30 Ottobre - 4 Novembre 2008 Maratona di New York
Più di un anno fà io e Marco abbiamo deciso di partecipare alla
maratona più importante e ambita del mondo la New York marathon.
E finalmente dopo chilometri e chilometri di allenamenti,
ripetute, allunghi, collinari, vari infortuni e la tensione che
si accumula nei molti mesi che abbiamo atteso questo evento, ora
siamo qui pronti a partire.
Di buon ora siamo all'aeroporto Galileo Galilei a Pisa e con
volo Alitalia raggiungiamo Roma Fiumicino e poi volo diretto per
aeroporto JFK di New York.
Il volo è molto lungo, otto ore; come novelli Cristoforo Colombo
avvistiamo la costa del nuovo mondo e sgraniamo gli occhi
guardando la costa frastagliata da mille isolotti, insenature,
lagune. poi ecco l'avviso del comandante: " stiamo scendendo
verso l'aeroporto di New York JFK, la temperatura a terra è di
15 gradi e il cielo è sereno tanti auguri ai maratoneti".
Tocchiamo terra, atterraggio perfetto, e ringraziamo i piloti
con un fragoroso applauso.
Scendiamo dall'aereo un pò anchilosati con le gambe rigide per
la lunga inattività, poi le lunghe procedure dei controlli,
passaporti alla mano, foto segnaletiche e presa delle impronte
digitali, controllo bagagli.
Finalmente siamo fuori, l'addetta della Born 2 Run, l'agenzia
che ci ha organizzato il viaggio, una volta radunati ci
accompagna al pullman che comunque si fà attendere; mentre
aspettiamo notiamo la mania di stupire degli americani: davanti
all'entrata si susseguono numerose limousine, anche alcuni
italiani con la voglia di strafare hanno noleggiato per farsi
portare a destinazione.
Nel tragitto all'albergo la nostra accompagnatrice ci fa da
guida spiegandoci i vari luoghi che attraversiamo e prendiamo
pian piano le misure a questa grande città, fuori da ogni logica
europea, tanto meno italiana, da principio case basse in
legno, poi grandi blocchi di appartamenti dormitorio e infine
passiamo sotto il fiume Hutson attraverso un tunnel ed entriamo
in Manathan
con i suoi mille grattaceli.
La punta sud di Manhattan è il luogo dove nel 1624 gli olandesi fondarono l'originario insediamento di Nieuw Amsterdam ("Nuova Amsterdam"), che fu ribattezzato New York quando venne conquistato dagli inglesi nel 1664. Fino al 1874 la città di New York si estendeva appunto solo sull'isola di Manhattan, ma fra il 1874 ed il 1898 fu deciso di allargare la città assorbendo gli altri quattro distretti
Finalmente giungiamo all'albergo: il Salisbury
sulla 57^ avenue, si finalmente perchè siamo
alquanto stanchi. Preso possesso della camera,
una doccia e poi alla scoperta delle vie vicine,
ci rendiamo conto che siamo a due passi da Central Park e vicinissimi a Time Square e a
Broadway sede di molti teatri. Fà molto
freddo e cerchiamo un posto per mangiare,
decidiamo per una " steak House " dove si
mangiano bistecche mega, noi optiamo per
filetto, patate fritte ed insalata, innaffiato
da una buona birra. Mangiamo benissimo ma il
conto ci lascia un pò perplessi 70 dollari a
testa!
Venerdì 31/10/2008
Il fuso orario ci scombina e al mattino
siamo già svegli alle cinque, ci rigiriamo nel
letto ma poi decidiamo di andare a correre in
Central Park mentre Giuseppina se ne resta a
letto.
pensiamo di non trovare nessuno a quell'ora,
invece il parco è gremito di persone che
corrono, l'eccitazione è tanta che esplodo in un
sonoro Good morning America, lasciando un pò
stupiti gli infreddoliti passanti che
probabilmente si apprestano ad andare al lavoro,
attraversiamo Columbus Circle la piazza
intitolata al grande navigatore Cristoforo
Colombo appunto.
