursione godiamo della meraviglia del paesaggio ancora intatto: il
mare che assume delle sfumature di colore dal blu notte al verde smeraldo sino a
sfumature ancora più chiare, i ginepri contorti e modellati dal vento, la
macchia mediterranea tutta con i suoi profumi, il rosmarino, il corbezzolo, il
lentischio - che meraviglia - una festa di colori e profumi.
Dopo circa un'ora incontriamo un piccolo anfratto naturale, la grotta di Oddoana,
( Sarà Giusto il nome? Fabrizio correggimi ) siamo già a metà percorso.
Lungo il percorso ci inoltriamo dentro il bosco lungo una discesa per poi
riuscirne dopo la salita successiva ed ogni volta lo spettacolo che si osserva
dall'alto sembra quasi un miraggio per quanto è meravigliosamente bello. A poco
più di 10 minuti dall'arrivo sporgendoci sempre con attenzione verso il costone
vediamo dall'alto la spiaggia di Cala Luna, 500 metri di spiaggia bianca chiusa
a sud da uno stagno originato dallo sbocco del rio Codula de Ilune (valle della
luna) prima dell'alluvione del 2004 ricca di oleandri.
Dopo aver apprezzato dall'alto la codula, scendiamo verso la spiaggia il
passo si fa più svelto, non vediamo l'ora di tuffarci in questo splendido mare.
Ci distendiamo
al sole come tante tartarughe o i per i più maligni, come tante foche, non
resistiamo molto il tuffo è d'obbligo.
Il mare è tanto trasparente che anche a grande profondità si vede il fondo,
per dei montanari come noi ammettere che questo mare è il Mare significa che è
eccezionale davvero!
Pranziamo e poi qualcuno tira fuori due racchettoni da spiaggia e cominciano le
dispute, qualcuno resta a grociolarsi al sole.
Il tempo passa ed è già arrivata l'ora di ripartire; un caffè al bar
dove ritroviamo Fabrizio, allergico alla spiaggia, e poi ci portiamo all' imbarcadero
dove attendiamo il traghetto che ci ricondurrà a Cala Gonone dandoci
l'opportunità di ammirare la costa dal mare.
Martedì 18/09/2007
Questa mattina ci svegliamo con più calma, infatti è previsto un tour
turistico culturale e gastronomico.
Partiamo alla volta di Orgosolo.
Orgosolo è un comune di 4.538 abitanti della provincia
di Nuoro, famoso per la grande abbondanza di murales, di cui molti a sfondo
politico, che rendono il paese interessante da visitare. Il paese, immerso nel
cuore del Supramonte,
è caratterizzato da uno spettacolare paesaggio naturale, da costumi di gran
fascino e dai tipici murales che abbelliscono e arricchiscono i muri delle case
illustrando le problematiche vecchie e nuove di un popolo legato alla pastorizia
e all'agricoltura.
Appunto i murales siamo venuti a visitare e Fabrizio e suo padre ci
raccontano la storia di questi dipinti sulle facciate delle case.
I murales, sono ritratti di memoria e vita sociale; tinte sui muri
che narrano le fatiche, le denunce e le grandi conquiste di una piccola comunità,
colorati racconti di storia quotidiana che si intrecciano armonicamente alla raffigurazione
di eventi e di lotte politiche di respiro mondiale.
vi si leggono i malesseri, le speranze, i disagi e gli aneliti di una
comunità che ha vissuto, forse, il senso di esclusione e di non appartenenza ad
un mondo dai troppi volti contraddittori.
Oltre che a rappresentare il disagio per un " invasione" che depredava
vi sono rappresentate avvenimenti di storia contemporanea come l'attentato alle
torri gemelle e la caduta del dittatore iracheno Saddam.
La visita continua poi al museo/laboratorio del baco da seta.
La signora Maria, che gestisce questa
attività con tanto amore e dedizione seguendo l'esempio della sua famiglia che
da diverse generazioni produce seta.
Con l'ausilio di filmati video ci spiega il procedimento per ricavare il prezioso filo, da segnalare che questi
bozzoli sono di seta gialla, unico baco al mondo ha produrre seta gialla e
non bianca e per questo riconosciuto come baco da seta di Orgosolo.
Poi si è messa al telaio e pazientemente ci ha dato una dimostrazione di
filatura.
Adesso è la volta delle spiegazioni per le varie parti che compongono gli abiti
dei costumi femminile e maschile, ogni pezzo con il suo significato.
Finita la visita al laboratorio la Signora Maria non ci lascia andare se non prima
averci offerto pasticcini tipici.
Adesso proseguiamo per Mamoiada
alla volta del Museo delle
Maschere mediterranne.
Veniamo accolti da curatore del Museo e ci spiega innanzi tutto quello che per
la Sardegna e per Mamoiada in particolare ne sono diventati da tempo il simbolo:
i Mamuthones e gli Issohadores, quest'ultimo armato di laccio chiamato"sa
sohha", si pronuncia socca, che durante le sfilate usano per acchiappare le
persone ( per lo più ragazze o donne) che fanno gli spettatori lungo il
percorso e si dice che essere acciappati porta fortuna.
