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Questa
volta andiamo alla scoperta di un territorio lontano da quelle che sono le
nostre montagne, un itinerario inusuale, infatti cammineremo a due passi dal
mare sulla costa degli Etruschi dove condivideremo sentieri che per secoli
hanno accompagnato boscaioli, carbonai, mugnai, bracconieri, poeti e
pastori, ripercorreremo la via di quei Cavalleggeri, celebre Corpo Militare,
istituito per la sorveglianza del Promontorio di Piombino dal Granduca
Cosimo I nel 1561. Cammineremo tra resti archeologici e suggestive calette.
Partiamo dalla Sede e siamo un bel gruppetto, infatti contandoci siamo
in 16 e partiamo con una fitta nebbia e il tanto caldo annunciato
non ne abbiamo sentore ma comunque siamo ottimisti e fiduciosi
nelle previsioni meteo partiamo alla volta della nostra meta.
Prendiamo l'autostrada A12 sino a Rossignano e poi
la superstrada Livorno – Grosseto,
usciamo a S.Vincenzo Nord e seguiamo le indicazioni per Piombino e
poi Populonia-Baratti a cui si accede dalla strada provinciale della
Principessa SP 23 che unisce San Vincenzo a Piombino, comunque sul
percorso c'è un ampia serie di segnalazioni; cartelli direzionali
turistici marroni sono presenti all’uscita San Vincenzo nord della SS
Aurelia1 bis, sulla strada di ingresso a Piombino ( all’altezza della
frazione Fiorentina), sulla strada Aurelia 1 ad un km a nord di
Venturina.
Poche centinaia di metri prima di giungere al paese di Populonia in
località Reciso giungiamo al punto di partenza della nostra escursione,
il luogo è riconoscibile per uno spiazzo sulla sinistra che scende
leggermente sotto il livello stradale e appena sopra una strada sterrata
chiusa da un cancello ma l'accesso viene garantito da un varco
per pedoni.
Eccoci siamo pronti per affrontare questa escursione e allora partiamo!
La strada sale dolcemente e siamo subito in un folto bosco dove spiccano pini, lecci, querce da sughero, corbezzolo e lentisco, ricca è la
macchia mediterranea, l'occhio viene gratificato da rigogliose fioriture
di ginestre e delicati ciclamini, cisti e anemoni.
Dopo circa mezz'ora giungiamo ad una radura dove possiamo visitare i
ruderi della chiesa di
San Quirico
(IX e XI sec.), purtroppo
il posto è tenuto abbastanza male in completo stato di abbandono alla
mercé di molti vandali.
Riprendiamo il cammino e giungiamo ad un bivio, prendiamo quello che
sale, proseguiamo sempre in direzione sud, camminiamo sempre in un
saliscendi in località un pò pomposamente chiamate "monte": Monte
Pecorino e monte Massoncello, quest'ultimo il rilievo più alto
dell'escursione, ben 286 mt! Ma prima di questo rilievo passiamo da Aia
del Prete e a Poggio Grosso (278 mt.).
Proseguiamo ora in direzione est e abbiamo le prime aperture sul mare e
della pianura di Piombino.
La strada diventa più ambia e giungiamo a Campo alla Sughera
riconoscibile da numerose cataste di legna, da quì si può godere di
splendidi panorami sul mare e il territorio circostante.
Questa strada è anche una meta ambita per molti ciclisti in mountain
bike e spesso dobbiamo dar loro strada, mentre camminiamo ci rendiamo
conto anche che questi luoghi sono anche molto frequentati da cinghiali,
infatti i lati della strada sono tutti rivoltati, classico segnale di
passaggio di questi animali in cerca di cibo.
Prendiamo a scendere dirigendoci verso sud, verso Salivoli.
Su questi sentieri non vi sono segnaletiche se non per il settore
archeologico e andando un pò a senso abbiamo saltato una traccia che da
un'ampia radura avremmo
dovuto percorrere fino ad un gruppo di querce che si intravedono di
fronte e poi imboccando un sentiero
ci avrebbe portato, percorrendolo in
cresta, alla località. Ghiaccioni, per scendere poi a Cala Moresca,
nella parte nord di Salivoli.
