L’itinerario di oggi
è posto nell’estremità
occidentale del parco del
Parco Nazionale
dell'Appennino Tosco
Emiliano : completamente in
provincia di Parma si tratta
di un trekking d’eccezionale
valore naturalistico
impreziosito dalla presenza
del più vasto lago naturale
dell’Emilia: il Lago Santo
Parmense.
Il
settore di crinale
appartenente alla
provincia di Parma,
pur non presentando
cime oltre i 2000
metri come avviene
invece nel Reggiano
e nel Modenese, è
comunque
un’ininterrotta
sequenza di vette
comprese tra 1700 e
1850 metri; il
crinale mantiene
inoltre inalterate
le sue
caratteristiche di montagna
aspra. L’escursione che
siamo a descrivervi tocca la
montagna più nota del
Parmense: il Monte Marmagna,
facile meta anche per
escursionisti senza
molto allenamento.
Non è comunque la
cima più alta in
provincia di Parma
che risulta invece
essere Monte Sillara,
superiore di pochi
metri.
Questa escursione
è stata organizzata dalla
sezione UOEI di Ripa di
Versilia e come sempre vi
partecipiamo volentieri. Si
tratta di una traversata e
quindi è stato prenotato un
pullman. Non siamo
moltissimi, ma forse gli
ultimi giorni caldissimi
avranno indotto in molti ad
andare al mare.
Partiamo e ci dirigiamo
verso la nostra meta la
località Lagdei; meta che
dopo circa due ore
raggiungiamo. Per
raggiungere da qui il lago
Santo si dovrebbe percorrere
il sentiero 723A per
circa un'ora, ma visto che
nei presi del rifugio c'è
una seggiovia che porta
direttamente al lago,
preferiamo risparmiare tempo
e fiato e usiamo questo
mezzo di trasporto per
raggiungerlo.
Dalla destra della stazione
della seggiovia parte un
sentiero che conduce in
pochissimo allo splendido
specchio d’acqua (m 1507).
Da questa splendida
posizione possiamo osservare
il crinale e la cima
del Monte Marmagna a
chiudere la vista verso sud. Si tratta
di un lago naturale
di ragguardevoli
dimensioni: con
un’estensione di
81555 m2
e una profondità
massima di 22,5 metri, è
infatti il più ampio
dell’intero Appennino
Settentrionale; popolato da
trote e salmerini viene
utilizzato spesso, nella
bella stagione, per la
pesca.
Da qui inizia la vera
escursione:
seguiamo
il sentiero che
ne segue la
sponda
settentrionale.
I raggi
del sole spiovono
tra i faggi
andando a illuminare
le
limpidissime acque
del lago.
In pochi
minuti guadagniamo
l’estremità
occidentale
dell’invaso dove
sorge come ottimo
punto d’appoggio
sempre aperto nella
bella stagione, il
Rifugio G.Mariotti
(m 1508).
Non ci fermiamo e prendiamo
subito il sentiero che è
sulla sponda opposta
mantenendo il
tracciato che
disegna fedelmente
il
bordo del lago.
Diamo un'occhiata alle
nostre spalle
in direzione del
rifugio, ciò che
vediamo è un bellissimo
spettacolo: il rifugio che
si specchia nelle acque
placide del lago crea un'
immagine idilliaca, una vera
immagine da cartolina.
Passiamo
presso una fonte
quindi, poco oltre,
abbandoniamo Lago
Santo per seguire
il sentiero in
moderata salita
nel bosco. Passiamo
a destra di un
caratteristico
affioramento
roccioso che
delimita il
tracciato per poi
procedere nella
faggeta, ora
frammista ad alcuni
abeti, sino al bivio
(m 1577) con il
sentiero 729 che
conduce sulla destra
alla Bocchetta dell’Orsaro.
Ignoriamo questa
possibilità
mantenendo la
sinistra per un
breve tratto sino ad
un ulteriore
biforcazione: a
sinistra il segnavia
719 condurrebbe
verso Monte Aquila,
la nostra escursione
prevede però il
proseguimento sulla
traccia a destra
(segnavia 723) in
direzione della
Sella del Marmagna.
Scegliendo questo
sentiero siamo in
breve
definitivamente all’aperto con
la vista, ora libera
dal bosco, che si
apre sulla
densa prateria a
mirtillo che
riveste i settori
più elevati del
crinale.