Queste maschere, la cui origine misteriosa e antica si perde nei secoli, fanno
la loro prima apparizione il 17 gennaio di ogni anno in occasione della festa di
Sant'Antonio Abate
In questa occasione vengono preparati dai Mamoiadini parecchi falò, se ne
contano mediamente 30/35 in tutto il paese, che vengono accesi il 16 pomeriggio
al tocco delle campane (Su pesperu), e in concomitanza con l'accensione e la
benedizione del fuoco preparato nella piazza della Parrocchia, che viene
benedetto dal Sacerdote mentre assieme ai fedeli girandogli attorno per 3
volte, recita il Credo.
Il sacro che si unisce al profano, un rito, una danza propiziatoria misteriosa
che da secoli fa il suo corso a Mamoiada.
Le interpretazioni circa il significato e l'origine dei Mamuthones sono
numerose.
Alcuni studiosi affermano che il rito dei Mamuthones rappresenta un fatto
storico realmente accaduto. L'invasore reso schiavo dai Sardi, ossia, secondo
Raffaello Marchi, i Mamuthones sarebbero i mori fatti prigionieri dai Sardi, gli
Isso'adores, abbigliati coi panni dei vinti.Altri, come il Masala, ritengono
invece che in realtà il rito dei Mamuthones rappresenterebbe il popolo sardo
prigioniero dei punici.
Ma c'è anche chi riconduce il rito ad un significato apotropaico o
propiziatorio. La danza dei Mamuthones servirebbe per allontanare il male e
favorire annate agrarie abbondanti. Quindi un rito legato al mondo agropastorale
che non a caso ha inizio proprio il giorno di Sant'Antonio, prima uscita dei
Mamuthones e primo giorno dell'annata agraria.
Resta estremamente interessante e da approfondire la tesi del Prof. Francesco
Naseddu, secondo il quale i Mamuthones sono gli attori di uno spettacolo di
matrice bizantina, rappresentato a suo tempo in una festa chiamata "maiumada".
La vista continua con la spiegazione delle altre maschere che hanno in
comune sia le pelli che i campanacci ; in particolare le maschere del carnevale
barbaricino (di Ottana e Orotelli): e le maschere che provengono dal bacino del
Mediterraneo (Grecia, Slovenia, Croazia ed arco alpino).
L'unicità del museo consiste nella sala multivisione dove, grazie alla presenza
di tre diaproiettori gestiti da un computer che comanda contemporaneamente non
solo le immagini ma anche luci e suoni, possiamo rivivere momenti topici delle sfilate dei
Mamuthones, partendo dalla festa di Sant'Antonio Abate sino al caratteristico
carnevale mamoiadino.
Tutto molto interessante ma sia le visite a Orgosolo che quì a Mamoiada ci
hanno messo molto appetito e allora il nostro Fabrizio sempre attento alle
nostre necessità ci conduce alla località del nostro pranzo senza per questo
lasciarsi sfuggire l'occasione di parlare della sua Sardegna e a farci notare
mille sfumature che altrimenti non avremmo mai potuto conoscere.
Ci dirigiamo verso Fonni in località Santa Giusta all'agriturismo Santa
Justa.
L'accoglienza è stata molto calorosa, subito ci hanno offerto un fresco aperitivo,
l'odorato ci ha portato poi dentro a un "su
pinnettu" dove veniva arrostito un bel maialino apposta per noi.
Il pranzo è stato pantagruelico, antipasti di tutte le razze, malloreddus ai
funghi, porcetto arrosto ecc.ecc.
Terminato il pranzo continuiamo con il nostro tour culturale e andiamo a
visitare la " Tomba dei Giganti" e il nuraghe di Gremanu
Dall'Agriturismo si segue per Pratobello e poi per Lanusei dopo circa sette
chilometri si arriva alla Tomba dei Giganti di Madau; bisogna fare
attenzione perchè le indicazioni non sono molto evidenti.
Apprendiamo da Fabrizio che Il complesso nuragico è esteso per oltre sette
ettari, si articola, a monte, in una serie di fonti e pozzi per la
captazione e la raccolta delle acque e, a valle, in una serie di templi con
abitato, che vicino sorge anche una necropoli, sempre nuragica, con 4 tombe di
giganti.
A Gremanu ci troviamo di fronte all’unico esempio finora noto di
“acquedotto” nuragico, un complesso di
fonti collegate tra loro da un elaborato progetto idraulico, funzionale alla
raccolta delle sorgenti della montagna, le cui acque venivano utilizzate per i
riti religiosi e per il fabbisogno ordinario delle genti del villaggio che stava
in basso.
le Tombe dei Giganti, così chiamate dalla fantasia popolare per via delle loro
dimensioni ciclopiche, sono strutture megalitiche di
forma allungata e absidata con all’interno un lungo (fino a 30 m) vano
rettangolare pavimentato destinato a sepoltura
collettiva di numerosi defunti.
La fronte si presenta a forma di esedra realizzata in modi differenti: con
lastre a coltello.
Dopo tante spiegazioni, molto esaurienti e fatte con convinzione di causa,
capiamo solo che alla fine comunque molte sono le cose che si ignorano di
questa civiltà e del loro culto.
Mercoledì 19/10/2007
Oggi è in programma una vera escursione, anche se Fabrizio non ne ha
voluto sapere di farla in salita, saliamo alla cima più alta del Suprammonte il
Monte Corrasi (1463 mt.)