E invece..... abbiamo continuato sulla strada finendo alla parte opposta
di Salivoli, oltre tutto anche abbastanza squallida per la presenza
nella zona di freddi e brutti palazzi tutti uguali in stile oltre
cortina. Va bene dobbiamo prendere anche il brutto e ci incamminiamo
subito su asfalto verso il mare e Cala Moresca.
Quando la raggiungiamo non scendiamo sino alla spiaggia di cala Moresca
ma decidiamo di salire invece a Punta Falcone.
Punta Falcone, non è noto il perché gli sia
stato attribuito questo nome, le ipotesi sono due : o per la forma che
assume guardandolo , ovvero di un grande Falco a riposo o perché e' un
posto di nidificazione di alcune specie di Falchi pellegrini. fatto e'
che finora nessuna notizia certa ci dà la vera motivazione di tale nome
attribuitogli .
Parco di Punta Falcone e' una propaggine del territorio
di Piombino rivolta verso Est con davanti , affiorante , un grosso
scoglio chiamato appunto Falcone, è questo uno dei posti
più incantevoli di Piombino; unico su tutta la costa Toscana, presenta
la tipica vegetazione della macchia mediterranea, dal corbezzolo alla
Barba di Giove, pianta perenne,
anticamente
le foglie erano utilizzate per legare viti e mazzi di ortaggi e anche il
Cisto Villoso dai fiori rosa e l' onnipresente mirto,
appare come un manto verde proteso sul mare.
Orami il celo si è ripulito, non c'è più traccia di nebbia ma comunque
sul mare persiste una certa foschia e intravediamo appena la sagoma
dell'isola d' Elba, peccato perché sapevamo che da qui avremmo
potuto avere una splendida vista sulle isole dell'intero
arcipelago: da Sud a Nord, a partire da Punta Ala sono riconoscibili
l'isola del Giglio, Montecristo, Cerboli, Palmaiola, l' Elba, la
Corsica, Capraia e in giornate eccezionali anche la Gorgona, comunque siamo appagati sia dal volteggiare dei gabbiani che spiccano
il volo dallo scoglio del Falconea che hanno scelto per
nidificare.
Seguendo il sentiero incontriamo prima l'osservatorio astronomico
costruito nel 1975 dall'Associazione Astrofili
sui resti della ex postazione telemetrica; poi si vedono le prime
piazzole di postazioni di cannoni, infatti sul
promontorio di Strunzo d’Orlando, a
Punta Falcone durante la seconda Guerra Mondiale era istallata una
Batteria Costiera che insieme a quella piazzata all’Isola d’Elba teneva
sotto controllo il Canale di Piombino. Una grossa fotoelettrica montata
su rotaie permetteva, durante la notte, l’avvistamento delle navi
nemiche, mentre il centro di calcolo dava le direttive e le coordinate
per l’apertura del fuoco ai cannoni schierati sul promontorio.
Un cannone è ancora piazzato, ben
visibile e in ottimo stato di conservazione, degli altri quattro restano solo le piazzole ed i rispettivi rifugi per le munizioni
e gli artiglieri, questi rifugi sono stati ora adibiti a museo storico
con possibilità di visita durante gli orari d’apertura degli stessi.
Proseguendo e scendendo verso la scogliera opposta abbiamo una bella
sorpresa le pendici di questa scogliera sono completamente ricoperte di
bei fiori rosa sono i
Fichi degli Ottentotti, tutta la gola è tappezzata
da questi splendidi fiori.
Questi
fiori,originari dell’Africa meridionale, ma naturalizzati nelle zone
litoranee italiane, sono alti 20-30 cm con fusti prostato - ascendenti,
radicanti ai nodi, e foglie falcate, cuneiformi.
I
fiori color porpora, larghi 8-10 cm, crescono su scarpate, in terreni
soleggiati e asciutti, sbocciano da maggio a luglio, si aprono soltanto
al sole e si chiudono la notte.
naturalmente ci soffermiamo a lungo per fotografare questa meraviglia.
