25/26/27 Luglio 2008 Dolomiti di Fanes - escursione con la UOEi di Ripa di Versilia
 

"Non dovremmo negare …… che l'essere nomadi ci ha sempre riempito di gioia. Nella nostra mente è associato alla fuga da storia, oppressione, legge e noiose coercizioni, alla libertà assoluta"
Wallace Stegner

 

Le Dolomiti (anche dette Monti pallidi) sono un gruppo montuoso delle Alpi orientali, in Italia, convenzionalmente delimitato a nord dalla Rienza e dalla Val Pusteria, a ovest dall'Isarco e l'Adige con la valle omonima, a sud dal Brenta da cui si stacca la Catena del Lagorai al confine con la Val di Fiemme e a est dal Piave e dal Cadore. L'esistenza delle Dolomiti d'Oltrepiave, situate a est del fiume Piave, nelle province di Belluno, Udine e Pordenone (e anche in parte dell'Austria, in bassa Carinzia), delle Dolomiti di Brenta, collocate nel Trentino occidentale, delle Piccole Dolomiti, fra Trentino e Veneto, evidenzia la natura puramente convenzionale di questa delimitazione territoriale. Le Dolomiti prendono il nome dal naturalista francese Déodat de Dolomieu (1750-1801) che per primo studiò il particolare tipo di roccia predominante nella regione (carbonato doppio di calcio e magnesio).
 
Il parco naturale Fanes-Senes-Braies (in tedesco Naturpark Fanes-Senes-Prags e in ladino Parch natural Fanes-Senes-Braies) è un parco naturale della provincia autonoma di Bolzano. Fu costituito nel 1980, ed occupa una superficie di 25.680 ettari ed è uno dei parchi più vasti dell´Alto Adige.
Il parco confina a nord con la Val Pusteria, ad ovest con la Val Gardena a sud con il confine tra l'Alto Adige e il Veneto ovvero con la val Travenanzes, e a est con il Parco naturale Dolomiti di Sesto e precisamente con la Val di Landro.
Le cime raggiungono anche le quote dei 3.000 metri di altezza e da vasti altipiani: di Fanes, Senes, Fosses e Parto Piazza. Il parco è inoltre attraversato dalle alte vie 1 e 3. Gli accessi principali al parco sono: le due diramazioni della val di Braies, San Cassiano in Badia, e soprattutto la val di Tamersc, dietro al paese di San Virgilio di Marebbe.
 
Acqua: Presso i numerosi rifugi e malghe che incontriamo sul percorso
 sentieri : Alta via delle Dolomiti, segnavia 1 racchiuso in un triangolo - durante il percorso incontreremo altre numerazioni CAI ( 6-7-10-11-20-20b) che corrispondo limitatamente al segmento di sentiero che stiamo percorrendo
Punti d'appoggio: Presso i numerosi rifugi e malghe che incontriamo sul percorso
 1^ tappa- Dal Lago di Braies al rifugio Biella - Partenza dal Lago di Braies (1489 mt.) Arrivo al rifugio Biella ( 2327mt.) dislivello 90mt in salita, 60 mt. in discesa, durata 3/4 ore - difficolta'   E
2^ tappa-  Dal rifugio Biella al rifugio Lavarella - Partenza dal rifugio Biella ( 2327mt.) Arrivo al rifugio  Lavarella  (2060 mt.) -  dislivello 600mt in salita, 850 mt. in discesa, durata 4/5 ore - Difficoltà: EE
3^ tappa-  Dal rifugio Fanes al rifugio Lagazuoi - Partenza dal rifugio Lavarella( 2060mt.) Arrivo al rifugio Lagazuoi (2752 mt.) -  dislivello 1100mt in salita, 400 mt. in discesa, durata 6 ore - Difficoltà: EE

 

