25/04/2008 Balzo Nero
Andamento altimetrico
Velocità verticale | Media ( m/min) | Massima(m/min) |
Ascesa |
11.9 |
241.5 |
Discesa |
-11.8 |
-145.4 |
Cambio di quota | Total (m) | |
Quota Totale |
2.450 |
|
Guadagno in quota |
1.228 |
|
Perdita di quota |
1.222 |
|
Differenza di quota |
7 |
|
Grado | Media (%) | Massimo (%) |
Grado generale |
7.5 |
-- |
Grado di salita |
70.2 |
169.2 |
Grado di discesa |
-35.3 |
-134.6 |
Dati Relativi |
(m) |
|
Elevazione di Partenza | 653 | |
Elevazione finale | 653 | |
Elevazione minima | 616 | |
Elevazione massima | 1.315 |
Rieccoci
per una nuova avventura, dopo circa un mese, causa mal tempo o
latri contrattempi, riprendiamo i nostri scarponi e ripartiamo.
Questa volta e di scena l'Appennino lucchese e nella fattispecie
il Balzo Nero.
ll
monte Balzo Nero (m.1315 s.l.m.), pur facendo parte
dell'Appennino lucchese, si differenzia da tutte le altre vette
per il tipo di roccia dal quale è formato: si tratta di
calcareniti che, però, nella parte terminale, lasciano il posto
al breccione, roccia di colore scuro che fornisce il toponimo
alla montagna. Questo itinerario affronta la salita alla
montagna per la via più impegnativa: quella diretta che transita
dal monte Alto ed è riservata solamente agli escursionisti più
esperti, in quanto mal tracciata, con notevole pendenza e con
tratti esposti nella parte finale.
Dal sito www.ursea.it
Ci troviamo a Marlia e da quì imbocchiamo la strada statale 12
dell'Abetone e del Brennero, passando
Bagni di Lucca.e dopo circa dodici km. sulla sinistra parte
il bivio per Vico Pancellorum.
Siamo nella piazzetta del caratteristico paese, stranamente
molto affollata, per affollarla bastano solo poche auto.
Parliamo un pò di questo piccolo centro: adagiato alle pendici del Balzo Nero ( mt. 1315) è a circa
650 mt. di altitudine, e da ogni angolo si può godere di
bellissimi panorami, che spaziano dalla veduta delle Alpi
Apuane, al Monte Bargiglio, tutta la Controneria con il monte
Prato Fiorito fino alla Penna di Lucchio. Salendo fino alla
“Croce di S. Marco” si impone la vista del Monte Caligi, di
Capanne di Siviglioli, dai contrafforti della Brancolerai fino
alla montagna Pistoiese, Piteglio e la Macchia Antonini.
I pochi abitanti rimasti sono circa un centinaio, ma la
popolazione incrementa notevolmente grazie al turismo non solo
estivo ma anche invernale, dovuto alle vicine piste da sci
dell’Abetone. In paese sono presenti una fornitissima bottega di
generi alimentari (detta “al Chioppo”) e il ristorante bar “Buca
di Baldabò”(sito nello stabile della locale
Associazione/Pro-Loco “Il Risveglio”), che offre specialità
regionali e internazionali; la ricezione turistica è attiva
grazie all’ affitto periodico di case private.
Dai primi del ‘900 l’emigrazione ha decimato la popolazione
residente, e ancora oggi è facile incontrare chi ha fatto
ritorno e parla volentieri due o tre lingue straniere
raccontando storie di vita vissuta in giro per il mondo, legata
ai “mammalucchi” di gesso, agli “stagnini”, ai venditori di
“pannina” .
L’Oasi Balzo Nero è un naturale paradiso per gli animali
selvatici quali cinghiali,capre selvatiche, lepri, caprioli,
daini, tassi, istrici, poiane, gufi, falchi, e l’imponente
aquila reale, che ha fatto di quest’area il suo regno
indiscusso; tra le risorse naturali presenti sono da evidenziare
soprattutto le castagne e i preziosissimi funghi porcini;
inoltre nel torrente Coccia, che scorre in anfratti orridi e
bellissimi, le trote sguazzano in abbondanza Per gli
appassionati, sono possibili escursioni di trekking e mountain
bike, nonché spedizioni speleologiche (solo per i più esperti!)
nelle grotte naturali nascoste nei boschi circostanti, ricche
non solo di tesori geologici ma anche di antiche tracce
esoteriche lasciate dai primitivi insediamenti umani.
Antico paese di origini romaniche, ne mantiene ancora il
curioso nome, mentre la struttura è riconducibile all’epoca
medievale, in quanto del paese originario rimangono solo alcune
tracce.
