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Oggi siamo ancora con la UOEI di Ripa di
Versilia per un'escursione sui sentieri dimenticati del Seravezzino. La nostra
escursione prevede appunto di toccare alcuni dei paesi del comune di Seravezza.
Siamo anche un bel gruppo, ci contiamo e raggiungiamo i ventuno partecipanti.
Dalla sede a Ripa di Versilia ci portiamo a Seravezza prendendo la strada per
Rio Magno, altra località del Comune. lasciamo le auto vicino alla pubblica
assistenza e attraversiamo il ponte sul fiume. Da quì sulla sinistra parte la
nostra escursione, prendiamo uno stradello in salita che si snoda nel bosco di
pini e castagni, il sentiero è ben tenuto ma le segnalazioni lasciano a
desiderare, anzi non ve ne sono proprio. comunque se si imbocca quello giusto
poi non si può più sbagliare. Proseguiamo sino alla strada asfaltata Che
percorriamo in direzione la Cappella verso nord per alcune centinaia di metri e
dopo una curva sulla destra parte una traccia di sentiero, anche quì non ci sono
indicazioni di sorta. Se dobbiamo dire qualcosa sulle segnalazioni è qualcosa
che ci ha lasciato alquanto perplessi: percorrendo il sentiero ne troviamo uno
con i classici colori bianco rossi con l'indicazione Seravezza 30 min. il numero
del segna via è il 9 ma il sentiero numero 9 del CAI è quello che da Levigliani va alle Voltoline, prosegue per il
passo dell'Alpino-Foce di Mosceta e ancora per Col di Favilla, Isolasanta. Che
ci incastra trovarlo quì? e poi che senso ha metterlo a mezzora da Seravezza
indicandolo solo a chi viene da Giustagnana? Ba misteri.
Il sentiero termina su una strada, noi dobbiamo attraversarla e riprendere il
sentiero sul lato opposto, quì qualche rado segnale rosso su alberi c'è.
Continuiamo immersi in un bosco di castagni e faggi ed eccolo ancora un'altro
segnavia, sempre il 9 con i suoi bei colori CAI bianco/rossi questa volta indica
un'ora per Seravezza. Facciamo una riflessione: o noi abbiamo volato o queste
indicazioni sono fasulle dall'ultimo che segnava mezz'ora sarà passato circa
quindici minuti si e no! Va bene la segnalazione e scarsa ma il paesaggio è
bello.
In breve il sentiero termina su una strada cementata che ci porta a ridosso
delle prime case del paese di Giustagnana (345 mt.).
Giustagnana sorse da un insediamento di coloni Lunensi (Fundum Justinianeum) che
vi si stabilirono in epoca imprecisata, la sua storia si accomuna inizialmente
con quella del Comune della Cappella e poi con l’arrivo dei fiorentini (XV
secolo) con quella di Seravezza, suo attuale capoluogo comunale. La sua chiesa
dedicata a San Rocco e San Cinese, disponeva fin dal 1546 dei beni per il suo
sostentamento, gestiti da una confraternita che ne curò il patronato.
Entriamo nel paese, accogliente e
curato, da dove la vista spazia sulla pianura e sul mare, negli ultimi tempi
questo piccolo centro è diventato famoso anche nel resto d'italia e all'estero
per una specialità culinaria: il salame denominato " tizzone di Giustignana " perché stagionato sotto la cenere
con un procedimento esclusivo.
Lo attraversiamo portandoci sino sulla strada asfaltata, passiamo davanti alla
chiesa e ci dirigiamo sempre su asfalto verso Minazzana, oltrepassiamo il
ristorante i Castagni e ancora qualche centinaia di metri, sino al cartello
indicatore del paese, appena oltrepassato sulla sinistra parte un sentiero
all'inizio cementato che brevemente ci porta appunto a Minazzana
(m. 470).