Possiamo già
osservare il
tracciato,
letteralmente
scavato nel "vaccinieto",
( siccome Bruno si domanderà
che cos'è il vaccinieto?
Eccolo accontentato: Il
vaccinieto è
l’associazione vegetale del
piano subalpino che
rappresenta la graduale
transizione tra il bosco di
conifere e il pascolo
alpino. Si parla anche di
orizzonte degli “arbusti
contorti” perché vi crescono
piante legnose con tronco
prostrato e strisciante.
Una specie tipica è il
Rododendro, pianta
sempreverde che cresce su
terreno già ricco in humus
preferendo i versanti
esposti a nord. Molto
diffusi sono anche i
mirtilli e diverse
specie di licheni.
Nei versanti maggiormente
esposti è presente anche il
Ginepro nano, un arbusto che
cresce addossato a grossi
roccioni per sfruttare il
calore da essi trattenuto.) che
conduce a zigzag
all’ampia sella
soprastante.
Seguendo l’evidente
traccia guadagniamo
rapidamente quota
sino ad accedere
alla sella, in pieno
crinale, dove
possiamo finalmente
affacciarci sul
versante toscano.
Ci
troviamo sul confine
di regione tra
Emilia e Toscana e
un cartello in legno
ci ricorda il
toponimo del passo
(Sella del Marmagna 1725 mt).
Bellissima la
visione del Mar
Ligure con il promontorio di
Porto Venere. Nei
giorni più limpidi è
addirittura
osservabile la
riviera ligure di
ponente oltre ai
monti più alti della
Corsica
all’orizzonte sud,
sulla nostra sinistra a sud
est l'ineguagliabile sagoma
delle Apuane.
Sotto di noi si
distende la
Lunigiana con il
paese di
Pontremoli.
Essendo in pieno
crinale appenninico
siamo ora sul
“sentiero 00” che,
come noto, segue
grosso modo la displuviale
(Sempre per Bruno: È
detto rilievo displuviale
quel rilievo che determina
lo spartiacque tra due
bacini idrografici
limitrofi.) tosco
emiliana lasciandolo soltanto nei
brevi tratti in cui
appare troppo erta e
pericolosa. Ci
dirigiamo
con decisione sul
segnavia di crinale
scegliendo la
direzione destra che
ci porta a
salire lungo le
pendici battute dai
venti del Monte
Marmagna.
Il
sentiero è
di media pendenza e
semplice con
evidentissimi segnavia
che ci guidano sul
versante emiliano
mantenendosi poco
sotto cresta. Da
notare la bella
visione che si apre
ad oriente sul
Monte Aquila;
verso nordest il
nostro sguardo si
sofferma sulla
conca che abbiamo
risalito per guadagnare la
Sella del Marmagna.
Proseguendo ci
compare infine lo specchio
blu del lago Santo come una
meravigliosa gemma
incastonata tra queste
dorsali prative. Un’ultima
ripida salita ci conduce sui
soprastanti prati sommitali;
pochi passi e siamo
direttamente in vetta al
Monte Marmagna (1851 mt)
Da quassù il panorama è
ancora più stupendo e ampio,
in direzione delle nostre
Alpi Apuane,
della
costa ligure di
levante con,
lontanissima, la
Corsica e, subito ai
nostri piedi, sulla
Lunigiana.
Verso nord, nei giorni più
chiari,nelle giornate
spazzate dal vento, si
potrebbe vedere vasta la
pianura Padana
delimitata dalle
cime innevate
dell’arco alpino;
purtroppo non è una di
queste giornate e dobbiamo
accontentarci del già
stupendo panorama. Verso
occidente possiamo
vedere il proseguo
del crinale emiliano
con, da sinistra a
destra, le due cime
di
Monte Braiola e
Monte Orsaro, nostro
obiettivo nel proseguire
l’escursione.
Ripartiamo infatti
mantenendo il
segnavia 00 di
crinale, il sentiero assai
stretto ma si tratta
di pochi passi,
dopodiché il crinale
si allarga divenendo
più ampio.