Entriamo nel parco, nella
nostra corsa giungiamo dove c'è l'arrivo della
maratona e già assaporiamo quando vi giungeremo
tra due giorni a quali sensazioni proveremo
nell'alzare le braccia al celo.
Corriamo per circa quaranta minuti e poi
torniamo in albergo, doccia, colazione e poi ci
attende una visita guidata della città.
Visitiamo un pò tutti i luoghi più conosciuti:
da Litle Italy, dove ormai di Italia vi è
rimasto veramente poco mentre China Town si
espande sempre di più,
la Chinatown di New York è la più grande
comunità cinese dell'emisfero occidentale e
conta 150.000 abitanti provenienti da tutta
l'Asia. I primi a giungere qui furono gli
immigrati Cantonesi nel 1870.
Da allora la popolazione è cresciuta a ritmo
costante ma è sempre stato e rimasto un
quartiere piuttosto chiuso e alcuni dei suoi
residenti continuano a non conoscere una parola
d'inglese!
Ammiriamo poi i vari grattacieli famosi come
uno dei più
antichi grattacieli di New York, il
Flatiron Building ( il ferro da stiro ), simbolo
della Manhattan del primo Novecento, il Chrysler
Building,
un grattacielo che è tra i primi posti
al mondo per la sua riconoscibilità grazie alla
sua originale
cima di acciaio in stile Art Déco.Costruito
nel 1930, questo edificio conta di 77 piani e di
un'altezza di 319 metri, poi, situato tra la
34th Street e Fifth Avenue, l'Empire State
Building che si trova nel cuore del
distretto commerciale di New
York. Sebbene abbia ormai perso il record in
altezza, questo grattacielo detiene ancora
alcune caratteristiche non eguagliate, come ad
esempio la semplicità del design
e l'armonia tra tutti i suoi diversi elementi.
Visitiamo ora i moli nelle vicinanze del primo ponte di acciaio sospeso nel mondo: il
ponte di Brooklyn che unisce
Manhattan a Brooklyn, è lungo 2 km e alto 84
metri. E' stato progettato nel 1869 da un
immigrante prussiano, Johann Roebling, che aveva
brevettato uno speciale cavo di acciaio da usare
per le chiatte e abbastanza resistente da essere
usato su strutture più grandi, tipo i ponti.
Questa e altre soluzioni ingegneristiche
conferiscono al ponte un'impressione di leggerezza,
in contrasto con le imponenti torri
gotiche in pietra. Il ponte costò 15
milioni di dollari e 14 anni di lavoro! E' stato
inaugurato nel 1883.
Purtroppo non ci son passato sopra, ma l'ho
visto molto da vicino. Di notte poi, quando è
tutto illuminato è uno spettacolo!
Andiamo poi nel cuore della parte affaristica ed
economica, che in questo momento non è che
navighi molto bene: Wall Street, importante
arteria viaria dove viene ospitata la prima sede
permanente della Borsa di New York (la New York
Stock Exchange o NYSE). Rappresenta tuttora il
centro del distretto finanziario di New York.
Con il termine Wall Street si indica
per antonomasia l'intero complesso
dell'industria finanziaria statunitense.
Wall Street prende il suo nome dalle mura della
città ormai da tempo smantellate, che durante il
XVII secolo essa formava il confine
settentrionale dell'insediamento di New
Amsterdam. Attorno al 1640 delle semplici
recinzioni a paletti demarcavano le proprietà
della colonia.
Proseguiamo per il vicino simbolo del segno
positivo della Borsa una statua enorme di un
toro: 'toro' (bull in inglese) è considerato
simbolo del rialzo, mentre per mercato 'orso'
(bear in inglese) si intende una fase
ribassista. L'origine linguistica di questa
simbologia trae origine secondo la leggenda dal
comportamento degli animali rappresentati: il
toro solleva il suo avversario verso l'alto con
le corna. In un mercato toro dunque le
quotazioni ed i prezzi si muovono al rialzo,
grazie all'euforia d'acquisto degli operatori di
Borsa. Al contrario, l'orso atterra l'avversario
con una zampata, proprio come accade in un
mercato ribassista: gli operatori, prevedendo un
declino dei prezzi, con i loro ordini di vendita
fanno scendere le quotazioni.