Minazzana (Fundum
Menecianum), come Giustagnana sorse probabilmente grazie ad un insediamento
colonico Lunense, anche se nel 1965 durante la realizzazione di un piccolo campo
di calcio, vennero alla luce alcune tombe Liguri risalenti al I – II secolo
a.C., complete dei suoi arredi funebri, che furono inviati al Museo Guinigi di
Lucca. In epoca Longobarda Minazzana appartenne al feudo dei Corvaresi, poi come
molti altri borghi vicini legò il suo destino al Comune della Cappella e
successivamente a Seravezza. La sua chiesa già esistente nel 1430 è intitolata a
S.Pellegrino, chiesa che non manchiamo di visitare.
Raggiungiamo la parte alta del paese
percorrendo i vicoli e come già detto, passando davanti alla chiesa e
presso il Circolo della Pubblica Assistenza e s’imbocca la mulattiera sulla
sinistra che usavano i cavatori per recarsi a lavorare alle Cave delle Cervaiole.
La mulattiera molto panoramica, contraddistinta da rari cartelli con la scritta
“5 Montorno”, procede quasi in quota con brevi tratti in ripida salita.
Dai punti più panoramici la vista spazia dalla Cave della Costaccia, sopra
Seravezza fino al mare per risalire lungo la Valle del Serra fino al Monte
Altissimo.
La dorsale dei monti di fronte a noi preclude la vista sul mare, ma lo sguardo
si posa sulla Cava di Trambiserra, il M. Folgorito il M. Carchio, il M.
Focoraccia, il M. Altissimo, e infine le Cave HENRAUX alle Cervaiole.
Dentro il castagneto, il sentiero, seguendo la sinuosità delle pendici del M.
Castellaccio (m. 809) e poi del M. Cavallo (m. 1021) ci porta sopra il paese di
Azzano.
Lungo la mulattiera incontriamo ruderi di vecchi metati abbandonati e prese di
acquedotti.
Raggiungiamo un bivio a quota m. 760, il sentiero che scende sulla destra
andrebbe alla Cappella ma ormai non più usato quasi non si distingue, sul
culmine vi è una panchina e subito dopo un cartello ( rotto) indica: Azzano 30
minuti, Cervaiole 2 ore, Minazzana 1 ora. Proseguiamo e poco oltre, superato il
ponticello di legno sul Botro di Pionico, giungiamo a un tratto esposto e molto
panoramico sopra la Valle del Serra, da quì c'è anche una bella vista sul paese
di Azzano. Camminiamo sicuri senza però fidarci dei corrimani di legno ancorati
su paletti infissi nella roccia, sembrano assai precari. Con il nostro tragitto,
adesso, scendiamo di quota e giungiamo alla località Montorno. Qui giunge il
sentiero n° 31 che da Azzano porta alle cave delle Cervaiole. Ci fermiamo per il
pranzo nelle immediate vicinanza della particolare fornace per la cottura delle
rocce per la fabbricazione della calce. Rimaniamo un pò a goderci il tepore di
questa rara giornata primaverile ma poi dobbiamo un pò a malincuore riprendere
il cammino. Prendiamo il sentiero n° 31, che in realtà è una bella mulattiera
ancora ben conservata, peccato per qualche albero caduto e lasciato di traverso
che ci obbliga a fare alcune scomode deviazioni, comunque scendiamo abbastanza
rapidamente e dopo diversi tornanti giungiamo nel paese di Azzano (m. 452).
Il borgo di Azzano nacque da un antico insediamento romano, al termine della
sanguinosa guerra che i romani combatterono fra quelle montagne, con le tribù
dei Liguri-Apuani.
In epoca Longobarda fu feudo dei nobili di Corvaia e appartenne per un lungo
periodo al Comune della Cappella, sviluppatosi quest’ultimo intorno alla chiesa
di S.Martino della Cappella, edificata in epoca sconosciuta a poca distanza dal
borgo di Azzano.
Nonostante la vicinanza della Pieve di S.Martino, nel borgo di Azzano esistevano
due Oratori uno dedicato a S.Rocco ( nel 1579 risulta sempre funzionante) e uno
ancora esistente intitolato a S.Michele Arcangelo.
Da Azzano prendiamo un sentiero che in breve ci porta all'area
archeominerario-didattico-culturale
de La Cappella
molto
interessante, a cura del Parco Regionale delle Alpi Apuane;
dove vi sono innumerevoli testimonianze dell'attività estrattiva del marmo
bardiglio. Il Bardiglio
della Capella, è un marmo unico di colore grigio scuro- azzurro con leggere
striature bianche e lo si trova in tantissime chiese, oggi rientra fra le
materie estrattive pregiate.
