11/12 Luglio 2009 - Rocciamelone (3.538 m) da “la Riposa”

Percorso: La Riposa, Rifugio Ca' d'Asti, Vetta del Roccia Melone Segnaletica: Bianco rossa N° 558 (?) numerazione segnata solo al rifugio
Dislivello: 1350 metri Tempo di percorrenza: 1,50 dalla Riposa al rifugio e 2 ore dal rifugio alla vetta
Classificazione: EE Punti sosta: Rifugio Ca' d'Asti
Acqua: Alla partenza e al rifugio Ca' d'Asti Periodo consigliato: Estate
Traccia gps  

La Storia
A poche decine di chilometri da Torino e dalla pianura padana si eleva il Rocciamelone, vetta dalla caratteristica forma slanciata quasi piramidale che domina l’intera valle di Susa diventandone anche simbolo. Sulla stretta cima trovano posto la famosa statua bronzea della Madonna e il Rifugio Santa Maria, bivacco sempre aperto con 13 posti letto di proprietà dell’Associazione “Giovane Montagna” di Torino.
Nella pratica descrizione dell’itinerario di salita al Rocciamelone, tuttavia, non posso esimermi dal riportare in poche righe le vicende storiche che circondano tale popolare vetta in cui si raccontano emozionanti storie d’uomini di altri tempi e la cui conoscenza rende la salita molto affascinante.
Montagna da sempre ricca di storia e leggende, il Rocciamelone, nei secoli passati era considerata dalla popolazione locale, impressionata dalla sua mole, la più alta cima degli Stati sabaudi ed attorno ad essa furono intessute storie e leggende che alimentavano un timore riverenziale nei suoi confronti influenzando inoltre i pochi tentativi di raggiungerne la vetta (”Roc-Maol” il suo toponimo originario significa “montagna del sacrificio”). 
Fu Bonifacio Rotario d’Asti che, per sciogliere un voto fatto mentre era in Terra Santa prigioniero dei musulmani, raggiunse per primo la cima a quota 3.538 metri nel 1358, portando inoltre con sé un trittico bronzeo, custodito attualmente nella cattedrale di San Giusto di Susa.
Egli permise con tale impresa di superare tutti i timori legati alla conquista della vetta; alcuni storici della montagna fanno coincidere questa prima ascensione del Rocciamelone con la nascita dell’alpinismo.
Da allora si ripeterono, le salite alla vetta seguendo il percorso tracciato da Bonifacio Rotario; nel 1419, il Duca Amedeo VIII di Savoia fece così costruire un piccolo ricovero per pellegrini a quota 2.854 m, dove la tradizione vuole che già 50 anni prima, Bonifacio Rotario, avesse edificato un ricovero per sé e la sua compagnia.
Tale nuovo ricovero venne denominato “Cà d’Asti” proprio in memoria del primo salitore.
L’esigenza per chi raggiungeva la vetta (che allora era una salita molto lunga ed impegnativa che partiva da poco sopra l’abitato di Susa con circa 3000 metri di dislivello e in ambiente di alta montagna!!!) era soprattutto quella di potervi trovare un riparo dalle intemperie; si cercò quindi di provvedere con la costruzione di ricoveri in legno che si deterioravano tuttavia con estrema facilità.
Già nel 1578 le cronache riportano che sulla cima esisteva una cappella lignea a cui ci si recava il giorno dell’Assunta per assistere alla Messa in onore della Beata Vergine.L’ultima di queste cappellette-ricovero in legno venne distrutta da un incendio nel 1912. All’inizio del 1600 la data del pellegrinaggio venne spostata al 5 agosto, festa della Madonna della Neve e ancora oggi, ogni anno in tale data, il Rocciamelone richiama centinaia di pellegrini che dalla valle di Susa, dalla valle di Viù e dalla val Cenischia salgono, come nel passato, a pregare la Vergine.  Nel 1673 il trittico di Bonifacio Rotario venne portato a valle a causa dell’estendersi del ghiacciaio del Rocciamelone che ne ricoprì la cima rendendo impossibili ulteriori ascese ai pellegrini fino all’estate del 1822 quando, un gruppetto di alpinisti valsusini, riuscì a riconquistare la vetta ancora parzialmente invasa dal ghiacciaio in ritiro.
Poco prima, nel 1798, nei pressi del ricovero Cà d’Asti, venne edificata una cappella che fungeva anche da ricovero Ma fu nel 1895 che nacque l’idea più grandiosa per il Rocciamelone ovvero il progetto di posizionare sulla sommità del monte una statua dedicata alla Vergine Maria. Questa fu opera dello scultore torinese A.G. Stuardi e delle Officine Strada di Milano grazie al contributo di oltre 130.000 bambini italiani che risposero all’appello lanciato da un giornale di donare una moneta da due soldi (10 centesimi) per la sua costruzione; i loro nomi furono poi depositati nel piedistallo della statua ove su una targa c’è scritto “I bimbi d’Italia a Maria”. Nel 1899 vennero portati in vetta dagli Alpini del battaglione Susa al comando del tenente Parravicini gli otto spezzoni della statua per un peso complessivo di 650 Kg e lì composti in poco più di un mese. L’inaugurazione della statua, avvenuta il 28 agosto dello stesso anno davanti a circa 2000 pellegrini sotto il pontificato di S.S. Leone XIII, determinò la più grande adunata di persone mai vista sul Rocciamelone. Dopo che i bimbi d’Italia resero possibile la costruzione della statua di Maria Vergine, c’era l’esigenza di un luogo adeguato sulla vetta che potesse ospitare un sacerdote e i pellegrini che vi si recavano. Per questo, considerato che la cappella-ricovero in legno si era da poco incendiata, nel 1920 il vescovo di Susa mons. Castelli benedisse la posa della prima pietra della cappella-rifugio che sarà da lì a poco realizzata con l’aiuto della nascente Associazione “Giovane Montagna” di Torino. L’opera fu inaugurata il 12 agosto 1923 da mons. Umberto Rossi. Nel 1960, presso la frazione di Pietrastretta di Mompantero, fu edificato il “Santuario della Madonna del Rocciamelone” che costituiva una tappa delle processioni che, un tempo, in occasione del pellegrinaggio del 5 agosto, portavano fino in vetta il trittico di Bonifacio Rotario, a ricordo dell’impresa compiuta nel 1358.
Dal 1974, a cura della Curia vescovile di Susa, tutte le costruzioni su tale monte furono restaurate e, oggi, i Rifugi “Ca’ d’Asti” e “Santa Maria” offrono un sicuro riparo alle centinaia di persone che non solo il 5 agosto, per devozione, curiosità o semplice piacere, affollano i pendii di questo favoloso monte.