Eccoci di nuovo all'appuntamento estivo dell'escursione di tre giorni organizzato dalla UOEI di Ripa di Versilia che ci porta nei siti montani più interessanti d'Italia; questa volta ci recheremo sulle Dolomiti nel parco di Fanes.
La contemplazione è forse parte integrante di qualsiasi esperienza alpina. ma per assaporare appieno le suggestioni da quest'area dolomitica non c'è che un modo: mettersi in marcia percorrendo l'alta via delle Dolomiti N°1 che attraversa i monti Pallidi da nord a sud.
Ideata da Mario Brovelli e tracciata nel 1966 ha uno sviluppo di circa 125 Km percorribili normalmente in dodici giorni, per un totale di 7300 mt di dislivello in salita e di 8400 in discesa. 'itinerario ufficiale parte dal Lago di Braies in Pusteria, noi effettueremo le prime tre tappe.
Stiamo per intraprendere questa avventura che ci condurrà tra pareti, ghiaioni, altipiani sommitali, rassicuranti alpeggi, boschi, romantici laghetti alpini invitandoci all'esercizio, la contemplazione e a metterci in cammino.
Partiamo puntuali, imbocchiamo l'autostrada e ci dirigiamo verso Bressanone, un lungo viaggio ma che ne varrà certamente la pena di intraprendere.
Assieme a noi, che siamo 14 vi sono anche 27 turisti che visiteranno i paesi della Val Pusteria e facendo anche una puntata in Austria.
Due sono le principali vie d'accesso al parco di Fanes:  l'autostrada A22 Modena Brennero, che collega la Pianura Padana con l'Austria, e la A27 che porta a Pian di Vedoia subito dopo Belluno. Dalla A22, quella che abbiamo percorso, si esce a Bressanone e si prende la SS 49 statale della Val Pusteriache porta a Brunico e poi in direzione Dobbiaco e San Candido  seguendo successivamente le indicazioni per il Lago di Braies, contornando il lato nord del parco.
Giungiamo sulle rive del bellissimo lago alle ore 15,00.
  Il lago giace ai piedi dell'imponente parete rocciosa della Croda del Becco (ted. Seekofel, lad. Sass dla Porta m. 2810) e si trova all'interno del Parco naturale Fanes - Sennes e Braies; è uno dei laghi più profondi della provincia di Bolzano, con ben 36 metri di profondità massima, il lago è un lago di origine franosa, in quanto la sua creazione è dovuta allo sbarramento del Rio Braies per una frana del che si è staccata dal Sasso del Signore.
Ci prepariamo alla nostra avventura congedandoci dagli amici turisti.
Dall'hotel posto sulle rive del lago
 di colore verde scuro, sovrastato dalle imponenti pareti settentrionali della Croda del Becco e della Punta della Quaira di Sennes , si prende verso sud  sulla sponda occidentale del lago, all'altezza della prima insenatura imbocchiamo il sentiero segnavia 1, da quì inizia ufficialmente l'Alta Via Dolomitica.
Seguiamo il sentiero rapiti dallo scenario che ci si pone davanti, raccontarlo è alquanto difficile, solo la mano di un valente artista potrebbe rappresentare, la poesia descrivere o l'immaginazione di un uomo addormentato concepire nei suoi sogni; nella realtà la troviamo solo quì in questi luoghi da fiaba, il paradiso che ognuno brama!
Dopo questa licenza poetica possiamo riprendere il cammino: dunque procediamo, come si è detto, affascinati da tutto ciò che ci circonda, non è neanche mezz'ora che camminiamo e le macchine fotografiche non hanno mai cessato d'immortalare tali bellezze.
Giunti
alla sua estrema punta meridionale, prendiamo il sentiero che da qui si inerpica in salita sempre più ripida e faticosa lungo il vallone dominato dalle prime propaggini della Croda del Becco (
Seekofel) e del Cavallo Piccolo.
Siamo ora in un bosco di "baranci" o pini mughi, aceri, formidabili fioriture di rododendri e papaveri gialli e anche
 esemplari di aquilegia di einsele, molto simile alla nostra delle Apuane ; in basso la splendida vista su tutto il lago.
A un tratto sul sentiero troviamo un cartello che ci indica che è interrotto, alcuni attimi di panico: " e ora che facciamo?" niente paura l'efficienza di chi amministra questi luoghi, e state certi che qui sanno come sfruttare il turismo montano, è esemplare, infatti subito vi è una bella segnalazione su legno che ci indica la deviazione del nuovo sentiero, non un sentiero approssimativo, bensì un comodo e battuto sentiero che si percorre senza timore di inciampare o che ci costringa a balzi per superare scalini.
ripercorriamo un tratto in forte salita e giungiamo a quota 1980 mt dove segnalazioni ci indicano sulla destra il sentiero per il rifugio Biella.
Percorriamo ancora il sentiero tra pini mughi ma ben presto ne usciamo per proseguire per ghiaioni, passiamo sotto la parete della montagna, una frana si deve essere staccata da poco, col naso all'insù osserviamo bene che non ci siamo pericoli e ci affrettiamo a passare, non si sa mai!
Si raggiunge infine il piatto fondovalle «Buco del Giavo» (Nabiges Loch),2034 m.
 
