La Storia
A poche decine di
chilometri da Torino e dalla
pianura padana si eleva il
Rocciamelone, vetta dalla
caratteristica forma
slanciata quasi piramidale
che domina l’intera valle di
Susa diventandone anche
simbolo. Sulla stretta cima
trovano posto la famosa
statua bronzea della Madonna
e il Rifugio Santa Maria,
bivacco sempre aperto con 13
posti letto di proprietà
dell’Associazione “Giovane
Montagna” di Torino.
Nella pratica
descrizione dell’itinerario
di salita al Rocciamelone,
tuttavia, non posso esimermi
dal riportare in poche righe
le vicende storiche che
circondano tale popolare
vetta in cui si raccontano
emozionanti storie d’uomini
di altri tempi e la cui
conoscenza rende la salita
molto affascinante.
Montagna da sempre ricca
di storia e leggende, il
Rocciamelone, nei secoli
passati era considerata
dalla popolazione locale,
impressionata dalla sua
mole, la più alta cima degli
Stati sabaudi ed attorno ad
essa furono intessute storie
e leggende che alimentavano
un timore riverenziale nei
suoi confronti influenzando
inoltre i pochi tentativi di
raggiungerne la vetta
(”Roc-Maol” il suo toponimo
originario significa
“montagna del sacrificio”).
Fu Bonifacio Rotario
d’Asti che, per sciogliere
un voto fatto mentre era in
Terra Santa prigioniero dei
musulmani, raggiunse per
primo la cima a quota 3.538
metri nel 1358, portando
inoltre con sé un trittico
bronzeo, custodito
attualmente nella cattedrale
di San Giusto di Susa.
Egli permise con tale
impresa di superare tutti i
timori legati alla conquista
della vetta; alcuni storici
della montagna fanno
coincidere questa prima
ascensione del Rocciamelone
con la nascita
dell’alpinismo.
Da allora si
ripeterono, le salite alla
vetta seguendo il percorso
tracciato da Bonifacio
Rotario; nel 1419, il Duca
Amedeo VIII di Savoia fece
così costruire un piccolo
ricovero per pellegrini a
quota 2.854 m, dove la
tradizione vuole che già 50
anni prima, Bonifacio
Rotario, avesse edificato un
ricovero per sé e la sua
compagnia.
Tale nuovo ricovero venne
denominato “Cà d’Asti”
proprio in memoria del primo salitore.
L’esigenza per chi
raggiungeva la vetta (che
allora era una salita molto
lunga ed impegnativa che
partiva da poco sopra
l’abitato di Susa con circa
3000 metri di dislivello e
in ambiente di alta
montagna!!!) era soprattutto
quella di potervi trovare un
riparo dalle intemperie; si
cercò quindi di provvedere
con la costruzione di
ricoveri in legno che si
deterioravano tuttavia con
estrema facilità.
Già nel 1578 le cronache
riportano che sulla cima
esisteva una cappella lignea
a cui ci si recava il giorno
dell’Assunta per assistere
alla Messa in onore della
Beata Vergine.L’ultima di queste
cappellette-ricovero in
legno venne distrutta da un
incendio nel 1912.
All’inizio del 1600 la data
del pellegrinaggio venne
spostata al 5 agosto, festa
della Madonna della Neve e
ancora oggi, ogni anno in
tale data, il Rocciamelone
richiama centinaia di
pellegrini che dalla valle
di Susa, dalla valle di Viù
e dalla val Cenischia
salgono, come nel passato, a
pregare la Vergine. Nel 1673 il trittico di
Bonifacio Rotario venne
portato a valle a causa
dell’estendersi del
ghiacciaio del Rocciamelone
che ne ricoprì la cima
rendendo impossibili
ulteriori ascese ai
pellegrini fino all’estate
del 1822 quando, un
gruppetto di alpinisti
valsusini, riuscì a
riconquistare la vetta
ancora parzialmente invasa
dal ghiacciaio in ritiro.