Da dorgali ci dirigiamo verso il paese di Oliena e già da qui si può vedere la
" Bianca Montagna che incombe sul paese,
sui fianchi, incisi dal tempo, impervi canaloni fanno da porta a quel Supramonte
un tempo temuto e maltrattato e oggi oggetto di desiderio da parte di chi ama la
natura. Le chiamano, non a torto, le Dolomiti Sarde
Appena superato il paese prendiamo
una strada sterrata, da prima abbastanza larga e ben tenuta ma poi verso la cima
diventa un piccolo stradello pieno di buche e la mitica Land Rover tira fuori il
meglio di se stessa, certo che le ruote sono veramente sul bordo e il salto
sarebbe eccessivo,
Arriviamo alla località Scala Pradu, una suggestiva
terrazza naturale, ricca di piante endemiche ed officinali.
Giù dalle vetture e prepariamoci alla nostra avventura; i giorni precedenti le
temperature erano davvero estive e molti di noi avevano optato per un
abbigliamento leggero, ben presto, però, si sono resi conto che non sempre è
primavera!!! infatti oggi quassù è inverno pieno, nuvoloni e forte vento
incombono su di noi, comunque partiamo.
Iniziamo
l'escursione e se non fosse stato per la profonda conoscenza del territorio da
parte di Fabrizio col cavolo che avremmo trovato il sentiero, infatti non c'è!
Ogni tanto qualche "omino di pietra" posto da qualche escursionista.
La vegetazione,
sempre più rada man mano che si sale, scompare quasi del tutto lasciando il
posto ad un paesaggio lunare e molto suggestivo: siamo su un pianoro carsico
tormentato e spoglio, regno di molte specie vegetali rare o endemiche, un vero
paradiso botanico dove dominano la Santolina e l'Euforbia spinosa.
Ci dirigiamo a sinistra, lungo un crinale che comprende Punta Carabbidda ( 1321
mt.), Punta Ortu Caminu ( 1331 mt.), Punta sos Nidos ( 1348 mt.), Pedra
Mugrones ( 1321 mt.) e Punta Husidore (1147 mt.).
la nostra prima tappa è prevista verso Vilithi, splendida località
della montagna dove è ancora possibile visitare uno dei tanti ovili, ancora
intatti, tra i più belli e particolari del Supramonte, costruito nel 1800 dai
pastori della zona e fatto con il basamento circolare in pietra e la volta, a
forma conica, con tronchi di ginepro.
Molto esauriente è stata la spiegazione della vita e della mentalità che
distinguevano persone che si isolavano per mesi su queste montagne.
Riprendiamo il cammino camminiamo su terreni lunari scolpiti dall'erosioni veri
e propri graffi sulla montagna, i campi solcati o Karen, doline, inghiottitoi e
mille altri tipi di erosione, scolpiti sui costoni calcarei della
montagna, molto isolati troneggiano tassi, lecci e ginepri secolari.
Dopo circa sessanta minuti si raggiunge "Su Hampu de Orgoi", singolare
pianoro incastonato nella montagna, disteso ai piedi di Punta Husidore; ah!
quanto avremmo voluto salire quella vetta, niente da fare Fabrizio si
limita solo a raccontarci la leggenda di questa montagna.
Giunti qui, quasi di colpo, il paesaggio si dischiude alla vista che può
spaziare per decine di chilometri: dal Supramonte di Oliena a quello di Orgosolo,
da Dorgali a Urzulei, fino alle creste più alte del Supramonte di Baunei. Qui
il paesaggio diventa unico e singolare, ettari di terra incontaminata, ricca di
alberi e piante, fiori e animali, storia e tradizioni, fascino e mistero.
Ci dirigiamo ora verso "Su Hampu 'e Sovana", grandissima distesa nel
cuore della montagna rocciosa, dipinta di verde tra le pareti cinerine del
Supramonte di Oliena. Sovana è una delle località più interessanti della
montagna, perché oltre alla presenza di numerosissimi animali selvatici come il
muflone, il cinghiale e l'aquila reale, che noi naturalmente non abbiamo
visto,è ricca di numerosissime piante endemiche ed officinali e
siti archeologici e monumenti naturali.
Infatti sono ancora visibili resti di villaggi nuragici e di singoli nuraghi
abitati anche in età romana e in seguito abbandonati nel tempo.
Giungiamo ai piedi di una quercia secolare, enorme e ci fermiamo per il pranzo,
restiamo un pò lì ad ascoltare i racconti di Fabrizio di questa terra degli
usi dei costumi e di quelle leggi non scritte, a cui Fabrizio sembra tenerci
molto, che regolavano la convivenza tra le persone.
Ripartiamo attraversiamo la Valle di Lainitto camminando su resti di villaggi di
migliaia di anni fa.
Non fa più freddo ma chi aveva optato per i pantaloni corti ha un altro motivo
per rammaricarsi, stiamo camminando su terreno ricoperto da spinosissimi cardi
che lasciano inevitabilmente tracce dolorose sulle gambe.
Riprendiamo il sentiero al di la della valle, sentiero per modo di dire è solo
nella mente di Fabrizio, segni ce ne sarebbero, in particolare un cerchio con un
triangolo all'interno ma essendo scolpiti nella roccia si vedono solo se ci
siamo proprio sopra e se ci fosse nebbia?