Anche noi tra molta folla cerchiamo di farci fotografare vicino alla
grande statua che ci dicono opera di un
italiano.
Andiamo ancora avanti e giungiamo al vicino
Batteri Park, il parco di 8,5 ettari prende
questo nome dai cannoni costruiti a scopo di
difesa degli abitanti dopo la Rivoluzione
Americana. Il Monumento Nazionale Castello
Clinton (il posto dove si comprano i biglietti
per visitare per la Statua della Libertà e per
il traghetto che va all’isola Ellis) fu una
fortificazione, costruita prima della Guerra di
1812, ma mai è stato usato a tale scopo. da quì
si può vedere in lontananza la statua della
libertà.
La nostra gita termina quì, risaliamo sul
pullman e ci dirigiamo verso l'albergo quando
ricevo una telefonata è Marco D. assieme a sua
moglie Angela e suo fratello Mauro ci dicono
dove sono e allora li raggiungiamo. Appena ci
incontriamo sembra che non ci vediamo da anni,
sono passati solo alcuni giorni, baci e
abbracci.
Ci rechiamo a pranzo poi io e Marco M. andiamo
verso Marathon Expo che si trova presso il Jacob
Javits Convention Center, grosso complesso dove
oltre al ritiro del pettorale e del cip che
registrerà i tempi della corsa vi è anche una
grossa esposizione di abbigliamento tecnico per
la corsa e vari gadget.
Effettuate le varie operazioni e fatto qualche
spesa ci dirigiamo prima verso l'albergo e poi
alla ricerca dei nostri amici, mentre ci
dirigiamo verso di loro ci imbattiamo in
un'altro dei posti
più belli di New York! Il Rockefeller
Center è una città dentro la città, con fontane,
giardini, passeggiate e strade, negozi, uffici e
aree ricreative. I 19 edifici e i 9 ettari che
lo costituiscono, rappresentano uno dei migliori
risultati al mondo di pianificazione
urbanistica. Uno dei suoi aspetti più
sbalorditivi è la rete sotterranea di gallerie
pedonali e banchine di carico-scarico che,
lontano dagli occhi dei passanti, accolgono più
di 700 autocarri di consegne al giorno.
Ecco abbiamo trovato gli amici: ma come si sono
conciati! Angela e Giuseppina con grossi
cappelloni a punta e tuniche nere e marco con
un'improbabile parrucchino azzurro e camice da
medico ginecologico.
Così conciati ci rechiamo verso l'Empire State
Building, come già detto situato tra la 33rd,
34th Street e Fifth Avenue, vogliamo vedere il panorama
dalla cima. Entriamo, e subito
gli immancabili controlli, via le scarpe, le
cinture, borse e giacconi, poi attraverso metal
detector veniamo monitorati, si vive ovunque un
clima da assedio!
Dopo un'interminabile coda entriamo e attraverso
vari corridoi e ascensori velocissimi (capaci di
percorrere 360 metri al minuto) giungiamo
"all'osservatorio", una terrazza che gira tutto
intorno al grattacelo da dove si può ammirare un
memorabile panorama su tutta Manathan,
milioni di luci punteggiano ogni dove.
Dopo la visita riscendiamo a livello terra e con
il naso all'insù guardiamo ancora la guglia del
palazzo.
Come proseguiamo la serata, ma naturalmente come
migliaia di Newyorkesi, alla notte di Halloween
alla parata di streghe, fantasmi e creature
delle tenebre.
L’Halloween Parade di New York è una
parata che si svolge da ben 35 anni nel
Greenwich Village e che si snoda sulla Sixth
Avenue.