La relazione:
Nel calendario escursionistico della UOEI di Ripa di Versilia è in programma per questo fine settimana un'escursione di grande respiro sulle Alpi Graie, precisamente sul Rocciamelone.
Siamo in tredici e ci dividiamo su quattro macchine alla volta di Torino via Genova, da Torino proseguiremo per Susa; il viaggio è tranquillo grazie anche al traffico che naturalmente è più consistente in direzione mare.
Non ci dirigiamo subito a Susa ma facciamo una sosta alla Sacra di S. Michele,
Già dall'autostrada si è colpiti da un imponente costruzione che, abbarbicata sulla cima di un monte, sovrasta la valle, stagliandosi contro il cielo con piglio dominatore a guardia di quello che nel medioevo era un importante tratto della via Fracigena.
Incuriositi da tale ardimento architettonico
giunti ad
Avigliana con una bella e panoramica strada che passa nei pressi dei laghi di Avigliana per poi inerpicarsi sul Monte Pirchiriano, raggiungiamo lo spiazzo/parcheggio da dove, con una breve passeggiata raggiungiamo la Sacra di San  Michele.
Luogo  famoso e meta turistica di primo piano, all'entrata del sito ci sono i resti di un'antica chiesa (probabilmente uno dei primi insediamenti risalenti all'anno 1000 d.C., una stradina affollata e si arriva al sagrato...Che grandezza, quel senso di perfezione, potenza.... ti fai una sola domanda nel vedere la chiesa o basilica che sia......"ma coma hanno fatto 1000 anni fa a costruirla qui?"