Inoltre si intravedono anche vecchi segni bianco rossi del CAI ma per la loro
età non servono più a niente, perciò ci si deve per forza far assegnazione su
una guida, a noi è andata veramente bene ne abbiamo trovata una che sa veramente
il fatto suo!
E con la sua sicura guida ci conduce ben presto nella Valle di Lainitto, valle,
ricca di grotte, villaggi nuragici e monumenti naturali, e famosa per la
presenza del villaggio di Tiscali e della Grotta Corbeddu.
Raggiunti i
fuoristrada alle falde della montagna abbiamo imboccato una strada sterrata che,
passando in prossimità della sorgente di Su Gologone ci permette di riprendere
la strada che ci riconduce a Oliena e poi a Dorgali.
Giovedì 20/09/2007
Adesso proseguiamo a piedi su una vecchia mulattiera di carbonai; seguiamo il
sentiero, ogni tanto segnalato con delle frecce rosse e proseguiamo
verso sinistra. Ora sembra che il sentiero sia all'improvviso terminato….
e da che parte dobbiamo andare? Davanti a noi c'è una ripida parete e sulla
sinistra un gran roccione. Con l'aiuto di Fabrizio intravediamo dietro quel
roccione una grande spaccatura
da cui dobbiamo
passarci attraverso. Fabrizio ci fa notare quanto già questa formazione renda
il posto praticamente inespugnabile da chiunque volesse attaccare chi si era
insediato quassù in quanto se non si entra in questa fenditura naturale non è
possibile raggiungere il villaggio. Usciti dalla spaccatura siamo di fronte ad
una parete scavata tutta nella parte inferiore, un lungo semi tubo che costeggia
tutta la zona e sempre il preparato Fabrizio ci spiega l'origine di questa
erosione dovuta ai marosi che si venivano ad infrangere su quelle che
milioni di anni fa erano vere e proprie scogliere.
A suffragio di ciò, ci fa notare il grande numero di conchiglie fossili
imprigionate nella roccia.
Superata questa zona raggiungiamo un bellissimo punto panoramico da dove si
domina tutta la Valle di Lanaitho e le montagne circostanti fino al Monte Albo
di Lula. Qui Fabrizio ci invita a osservare se riusciamo a notare qualcosa
di diverso dal solito paesaggio. Stupiti in coro gli diciamo che vediamo
solo alberi, pietre e nient'altro. Allora lui ci fa notare che sotto i nostri
piedi c'è il villaggio di Tiscali. Noi eravamo arrivati ma ancora nulla si
vedeva. Ci trovavamo sopra una delle pareti della grotta che da migliaia di
anni ospita il villaggio. Ci fa passare sul ciglio della montagna e
dall'alto vediamo un grande buco quasi perfetto chiuso da grandissimi alberi
dalle folte chiome. Infatti eravamo sopra questa grotta dove milioni di
anni fa per un assestamento della terra, la volta è sprofondata dando vita
ad un enorme e grande cratere. In seguito poi gli uomini della zona (si
pensa di origine nuragica) hanno costruito al suo interno diverse capanne
di forma circolare.
Da qui scendiamo brevemente e quasi di colpo ci troviamo all’interno
della grotta. Sotto
le
pareti, rimaste in piedi in seguito al crollo, le capanne. Se ne contano circa
60/70 divise in due quartieri, da una parte in maggioranza circolari
mentre dall'altra in maggioranza rettangolari. Quest'ultime addossate
alle pareti della dolina stessa, in parte crollate anche se si possono
notare ancora le fondamenta. Il loro attuale aspetto degradato è dovuto
soprattutto all'azione dei clandestini, che all'inizio del 900' vi cercarono
tesori, senza però trovare nulla di valore. Inoltre la presenza costante
degli animali, in particolare mufloni, che quasi ogni sera entrano dentro
la dolina per ripararsi saltando da
una parte all'altra ignari dei danni che commettono.
Da una parte della dolina, sulla parete nord, si presenta un'ampia
spaccatura, quasi una sorta di finestrone, che si affaccia sulla valle di
Lanaitho, permettendo così agli abitanti del villaggio il controllo del
territorio dall’interno della grotta stessa.
Le origini del villaggio sono ancore misteriose.
Questo è l’unico villaggio in tutta la Sardegna costruito all’interno di
una grotta e la tecnica costruttiva differisce da quella degli altri villaggi
nuragici. Comunque si pensa che, in quanto alla datazione sia abbastanza tardo e
che la sua costruzione potrebbe coincidere con la conquista romana dell'isola.
E' certo comunque che il sito fu frequentato a lungo, come testimoniano
ritrovamenti riferibili ad epoca medievale.
Al centro della cavità trova posto un suggestivo bosco di lecci, lentischi e
terebinti secolari e piante che al di fuori sono solo arbusti mentre
all'interno, grazie ad un microclima favorevole, diventano alberi ad alto
fusto.
