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Finalmente!
Finalmente è giunto il momento che posso rimuovere le gambe sono
passati tre mesi da quando una fastidiosissima e pericolosa
tendinosi mi ha obbligato ad uno stop forzato. Con una nuova tecnica
il professor Castellacci, si! quello della nazionale di calcio, mi
ha rimesso a nuovo. Comunque anche il meteo non è stato d'aiuto con
tutta l'acqua che ha fatto.
E per riprendere le attività quale escursione poteva esser migliore
di una bella arrampicata su ferrata? E non siamo neanche andati a
scegliercela tanto vicina, infatti siamo andati sino a Castelnuovo
nei Monti in provincia di Reggio Emilia,sull'Appennino reggiano, 2
ore e mezza di curve interminabili ma ne è valsa la pena!
Raggiunto Castelnouvo nei Monti abbiamo seguito le indicazioni per
la Pietra di Bismantova sino a Piazza Dante dove con qualche
difficoltà abbiamo parcheggiato le auto.
presi gli zaini ci siamo portati verso il sentiero ma lo sguardo ci
è andato inevitabilmente sulle numerosissime calate di corde che
indicavano le numerose vie d'arrampicata. Proseguendo siamo andati
verso l'Eremo di san Benedetto da dove parte il sentiero che in una
quarantina di minuti porta in vetta. Noi proseguiamo, invece, verso
destra ( indicazioni) il tragitto è breve, circa 15 minuti;
all’inizio si procede su una cresta e con l’aiuto di cavi ben
fissati si scende in una specie di grotta che dobbiamo discendere
fino a trovare un sentiero che costeggia la parete, attenzione a non
seguire le varie deviazioni che portano alle vie d'arrampicata.
L'attacco è riconoscibile dalla targa “Ferrata degli Alpini”,
apposta alla base della parete, non siamo rimasti a pensarci due
volte anche per il timore che arrivasse qualcuno che ce lo saremmo
ritrovato davanti. E armati di tutta l'attrezzatura necessaria
abbiamo iniziato la salita alla Pietra.
La ferrata inizia con un breve tratto abbastanza verticale
e possiamo
immediatamente apprezzare la verticalità della via.
I primi 3-4 m. non sono attrezzati dopo di che ha inizio il cavo,
ben teso, con sufficienti appigli nella roccia (alcuni pioli dove
necessario).
Che strano ma fino a pochi attimi prima c'era un allegro vocio ma
man mano che si sale regna solo il silenzio accompagnati solo dal
nostro affannare. Risaliamo il diedro guadagniamo rapidamente quota
e immediatamente si fa marcata l’esposizione. La salita richiede un
certo impegno e prosegue lungo ciuffi d’erba; superato il primo
diedro volgiamo per qualche metro a destra dove troviamo un
provvidenziale punto di sosta da dove approfittiamo per
ammirare il panorama che si apre davanti a noi. fa molto caldo e
stiamo sudando copiosamente, il buon Bruno con solito altruismo si
sacrifica e resta a far da guida a un componente non tanto in forma
ma con i suoi consigli riuscirà comunque a portarla sino in vetta.
La ferrata volge a questo punto verso sinistra aggiriamo uno spigolo
che conduce alla base di un secondo diedro. Siamo al passaggio
chiave della ferrata con salita particolarmente verticale ed
esposta. Grazie all’aiuto dei pioli l’ascesa risulta senz’altro
facilitata pur richiedendo comunque un certo sforzo fisico. Una
breve deviazione verso destra attenua per pochi passi la ripidezza
del tratto, quindi la fune riprende a salire verticalmente lungo il
diedro che si fa progressivamente più sottile. Alcuni pioli nella
roccia facilitano l’avanzamento e dopo qualche metro troviamo alcune
staffe che permettono di appoggiare comodamente i piedi. Guardiamo
sopra di noi intravediamo finalmente la scala finale che ci condurrà
al pianoro sommitale della Pietra di Bismantova. Eccoci agli ultimi
emozionanti metri sono particolarmente strapiombanti e dalla cima
della scala possiamo apprezzare il tratto esposto appena risalito
potendo osservare buona parte della via appena percorsa. Chi prima e
chi dopo giungiamo tutti in vetta
ci accogliamo a vicenda da calorose
strette di mano e baci da parte delle signore, senza nascondere la
soddisfazione di aver salito questa parete che dal basso sembrava
invalicabile,
siamo molto felici e ancora carichi d'adrenalina.
Ormai la vetta è raggiunta e l’ora è
giusta per mangiare, naturalmente appena trovato un prato all’ombra
di una bella quercia abbiamo dato fondo alle riserve energetiche
custodite negli zaini. Dopo il pranzo abbiamo fatto una puntata al
belvedere da dove si ammira un panorama incredibile, lo sguardo va
dal Cimone a tutte le cime dell’Appennino tosco-emiliano fino
all’Alpe di Succiso, al Monte Ventasso e alla Pianura Padana.
Rientriamo per il
sentiero che, dalla scala finale, prosegue nel bosco verso sinistra.