Quindi si passa sul versante  destro della valle e si risale, con tornanti, una dorsale boscosa, in direzione ovest; attraverso un’area con pochi larici e su detriti, si sale sotto la parete dello sperone est della Croda del Becco verso sinistra (sud-est).

Giunti sotto un muro semicircolare, ci troviamo su rocce, dobbiamo affrontare un gradone roccioso, un dislivello discreto, su questo tratto vi sono delle catene che in questo periodo non servono mentre, credo che siano magari più utili in inverno sempre che non finiscano sotto qualche metro di neve.
Entriamo nel "Forno ",
lo stretto corridoio tra il Pizzo Forno ed il Monte Muro.  Il nostro cammino  prosegue costeggiando la croda del Becco, parliamo poco intenti come siamo ad ammirare il paesaggio, ma ad un tratto quasi come si fosse levato un'ordine esclamiamo quasi all'unisono: " guarda laggiù le Tre cime di Lavaredo e il Picco di Vallandro !" uno spettacolo ancora più incomparabile, man mano che saliamo ammiriamo altre cime come il Soraphis, la Croda Rossa, più lontano il Pelmo e le Tofane.
Giungiamo ad un bivio con un sentiero segnavia n° 3, noi continuiamo tenendo il n° 1, siamo a quota 2200.
Siamo in decisa salita trà ghiaioni e rocce  
proseguiamo ancora tra grandi blocchi di roccia e, in alto, con percorso a zig - zag, si sale alla Forcella Sora Forno a quota 2380 mt. nei,  pressi di una marginetta, sopra di noi incombe la Croda del Becco.
Splendida vista sulla Croda Rossa (est), sul gruppo del Cristallo e del Pomagagnon  (sud-est), sul Bosconero, sul Pelmo, sulle Tofane (sud), sui monti dell’Alpe di Sennes (gruppo di Croda del Camin), sul gruppo di Fanes, sul gruppo delle Odle (ovest) e sulla Croda del Becco (nord-ovest). Al di là della bocca, con un buon sentiero, si scende verso sinistra (sud-est) al margine settentrionale della Grande Alpe di Fosses, dove si trova il
Rifugio Biella
, 2327 mt.
Il
rifugio Biella, massiccia costruzione in muratura a tre piani isolata in una radura di aspetto lunare, è di proprietà della Sezione di Treviso del CAI. Costruito nel 1906 e rifatto nel 1926, fa servizio d'alberghetto  ed è aperto dal 20 giugno al 20 settembre; offre 53 posti, più 6 nel locale invernale; illuminazione con gruppo; acqua e servizi igienici all'interno; Stazione di Soccorso del CNSAS '118'; telefono rifugio 0436 44 67.
Giungiamo al rifugio e siamo accolte festosamente dai gestori che ci mettono subito a nostro agio, ci assegnano le camere, una lavata veloce, molto veloce in quanto l'acqua è molto fredda. Ci aggiriamo nei pressi del rifugio e ammiriamo le maestose montagne che si estendono davanti a noi, a quelle già citate aggiungiamo il  Sella e le Odle, il Sasso delle Dieci e in lontananza il ghiacciaio della Marmolada, a che bellezza!
Veniamo chiamati dai gestori  per la cena e non ce lo facciamo ripetere, abbiamo tutti un buon appetito, minestre d'orzo o di verdura, polenta con salsicce, polenta con formaggio e altri prodotti tipici. Non ci resta che stare un po' lì a meditare davanti ad un bel grappino locale. Le luce spente in più riprese danno il segnale per prepararci per la notte, sarà bene che andiamo, domani ci attende un'altra giornata faticosa.
Al mattino ci alziamo e ci ritroviamo a colazione, vediamo che manca Piero e non capiamo dive  sia, dopo poco però i nostri timori si rendono infondati infatti eccolo che lo vediamo arrivare,: " Piero dove sei andato? Ti cercavamo da tutte le parti." e lui, con la sua bandana con le foglie di marijuana disegnate sopra, non pensate male, lui non ha mai fumato neanche una sigaretta normale figurarsi di questa roba è solo che a lui garba vestirsi con colori sgargianti e indumenti fuori dall'usuale, ci risponde: " Sulla Croda del Becco a caccia( fotografica) di pernici bianche ". Ci racconta da dove è passato e cosa ha veduto, lo riporto quà sotto:
"Sono salito sino alla Forcella Sora Forno, il sentiero è proprio davanti,sulla cresta sud occidentale, comincio a salire su sentiero facile e non presenta particolari difficoltà , solo nell' ultimo tratto può sembrare un po' scoperto e dare qualche problema a chi soffre di vertigini , ma non c' è pericolo perchè il sentiero è sempre ben largo .