Cenni di storia
:
Per la sua posizione strategica questo luogo era già stato scelto dai romani per costruirvi le prime postazioni difensive ampliate poi dai Longobardi; nel corso del X secolo per iniziativa di un piccolo gruppo di eremiti, guidati da Giovanni Vincenzo vengono costruite le prime cappelle e la fama di santità di Giovanni comincia ad attirare un certo afflusso di fedeli. Ma dobbiamo a un ricco signore d'Alvernia - Ugo di Montboissier - l'ingente investimento necessario a realizzare il monastero che costituisce il nucleo essenziale di questa stupefacente struttura che vediamo ora: doveva averne combinate di tutti i colori se il Papa dovette imporgli una missione così onerosa come condizione per la cancellazione dei suoi peccati ! L'abbazia nasce dunque sul finire del sec. X come espressione delle istanze di salvezza che attraversano il mondo cristiano e nel pieno della cultura del pellegrinaggio. Il secolo XII segna il culmine della potenza della comunità abbaziale, ricca di numerosissimi possedimenti che spaziano sino alla Francia e alla Spagna; successive alterne vicende avviano la comunità ad un graduale declino fino alla soppressione del centro monastico decretato da Gregorio XV nel 1622. La svolta radicale arriva invece alla fine del secondo millennio, quando negli anni '90 la Regione decide di fare della Sacra il Monumento simbolo del Piemonte e ne finanzia sostanziali lavori di restauro, con queste motivazioni "… per la sua storia secolare, per le testimonianze di spiritualità, di ardimento, d'arte, di cultura e l'ammirevole sintesi delle più peculiari caratteristiche che può offrire del Piemonte, nonché per la sua eccezionale collocazione e visibilità".
La sua struttura architettonica è davvero originale e particolarmente complessa in quanto la basilica a 3 navate poggia non sul terreno ma sulle cappelle preesistenti e tutto l'insieme del basamento, delle scalinate e dei contrafforti di sostegno fa corpo unico con le contorte masse rocciose della montagna: un'impresa costruttiva veramente ammirevole se pensiamo alle limitate tecnologie del medioevo.

Dopo la visita ci preoccupiamo per il pranzo e poi ripartiamo alla volta di Susa, poco distante.
Arrivati a Susa bisogna fare molta attenzione perché l’unico segnale che troviamo si trova sulla sinistra andando in direzione Torino e quindi non visibile
Una volta imboccata la via bisogna seguire le indicazioni per le frazioni di  Urbiano di Monpantero, da qui vi sono molte segnalazioni per la località Il Trucco.  Al termine della strada asfaltata si prosegue per sterrata sino alla Riposa, m. 2205 (25 km da Susa),  dove possiamo lasciare le macchine su un ampio  parcheggio. Questa strada è molto stretta e bisogna fare molta attenzione nelle curve e nell’incrociare altri autoveicoli.
Arriviamo tra una fitta nebbia che avvolge tutto, peccato non veder il panorama.
Iniziamo l'escursione, prendiamo il sentiero sulla sinistra della strada e subito iniziamo la salita che non ci darà mai un attimo di respiro.
Comunque, rimaniamo subito colpiti, il sentiero ben segnato
  si inerpica sui pendii erbosi in direzione della cima,  E' un continuo zigzagare tra fantastici prati in fiore, dove incontriamo molte stelle alpine,  pulsatille alpine, le nigritelle o morette, i garofanini di montagna, botton d'oro, orchidee e gli onnipresenti semprevivi.
In circa due ore giungiamo al Rifugio Ca’ d’Asti (2854 m).
Prima di avvistare il rifugio si nota una strana costruzione, apprendiamo che è un ricovero che   Bonifacio Rotario d'Asti costruì la sua prima ascensione nel 1358, a dopo le spiegazioni.
Siamo tutti arrivati, il posto è bellissimo, il rifugio un po’ meno, i bagni sono all’aperto di conseguenza vi faccio immaginare cosa vuol dire se di notte hai bisogno oppure di lavarti a una temperatura come quella che abbiamo trovato noi.
Ci viene assegnata una stanza con letti a castello, stiamo un po' stretti! Ci adattiamo, però le preoccupazioni maggiori sono per la imminente notte quando i russatori daranno del loro meglio.
Usciamo dal rifugio per vedere se si vede un po' di panorama, siamo fortunati la nebbia si sta dissolvendo e in lontananza la guglia del Monviso si staglia con tutta la sua imponenza.
Scendiamo a cena, cena non troppo ricca ma anche qui bisogna far di necessità virtù, del resto negli standard di rifugi di alta montagna.
Dopo cena riandiamo ad ammirare il panorama che adesso è definitivamente sgombro da nubi, che bello spettacolo  con gli ultimi raggi del sole che creano un'aurea magica sulle montagne.
Mentre siamo ad ammirare tale spettacolo uno sguardo al sentiero e vediamo arrivare un signore che nello zaino ha un trombone e da li a poco si sarebbero uniti a lui altri componenti con vari strumenti a fiato. Non solo sono venuti sin quassù ma ci dicono che l'indomani sarebbero saliti in vetta con gli strumenti per un concerto in quota; intanto ci deliziano con marcette. Un piacevole intermezzo.
Siamo stanchi, il sole è definitivamente sceso sotto l’orizzonte è ora di andare a letto.
La notte non è passata molto confortevolmente, i letti privi di rete e i russatori ci hanno privato di un giusto riposo, risultato che alle 06,00 alla spicciolata e con sollievo ci alziamo e andiamo a fare colazione.
 Sono le 07,40 e siamo pronti a partire, per una volta in anticipo sul programma,  per la vetta del Rocciamelone.
 Un occhiata dal basso e ci sembra molto imponente già quello la parte di tracciato che si vede, la freccia che indica il percorso precisa anche il tempo: un’ora e cinquanta, bè neanche tanto, noi considerando la quota e visto che noi veniamo dal mare calcoliamo di metterci almeno due ore  e mezzo.
 