Terminata la visita scendiamo dalla parte opposta e seguendo prima un sentiero
di capre e mufloni e poi una vecchia strada di carbonai ci ritroviamo ai
fuoristrada. Giunti dal pastore Tonino ci siamo un pò spaventati vedendo questo
omone che seduto vicino al fuoco dove stava arrostendo porcellino, pecora e
salsicce, sembrava molto truce. Ben presto si è dimostrato di essere un degno
anfitrione accogliendoci molto familiarmente. Questa è forse stata la parte
migliore della giornata, per lo meno la più divertente e più saporita. Siamo
in un ambiente magico, tra querce secolari. Una di queste di enormi dimensioni
si trova davanti alla casetta di Tonino ed è stata circondata da molte pietre
per circa un metro e mezzo in altezza formando, con grande perizia, una sorta di
tavolo dove vengono appoggiate le varie vivande.
Il pranzo è cominciato con un antipasto alquanto strano,
ricotta e miele servito su un letto di pane carasau su piatti ricavati dalla
corteccia della quercia da sughero.
Noi lo avremmo mangiato come dolce ma qui si usa così!
seguito poi da salumi, formaggi vari e ricotta salata. Ora il pezzo forte della
giornata uno splendido porcetto che si scioglieva in bocca, pecora arrosto e
salsicce arrostite.
Per pulirsi
la bocca ci vorrebbe un sorbetto ma qui il pastore non usa il sorbetto al limone
ma bensì foglie di lattuga con miele….. funziona davvero!
Ora tocca al dolce e ci viene servito miele completo di cera
d'api appena tolto dall'arnia. In seguito l’anguria e naturalmente non si
finisce senza caffè, grappa e mirto. Stiamo crepando! Il vino Cannonau che ha
innaffiato tutto il pranzo stà dando i suoi frutti, Fabrizio tira fuori un
organetto e inizia a suonare i balli sardi e tutti noi cominciamo a cimentarci
in questo ballo, “su ballu tundu”. Rivedendo il filmato
riesco a quantificare quanto vino abbiamo bevuto, ma li per li eravamo convinti
di essere provetti ballerini….. che pena!!
Fabrizio ci richiama l'attenzione e ci fa notare che
l'escursione ha ancora in programma la visita al villaggio nuragico di Sa Sedda
e Sos Carros.
Questo villaggio risale all'Età del Bronzo Medio, infatti fu costruito nel 1300
a.C. circa. Esso è formato da numerose capanne, a pianta circolare ed ovale,
anche se la parte più consistente dell'antico insediamento non è stata
scavata. Il settore attualmente visitabile corrisponde probabilmente all'area
sacra, dove certamente erano presenti anche dei laboratori artigianali, in
particolare per la lavorazione dei metalli. Quest'area si caratterizza per la
presenza di un ampio cortile centrale sul quale si affacciano numerosi ambienti
e l'area della fonte sacra, il monumento più importante e interessante. La
fonte con pianta di forma circolare, è costruita con grossi conci di basalto
ben lavorati disposti a filari, tra i quali spicca quello costituito da blocchi
di arenaria sui quali sono scolpite protomi a testa d'ariete, dalle quali usciva
l'acqua che veniva a raccogliersi al centro della fonte dove si trova una grande
vasca circolare in pietra che raccoglieva le acque. La camera interna è
pavimentata con calcare lavorato e presenta un sedile in pietra di basalto lungo
tutti i muri. In quest'area fu rinvenuto un grosso deposito votivo, che
comprende numerosi oggetti in bronzo attualmente al museo di Sassari.
E' molto tardi ma Fabrizio ci tiene a portarci alla grotta di Sa Ohe.
Il complesso carsico di Sa Ohe è tra i più importanti
sistemi idrogeologici dell'intera Sardegna. La grotta è la seconda valvola di
sfogo della montagna. Infatti in occasioni di piogge abbondanti il Supramonte,
di origine carsica, si riempie d’acqua e diventa un grande bacino di raccolta.
Ma quando quest’acqua arriva in poche ore di tempo la montagna non riesce più
a contenere quest’acqua stessa. Allora la grotta che per tutto l’anno è
solo una grotta speleologica, quasi d’improvviso diventa una vera e propria
valvola di sfogo. Si forma un enorme e grande fiume e fuoriesce dall’ingresso
della grotta con una forza e velocità tale che inonda tutta la valle di
Lanaitho isolandola per giorni. Prima che quest’acqua fuoriesca si sente un
enorme e grande boato che la leggenda descrive come l’anima della grotta che
avvisa persone e animali che si trovano nella valle dell’imminente
inondazione. Non a caso infatti la grotta si chiama “Sa Ohe”, la voce
appunto! Inoltre un sifone di oltre 100 mt. collega questa grotta ad un’altra
che si trova qualche metro più in alto. Questa si chiama la grotta di Su Ventu
(il vento) esplorata per circa 20 km. non si trova la fine. Al suo interno si
contano più di settanta
laghi, distribuiti su vari piani, in un susseguirsi di sale e salette riccamente
concrezionate ed arricchite da splendidi festoni stalatitici e da preziose
eccentriche che si biforcano in ogni direzione, con effetti di rara bellezza e
splendore. Si completa in varie diramazioni, che seguono prevalentemente le
faglie presenti nel territorio, in un insieme di forre, precipizi e sale a
prevalente sviluppo orizzontale, con ricca presenza di sabbie quarzose di antica
deposizione. La varietà e la caratteristica principale di questo complesso, con
sale lunghe chilometri che superano anche i 100 mt. d’altezza, voragini
interne di decine di metri, vaschette riccamente concrezionate, condotte forzate
levigatissime e cerose, cunicoli strettissimi con pavimenti ricoperti da
cristalli acuminati e di difficile attraversamento.