Il percorso è facilmente individuabile a vista salendo costantemente per il crinale della montagna . La salita è abbastanza impegnativa , 483 metri di dislivello , ma senza pericoli, in certi tratti dove c'è un ripido pendio vi son cavi metallici ma comunque l'impegno è minimo.
In un ora  sono arrivato in cima a quota 2810 mt, sotto la croce della vetta.
Ho potuto godere della vista  mozzafiato sul Lago di Braies, che sotto di noi sembra un piccolo stagno , e di un grandioso panorama sulle Dolomiti e le Alpi Centrali  e su tutte le cime circostanti. Sono ridisceso in circa lo stesso tempo, un pò attardato dalla vista delle pernici bianche che tanto volevo fotografare ma loro sono state più veloci e sono volate via prima che prendessi la macchina fotografica."  Questo è quello che ci ha raccontato e fedelmente l'ho riportato.
Facciamo colazione, poi usciamo all'esterno per una foto di gruppo davanti al rifugio dove si uniscono anche la gestrice e le aiutanti, una di loro ci dice di far parte della UOEI di Lecco, quindi abbiamo amici e interessi in comune, il mondo è piccolo!
Ci apprestiamo a partire, la nostra meta finale è il rifugio Lavarella, sono le 8,50 quando imbocchiamo il sentiero N° 1 verso ovest, all'inizio veramente è una strada sterrata di servizio per il rifugio che, come vedremo poi, molto frequentata da bikers. Sopra di noi sulla destra abbiamo la grande mole della Croda del becco, dopo circa quindici minuti deviamo su sentiero con segnavia 6 e proseguiamo verso il Colle di Siores, qui e altrove troviamo segnalazioni diverse, ma nella sua interezza siamo sempre sull'alta via delle Dolomiti N°1.
Abbiamo una bellissima sorpresa, uscendo dal sentiero avvistiamo moltissime stelle alpine, inutile dire che le foto si sono sprecate, primi piani, macro, effetti starni, da lontano, da vicino ecc. sembrerà una cosa banale ma questo fiore che non si vede molto spesso per noi è il fiore delle Alpi. Comunque dobbiamo anche rendere omaggio alle belle fioriture che qui abbondano, camminiamo su prati ricchi di genziane, garofani, orchidee, ad un tratto un forte fischio: " è vicino, è la marmotta!" e via a cercare tra sassi dove si è andata a ficcare, non è nascosta, bensì è lì che resta di vedetta e noi come i popoli del sol levante siamo pronti con le nostre macchine fotografiche ad immortalare tutto quello che ci si pone davanti, questa volta la nostra attenzione è per la marmotta. attraversiamo praterie, in lontananza maestose cime, ecco ora il sentiero si ricongiunge con la strada, la percorriamo
per lasciarla solo a momenti in presenza di sentieri che poi si ricongiungono ancora sulla strada.
  Il morbido saliscendi dei dossi dell'Alpe di Sennes ci conduce in vista del  rifugio Senes quota 216 mt, sono le orre 09,50
. La spianata del Rifugio Sennes è molto bella e merita una sosta . Alcuni fienili e malghe e un piccolo lago completano la scena . Nel verde prato non è difficile scorgere qualche orgogliosa Stella Alpina .
E' una vera bellezza, con il candido delle pareti ed il bruno del legno di abete consumato dal tempo, lo raggiungiamo e ci concediamo un caffè poi dalla terrazza esterna ammiriamo verso sud  i panorami di roccia: l'ardita cresta della Croda del Becco, la Croda Rossa, la Croda Canin……. Campanili di roccia si rincorrono tra i prati verdi fioriti di minuscole orchidee. Un raggio di sole asciuga i nostri capelli e fa luccicare la dolomia.