Poco prima, nel 1798, nei
pressi del ricovero Cà
d’Asti, venne edificata una
cappella che fungeva anche
da ricovero Ma fu nel 1895 che
nacque l’idea più grandiosa
per il Rocciamelone ovvero
il progetto di posizionare
sulla sommità del monte una
statua dedicata alla Vergine
Maria. Questa fu opera dello
scultore torinese A.G.
Stuardi e delle Officine
Strada di Milano grazie al
contributo di oltre 130.000
bambini italiani che
risposero all’appello
lanciato da un giornale di
donare una moneta da due
soldi (10 centesimi) per la
sua costruzione; i loro nomi
furono poi depositati nel
piedistallo della statua ove
su una targa c’è scritto “I
bimbi d’Italia a Maria”. Nel 1899 vennero portati
in vetta dagli Alpini del
battaglione Susa al comando
del tenente Parravicini gli
otto spezzoni della statua
per un peso complessivo di
650 Kg e lì composti in poco
più di un mese. L’inaugurazione della
statua, avvenuta il 28
agosto dello stesso anno
davanti a circa 2000
pellegrini sotto il
pontificato di S.S. Leone
XIII, determinò la più
grande adunata di persone
mai vista sul Rocciamelone. Dopo che i
bimbi d’Italia resero
possibile la costruzione
della statua di Maria
Vergine, c’era l’esigenza di
un luogo adeguato sulla
vetta che potesse ospitare
un sacerdote e i pellegrini
che vi si recavano. Per
questo, considerato che la
cappella-ricovero in legno
si era da poco incendiata,
nel 1920 il vescovo di Susa
mons. Castelli benedisse la
posa della prima pietra
della cappella-rifugio che
sarà da lì a poco realizzata
con l’aiuto della nascente
Associazione “Giovane
Montagna” di Torino. L’opera
fu inaugurata il 12 agosto
1923 da mons. Umberto Rossi.
Nel 1960, presso la
frazione di Pietrastretta di
Mompantero, fu edificato il
“Santuario della Madonna del
Rocciamelone” che costituiva
una tappa delle processioni
che, un tempo, in occasione
del pellegrinaggio del 5
agosto, portavano fino in
vetta il trittico di
Bonifacio Rotario, a ricordo
dell’impresa compiuta nel
1358.
Dal 1974, a cura della
Curia vescovile di Susa,
tutte le costruzioni su tale
monte furono restaurate e,
oggi, i Rifugi “Ca’ d’Asti”
e “Santa Maria” offrono un
sicuro riparo alle centinaia
di persone che non solo il 5
agosto, per devozione,
curiosità o semplice
piacere, affollano i pendii
di questo favoloso monte.
La
relazione:
Nel
calendario escursionistico della UOEI di
Ripa di Versilia è in programma per questo
fine settimana un'escursione di grande
respiro sulle Alpi Graie, precisamente sul
Rocciamelone.
Siamo in tredici e ci dividiamo su quattro
macchine alla volta di Torino via Genova, da
Torino proseguiremo per Susa; il viaggio è
tranquillo grazie anche al traffico che
naturalmente è più consistente in direzione
mare.
Non ci dirigiamo subito a Susa ma facciamo
una sosta alla Sacra di S. Michele,
Già dall'autostrada si
è colpiti da un imponente costruzione che,
abbarbicata sulla cima di un monte, sovrasta
la valle, stagliandosi contro il cielo con
piglio dominatore a guardia di quello che
nel medioevo era un importante tratto della
via Fracigena.
Incuriositi da tale ardimento architettonico
giunti ad
Avigliana con
una bella e panoramica strada che passa nei
pressi dei laghi di Avigliana per poi
inerpicarsi sul Monte Pirchiriano,
raggiungiamo lo spiazzo/parcheggio da dove,
con una breve passeggiata raggiungiamo la
Sacra di San
Michele.