Marmitte giganti, perfette nelle loro forme erosive e stalagmiti galleggianti in
acque smeraldine, completano queste meravigliose grotte uniche nella loro
molteplicità, palestra per tanti speleologi di tutta l’Europa e non solo, che
racchiudono ogni aspetto carsico presente nel mondo.
Bè noi tutto questo lo abbiamo appreso dal nostro Fabrizio, nella grotta ci
siamo addentrati solo per pochi metri.
Il tour non è ancora finito dobbiamo
andare ancora a Su Gologone,
la sorgente carsica più grande della Sardegna, situata alle falde del
Supramonte, presso la riva destra del fiume Cedrino. Offre uno straordinario
spettacolo a qualunque passante con una portata minima, nel periodo di magra, di
300 litri al secondo aumentando viceversa in occasione di piogge abbondanti fino
a raggiungere migliaia di litri al secondo. Sgorga impetuosa da una vertiginosa
e complessa gola calcarea, esplorata dagli speleologi fino a 107 metri di
profondità. Non è altro che la fine di un lunghissimo fiume sotterraneo che
affiora dopo aver percorso decine di chilometri all’interno della montagna.
Alcuni anni fa si iniziarono gli studi per capire da dove quest’acqua
arrivasse. Venne messo un colorante in una grotta alla parte opposta del
Supramonte a circa 21 km in linea d’aria dalla sorgente. Il colorante percorse
tutta la montagna e arrivò a Su Gologone solo dopo 70 giorni.
Con le piene, le acque creano un vero e proprio torrente impetuoso che, dopo un
breve percorso tra la vegetazione lussureggiante ed i massi levigati dalla
corrente, confluisce nel fiume Cedrino formando il lago artificiale Cedrino. La
sorgente è l’unico affluente del fiume e durante il periodo estivo
costituisce l'unica fonte di alimentazione.
Purtroppo il giorno volge al termine ed è già buio, dobbiamo proprio tornare
in albergo, un'ultima birra al bar e via verso casa.
E' l'ultima escursione ma ci siamo dati appuntamento per l'indomani sera per una
cena tutti assieme.
21/10/2007
Le escursioni come da programma sono state effettuate tutte, oggi
abbiamo giornata libera, bè con le mani in mano non possiamo certo stare e di
fare i turisti non ci và tanto a genio, cosa fare?
Sotto consiglio di Fabrizio ci siamo informati su una mini crociera nel Golfo di
Orosei: la pesca turismo di Nonno Pio.
La partenza è da Cala Gonone e quindi ci trasferiamo verso la bella località
marina a pochi chilometri da Dorgali.
La partenza è prevista per le ore 09,00 e noi ben disciplinati ci siamo
arrivati più che puntuali.
Partiamo e cominciamo l'escursione a bordo del Delfino 1° un peschereccio
riadattato per una clientela turistica. Il peschereccio è lungo 14 mt. e largo
4,20 con carena semi dislocante, due motori Caterpillar da 250 cc che permettono
una velocità di 20 nodi paria 38 Km/h.
Solchiamo il mare che è una tavola lasciandoci dietro una lunga scia.
Ad un tratto mentre ammiriamo le bellissime calette che contraddistinguono il
golfo, la barca si ferma e già sappiamo che a questo punto verranno issate i
700 mt. di reti calate la sera prima. Saturno,è proprio il suo vero nome, mebro
dell'equipaggio, si dedica al recupero delle reti, mano mano che vengono issate
a bordo appaiono vari tipi di pesci, non chiedetemi come si chiamvano, ai monti
dove cammino io non ci fanno! Comunque il pranzo ci viene fuori.
La prima cala che si
incontra durante il tragitto è CalaLuna, una lingua di sabbia finissima
che divide il mare dal laghetto interno, incorniciata da splendidi oleandri e
imponenti montagne. Pio seguono: Seminascosta dietro una parete di roccia,
appare all'improvviso Cala Biriola , piccola caletta di confetti bianchi
,incastonata tra rocce nere e una rigogliosa macchia mediterranea, Cala Mariolu
considerata una delle più belle cale del mediterraneo, offre forme e colori
inimitabili. Ciottolini rosa e cristalline acque ricche di pesci e fondali
corallini,offrono una rara occasione per tuffarsi in un mare di colori.
Separata da cala Mariolu da un piccolo roccione, Cala Gabbiani vanta i
ciottolini di giaia cosi fini da sembrare sabbia e lo specchio d'acqua più
turchese del golfo.
Ultima perla del golfo di Orosei, la cala"Goloritze" è monumento
nazionale dal 1995. Cattedrali di rocce, grotte, guglie (la più alta raggiunge
i 200 metri d'altezza) , muti testimoni dell'azione del tempo, del
vento e dell'acqua creano imponenti e maestosi scenari.
Attraverso un arco di roccia calcarea che si tuffa in un mare dal turchese
abbagliante , si giunge all'ultima tappa del viaggio.
Terminata la visita dal peschereccio torniamo in dietro con destinazione Cala
dei Gabbiani dove viene calata una passerella direttamente sulla spiaggia e la
sosta è di circa un'ora.