 Un anziano signore che si trova davanti al rifugio ci informa che il vasto prato erboso davanti al rifugio Sennes era una pista di atterraggio utilizzata dagli aerei durante la prima guerra mondiale e sottolinea, con rammarico, che nessuno ricorda più la Grande Guerra che si è combattuta tra queste montagne.
Riprendiamo il sentiero e guardando quelle piccole baite su quella spianata ci immaginiamo la bellezza romantica e magica che deve raggiungere questo posto anche d'inverno.
Percorriamo il sentiero n° 7 ( ricordatevi che è sempre l'alta via  n° 1 ) alle ore 10,20 che in realtà è ancora la strada, seguiamo poi sempre su 7, ma sentiero, in direzione Pederu, riprendiamo la strada e poi la rilasciamo presto per dirigerci verso sx (segna via 7) per Fodara Vedla.
Incontrare le acque del piccolo Lago de Fodara (ora prosciugato); lo costeggiamo lasciandolo sulla sinistra e proseguiamo altri 5' minuti in leggera salita .
Qui scolliniamo e in altri altri 10' minuti di leggera discesa raggiungiamo il Rifugio Fodara Vedla (1980 mt.).
 Il Rifugio si erge in una magnifica e panoramica radura , popolata da alcune malghe e una deliziosa cappella, che domina la Valle di Tamersc .
Ci fermiamo e ci concediamo una pausa per mangiare qualcosa prima di riprendere il cammino.
Ripartiamo facendo scorta d'acqua alla vicina fontana, ne approfittiamo anche per darci una rinfrescata, e proprio dalla fontana inizia il nostro sentiero, attraversiamo il greto di un torrente asciutto e risaliamo su prati che ben presto entrano tra pini mughi, salendo decisamente ma su facile sentiero.
Il gruppo che è in cima ad un tratto si ferma e blocca la visuale di chi è dietro
: "cosa c'è che no và?" e la risposta: " niente solo che il sentiero finisce ai bordi di un profondissimo abisso".
Guardando bene però si vede benissimo la piccolissima traccia che su ghiaioni scende giù a capofitto;
il paesaggio muta, niente boschi, solo pietra lunare, immensi ghiaioni, calanchi, lastroni inclinati, vette calcaree, costituiscono un panorama di asprezza primitiva.
, coraggio scendiamo con prudenza!  Proseguiamo in direzione sud ovest abbassandoci  nell'impluvio del selvaggio vallone che dal Valun Gran che scende in Val del Rudo. Procediamo con estrema lentezza dato il fondo alquanto scivoloso. Mentre stiamo attraversando cominciano ad scendere alcune gocce di pioggia, pioggia che comincia ad essere insistente mentre risaliamo
 sino a lambire i friabili risalti rocciosi del Castel de Banc dal Sè .  Troviamo rifugio sotto un tetto della montagna e aspettiamo che cessi un pò di piovere, intanto mettiamo a portata di mano giacche a vento e copri zaini.
La pioggia non dura molto, per fortuna, riprendiamo il viaggio, progrediamo con sempre più impegnativo fiancheggiando vertiginosi precipizi.
Raggiunta l'insellatura sul costone che guarda verso il Pederù ci si cala con ripidi ghiaioni sul versante occidentale della montagna, per fortuna la quantità di pioggia caduta non ha trasformato il sentiero in un torrente ma al contrario a composto con la ghiaia un amalgama che si appiccicava agli scarponi aiutandoci a non scivolare.
Finalmente terminiamo questa interminabile discesa, lasciamo uno scenario lunare per riemergerci tra pini mughi, usciamo dal sentiero e arriviamo alla strada   Lavarella al Pederù, una simpatica faccia , battezzata dalla Giuseppina Klauss, scolpita su un albero morto ci dà il benvenuto, riprendiamo il cammino verso il rifugio Lavarella, la salita è agevole, ingombra solo di tanta gente che va e che viene, moltissime mountain bike e tanti piccoli escursionisti in erba con i loro piccoli zaini.