Torniamo a noi: dal rifugio, il sentiero comincia a salire in modo molto ripido lungo il versante sud del Rocciamelone.  In questa escursione non siamo soli ma moltissime persone chi ha dormito al rifugio, chi invece arriva direttamente dalla valle, chi per spirito d’avventura e chi per spiritualità cristiana.
Saliamo affannando per la quota più che per lo sforzo ma comunque superiamo moltissimi che avendoci un po’ snobbato erano partiti in quarta, il sentiero si snoda in numerosi tornanti senza alcuna difficoltà su largo sentiero e pietrisco che da un po’ di fastidio, dobbiamo fare anche attenzione in corrispondenza di di nevai inusuali in questa stagione.
 Mentre saliamo notiamo anche molti escursionisti salgono con scarpette da tennis e addirittura con sandali, è vero che questa montagna non presenta difficoltà ma comunque secondo noi andrebbe sempre presa con rispetto e tenuto conto che comunque siamo a quote di tutto rispetto, bè il mondo è bello perché è vario!!!
Arriviamo a quota 3300 sembra che la salita sia terminata, invece è da qui che inizia la vera salita alla cima, da un cippo commemorativo a qualche vescovo di Susa, che non ricordo il nome, continua il sentiero da prima in dolce salita e poi decisamente erto, talmente che dal basso sembra che le persone sopra di noi si arrampicano, quando raggiungiamo anche noi la salita ci accorgiamo che in realtà il sentiero prosegue abbastanza ampio su diversi tornanti , nell’ultimo tratto vi sono delle corde fisse, che penso siano più utili in inverno, che aiutano la salita.