Luogo famoso e meta turistica di primo
piano, all'entrata del sito ci sono i resti
di un'antica chiesa (probabilmente uno dei
primi insediamenti risalenti all'anno 1000
d.C., una stradina affollata e si arriva al
sagrato...Che grandezza, quel senso di
perfezione, potenza.... ti fai una sola
domanda nel vedere la chiesa o basilica che
sia......"ma coma hanno fatto 1000 anni fa a
costruirla qui?"
Cenni di storia:
Per la sua posizione strategica questo luogo
era già stato scelto dai romani per
costruirvi le prime postazioni difensive
ampliate poi dai Longobardi; nel corso del X
secolo per iniziativa di un piccolo gruppo
di eremiti, guidati da Giovanni Vincenzo
vengono costruite le prime cappelle e la
fama di santità di Giovanni comincia ad
attirare un certo afflusso di fedeli. Ma
dobbiamo a un ricco signore d'Alvernia - Ugo
di Montboissier - l'ingente investimento
necessario a realizzare il monastero che
costituisce il nucleo essenziale di questa
stupefacente
struttura che vediamo ora: doveva averne
combinate di tutti i colori se il Papa
dovette imporgli una missione così onerosa
come condizione per la cancellazione dei
suoi peccati ! L'abbazia nasce dunque sul
finire del sec. X come espressione delle
istanze di salvezza che attraversano il
mondo cristiano e nel pieno della cultura
del pellegrinaggio. Il secolo XII segna il
culmine della potenza della comunità
abbaziale, ricca di numerosissimi
possedimenti che spaziano sino alla Francia
e alla Spagna; successive alterne vicende
avviano la comunità ad un graduale declino
fino alla soppressione del centro monastico
decretato da Gregorio XV nel 1622. La svolta
radicale arriva invece alla fine del secondo
millennio, quando negli anni '90 la Regione
decide di fare della Sacra il Monumento
simbolo del Piemonte e ne finanzia
sostanziali lavori di restauro, con queste
motivazioni "… per la sua storia secolare,
per le testimonianze di spiritualità, di
ardimento, d'arte, di cultura e l'ammirevole
sintesi delle più peculiari caratteristiche
che può offrire del Piemonte, nonché per la
sua eccezionale collocazione e visibilità".
La
sua struttura architettonica è davvero
originale e particolarmente complessa in
quanto la basilica a 3 navate poggia non sul
terreno ma sulle cappelle preesistenti e
tutto l'insieme del basamento, delle
scalinate e dei contrafforti di sostegno fa
corpo unico con le contorte masse rocciose
della montagna: un'impresa costruttiva
veramente ammirevole se pensiamo alle
limitate tecnologie del medioevo.
Dopo la visita ci preoccupiamo per il pranzo
e poi ripartiamo alla volta di Susa, poco
distante.
Arrivati a Susa bisogna fare molta attenzione perché l’unico segnale che
troviamo si trova sulla sinistra andando in direzione Torino e quindi non
visibile
Una volta imboccata la via bisogna seguire le indicazioni per le frazioni
di Urbiano di Monpantero, da qui vi
sono molte segnalazioni per la località Il Trucco.
Al termine della strada asfaltata si prosegue per sterrata sino alla Riposa, m.
2205 (25 km da Susa), dove possiamo
lasciare le macchine su un ampio parcheggio.
Questa strada è molto stretta e bisogna fare molta attenzione nelle curve e
nell’incrociare altri autoveicoli.
Arriviamo tra una fitta nebbia che avvolge
tutto, peccato non veder il panorama.
Iniziamo l'escursione, prendiamo il sentiero
sulla sinistra della strada e subito
iniziamo la salita che non ci darà mai un
attimo di respiro.
Comunque, rimaniamo subito colpiti, il
sentiero ben segnato
si inerpica sui pendii erbosi in direzione
della cima,
E' un continuo zigzagare tra fantastici prati in fiore, dove incontriamo
molte stelle alpine, pulsatille alpine, le
nigritelle o morette, i garofanini di montagna, botton d'oro, orchidee e gli onnipresenti semprevivi.