Il percorso sino al rifugio è quasi totalmente su strada, solo in due tratti la lascia per prendere il sentiero n°7 ma dopo poco ci si ritrova sulla strada.
Ricomincia a piovere, il celo adesso è bello nero, per ora è solo acquerugiola, è comunque meglio allungare il passo.
Si comincia a incontrare baite e abitazioni per l'alpeggio, numerosi scampanellii e muggiti di brune alpine ci danno ancora il benvenuto, troviamo anche una malga e assaporiamo i prodotti locali, in particolare uno jogurt delizioso servito con mele e banane.
La pioggia comincia a venire più copiosa e forse è meglio non attardarci, la costruzione che ci sembra un rifugio non è il nostro ma il rifugio Fanes, noi dobbiamo procedere ancora sulla destra e in pochi minuti siamo al La Varella 2050 mt. ore 15,00.
Accolti benissimo dai gestori che subito ci danno le camere, il nostro unico pensiero è quello di farci una doccia calda e toglierci la fatica di dosso. E' presto e quindi ci ritroviamo nella sala di ritrovo del rifugio dove restiamo a fantasticare e programmare la giornata successiva.
Intanto all'esterno piove copiosamente, la cena ci viene servita al quanto presto, alle ore 18,30 un'ora un pò inusuale ma che farci?
Dopo cena, intanto a smesso di piovere ci ritroviamo all'aperto sorseggiando delle buonissime grappe e poi i gestori ci hanno offerto del buon vin brulé chiedendoci di fare da comparse per le foto del nuovo catalogo del rifugio.
Si è fatto tardi dobbiamo andare a letto per affrontare l'ultima fatica del giorno dopo.
Al mattino sveglia alle sei e colazione alle sette, salutismo i gestori e riprendiamo il cammino, non piove ma il celo non è che sia sereno, nel silenzio partiamo sono le ore 07,45, attraversiamo la valla t su sentiero n°12 verso il rifugio Fanes a metri 2060 , che si raggiunge in pochi minuti. Tra le nuvole intravediamo le Cime sasso delle Nove (2968 mt) e Sasso delle Dieci ( 3026), Monte Cavallo (2907 mt.), Piz del Mastello (2718) e Cima La Varella (3055 mt.).
In breve giungiamo al rifugio Fanes
(localmente detto Ücia de Fànes) e da qui prendiamo la strada ( segnavia 10-11 ), si taglia poi per sentiero sino a tornare sulla strada per poi immetterci sul pianoro lunare che conduce al Passo di Limo (Ju de Limo), 2174 m, e al vicino Lago di Limo (Lé de Limo), 2159 metri.
Siamo abituati a vedere i laghi nelle valli, e anche i laghetti alpini d'alta quota siamo soliti trovarli nelle conche dove ricevono l'acqua dallo scioglimento delle nevi o dei ghiacciai perenni.
 Questo è invece un lago su un passo (poco sotto per la precisione), il Passo di Limo (m. 2172). Il passo della strada sterrata (accessibile solo ai mezzi autorizzati) che, attraversando i due parchi (del Fanes-Sennes-Braies e delle Dolomiti d'Ampezzo), congiunge la Valle di Rudo (Rif. Pederu e da lì la strada asfaltata per S. Vigilio di Marebbe) con la Valle di Fanes (che giunge alla Valle d'Ampezzo, dove incrocia la strada che conduce a Cortina D'Ampezzo).Senza affluenti ed emissari questo azzurro lago incastonato tra le pendici di Col Becchei e quelle di Cima di Limo, può essere ammirato con le Tofane come fondale, mentre dal Passo di Limo è possibile ammirare dalla parte opposta in tutta la sua maestà l'arco del gruppo di Sasso della Croce,Sasso delle Nove, Cima Dieci, Monte Cavallo.