Inutile dire che appena siamo sbarcati ci siamo gettati letteralmente in acqua,
non si poteva resistere a quel mare cristallino, come già detto di un turchese abbagliante.
L'ora passa ben presto e il nostro peschereccio torna a prenderci.
Grotte, insenature e piccole spaccature della montagna, formano un
paesaggio unico e affascinante come la "Piscina di Venere" dalle
acque con riflessi dal verde al turchese. dentro questa piccola insenatura
troviamo riparo e ci ancoriamo direttamente agli scogli. La spettacolarità del
mare non ci dà, veramente solo a me e la Giuseppina, modo di poter negarci un bagno
in questo mare che veramente credetemi , non ha niente da invidiare a certe ben
reclamizzate località esotiche lontane nel mondo.
Viaggiate in Italia e vi accorgerete che da noi abbiamo tutto quello che molti
cercano in capo al mondo!!!!
Il peschereccio, mentre noi eravamo a mollo nello splendido mare, lo avevano
trasformato da assetto da viaggio in quello da pranzo, le panche sono diventate
tavoli.
Ci accomodiamo, è un momento d'incontro con altri passeggeri che compongono la
comitiva, al riparo delle correnti nel fiordo di Mudaloro iniziamo il nostro
pranzo a bae di prodotti del mare cucinati
con sapienza marinara iniziando con: pasta alla pescatora,
arrosto di pesce,
pescato insieme al mattino, contorno, pane Carasau, frutta e caffè, il tutto
bagnato da un vino bianco Cala Luna.
Terminato il pranzo riprendiamo la navigazione e navigando
sottocosta , ammiriamo uno dei mari più belli del mondo, le acque
cristalline permettono la visione di un ricco e variopinto fondo marino oltre i
30 metri di profondità.
Con il natante entriamo all'imboccatura dell
Grotta Verde, un' insenatura naturale,
penetra nella roccia per oltre 150 metri creando uno scenario dagli
incomparabili cromatismi di verde.
Su questa costa ci sono le rinomate grotte del Bue Marino ma a noi viene offerto
di visitare le Grotte del Fico e quelle visitiamo.
La grotta del Fico aperta al pubblico nel 2003 è annoverata tra le più
belle e importanti grotte di tutta la Sardegna.
Lo sviluppo della cavità ,fino ad ora noto, è di 1200 mt. ma alcune parti sono
ancora in fase di esplorazione
La grotta ha un'importante valenza sia sotto l'aspetto concrezionale che sotto lìaspetto
faunistico, infatti proprio al suo interno Padre Furreddu, uno dei fondatori
della speologia isolana, studiò per la prima volta la foca Monaca ( Monachus
monachus) vivendo giorni e notti a stretto contatto con il mammmifero.
Grazie al suo studio scientifico fu possibile svelare numerosi misteri
sull'antico abitante del mediterraneo.
La grotta si apre a 10 mt. dal livello del mare lungo la straordinaria muragli
calcarea del Golfo di Orosei e il nostro comandante attracca ad un molo
costruito apposta e con come scalette giungiamo all'imboccatura della grotta.
Accolti da un gioviale guida ci addentriamo nella grande grotta ricchissima di
stalattiti e stalagmiti
e con agevoli passerelle ci permettono con assoluta sicurezza di camminare
lungo il letto fossile di un fiume.
Torniamo alla luce e ci reimbarchiamo e continuiamo a sfiorare la muraglia della
costa visitando piccole o più grandi grotte.
Intanto con il nostro girovagare siamo arrivati a Cala Luna dove il Delfino 1°
attracca e ci lascia scendere per una sosta anche in questa splendida cala.
Dopo circa un'ora ripartiamo e ci dirigiamo a Cala Gonone dove termina la nostra
gita turistica balneare e gastronomica.
La
parte gastronomica però continuerà anche la sera all'albergo dove abbiamo
appuntamento con Fabrizio e la sua famiglia per una cena tipica della Sardegna.
Non vi voglio annoiare con racconti di quello che abbiamo mangiato ma vi posso
assicurare che la cena è stata all'altezza di tutta la settimana: monumentale,
paradisiaca, eccellente e chi più ne ha più ne metta.
E' ora di lasciarci , lo
facciamo a malincuore perché non stiamo salutando un fornitore di servizi ma
bensì un amico che ci ha coccolato e sopportato per un'intera settimana
facendoci vedere posti stupendi e realtà che ormai noi abbiamo perso da
generazioni, ma purtroppo dobbiamo tornare a casa e domani ripartiremo. Ciao
Fabrizio sperando che un giorno potremmo ripercorrere assieme i sentieri delle
tue montagne.
22/10/2007
E'
sabato mattina e ci alziamo con comodo. Sorridiamo ma sulle nostre facce c'è un
misto di contentezza per le giornate passate e abbattimento pensando alle
giornate di lavoro che ci attendono dal prossimo lunedì.
La nave partirà solo alle ore 23,00, quindi abbiamo una giornata intera a
nostra disposizione. Il mattino lo passiamo dedicandoci ad acquisti di prodotti
locali e souvenir.