In circa due ore giungiamo al Rifugio Ca’
d’Asti (2854 m).
Prima di avvistare il rifugio si nota una strana costruzione, apprendiamo che è
un ricovero che Bonifacio
Rotario d'Asti costruì la sua prima ascensione nel 1358, a dopo le spiegazioni.
Siamo
tutti arrivati, il posto è bellissimo, il
rifugio un po’ meno, i bagni sono all’aperto
di conseguenza vi faccio immaginare cosa
vuol dire se di notte hai bisogno oppure di
lavarti a una temperatura come quella che
abbiamo trovato noi.
Ci viene assegnata una stanza con letti a
castello, stiamo un po' stretti! Ci
adattiamo, però le preoccupazioni maggiori
sono per la imminente notte quando i
russatori daranno del loro meglio.
Usciamo dal rifugio per vedere se si vede un
po' di panorama, siamo fortunati la nebbia
si sta dissolvendo e in lontananza la guglia
del Monviso si staglia con tutta la sua
imponenza.
Scendiamo a cena, cena non troppo ricca ma
anche qui bisogna far di necessità virtù,
del resto negli standard di rifugi di alta
montagna.
Dopo cena riandiamo ad ammirare il panorama
che adesso è definitivamente sgombro da
nubi, che bello spettacolo con gli
ultimi raggi del sole che creano un'aurea
magica sulle montagne.
Mentre siamo ad ammirare tale spettacolo uno
sguardo al sentiero e vediamo arrivare un
signore che nello zaino ha un trombone e da
li a poco si sarebbero uniti a lui altri
componenti con vari strumenti a fiato. Non
solo sono venuti sin quassù ma ci dicono che
l'indomani sarebbero saliti in vetta con gli
strumenti per un concerto in quota; intanto
ci deliziano con marcette. Un piacevole
intermezzo.
Siamo stanchi, il sole è definitivamente sceso sotto l’orizzonte è ora di
andare a letto.
La notte non è passata molto
confortevolmente, i letti privi di rete e i
russatori ci hanno privato di un giusto
riposo, risultato che alle 06,00 alla
spicciolata e con sollievo ci alziamo e
andiamo a fare colazione.
Sono le 07,40 e siamo pronti a partire, per una volta in anticipo sul
programma, per la vetta del Rocciamelone.
Un
occhiata dal basso e ci sembra molto imponente già quello la parte di tracciato
che si vede, la freccia che indica il percorso precisa anche il tempo: un’ora
e cinquanta, bè neanche tanto, noi considerando la quota e visto che noi
veniamo dal mare calcoliamo di metterci almeno due ore e mezzo.
Torniamo a noi: dal rifugio, il sentiero comincia a salire in modo
molto ripido lungo il versante sud del Rocciamelone.
In questa escursione non siamo soli ma moltissime persone chi ha dormito
al rifugio, chi invece arriva direttamente dalla valle, chi per spirito
d’avventura e chi per spiritualità cristiana.
Saliamo affannando per la quota più che per lo sforzo ma comunque superiamo
moltissimi che avendoci un po’ snobbato erano partiti in quarta, il sentiero
si snoda in numerosi tornanti senza alcuna difficoltà su largo sentiero e
pietrisco che da un po’ di fastidio, dobbiamo fare anche attenzione in
corrispondenza di di nevai inusuali in
questa stagione.
Mentre saliamo notiamo anche molti
escursionisti salgono con scarpette da tennis e addirittura con sandali, è vero
che questa montagna non presenta difficoltà ma comunque secondo noi andrebbe
sempre presa con rispetto e tenuto conto che comunque siamo a quote di tutto
rispetto, bè il mondo è bello perché è vario!!!
Arriviamo a quota 3300 sembra che la salita sia terminata, invece è da qui che
inizia la vera salita alla cima, da un cippo commemorativo a qualche vescovo di
Susa, che non ricordo il nome, continua il sentiero da prima in dolce salita e
poi decisamente erto, talmente che dal basso sembra che le persone sopra di noi
si arrampicano, quando raggiungiamo anche noi la salita ci accorgiamo che in
realtà il sentiero prosegue abbastanza ampio su diversi tornanti ,
nell’ultimo tratto vi sono delle corde fisse, che penso siano più utili in
inverno, che aiutano la salita.