A sud del lago si incontrano prima il sentiero 10, poi la stradina con lo stesso numero; entrambi si staccano a sinistra (est) per dirigersi in Val di Fànes e Cortina d’Ampezzo; continuiamo invece a destra (sud) per la strada bianca, segnata con il n. 11, seguendo i pascoli e presto incontrando la Ücia de Gran Fànes (Malga Fànes Grande), 2100 m circa.
Continuiamo sulla destra, lasciando la strada e prendendo il sentiero n° 11/20b in direzione di Lagazuoi tra prati e pascoli, sui fianchi della valle vi sono vette delle Cime Campestrin e le cime de Furcia Rossa che danno l'idea dell'impressionante disfacimento di queste montagne dovute all'erosione degli agenti atmosferici, enormi blocchi si staccano dalle vette e alcuni rimangono in  equilibri precari da brivido, trascuriamo il sentiero n° 17 che si stacca sulla sinistra  e seguiamo per il sentiero n° 11che porta Ju da l’Ega (Passo Tadéga), 2157 m, dal quale si sale a sud lungo il Gran Pian.
Il celo non mostra segni di rasserenamento, giungiamo a quota 2117 e troviamo il segnavia N° 20 b per la Forcella del Lago. Ricompattiamo il gruppo e convochiamo consiglio per decidere se scendere direttamente verso S. Cassiano o proseguire per il programma, la risposta è stata all'unisono, forse qualcuno per non essere tacciato di codardia si è unito, di proseguire per la Forcella.
Prendiamo, come indicato, a sinistra verso sud est su sentiero tra pini mughi che ben presto lasciano lo spazio a enormi ghiaioni, visto da basso sembra piuttosto scabroso ma il passo è spedito grazie alle manutenzioni che vengono fatte a questi sentieri, tra queste rocce e ghiaioni, anche qui abbiamo splendide fioriture, fiori come
il camedrio alpino, la vedovella, l'achillea delle dolomiti, la stella alpina, il papavero retico, Più in alto tra le crepe e le fessure delle rocce possiamo rimanere affascinati dal raperonzo di delle Dolomiti, anche qui la stella alpina, la potentilla delle Dolomiti, il carice sempreverde o la sassifraga verdazzura.. In meno di un'ora siamo alla Forcella del lago a quota  2486 m, fra l’ardita Torre del Lago e la grandiosa Cima Scotóni nel Gruppo di Fànis.
Facciamo una piccola sosta e approfittando che da qui abbiamo campo per il telefono, ognuno di noi chiama i propri cari per rassicurarli che stiamo tutti bene.
Dalla forcella guardiamo in basso e si vede solo un precipizio vertiginoso, ma appena ci apprestiamo a riprendere il cammino ci accorgiamo di quanta perizia e amore mettono i responsabili di questi sentieri per mantenere cosi perfetti queste vie. Un sentiero che normalmente si dipanerebbe tra ghiaioni e grosse pietre è stato ripulito, costruito dei terrapieni per non far franare la costa, portato lunghi pali per costruire dei contenimenti e cosa più straordinaria sul fondo vi è un fondo di finissima ghiaia dove camminarci è una vera goduria.
Dopo le prime curve dei tornanti ammiriamo in basso il piccolo lago di Lagazuoi 2182 mt. nella stupenda oasi dell’Alpe o Monte de Lagazuòi. Giungiamo in fretta in fondo alla valle e passiamo sopra il lago, raggiungiamo la strada e lasciamo il sentiero 20b, che procederebbe su ripidi ghiaioni, per il più comodo 20 che prosegue verso sud.