Marco ci fa fare tutto il giro del paese per andare ad un negozio di pasta
fresca per scoprire poi che era a pochi passi dall'albergo…… va bene lo
stesso, oggi sopportiamo tutto.
Siamo tutti pronti, abbiamo fatto i nostri acquisti e partiamo alla volta di
Golfo Aranci. Imbocchiamo la SS 125, l' Orientale Sarda tracciata dai romani
2000 anni fa, direzione di Orosei, uno dei
tratti considerati più panoramici e
suggestivi del settore orientale
dell’isola. Si tratta di una
quarantina di chilometri di curve continue da
affrontare con calma per gustare il paesaggio
selvaggio e solitario dove si alternano
picchi dolomitici, gole profonde e ampie
valli in cui la macchia mediterranea si
alterna a boschi di lecci.
Il litorale del Golfo di Orosei si estende da Sud verso Nord
per quasi 18 Km. Sua caratteristica principale è la notevole varietà di
paesaggi. Da Cala Osalla sino a Santa Maria, per circa 4 km, troviamo una
lunga e larga striscia di sabbia granitica con dune a tratti alte anche due o
tre metri e accompagnate in gran parte da pineta e da un lungo stagno.
Essa termina alla sua estremità settentrionale con la foce del
fiume Cedrino. Da qui, per circa 7km la costa (intervallata solo dalla
piccola spiaggia denominata Foche Pizzinna) diventa frastagliata a
causa delle scure colate basaltiche perennemente modellate e
sconvolte dalla forza del mare.
Proseguendo, la costa nasconde una serie di piccole cale, coperte da
sabbia finissima. Arriviamo alle famose spiagge di Cala Liberotto, Cala Ginepro,
Sa Curcurica e Bidderosa.
Quest'ultima gestita dalla Forestale con ingresso a pagamento.
Vogliamo fermarci qui, ma 14€ a testa più 1€ per le auto ci sembra un po'
troppo per poche ore che intendiamo restare.
Proseguiamo ed entriamo nel territorio di Siniscola dove troviamo spiagge
altrettanto magnifiche quali Berchida e le dune di Capo Comino e decidiamo di
fermarci in quest'ultima.
Per raggiungere la spiaggia dobbiamo percorre circa un km in auto, quindi si
gira a sinistra e dopo altri seicento metri si lascia la macchina in uno spiazzo
e si prosegue a piedi per poche decine di metri.
Capo Comino è conosciuto per la serie di cale e spiagge immerse nella macchia
mediterranea con sabbia bianca finissima alle cui spalle si trovano delle dune.
Proseguendo verso il Capo vero e proprio il paesaggio cambia, presentando una
costa rocciosa alla cui estremità orientale è situato il Faro di Capo Comino,
edificio in stato di deplorevole abbandono.
La giornata è bella e il sole splende caldo su di noi, il mare è una tavola di
un verde smeraldo molto forte: come non fare quest'ultimo bagno in un mare
così? E così in meno che non si dica tutti in ammollo sguazzando felicemente
tra le onde.
Pranziamo
e restiamo per un bel pò a grociolarci al sole ma poi decidiamo di ripartire,
prossima tappa Olbia.
Ripercorriamo la SS 125 e giungiamo nelle località di S. Lucia, La
Caletta e Posada, il paese dove ci eravamo fermati all'andata per il pranzo,
tiriamo di lungo e siamo in vista di Olbia.
Una volta arrivati, ci dedichiamo al turismo e qualcuno ancora a delle compere.
Devo dire che Olbia come città ci ha deluso, già non siamo tanto amanti del
caos cittadino ma qui è uno dei posti dove si esagera. Un cantiere perennemente
aperto, traffico da metropoli, continui attracchi di traghetti che vomitano
macchine in strade inadeguate e la via principale dove potrebbe essere una via
pedonale dedita allo shopping è aperta al traffico, un vero caos.
Non ci fermiamo più di tanto, decidiamo di portarci verso Golfo Aranci e
cercare un posto per la cena.
A Golfo Aranci vi è indubbiamente meno confusione e il paese è più vivibile.
Individuata una pizzeria entriamo e consumiamo la nostra cena, ricordiamo la
settimana passata scambiandoci opinioni e il risultato è sempre quello della
splendida vacanza.
Intanto arriva l'ora per imbarcarci, ci portiamo al porto e dopo breve attesa
saliamo. Bè la settima è passata, passata splendidamente, vorremmo tanto avere
avuto qualche giorno in più a nostra disposizione, ma il dovere ci chiama e poi
da buoni toscani campanilisti sotto sotto a casa ci torniamo anche volentieri.
Si perché abbiamo visitato posti stupendi ma la casa è la casa e la terra
natia e la terra natia, quindi anche noi come Fabrizio ci accorgiamo che i
legami alle nostre origini sono forti. Inoltre con queste escursioni siamo stati
a stretto contatto per molti giorni e abbiamo messo a dura prova la nostra
amicizia e devo dire che siamo veramente un gruppo molto affiatato rispettosi
l'uno dell'altro, magari qualcuno un pò indisciplinato ma va bene così.
Adesso ho finito di annoiarvi con tanti discorsi ma sentivo il bisogno di
condividere con tutti quest'esperienza che raccomando fortemente a chi potrà e
vorrà ripeterla.
Fine.
Se vuoi unirti a noi apuano@email.it |