Proseguiamo in discesa, caliamo
tra sulla prateria
mantenendoci sotto crinale
sul versante toscano: siamo
sotto le
stratificazioni
rocciose che
caratterizzano il
versante meridionale
del Monte Braiola;
a destra, perdendo
quota, la vista si
allarga sul versante
emiliano guardando
una
vasta conca in parte
boschiva. In
breve
raggiungiamo il
punto più basso (Sella Braiola 1713
mt.).
Sulla destra parte un
sentiero ben segnalato per
capanna Braiola, utile se
dovessimo abbandonare per
condizioni meteo avverse, da
capanna Briola si potrebbe
raggiungere il Lago Santo.
Per fortuna oggi è una
splendida giornata!
Quindi si
procede mantenendo
il sentiero di
cresta che risale in
direzione del Monte Braiola.
Il sentiero da prima scende ma subito dopo sale
molto ripidamente
passando
vicino ad alcuni
salti rocciosi
affacciati sul
versante toscano,
non vi è alcuna difficoltà
così come non vi è alcun
tratto esposto.
In
breve si guadagna
la cima del Braiola ( 1819
mt). Siamo
sempre accompagnati
verso sud dalla
costa ligure
mentre di
fonte a noi la terza
cima
dell’escursione:
Monte Orsaro.
Sull'intero crinale, e anche
qui sulla cima del Braiola,
ci sono dei cippi
confinari che
risalgono
al 1828 quando ne
furono posizionati
diversi sul crinale;
all’epoca lo
spartiacque tra
Emilia e Toscana era
infatti il confine
di stato tra il
Ducato di Parma
Piacenza e Guastalla
con il Granducato di
Toscana. Da allora
nonostante il tempo
li abbia in parte
deteriorati, restano
ancora presenti a
testimoniare
un’epoca ormai
passata.
Riprende la nostra
escursione con la
discesa dalla cima
del Braiola verso la
sottostante
Bocchetta dell’Orsaro
seguendo il
sentiero di crinale
in questo tratto quasi mite
tra i facili prati
sommitali.
In coincidenza della
Bocchetta dell’Orsaro
( 1722mt ), importante
crocevia di
sentieri, manteniamo
il segnavia 00
calando per alcuni
metri sul versante
toscano; veramente
sulla destra vi sono delle
roccette che creano una
divertente crestina, subito
alcuni di noi non si
lasciano fuggire l'occasione
di sentire
sotto le mani la
nuda roccia e affrontiamo la
"scalata", che comunque non
presenta difficoltà ed
esposizioni.
Al termine della breve
cresta ci ricongiungiamo al
sentiero e agli amici che
sono saliti da qui
affrontando una ripida
salita che si impenna
improvvisamente per
rimontare lo scosceso fianco
meridionale dell'Orsaro.
Riprendiamo il
crinale, che dopo
poco prosegue appena sotto
il filo di cresta sul lato
emiliano.
In breve
la pendenza è sempre
meno accentuata e giungiamo sui prati
sommitali dell’Orsaro.
Un’ultimo tratto
sul crinale e
siamo sulla cima dell'Orsaro
(1830 mt), la vetta è punto
trigonometrico e vi sorge
anche un complesso bronzeo
di immagini sacre. Il
toponimo si riferisce al
grande plantigrado che
trovava rifugio alle sue
falde dalle persecuzioni che
lo fecero estinguere attorno
al XVII sec.
Il panorama è quanto
mai spendido: da
notare la sagoma
ormai lontana del
Marmagna che
copre gran parte
delle Alpi Apuane, e
il Monte Braiola
che, in primo piano,
divide in due parti
la riviera ligure.
Verso oriente la
vista del Lago Santo
che appare come un
catino dalle acque
azzurrissime
circondato dalla
vegetazione,
sul
versante lunigianese
precipita il vallone di
Frattamara, e sul fondovalle
della Magra occhieggiano i
borghi della Valdàntena:
Pracchiola, Casalina,
Groppodalosio, dominati sul
versante opposto dai
viadotti dell'autostrada
della Cisa
.
Si
scende ora il crinale N del
M. Orsaro, proseguendo il
sent. 00, con tratti di
discesa un po' ripidi, si
prosegue in direzione nord e
per campi di pietre e
vaccinieto si segue il
sentiero scavato che conduce
in discesa sino ad abetaie e
poi un folto bosco di
faggio, qui
piegato e contorto dalle
intemperie fino ad
intercettare, a quota 1630
metri, il
sentiero 727A
che sale dal vallone del
Braiola.