Il tracciato conduce sul ciglio della Pietra di Bismantova da dove
possiamo osservare il sottostante parcheggio e i rocciatori che
raggiungono la cima attraverso le numerose vie di roccia.
Proseguiamo e volgiamo a destra sul sentiero 697 che conduce
all’eremo e alla partenza (piazzale Dante). proseguiamo fino ad un
bivio dove volgiamo a sinistra per raggiungere il Rifugio della
Pietra. Dalla costruzione scendiamo le sottostanti scalinate
rientrando al parcheggio.
Raggiungiamo le auto e riprendiamo la via di casa ma fermandoci
prima ad Aulla per un buonissimo gelato. La serata l'abbiamo
terminata in bellezza al campeggio, dove Bruno ha una roulotte
parcheggiata e ci ha offerto una bella cena.
Cenni storici della Pietra di
Bismantova da
Circuito Castelli Matildici & Corti Reggiane
Il nome e la storia
Montagna sacra e quasi magica dell’Appennino reggiano, rupe dantesca
(citata da Dante nel IV canto del Purgatorio: “Vassi in San Leo,
discendesi in Noli / montasi su Bismantova in cacume / con esso i
piè, ma qui convien ch’om voli”), ma anche ara celtica secondo
recenti studi: la Pietra di Bismantova è la perla del paesaggio
appenninico reggiano e il muto, eterno testimone della sua storia.
Abitata da popolazioni celtico-liguri, ma anche area di penetrazione
etrusca, venne assoggettata dai Romani nel II a.C. (è citata come
“Suis montium” da Tito Livio).
Divenuta poi caposaldo bizantino (Kastron Bisimanto, secondo Giorgio
da Cipro), resistette fin al VII secolo agli assalti Longobardi.
Annessa da Carlo Magno nel 781 al comitato di Parma, passò poi ai
Supponidi e dal 950 ai Canossa: questi ultimi eressero il Castrum
Novum (Castello nuovo, l’odierna Castelnovo) che fu poi donato da
Matilde stessa, nel 1111, al monastero di S. Apollonio di Canossa.
Nel XII e XIII secolo Bismantova fu al centro dei contrasti fra i Da
Bismantova (un ramo dei Dalli), i Da Palude e il Comune di Reggio,
che ne rivendicava il possesso, finchè nel 1409 passò sotto il
dominio estense, a cui rimase fino all’unità d’Italia (1859). Ai
piedi della rupe, sotto la parete sud-est, sorge un eremo, edificato
intorno al 1400: per molti anni abitato dai monaci benedettini, oggi
è un santuario della Diocesi di Reggio e Guastalla. Di pertinenza
della Parrocchia di Ginepreto, vi si celebra la Santa Messa.
La Pietra di Bismantova si presenta come un enorme scoglio roccioso
(1047 metri s.l.m.) sulla cui sommità si stende un vasto pianoro
erboso di 12 ettari, una volta adibito completamente a pascolo, oggi
in buona parte ricoperto da carpini e noccioli.
La componente rocciosa è costituita da biocalcareniti e da arenarie
sedimentatesi nel Miocene inferiore, cioè 19 milioni di anni fa, su
una base di marne sabbiose.
La presenza di altri minerali, soprattutto quarzi, e di numerose
tracce di organismi (gusci di molluschi, alghe calcaree, spicole di
spugna, denti di pesce, soprattutto di squalo) testimonia la vita
geologica della rupe nelle età preistoriche. Con una lunghezza di 1
km, una larghezza di 240 mt., alta 300 mt. sull’altopiano che le fa
da base, è un gigantesco esempio di erosione residuale.
I reperti archeologici (scavi ottocenteschi del Chierici e recenti
di Tirabassi) hanno individuato insediamenti umani a partire
dall’età neolitica (occasionalmente sono stati rinvenuti manufatti
in selce lavorata come punte di freccia, lame, schegge, risalenti a
quel periodo), che si fanno più consistenti per la civiltà
protovillanoviana (urne cinerarie di Campo Pianelli, conservate ai
Civici Musei di Reggio Emilia).
La Pietra, con tutta la zona circostante di interesse archeologico e
naturalistico, fa parte del Parco Nazionale dell’Appennino
tosco-emiliano, istituito nel 2001. E’ il simbolo più conosciuto e
visibile dell’Appennino tosco-emiliano: dagli alti valichi di
Pradarena o dell’Ospedalaccio, ma anche da qualsiasi punto del
crinale, si scorge inconfondibile la sagoma di Bismantova. Per
secoli questo scoglio di roccia dagli spigoli vivi, conficcato al
centro dell’Appennino reggiano, ha svolto la funzione di segnavia
naturale per il cammino di prelati, uomini d’arme, pastori,
mercanti. Le principali direttirici storiche de Reggiano, quella
Verbolense del Secchia e quella “matildica” da Canossa, erano
infatti entrambe convergenti verso l’inconfondibile Pietra.
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Foto
escursione
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