Arriviamo in vetta salutati da una grossa faccia del Re
d’Italia Vittorio Emanuele II, volgiamo la testa verso l’alto e un’immensa
statua della Madonna ci sovrasta. Siamo stati nei temppi previsti, due ore
precise.
Il panorama che si può
ammirare dal Rocciamelone è estesissimo, ed abbraccia quasi tutto l’arco
alpino occidentale, comprendendo il Monviso, i principali massicci francesi (Ecrins
e Vanoise) al completo, il lontanissimo gruppo del Monte Bianco con il Dente del
Gigante e le Grandes Jorasses in evidenza. Il Grand Combin, il Gran Paradiso e
il Monte Rosa sono appena riconoscibili, mentre vicino a noi distinguiamo Croce
Rossa, Ciamarella, Bessanese, Albaron, Charbonnel e Roncia; ai nostri piedi si
adagia il Ghiacciaio del Rocciamelone. Questo ghiacciaio ha subito negli ultimi
anni un drastico ridimensionamento e a partire dal 1985 si è formato un ampio
lago epiglaciale, oggi lungo circa 600 metri, largo 50 e con una profondità
massima di circa 18, ma destinato ad espandersi. L’evoluzione del ghiacciaio e
del lago è tenuta sotto osservazione per prevenire eventuali fenomeni
catastrofici.
Siamo arrivati tutti, siamo felici anche se la salita è stata facile da quassù
l’anima si rinfranca e la vista rinfranca tutti quanti, facciamo una visita
alla piccola cappella votiva, e si ringrazia la Madonna per averci
fatto arrivare quassù ad ammirare tanta bellezza.
Il gestore del rifugio è già quassù e molto gentilmente prepara per tutti un
buonissimo tè caldo, grati approfittiamo.
Apprendiamo che verrà anche celebrata la
Santa Messa e ben grati rimeniamo per
parteciparvi. La cerimonia è stata molto
toccante, accompagnata dalle note della
piccola orchestra e inoltre abbiamo chiesto
al sacerdote se nelle intenzioni avrebbe
raccomandato al Signore le anime dei nostri
cari amici scomparsi. Quando sono stati
citati i loro nomi un groppo in gola si e
formato a tutti, al termine ancora più
commovente è stato intonare il canto "
Signore delle Cime".
Come dicevo la vista rapisce l’occhio e non vorremmo mai tornarcene giù e più
di una volta rimandiamo. Facciamo delle foto di gruppo e poi via a malincuore
ridiscendiamo. Ora siamo più tranquilli e scendiamo agevolmente chi più
velocemente chi meno, ma comunque entro un’ora siamo tutti al rifugio, tranne
Erio che si attarda a fotografare ogni angolo della montagna, del resto lui è
un professionista della fotografia.
Ci dividiamo chi mangia all’aperto e chi nel rifugio, per chi resta fuori un caldo sole ci scalda e ne approfittiamo anche per
abbronzarci un po’, tiriamo fuori dallo zaino i nostri viveri e ci diamo
dentro, la quota ci ha messo fame.
Indugiamo ancora un po’, il sole è troppo invitante per ripartire ma alla
fine dobbiamo proprio andare, anche il tempo è dispiaciuto e una fitta nebbia,
ancora più fitta del giorno prima ci avvolge
per tutta il tragitto.
Nello scendere non ci stanchiamo mai di ammirare le moltissime fioriture
limitandoci a fotografarle lasciandoli anche per chi salirà domani. Siamo verso
valle e attraversiamo vari branchi di mucche al pascolo in alpeggio, molto
caratteristico per noi che non siamo più abituati a vederne libere per prati.