Il sentiero in questo tratto
è una mulattiera con fondo
piatto dove camminare è una
vera goduria.
Continuando verso nord in
poco tempo si
raggiunge la Foce del Fosco
a 1613 mt. tra i monti Orsaro e Fosco.
Qui
si
può
scegliere
se
proseguire
sul
sent.
00
risalendo
la
vetta
boscosa
del
M.
Fosco e
discendendo
il
largo
crinale
opposto,
oppure
aggirarne
la
vetta
sulla
destra
con
il
sent.
725,
con
tempi
identici,
ma
tutto
in
discesa.
I
due
sentieri
si
riuniscono
presso
il
valico
di
crinale
detto
Bocchetta
del
Tavola
1444
mt.
Noi decidiamo di proseguire
per Monte Fosco cavalcando
anche questa cresta sino
alla vetta.
La vetta a quota 1682 mt.
è caratterizzata dalla
presenza del cippo
confinario “n° 115, posto in
terreno sassoso e boschivo, sulla
cima del monte che sovrasta
alla Focetta del Lamone,
distante dal precedente
pertiche fiorentine 223,
pari a metri 651 e cent.
16”.
Visto che questa è stata
l'ultima nostra salita
decidiamo di fare tappa per
il pranzo. Ognuno tira fuori
i viveri poi Bruno tira
fuori la macchinetta del
caffè e ci sorbiamo anche
oggi la nera bevanda.
Ci
prendiamo il lusso di
starcene stravaccati a
guardare il panorama e
a prenderci in giro ma poi
la ripartenza è inevitabile.
Scendiamo nel fitto bosco di
faggi, occhio alla testa!
rami bassi. Percorriamo una
interminabile discesa sino
alla Bocchetta del Tavola a
quota 1444 mt.
L'abbondante segnaletica ci
indica il sentiero appena
percorso lo 00 e il 725 che
ci ricongiungerebbe al
Lagdei; la nostra meta è
comunque il asso del Cirone
e quindi proseguiamo sullo
00 in direzione del Monte
Tavola.
Come preannunciato dalle
indicazioni in quindici
minuti siamo alle pendici
del Tavola sui Prati del
Tavola; la vetta del Tavola
ci sembra più un poggio che
una cima e quindi la
snobbiamo percorrendo i più
bei prati del Tavola.
Molti fiori punteggiano con
i loro colori il verde dei
prati, primule, viole,
narcisi, genziane, orchidee,
scendiamo lievemente e in
fondo alla valle troviamo
appunto il cartello
segnaletico che ci indica la
quota che è di 1440 mt.
nelle sue vicinanze un
enorme faggio solitario ci
saluta.
Dopo una piccola sosta
ripartiamo, percorriamo il
sentiero sempre su prati che
è costeggiato da lamponi,
mirtilli e fragoline.
Dobbiamo scavalcare alcune
recinzioni con l'ausilio di
scalette appositamente
posizionate, ritroviamo poi
della vegetazione arborea e
proseguiamo nel bosco, ad un
certo punto troviamo un
bivio per Giù di Ghifo, apro
una parentesi: a parte che
il cartello era abbattuto ma
anche se fosse stato in
piedi non si capiva molto in
che direzione dovevamo
andare, peccato perché sino
ad adesso le segnalazioni
sono state precise e
abbondanti. Comunque con la
nostra capacità di
orientamento siamo riusciti
lo stesso a capire in che
direzione andare.
In pratica continuiamo
sempre dritto lasciando il
sentiero che troviamo sulla
sinistra e in circa quindici
minuti siamo in prossimità
del Passo del Cirone.
Prima di raggiungerlo
rifacciamo un'altra sosta
per il caffè di Bruno e
infine riprendendo il
cammino siamo in vista della
bella chiesetta situata sul
Passo.
Ed eccoci sulla strada
provinciale 108 del Cirone e
il nostro autista è già qua
che ci aspetta, lo
raggiungiamo, ci cambiamo
con abiti freschi e siamo
pronti per il ritorno a
casa.
Ancora una volta però, non
ci siamo salutati senza
chiudere la gita davanti ad
un invitante gelato.