 Arriviamo in vetta salutati da una grossa faccia del Re d’Italia Vittorio Emanuele II, volgiamo la testa verso l’alto e un’immensa statua della Madonna ci sovrasta. Siamo stati nei temppi previsti, due ore precise.
Il panorama che si può ammirare dal Rocciamelone è estesissimo, ed abbraccia quasi tutto l’arco alpino occidentale, comprendendo il Monviso, i principali massicci francesi (Ecrins e Vanoise) al completo, il lontanissimo gruppo del Monte Bianco con il Dente del Gigante e le Grandes Jorasses in evidenza. Il Grand Combin, il Gran Paradiso e il Monte Rosa sono appena riconoscibili, mentre vicino a noi distinguiamo Croce Rossa, Ciamarella, Bessanese, Albaron, Charbonnel e Roncia; ai nostri piedi si adagia il Ghiacciaio del Rocciamelone. Questo ghiacciaio ha subito negli ultimi anni un drastico ridimensionamento e a partire dal 1985 si è formato un ampio lago epiglaciale, oggi lungo circa 600 metri, largo 50 e con una profondità massima di circa 18, ma destinato ad espandersi. L’evoluzione del ghiacciaio e del lago è tenuta sotto osservazione per prevenire eventuali fenomeni catastrofici.
Siamo arrivati tutti, siamo felici anche se la salita è stata facile da quassù l’anima si rinfranca e la vista rinfranca tutti quanti, facciamo una visita alla piccola cappella votiva, e si ringrazia la Madonna per averci fatto arrivare quassù ad ammirare tanta bellezza.
Il gestore del rifugio è già quassù e molto gentilmente prepara per tutti un buonissimo tè caldo, grati approfittiamo.
Apprendiamo che verrà anche celebrata la Santa Messa e ben grati rimeniamo per parteciparvi. La cerimonia è stata molto toccante, accompagnata dalle note della piccola orchestra e inoltre abbiamo chiesto al sacerdote se nelle intenzioni avrebbe raccomandato al Signore le anime dei nostri cari amici scomparsi. Quando sono stati citati i loro nomi un groppo in gola si e formato a tutti, al termine ancora più commovente è stato intonare il canto " Signore delle Cime".
Come dicevo la vista rapisce l’occhio e non vorremmo mai tornarcene giù e più di una volta rimandiamo. Facciamo delle foto di gruppo e poi via a malincuore ridiscendiamo. Ora siamo più tranquilli e scendiamo agevolmente chi più velocemente chi meno, ma comunque entro un’ora siamo tutti al rifugio, tranne Erio che si attarda a fotografare ogni angolo della montagna, del resto lui è un professionista della fotografia.
Ci dividiamo chi mangia all’aperto e chi nel rifugio, per chi resta fuori un caldo sole ci scalda e ne approfittiamo anche per abbronzarci un po’, tiriamo fuori dallo zaino i nostri viveri e ci diamo dentro, la quota ci ha messo fame.
Indugiamo ancora un po’, il sole è troppo invitante per ripartire ma alla fine dobbiamo proprio andare, anche il tempo è dispiaciuto e una fitta nebbia, ancora più fitta del giorno prima ci avvolge per tutta il tragitto.
Nello scendere non ci stanchiamo mai di ammirare le moltissime fioriture limitandoci a fotografarle lasciandoli anche per chi salirà domani. Siamo verso valle e attraversiamo vari branchi di mucche al pascolo in alpeggio, molto caratteristico per noi che non siamo più abituati a vederne libere per prati.
E’ passata un’ora e mezzo e siamo alle macchine; ci leviamo le magliette sudate, via gli scarponi. Indossiamo degli indumenti puliti, un’ultima occhiata verso il Rocciamelone, che naturalmente avvolto dalla nebbia si cela alla nostra vista e via si parte per tornare a casa, ritorno tranquillo senza code o forte traffico, forse tutti sono scappati verso luoghi freschi.