E’ passata un’ora e mezzo e siamo alle macchine; ci leviamo le magliette
sudate, via gli scarponi. Indossiamo degli indumenti puliti,
un’ultima occhiata verso il Rocciamelone, che naturalmente avvolto dalla nebbia
si cela alla nostra vista e via si parte per tornare a casa, ritorno
tranquillo senza code o forte traffico, forse tutti sono scappati verso luoghi
freschi.
BREVI NOTIZIE STORICHE RELATIVE AL
RIFUGIO CA' D'ASTI e ALLA PRIMA SALITA AL ROCCIAMELONE
(Contributo di Claudio Trova & Giuliano Tomasetti scariacate dal sito www.cisonostato.it
)
Quando gli eventi meteorologici creano le condizioni per un'atmosfera
particolarmente tersa, appare assai evidente alle spalle di Torino l'ampio
imbocco della Valle Susa, imbocco dominato sul lato settentrionale da un'alta
montagna dalla forma quasi piramidale: si tratta del Rocciamelone, spesso
innevato, che per la sua mole è stato nei secoli passati e per molto tempo
ritenuto erroneamente la vetta più alta del Piemonte.
Questa stupenda cima, dall'aspetto severo ma in realtà di relativamente
semplice accesso, è stata per molto tempo avvolta da un alone di mistero;
numerose sono le leggende che la vedono protagonista: alcune narrano di un
demone pronto a scatenare fortunali contro chiunque avesse tentato di violarne
l'accessibilità, altre parlano di un misterioso Re Romulo e di un suo
altrettanto misterioso tesoro nascosto in qualche anfratto del monte, tesoro
spesso cercato ma naturalmente mai trovato.
Notevole doveva quindi essere il coraggio di Bonifacio Rotario d'Asti che nel
lontano 1358, superando il diffuso timore reverenziale verso la montagna,
raggiunse per la prima volta la vetta, portando con sè un famoso trittico
metallico (trittico ora conservato nella cattedrale di Susa).
Il valore religioso di questa cima ha comunque superato i secoli, tanto che
ancora oggi all'inizio di agosto una processione, composta spesso da persone con
attrezzatura precaria e allenamento scarso, raggiunge il punto culminante, ove
trovano posto una madonna bronzea su grande piedistallo in pietra ed un
santuario, il Rifugio Santa Maria, che può fungere anche da ricovero per alcune
decine di persone: la madonnina risale al 1899 e pare sia stata costruita con le
offerte di 130.000 bambini (almeno così si legge sul basamento) mentre la
cappella è stata completata nel 1920.
L'itinerario descritto si sviluppa sul versante valsusino del Rocciamelone,
percorrendo il classico tragitto che sale da La Riposa (ruderi di un ex-forte
militare) fino alla Ca' d'Asti; quest'ultima, sorta nel luogo ove Bonifacio
Rotario d'Asti costruí un ricovero durante la sua prima ascensione, rappresenta
dal 1980 un comodo rifugio e valido punto d'appoggio, specialmente per chi
preferisce raggiungere la vetta in due giorni.
Si tenga comunque presente che la salita del Rocciamelone resta un'ascensione
abbastanza impegnativa, sia per la quota raggiunta che per il dislivello da
superare: inoltre se l'escursione non viene effettuata in piena estate ed in
assenza di neve, il tratto finale può presentare qualche difficoltà sia
nell'attraversamento del versante est, subito dopo La Crocetta, sia per il
superamento di un punto un po' esposto collocato appena sotto la vetta, punto
dove alcune corde fisse facilitano comunque il passaggio.
Dalla cima il panorama è grandioso su tutte le Alpi Occidentali; dal punto
culminante e soltanto da quello sono inoltre visibili sia il ghiacciaio che
ricopre il versante francese (percorso da un itinerario alpinistico facile che
sale dal Rifugio Tazzetti) sia il Laghetto della Malciussia, da dove parte un
secondo percorso escursionistico che, attraverso il Colle della Croce di Ferro e
la Ca' d'Asti, raggiunge la vetta partendo dalla Val di Viù.