Di notevole importanza storico-architettonica è la Pieve
Romanica di S. Paolo, edificata più di mille anni fa, custode
tra l’altro di una pregevole statua lignea del ‘600 del santo
patrono, di un organo del ‘700, di alcuni dipinti sacri
recentemente restaurati, e di un piccolo museo. Ricordata dall'873,
è di impianto
basilicale a tre
navate spartite da arcate su pilastri sormontati da
capitelli con decorazioni fortemente geometrizzate. Sul
fianco destro si erge la torre campanaria. Nella semplice
facciata il portale è sormontato da un
architrave che reca incisi motivi simbolici e da un
archivolto a tutto sesto composto da cunei alternati di
pietra bicroma. La parete sopraelevata della
navata maggiore comprende una serie di archetti separati da
sottili
lesene e impostati su mensole variamente scolpite. Tra le
opere, una statua lignea di San Paolo (XV
secolo), un Crocifisso in legno scolpito (XV secolo),
un'acquasantiera
in
marmo (1551)
e i resti di un
affresco con figure di Apostoli (XIV
secolo). Passeggiando per le vecchie vie si possono individuare il
tribunale, le antiche prigioni, l’abitazione di Mons. Stefanelli
Vescovo di Lucca all’inizio del 1800, originario del luogo, il
palazzo dei Vicari della Val di Lima (oggi abitazioni private),
nonché bei portali e pietre ricche di storia.
Parlare di questo borgo era doveroso in quanto anche se non
venite per arrampicarvi come capre vale la pena visitarlo.
Veniamo a noi; siamo ben equipaggiati e con corde e attrezzature
da arrampicata partiamo per quella che sarà la nostra meta, il
Balzo nero.
Dalla piazzetta, dove nell'angolo estremo c'è una bacheca con
informazioni sul luogo, parte una strada, la imbocchiamo e dopo
pochi metri sulla sinistra parte un sentiero, questo è il punto
di partenza della nostra escursione.
E' doveroso dire che da questa parte non vi sono indicazioni se
non sporadici pallini rossi su alberi, quindi bisogna prendere
come primo riferimento la Croce di San Marco che si nota dalla
piazzetta del paese. Proseguiamo nel fitto bosco e i segnali
come già detto vanno e vengono, comunque le tracce sono molte
per salire sin quassù. Dai racconti di alcuni paesani abbiamo
appreso che il vecchio paese si trovava su queste pendici e in
effetti mentre saliamo notiamo diverse tracce di insediamento
umano. Qualche passaggino in stile capprettistico e poi un
ripido canalino e siamo alla croce di San marco sul monte Alto.
Come già detto la vista da quì è già notevole: sotto di noi il
paese di Vico P. e poi il Monte Caligi, Capanne di Siviglioli, i contrafforti della Brancolerai fino
alla montagna Pistoiese, Piteglio e la Macchia Antonini.
Dopo aver goduto di questi panorami ripartiamo tenendo sempre
davanti a noi le propaggini del balzo Nero. Proseguiamo ancora
nel bosco i segnali sono sempre più sporadici ma comunque
non si può sbagliare, la traccia è evidente e comunque si deve
solo salire.
Usciamo dal bosco e davanti a noi si presenta subito una ripida
parete che apparentemente sembrerebbe anche difficoltosa. Ma una
volta affrontata ci rendiamo conto che le difficoltà sono solo
nella ripidità, infatti si sale agevolmente in quanto il terreno
e formato da ampi gradoni.
Ecco abbiamo salito una cima e subito davanti a noi altre cime
che dobbiamo affrontare; due le abbiamo già affrontate e in
lontananza ne contiamo altre tre, il peso dell'attrezzatura si
fà sentire e ci diamo il cambio per trasportare le corde e
attrezzatura varia. Mentre saliamo a qualcuno la fatica fà avere
le allucinazioni e vede la Madonna che lo chiama, è si! è l'ora
di darci il cambio per il trasporto dell'attrezzatura. andiamo
avanti per creste e cime l'odore di escrementi di capre
selvatiche è fortissimo e molto spesso ne tastiamo la
consistenza mentre ci sorreggiamo a qualche masso; a un certo
punto ne avvistiamo un gran branco che scende a rotta di
collo giù per le pendici, devo dire che un pò le abbiamo
invidiate, così agili e senza timore.
Siamo ad un'altra cima e qui c'è veramente la Madonna che ci
attende, forse le allucinazioni non erano poi tali.
Giungiamo qui e subito disturbiamo un escursionista che era
giunto prima di noi, era lì bello tranquillo ed eccoci noi
caciaroni che rompiamo la magia di stare lì ad ascoltare il
silenzio.
Adesso ci serve l'attrezzatura che ci siamo portati dietro, si,
perché sotto di noi si apre una forcella che scende prima in un
ripido canalino e poi risale su uno spigolo molto esposto, sia
da una parte che dall'altra vi sono cavi d'acciaio per
facilitare la discesa e la successiva salita.