 BREVI NOTIZIE STORICHE RELATIVE AL RIFUGIO CA' D'ASTI e ALLA PRIMA SALITA AL ROCCIAMELONE
(Contributo di Claudio Trova & Giuliano Tomasetti scariacate dal sito  www.cisonostato.it )
Quando gli eventi meteorologici creano le condizioni per un'atmosfera particolarmente tersa, appare assai evidente alle spalle di Torino l'ampio imbocco della Valle Susa, imbocco dominato sul lato settentrionale da un'alta montagna dalla forma quasi piramidale: si tratta del Rocciamelone, spesso innevato, che per la sua mole è stato nei secoli passati e per molto tempo ritenuto erroneamente la vetta più alta del Piemonte.
Questa stupenda cima, dall'aspetto severo ma in realtà di relativamente semplice accesso, è stata per molto tempo avvolta da un alone di mistero; numerose sono le leggende che la vedono protagonista: alcune narrano di un demone pronto a scatenare fortunali contro chiunque avesse tentato di violarne l'accessibilità, altre parlano di un misterioso Re Romulo e di un suo altrettanto misterioso tesoro nascosto in qualche anfratto del monte, tesoro spesso cercato ma naturalmente mai trovato.
Notevole doveva quindi essere il coraggio di Bonifacio Rotario d'Asti che nel lontano 1358, superando il diffuso timore reverenziale verso la montagna, raggiunse per la prima volta la vetta, portando con sè un famoso trittico metallico (trittico ora conservato nella cattedrale di Susa).
Il valore religioso di questa cima ha comunque superato i secoli, tanto che ancora oggi all'inizio di agosto una processione, composta spesso da persone con attrezzatura precaria e allenamento scarso, raggiunge il punto culminante, ove trovano posto una madonna bronzea su grande piedistallo in pietra ed un santuario, il Rifugio Santa Maria, che può fungere anche da ricovero per alcune decine di persone: la madonnina risale al 1899 e pare sia stata costruita con le offerte di 130.000 bambini (almeno così si legge sul basamento) mentre la cappella è stata completata nel 1920.
L'itinerario descritto si sviluppa sul versante valsusino del Rocciamelone, percorrendo il classico tragitto che sale da La Riposa (ruderi di un ex-forte militare) fino alla Ca' d'Asti; quest'ultima, sorta nel luogo ove Bonifacio Rotario d'Asti costruí un ricovero durante la sua prima ascensione, rappresenta dal 1980 un comodo rifugio e valido punto d'appoggio, specialmente per chi preferisce raggiungere la vetta in due giorni.
Si tenga comunque presente che la salita del Rocciamelone resta un'ascensione abbastanza impegnativa, sia per la quota raggiunta che per il dislivello da superare: inoltre se l'escursione non viene effettuata in piena estate ed in assenza di neve, il tratto finale può presentare qualche difficoltà sia nell'attraversamento del versante est, subito dopo La Crocetta, sia per il superamento di un punto un po' esposto collocato appena sotto la vetta, punto dove alcune corde fisse facilitano comunque il passaggio.
Dalla cima il panorama è grandioso su tutte le Alpi Occidentali; dal punto culminante e soltanto da quello sono inoltre visibili sia il ghiacciaio che ricopre il versante francese (percorso da un itinerario alpinistico facile che sale dal Rifugio Tazzetti) sia il Laghetto della Malciussia, da dove parte un secondo percorso escursionistico che, attraverso il Colle della Croce di Ferro e la Ca' d'Asti, raggiunge la vetta partendo dalla Val di Viù.

La relazione di Marco Meccheri

ROCCIAMELONE (dedicato a Guido)