L’area si sviluppa e s’insinua tra le pieghe del monte e saggi estrattivi di
piccole cave e ravaneti. (Scarti di scaglie di Bardiglio). Alcuni blocchi di
marmo riquadrati con mazzuolo e subbia, giacciono anneriti a testimonianza di
antichi scalpellini. Seguiamo il percorso dell'area e passiamo sotto
l'interessantissima Pieve di San Martino, oggi non ci rechiamo a visitarla ma
per chi non l'ha mai vista andarci è d'obbligo.
La pieve di San Martino.Venne eretta prima dell’anno Mille e ristrutturata nel
XII secolo. Nel 1219 era proprietà dei nobili di Corvaia e Vallecchia.
L’esterno della chiesa è interamente in marmo, circondata da una cornice intorno
al tetto, aggiunta nel XVI secolo. Durante lo stesso periodo e con la presenza
di Michelangelo in questi luoghi, venne aggiunto un porticato jonico, il rosone,
due navate laterali e l’apertura delle finestre. Il rosone prese quindi il nome
di "occhio di Michelangelo", mentre il porticato andò distrutto durante la
seconda guerra mondiale e oggi rimane solo l’arcata destra puntellata da travi.
Il vicino campanile, anteriore all’XI secolo, è anch'esso di marmo, con quattro
bifore all'estremità.
L’interno a tre navate conserva elementi romanici come le volte a crociera e le
colonne con capitelli tuscanici con decorazioni zoomorfe e fitomorfe. Sul
pavimento di trovano due lastre sepolcrali in bassorilievo; ai lati tre altari
in marmo del XVII secolo marmorei e nella navata di destra un ciborio a forma
esagonale in marmo intarsiato del XVI secolo attribuito al Benti. Da segnalare
poi il pulpito ottagonale della scuola di Stagio Stagi e un'acquasantiera del XV
secolo decorata da quattro lobi con teste umane rappresentanti le età della
vita.
Riprendiamo il cammino seguendo il sentiero costeggiato da enormi cumuli di
detriti delle cave e contenuti con muraglioni impressionanti, in pochissimi
minuti siamo nel paese di Fabiano (m. 375).
Nel borgo di Fabiano (da Fundum Fabianum)
da Fabius durante la fase colonizzatrice di Roma, ricordato
nell’elenco del 1333 dei paesi appartenenti al Comune della
Cappella, non si svolsero particolari eventi storici e la
sua storia non differisce di molto da quella di Seravezza , la
sua chiesa intitolata a S.Giuseppe, appartenne fino al 1787 alla
Diocesi di Luni-Sarzana, poi dopo 11 anni di permanenza nella
diocesi di Pontremoli, nel 1798 entrerà definitivamente a far
parte della Diocesi di Pisa.
La struttura
marmorea delle proprie abitazioni, lo caratterizza e lo rende vivo agli occhi
del turista,si nota che è stato costruito con marmo del posto. Stradine strette
ti portano a curiosare nell’intimità paesana. Il borgo è molto soleggiato con un
clima mite anche d’inverno. Visto dal litorale marino, sembra che precipiti
nelle cave di bardiglio sottostanti, da un momento all’altro.
Lasciamo l'abitato e percorriamo i tornanti della una vecchia mulattiera
che addirittura proveniva dal Ducato di Modena.
Ed eccoci nel fondo valle a Rio Magno (m. 60), non ci resta che percorrere poche
decine di metri lungo il torrente Serra e siamo a Seravezza dove abbiamo
lasciato le auto.
Questa escursione èra stata snobbata da alcuni di noi giudicandola poco
interessante e di scarso valore escursionistico: ma per chi vi ci ha partecipato
ha dovuto ricredersi in quanto si è rivelata importante sia per i luoghi che le
testimonianze storiche della nostra terra e ce ne è stato anche per chi temeva
che fosse una semplice scampagnata, le ore di percorso alla fine sono state ben
6. Ora non ci resta che chiudere con un bel gelato a Ripa.
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