Il sentiero ci permette di andare di buona lena costeggiando il monte Lagazuoi ad un certo punto entra in scena quel qualcosa di terribile che è stata la prima guerra mondiale con i rifugi scavati nella montagna formando un museo all'aperto della Grande Guerra,  sul Piccolo Lagazuoi si estende su una vasta area del Monte Lagazuoi, ad un'altitudine compresa tra i 2100 e i 2800 m. Numerosi sentieri, di diverso impegno e lunghezza, permettono di visitare postazioni e gallerie italiane e austriache lungo alcune delle più panoramiche passeggiate delle Dolomiti.
Ciò che rende unico questo museo sono le numerose e complesse gallerie, costellate di aperture che servivano come feritoie, cannoniere, prese di aerazione da cui si aprono viste inusuali sul paesaggio dolomitico.
Giungiamo alla Forcella Lagazuoi a 2573 mt. da qui dobbiamo prendere un sentiero sulla destra molto ripido, il riifugio lo vediamo sopra di noi ma ci sono ancora 177 mt di dislivello. Saliamo sul sentiero n° 401  che procede a zig zag verso il rifugio, sono ancora molte le testimonianze dell'evento bellico.
Fianlmente siamo arrivati siamo a quota 27552 mt. sono le ore 13,35.
Al rifugio troviamo gli amici turisti che sono saliti in funivia che sale dal Passo Falzàrego, ci rifocilliamo con piatti caldi di minestra d'orzo e di verdura, tiriamo fuori dallo zaino un panino rattrappito e schiacciato allo spek e formaggio che ci avevano fatto al rifugio la Varella, una bella birra e una porzione generosa di strudel. Ora si può ragionare e ci mettiamo a raccontare le nostre peripezie ai turisti ai quali sembriamo dei super eroi ad aver affrontato tanta fatica.
Il celo ogni tanto si apre e vediamo davanti a noi dato che la terrazza che è sul rifugio è quasi a 360° e possiamo amirare un panorama che toglie il fiato, lo sguardo che spazia su una distesa di monti, uno più affascinante dell'altro: Le Tofane,la Marmolada, il Civetta, la Vetta d'Italia, il Picco Tre Signori e Sasso di Stria dal Falzarego le Cique Torri.
Si sono fatte le ore 15 dobbiamo ridiscendere e optiamo per la funivia che in unici vertiginoso balzo ci porta a Falzarego dove ci attende il pullman che ci riporterà a casa.
L'avventura è terminata in queste terre di magia dove ancora  la vecchia regina e Luianta. Attendono il suono delle trombe d'argento, attendono la grande ora, quando tornerà il tempo promesso, il tempo in cui risorgerà nuovamente il regno dei Fanes.
 E anch'io  rifletto  sul mio stato d'animo, le proprietà fisiche del territorio trovano una corrispondenza nel mio umore.
I sentieri che percorro conducono esternamente a valli erbose e creste affilate ma hanno anche uno sviluppo interiore.
 Dall'osservazione del paesaggio, dal leggere e dal pensare mi deriva sempre una sorta di esplorazione di me: così  ripeto lo stesso rito, mi avvio sul sentiero senza voltarmi indietro.
Mi sposto a piedi per raggiungere luoghi inaccessibili e godere della quotidianità delle piccole cose: dal silenzio al pasto frugale, dal piacere dell'ignoto a quello della fatica.
La scoperta di questi segreti si potrebbe chiamare avventura, ma è qualcosa che scende nel profondo, così come nei boschi ci sono strade visibili e percorsi invisibili: a questa ricerca mi sto dedicando.

 


 

Foto escursione

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