Non è un escursione come le altre quella che stiamo per fare quest'oggi. Non è una gita serena e spensierata come quella che in questi soliti luoghi abbiamo fatto nel mese di Luglio di quattro anni fà. Allora la giornata era serena il sole splendeva tutto era più luminoso dai nostri sorrisi fin dentro i nostri cuori sembrava allora che anche la natura volesse far festa.
Non come oggi che è una grigia giornata nebbiosa umida e triste e non come oggi che non abbiamo più con noi il sorriso gioviale e felice del nostro amico Guido che troppo presto a dovuto lasciarci ma sono sicuro che oggi più che mai egli è qui vicino a noi. Ed è per questo che dedichiamo questa escursione a lui.
Concluse le operazioni di rito che ci vedono come è consuetudine vestire gli scarponi ed indossare gli zaini iniziamo la mesta salita che ci porterà al rifugio Ca' D'Asti . Davanti agli occhi, per me e sicuramente anche per Alessandro, scene già viste che ci riportano indietro nel tempo e ci stringono il cuore. Ed allora continuiamo la erta salita che ci condurrà dove passeremo la notte.
Che brutta giornata quest'oggi la nebbia ti avvolge nel suo umido manto non facendoti vedere niente il vento con gelide folate ti fa rabbrividire come in una giornata invernale.
E continui a salire ed ecco che dalla nebbia portati forse dal vento mi vengono incontro i ricordi. E come non rivivere quel magico giorno. E sento che vicino a me c'è Guido lo sento parlare sento che mi racconta con il suo modo allegro e quasi scanzonato ma sempre sincero storie di vita vissuta storie di gare, storie di lavoro e di amicizia, di un grande amore che stà vivendo con sua moglie Luciana(mamma), anche se non c'è bisogno che lo dicono posso leggerlo nei loro occhi. E poi la storia di un grande amico che troppo presto lo ha lasciato....
Non so adesso se è una goccia di pioggia, forse sudore o umidità della nebbia ma sento qualcosa che mi corre sul viso.
Eccomi giunto al rifugio tutto è identico a quattro anni fa i soliti gestori la stessa cappellina vicino i soliti bagni all'esterno il solito freddo atmosferico. Coltivo però una speranza che la cena sia perlomeno un pochino meglio di quella che l'altra volta, che non definirei cattiva forse immangiabile sarebbe la parola giusta. Ma che Guido con la solita ilarità e simpatia trasformò in qualcosa di comico ridendoci su. La speranza ha avuto buon fine quest'anno è tutto molto più accettabile.
Attraversata una nottata di rumori, dei quali non è giusto lamentarsi , perché si sa che nei rifugi la notte è questa la colonna sonora, ma ridiamoci comunque sopra con i vari sfottò. Partiamo quindi per la meta della nostra escursione la vetta del monte Roccia Melone.
Il meteo oggi sembra più benevolo e ci fa svegliare con un cielo abbastanza sereno. Dopo un abbondante colazione ci mettiamo in marcia l'ora non è di quelle da levataccia d'altronde conoscendo la zona sappiamo che in circa due ore arriveremo sulla cima.
Il fiato si fa subito corto forse per la quota, misura che se abituati alla montagna non superiamo frequentemente, le gambe sono un po' pesanti ed i pensieri si trasformano ancora in ricordi per il nostro amico.
Vivere l'immediata realtà assaporare tutto quello che di più bello ti può donare la vita e poi i desideri, i sogni e le speranze che si sono sgretolate come queste rocce con l'usura del tempo. A te che eri per noi come la roccia fra le rocce il più forte salendo verso le vette con il passo sicuro e deciso ma sempre pronto a dare, generoso una mano a chi più debole indietro restava.
Sono circa verso la metà del percorso che mi conduce sulla cima, giunto ad una piazzola dove è stato eretto un obelisco commemorativo mi accorgo che rapito dai miei ricordi ho allungato un po' troppo il passo lasciando i miei amici di avventura un po' indietro. Decido di aspettarli perchè mai come oggi sento che è importante raggiungere la vetta tutti insieme. A chi arriva alla spicciolata propongo questo mio desiderio che viene accolto con favore.
Credo fortemente che il pensiero predominante in ognuno di noi sia rivolto a l nostro amico ed è per questo che i nostri cuori ad unisono possano salutare e rafforzare se mai fosse necessario l'amore che non è mai venuto meno in questi anni che ci ha lasciato.
Arrivati sulla vetta, mi accorgo che anche qui è tutto come allora l'espressione corrucciata del busto del re l'imponente statua della Madonna il solito rifugetto con il gestore del rifugio Ca' D'Asti che ci fa trovare del buon tè e poi una piccola Cappella nella quale Alessandro con la bontà e generosità che lo contraddistingue decide di affiggere la fotografia di Guido.
Poi un prete escursionista ufficia la messa. Devo qui confessare che io non sono sicuramente un buon cattolico ma ad ogni passaggio sento un qualcosa dentro che mi fa stringere il cuore sopratutto quando viene intonato il canto “Signore delle Cime” il trattenere la commozione è stata una cosa impensabile.
E guardando da questa meravigliosa terrazza le tante cime che la contornano molte ammantate da uno splendido e candido strato di neve sento le lacrime che mi rigano il volto e sento che ci sei ed è qui che voglio salutarti e dirti che probabilmente un giorno ci ritroveremo ancora ed insieme precorreremo i sentieri ed avremo ancora sogni,desideri e speranze.

Arrivederci Guido amico mio caro.
Meccheri Marco

Foto escursione

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