La discesa ci pare un pò troppo esposta e preferiamo scendere
assicurati ad una corda, Bruno da esperto ci fa sicurezza con un
nodo mezzo barcaiolo e uno alla volta scendiamo giù. Chi giunge
in basso deve ben presto affrontare la salita dal lato opposto
senza indugio perché nel passaggino tra le due pareti non vi è
spazio per fare sosta e quindi bisogna lasciar spazio a chi
scende dopo.
Tra l'attrezzatura abbiamo anche il kit da ferrata e con questo
saliamo lo spigolo. Il cavo d'acciaio non è molto fermo ma ben
ancorato e la roccia non crea problemi unico neo è che invece
dei paletti vi sono degli anelli a intervalli più o meno
regolari; questo ci obbliga a mettere un moschettone all'interno
dell'anello e l'altro sul cavo dando qualche problema nello
sganciarli, comunque la salita è breve e siamo di nuovo su
cresta, e davanti a noi si pone la penultima cima da
salire, una volta salita eccoci davanti a noi il Balzo Nero con
il suo " tartufo" nero sulla sommità, come già detto in
precedenza, mentre sino ad adesso camminavamo su calcareniti
chiare la vetta del Balzo Nero è formata da Breccione,
roccia di colore scuro che fornisce il toponimo alla montagna.
Prima di giungere alla nostra meta ci giriamo per veder il
percorso fatto e ci premia la vista di un'aquilia, stava venendo
verso di noi ma purtroppo, forse per il nostro vociare ha
preferito andare dalla parte opposta. Su queste pendici
pare che nidifichi indisturbata già da parecchi anni.
Siamo finalmente sull'ultima cima e affrontiamo l'ultima salita
tra rocce completamente diverse da quelle trovate sino ad
adesso, sembra lava!
Eccoci sulla vetta e da quì il panorama è sicuramente notevole
da mozzafiato che spazia tra profonde valli solcate da
tumultuosi torrenti e belle montagne; dalla veduta delle
Alpi Apuane, al Monte Bargiglio, tutta la Controneria con il monte
Limano e Prato Fiorito fino alla Penna di Lucchio e Memoriante.
Bè adesso si sente proprio il bisogno di pranzare e subito
cerchiamo un posto dove fermarci. Pranziamo e parlottiamo
spensieratamente quando capiamo il perché Rossano aveva un peso
enorme nello zaino, oltre a tutto l'occorrente e settanta metri
di corda aveva un grosso contenitore pieno di fragole; devo dire
che le ha offerte a tutti ma fortunatamente, per me, le hanno
rifiutate e così mi sono dovuto sacrificare per non fargliele
mangiare tutte, gli avessero a far male!
Poi
è stata la volta della Severina che con le sue cialde ci ha
ulteriormente addolcito la giornata.
Ultima sorpresa Bruno tira fuori caffè, relativa macchinetta e
fornellino e prepara un fragrante e profumato caffè, seguono
diversi ammazzacaffè.
Il cielo si sta scurendo e qualche goccia viene già giù, ci
affrettiamo a ridiscendere.
Per il ritorno prendiamo il sentiero dal lato opposto, questa
volta si tratta di sentiero tranquillo per via normale con
segnavia n° 8Bis, camminiamo tranquillamente e giungiamo ad un
bivio con il sentiero n° 8 che viene dal Pian degli Agli.
Noi naturalmente prendiamo per Vico Pancellorum, il tempo
indicato per raggiungerlo è di due ore, noi ce ne abbiamo messe
meno.
Giungiamo poi ad una zona panoramica e riprendiamo il sentiero
che prosegue a sinistra, attenzione ci sono molte foglie e si
scivola, ne so qualcosa!
Il sentiero comunque scende dolcemente in tornanti costeggiando
la gola del fiume Coccia; adesso il sentiero si apre in una
strada sterrata e da qui capiamo che il paese ormai è vicino. E
meno male che è vicino perchè adesso la pioggia viene giù a
bicchierate, come dice Rossano.
Un'ultima corsa e il sentiero termina su una curva della strada
che porta al paese- Poche centinaia di metri e siamo di nuovo
nella piazzetta e come è di solito smette di piovere quando
siamo alle auto. Poco male l'escursione l'abbiamo fatta ed è
stata una vera meraviglia, in un ambiente poco conosciuto ma
molto molto interessante, lo raccomando, se avete esperienza, se
siete allenati e avete dimestichezza con le ferrate, andateci ne
vale sicuramente la pena.
La giornata non finisce se non ci fermiamo a prenderci un gelato
e dopo questo rito ci riportiamo a Marlia da dove ognuno torna
alle proprie abitazioni con nel cuore e negli occhi scenari da
sogno.