Di tutte le feste e manifestazioni che si
svolgono nel mondo allo scopo di celebrare la
vigilia del giorno di Ognissanti, quella di New
York è probabilmente la più famosa, la più
grande, quella che vede la maggiore
partecipazione e il più grande interesse da
parte dei media.
Molta folla si assiepa lungo la strada e non
riusciamo a vedere gran che, ma quello che si
vede non ci lascia molto entusiasti, niente a
che vedere alle sfilate dei nostri carnevali, ma
una cosa è da ammettere e cioè che qui la festa
è davvero sentita e la partecipazione è intensa.
Torniamo verso i nostri alloggiamenti con
qualche mugugno di Giuseppina e Angela che non
hanno potuto partecipare alla sfilata, sens'altro
avrebbero vinto il premio come migliori megere
originali.
Sabato 1/11/2008
Oggi il programma prevede di portarci Battery Park
per prendere il battello e andare a visitare
l'isola della Statua della Libertà
e successivamente Ellis Island-
Giunti all'entrata dell'imbarcadero
ennesima coda ed ennesimi controlli per
imbarcarci, finalmente si parte. Il battello si
dirige subito verso l'isola di Miss
Liberty,simbolo di New York, ci passiamo proprio
sotto.
Sbarchiamo sull'isola, veramente è più un
isolotto che una vera isola, facciamo il giro di
tutto il basamento e ammiriamo la statua che
molte volte abbiamo visto in tv o in varie
fotografie, che da bambini ci sembrava lontana
anni luce e oggi, invece, siamo quì quasi a
toccarla. Peccato che dopo l'attentato
dell'undici settembre non si possa più visitarne
l'interno.
Alcune note sulla statua:
La statua pesa 225
tonnellate ed è alta 46 metri. Essa raffigura
una donna incoronata che calpesta le catene
spezzate della tirannia; le sette punte della
corona simboleggiano la libertà
che si diffonde sui sette continenti attraverso
i sette mari. Nella mano sinistra la statua
tiene una tavola che rappresenta la
Dichiarazione di Indipendenza e reca la
data della sua proclamazione, il 4
luglio 1776. La mano destra invece
solleva la torcia, simbolo del faro della
speranza dei viaggiatori che
avrebbero iniziato ad affluire su quella sponda.
Di sera sia la torcia che la corona sono
illuminate.
L’idea della
statua nacque in Francia nel 1865 durante
una cena a casa del professore Edouard René de
Laboulaye, giurista, per offrire al popolo
americano un monumento che commemorasse
l’amicizia tra le due nazioni.L’architetto
fu Frédéric Auguste Bartholdi,
il quale incontrò non pochi problemi per la
realizzazione del capolavoro, soprattutto per
mancanza di fondi.
Nel maggio del
1885 la statua fu completata e portata negli
Stati Uniti e fu celebrata il 28 ottobre 1886,
dichiarato giorno festivo nella città di New
York.
Riprendiamo il traghetto e ci portiamo ad Ellis
Island,
un isolotto alla foce dell'Hidson, la prima
tappa per oltre quindici milioni di immigrati
che partivano dalle loro terre di origine
sperando di stabilirsi negli Stati Uniti.
Entriamo nel
Ellis Island Imigration Museum, un certo nodo
alla gola ci prende quando vediamo quanti nostri
compatrioti sono passati da qui e a quali
umiliazioni sono stati sottoposti con la
speranza di un posto migliore dove vivere.
Tutte le didascalie sono scritte in inglese ma
riusciamo a capire i fondamentali:
Chi superava questo primo esame, veniva poi accompagnato nella Sala dei Registri, dove erano attesi da ispettori che registravano nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di denaro, professione e precedenti penali. Ricevevano alla fine il permesso di sbarcare e venivano accompagnati al molo del traghetto per Manhattan.
Molte sono le testimonianze di quel periodo, le esposizioni del Museo, oltre a mostrare oggetti cari portati dalla terra di origine come vestiti, tessuti, fotografie, utensili, illustrano la storia dell’isola, mostrano come gli immigranti venissero ispezionati e narrano come l’edificio fu ristrutturato.
La visita è terminata e ci riportiamo verso la terra ferma, no! ritorniamo ancora su un'isola, l'isola di Manhattan, si è fatto tardi, cerchiamo un posto dove mangiare, lo individuiamo in uno strano posto gestito da messicani dove tutto viene venduto a peso. Non è che ci si mangi molto bene ma pazienza!
Ancora quattro passi, verso Wall Street e poi io e Marco M. ci dividiamo dal resto del gruppo, torniamo in albergo per una doccia, un attimo di riposo e poi usciamo a vedere i fuochi d'artificio a Central Park. Al termine ci dirigiamo verso lo Sheraton dove abbiamo appuntamento con Gianluca, altro amico che parteciperà alla maratona, per una spaghettata.
Sulla spaghettata sorvolerò, per via di un salasso al portafoglio,meglio non tornarci sù, unica cosa che voglio dirvi è che se andate a New York lasciate stare i ristoranti italiani.
Domenica 2/11/2008
Eccoci finalmente al giorno fortemente voluto e tanto agognato, dovevamo
svegliarci alle quattro e mezza del mattino ma la tensione e l'aspettativa ci
facevano
essere svegli già da tempo. siamo li che controlliamo che tutto sia in
ordine: il pettorale sulle nostre magliette con i nostri nomi bene in vista, il
chip ben legato alle stringhe delle scarpe, qualcosa da magiare, qualche
indumento per coprirci e poi abbandonarlo al momento del via. Si! c'è tutto.
Scendiamo a fare colazione, cosa mangiare? sarà meglio una colazione abbondante
o magari più leggera? Quanti dubbi quante paure, quasi sfioriamo la paranoia,
siamo quì stiamo per entrare nel sogno, un sogno da molto tempo assaporato e
oggi si stà materializzando, abbiamo fatto tanti sacrifici, tante rinunce e ora
temiamo che magari una fetta di pane imburrato sia troppo grassa e che ci
appesantisca, ora mi sembra di essere stato troppo apprensivo ma in quei momenti
tutto mi faceva tremare all'idea che all'ultimo succedesse qualcosa di negativo,
un piccolo doloretto che non ci avevo mai fatto caso adesso mi sembra un dolore
invalidante, la paura del freddo: Mi bloccherà i muscoli?
OK saliamo sul pullman e cerchiamo dio sdrammatizzare in qualche modo, partiamo
sono le prime luci del giorno, il nostro autista ci fa dimenticare subito le
nostre piccole paure per farcene venire di più grandi, si mette a guidare
spericolatamente per le vie di Manhattan prendendo le curve a tutto gas,
giungiamo finalmente al ponte da Verazzano, ci sono molti pullman incolonnati e
lui che fa? li sorpassa tutti per poi fare l'aria del finto tonto e così passa
davanti a tutti in perfetto stile Italiano.
Scendiamo, con gran sollievo, dobbiamo percorrere un bel tratto di strada tra
due file di agenti di polizia, vigili del fuoco, volontari e tutti ci
augurano Godd Luk, buona fortuna!
Entriamo in un grande spazio verde,fa molto freddo, moltissime sono già le persone che si
assiepano nelle tende e sui prati, sono circa le sei e le partenze sono
programmate per le nove e quaranta, le dieci e dieci e venti, a me tocca
l'ultima, a Marco la seconda. Come passare il tempo? La prima cosa che facciamo
e trovare un posto la riparo e per un pò stiamo dentro una tenda ma l'inattività
ci fà stare male abbiamo bisogno di camminare impegnarci in qualche modo.
Andiamo alla ricerca dei camion UPS dove lasciare le borse per il cambio dopo
maratona. Troviamo prima quella del mio blocco, l'arancione, poi quella di Marco
la verde.
Girottoliamo, andiamo a fare la fila ai bagni, ancora a giro, cerchiamo qualche
faccia amica, ne troviamo, alcuni amici che fanno parte sempre dell'atletica Pietrasanta,
ci distraiamo un attimo ed eccoli persi, non li vediamo più, inghiottiti dalla
folla. Che ore sono? le
nove, è ancora presto, ancora ai bagni, ecco partono i top runner, il primo
colpo di cannone arriva, l'adrenalina inizia a salire, passano alcuni minuti è
quasi ora per Marco, ci salutiamo:"in bocca al Lupo" "crepi"
Io dovrei aspettare ancora venti minuti, non ce la faccio la tensione mi
attanaglia lo stomaco, mi pulsano le tempie, uno starno sapore mi viene in
bocca, vedo quelli del secondo turno colore arancione che entrano nelle gabbie,
anch'io ho l'arancione ma della terza ondata, io ci provo mi intrufolo,
l'addetto si accontenta di vedere un numero arancione e mi fa passare, la
tensione un pò si allenta. I minuti passano lentamente, ma quando si parte?
All'improvviso dietro di me un coro canta l'inno d'Italia, mi unisco a loro, di
fianco a me, credo un francese ci imita, al termine mi dà la mano e mi augura
buona fortuna.
Ecco il cannone, dobbiamo camminare per circa duecento metri o forse più prima
di arrivare al ponte, nel tragitto mi carico dicendomi che ce la posso fare,
ripenso a quanto mi sono allenato e non è possibile che non ce la faccia.
Ecco il ponte, finalmente, vengo incanalato nella parte superiore, il panorama
mi si apre subito davanti ma la mia attenzione è più per i più svariati
personaggi che mi corrono affianco, un superman, l'uomo faro con a cappuccio una
riproduzione di un faro in compensato, chi sà se poi è arrivato, un disgustoso e
al quanto discutibile tizio che correva con una sorta di tanga, chi sà che
effetto fà correre con un filo tra le chiappe, non lo sò e neanche mi interessa!
Percorro la salita del ponte guardo giù e molte navi ci salutano con getti
d'acqua e suoni di sirene, adesso viene la discesa giungo al termine del ponte
New York ci mangia:l'impatto con Brooklyn è caldissimo! Inizia subito lo
spettacolo della folla. Il calore della gente è assordante. Metter il nome sulla
maglia è la cosa più intelligente che potevo fare. Basta mettersi ai lati della
strada e ricevi centinaia di incitamenti di gente urlante il tuo nome
pronunciandolo male: "Alesandro go!"., i bambini che ti chiedono il cinque. Sei
fresco, sei euforico, sei un tutt'uno con la gente. La prima ora va via così,
senza accorgertene, sommerso dall'entusiasmo di ciò che ti circonda.
Resto ai lati della strada, mi carica stare a sentire gli incitamenti da parte
di persone di ogni nazione, mi fanno molta tenerezza tuttu quei bambini che
stanno li tenendo strettamente la mano dei genitori e l'altra protesa verso i
runners, rispolvero il mio inglese scolastico e riesco a mettere insieme una
frase che sembra funzionare:
Give me five, my little friend!”. Il primo
tocco di mano mi dà una certa sensazione piacevole un'unione fisica che
trasmette le rispettive emozioni; mi resterà per sempre il ricordo di quel
faccino che forse mi guardava con ammirazione.
E corro, corro, stò bene, la respirazione è buona, le gambe girano bene, batto
sempre il " cinque", ringrazio persone per le salviette, banane e biscotti che
mi vengono offerti, ai ristori c'è solo Gatored o acqua ma lungo il percorso
persone comuni ci offrono il loro sostegno, un grande aiuto giunge dai cori
e le bande rock, blues e jazz (piu’ di cento in tutto il percorso) che ci
incitano con brani vari.
Dopo l’interminabile Fourth Avenue l’atmosfera cambia: siamo in un
quartiere ebraico, personaggi che sembrano usciti dalla torà con i loro cappelli
bombati e le treccine che scendo dai lati di teste rasate, camminano per strada
senza neanche degnarci di uno sguardo esprimendo il loro fastidio per la
competizione.
Fortunatamente il tratto ebraico dura poco, abbiamo, infatti, lasciato
Brooklyn e siamo entrati in un altro grande borough della Grande
Mela: il Queens… Comincio ad essere un po’ stanco!
Ormai
ci stavamo avvicinando al traguardo dei 21 chilometri, metà strada era stata
percorsa e ad indicarcelo era quel “bip” continuo che si produceva passando
sopra la pedana verde posta sul Pulaski Bridge.
Si raggiunge il
venticinquesimo km e le salite cominciano a farsi sentire. prendiamo ora il
famigerato ponte di Queensboro, un'altro ponte in salita e ora la salita sembra
lunghissima, mi viene un pò di sconforto, non c'è nessuno che ci inciti, solo
passi su un ponte dove per lunghi tratti all'inizio e alla fine sono grigliati
anche se ricoperti da uno spesso tappeto che non rende agevole la corsa.
Finalmente il ponte termina e arriviamo a Manhattan sulla
1st
Avenue e subito ci rituffiamo nella
cacofonia assordante del pubblico, è bello risentirsi chiamare per nome o
sentire forza Italia!
Sulla sinistra
lo
skyline di Manhattan,
ho superato il trentesimo km e mi inizia un doloretto alla caviglia sinistra,
pian piano si irradia allo stinco, da principio non ci faccio caso ma con il
passare del tempo e l'aumento del dolore mi cresce un senso di rabbia, mi
vergogno a dirlo ma dando il cinque mi sfogo picchiando energicamente sui palmi,
spero di non aver fatto male nessuno!
Imprecazioni, proprio adesso! Non mancava poi molto, devo rallentare, correndo
male mi vengono anche altri dolori, mi viene anche in mente di ritirarmi. Per
caso passo davanti ad un gruppo di italiani e nello stesso tempo mi superano dei
ragazzi di Massa, la scritta dietro le spalle mi identifica per il luogo di
appartenenza e mi sento dire: " dai piastrino che è quasi fatta stringi i denti
e corri! " Il gruppo di italiani sembra aver capito e alza il volume delle grida
e mi esorta a correre e io corro: Go Alessandro go!
Questo è
stato un momento bellissimo, ho sentito qualcosa che cresceva
dentro, sento un silenzio assoluto intorno a me, vorrei urlare ed ecco che
ricomincio a correre e in qualche modo cerco di riprendere il controllo di me
stesso. Guardo davanti a me e
vedo che la
salita è tutt’altro che finita. La First Avenue ci accompagnerà fino a Nord nel
Bronx, e, dalla cima di una delle prime salitine lo spettacolo è galvanizzante e
inquietante. Lo chiamano “il canyon di Manhattan”, 70 blocchi di strade, quasi
8km di strada diritta, su e giu’, tra due file ininterrotte di
grattacieli, aiuto, come arrivare fino in fondo ? Io cerco
di non deludere chi tifa per me ma il dolore è sempre più forte, e la rabbia
ancora di più, mi allontano dal lato della strada e mi porto al centro, non ho
più voglia di sentire gente che mi chiama vorrei urlare, arrabbiarmi, non poteva
aspettare ancora un pò a venire fuori questo dolore?
Arriviamo nel
Bronx, poche centinaia di metri e torniamo ad Harlem, ancora
bagno di folla , mi distraggo ascoltando le varie bande rock
e i cori gospel.
Poi ancora
Manhattan, sulla Quinta. Siamo al 35km.
La logica direbbe,
se la First Avenue, da Sud a Nord era in salita, allora la
Fifth Avenue, da Nord a Sud sarà in discesa ? La risposta è
no …. non so dirvi come, ma anche la Quinta presenta tratti
in salita,adesso oltre al dolore sento una stanchezza
indicibile, le gambe si fanno legnose, ai ristori prendo un
pò di fiato andando al passo giusto il tempo per bere e poi
tento di ripartire, devo essere un brutto spettacolo perché
anche altri corridori mi incitano a non mollare.
Finalmente entriamo
in Central Park, al 38km, anche qui la folla è scatenata, e
soprattutto valanghe di Italiani, turisti e immigrati,
inneggiano a tutti i maratoneti italiani che passano, molto
bello, emozionante e toccante. Bè mi dico che mancano solo
quattro km non sono poi molti, se gratto il fondo del
barile ce la faccio.
Mi carica anche il fatto che quì dovrei incontrare mia moglie Giuseppina,
Marco D. e Angela, giro continuamente la testa da un lato
all'altro della strada per vedere se li scorgo, non riesco a
vederli, sono preso dallo sconforto, ci tenevo tanto perché
mi vedessero, per di più cerco di tenere un ritmo abbastanza
allegro per non farmi vedere che soffrivo.... ma soffrivo e
come se soffrivo! Ma un momento, dietro una bandiera li vedo
sono loro, non mi vedono, attraverso la strada e mi tuffo
sulla bandiera, voglio proprio portarla sino al traguardo,
preferisco non fermarmi, altrimenti non riparto. Corro tra
ali di folla scatenata, soprattutto valanghe di
Italiani, turisti e immigrati, inneggiano a tutti i
maratoneti italiani che passano, un gruppo di
messicani vedendo la bandiera che porto la scambiano per la
loro e mi gridano viva Messico, mi volto e dico: " Sono
italiano" e loro cambiano subito idea e mi dicono
sorridendo: " Viva Italia" molto bello, emozionante e
toccante.
Sono dentro il parco, finalmente una discesa vera, riprendo
un pò di respiro recuperando un pò di forze, sulla 52esimama
ecco un'altra salita,
questa però la affronto più serenamente scorgo i primi
cartelli: 400 iarde,300, 200 e finalmente Finish!!! Queste
ultime yarde le corro il più velocemente possibile, mi
stacco la foto dal petto del mio grande amico che purtroppo
non è più con noi : Guido.
La alzo verso il celo, lo ringrazio; termino la gara con
grandi lacrime che mi scorrono sulle guance. Il mio tempo
finale risulta di 4ore 27minuti e 27 secondi. Date le mie
condizioni e le molte salite sono felice di aver finito così.
E' finita, mi gira la testa,realizzo solo dopo alcuni minuti
che il mio sogno si è realizzato. Seguo la scia e inizio il
rito della premiazione dei " finischer" una signora mi mette
la medaglia al collo, si accorge che ho le lacrime agli
occhi, mi dice qualcosa che non capisco e mi dà una carezza,
quella carezza mi riscalda il cuore, la ringrazio con un
sorriso.
seguo sempre il gruppo senza capire bene dove vado.
Arrivo dove ci mettono davanti a un cartellone della
maratona e ci fanno la foto, poi, finalmente mi danno un
telo argentato per coprirmi, meno male perchè ho davvero
freddo.
Tremante mi porto verso i camion dove ho i vestiti per
cambiarmi, recupero la sacca e poi procedo verso l'uscita.
Più avanti trovo Marco; è raggiante, mi preoccupo di saper
quanto ci ha messo e mi dice che il suo tempo è stato di 4 e
20, ne è felicissimo, io per lui.
Assieme andiamo a consegnare il chip e poi andiamo in
albergo per una doccia bollente.
Il nostro sogno si è realizzato, da parte mia ce l'ho messa
tutta, ma devo ringraziare mia moglie che mi è sempre stata
vicina nei moenti di sconforto e negli infortuni dandomi
fiducia e aiutandomi a superare i momenti più bui, ringrazio
Guido che da lassù mi ha aiutato a superare la tentazione
del ritiro e ringrazio infine tutti gli
amici che fanno il tifo per me, nella corsa come nella vita.
Great job Alessandro!
Quì la simulazione della corsa mia e di Marco
http://www.ingnycmarathon.com/training/simulation.php