La nostra visita continua poi alle testimonianza della guerra e anche se
l'aborriamo siamo interessati e quindi esploriamo tutto scendendo sino
al livello del mare ammirando la sua particolare bellezza e
suggestione delle acque marine trasparenti.
Ritorniamo sui nostri passi e ci riportiamo nei pressi di Cala Moresca e
imbocchiamo infine la Via dei Cavalleggeri, all'inizio è una larga
strada ma ben presto diventa uno stretto sentiero, la vegetazione è
naturalmente ancora tipica mediterranea ma quì adesso spiccano
moltissime Barbe di Giove. Siamo comunque ancora in ambiente aperto e
abbiamo una bella visuale sula costa.
Proseguiamo il cammino e decidiamo di saltare la visita alla Spiaggia
Lunga, una spiaggia
ancora incontaminata, costituita da grandi ciottoli e scogli.
Proseguiamo invece decidendo per raggiungere la spiaggia di Fosso alle
Canne.
Con un
po’ d’intuizione, evitando i sentieri verso destra, che ci
riporterebbero sulla strada tagliafuoco, proseguiamo incontrando, nel
greto di uno dei numerosi ruscelli completamente asciutti che
attraversiamo, un piccolo pozzo denominato “la Fonte del Soldato”.
Adesso il sentiero scende verso sinistra e sia che si voglia scendere
verso Baia Fosso delle Canne o che si voglia proseguire bisogna comunque
lasciare la via sin qui percorsa.
Nel folto della macchia di erica troviamo un'invitante area attrezzata
con tavoli e panche, sarebbe stato perfetto per fermarci a mangiare ma
la maggioranza ha optato per scendere sino alla spiaggia e allora
continuiamo ancora ascendere tenendoci sempre sulla sinistra sino ad
arrivare alla spiaggia.
E' questa una spiaggia dove un eccentrico scultore ha
realizzato il suo Eden con
grandi statue
allegoriche, anche qui è presente un'area picnic, purtroppo già
occupata; pazienza ci sediamo di fronte al mare e finalmente si può
mangiare. Il caldo sole e l'acqua cristallina inviterebbero ad un tuffo
e alcuni di noi hanno provato a mettere i piedi in acqua ma senza osare
di più.
Riprendiamo il cammino proseguendo sempre in direzione nord entrando in
una macchia di lecci e grosse piante di erica troviamo uno spiazzo dove
sono stati allestiti degli appostamenti venatori e anche appostamenti
mangerecci visto la grossa griglia che e il grande tavolo. Ci azzardiamo
a salire con molta cautela sulle piattaforme e possiamo così vedere la
costa sottostante da sopra la cima degli alberi.
Riprendiamo il cammino sempre immersi nella macchia
di tipo arbustivo tipica dei litorali
mediterranei; si cammina tra erica, corbezzolo, lentisco, mirto,
fillirea e alaterno, adesso
dobbiamo seguire il tracciato principale tralasciando le deviazioni
verso sinistra che porterebbero al mare, una di queste scende alla Buca
delle Fate, una spiaggia di ciottoli, su questa spiaggia
abbarbicati sulla roccia vi sono alcuni esemplari di Palma Nana, unica palma
spontanea del mediterraneo.
Il sentiero prende verso nord est e giungiamo all'area archeologica del
convento di san Quirico.
Le rovine del monastero benedettino di
San Quirico, noto attraverso una serie di documenti datati
fra il 1029 ed il 1131, sono situate sulle pendici di Poggio
Tondo, a breve distanza dall'area ove sorse la città antica
di Populonia. Da questa posizione il monastero poteva
dominare il tratto costiero del promontorio nei pressi
dell'omonima cala San Quirico, e contemporaneamente veniva a
collocarsi lungo l'itinerario terrestre che congiunge ancora
oggi Populonia a Piombino. Del complesso monastico sono
parzialmente visibili l'area triabsidata della chiesa e
numerose murature relative al chiostro, ad ambienti ad esso
collegati, ad una possibile delimitazione muraria
dell'intero insieme: al centro del chiostro è ben visibile
il pozzo. Sono visibili anche i resti della grande torre
quadrangolare, costruita in un momento successivo alla
chiesa ed ubicata a breve distanza da essa.
( dal sito
www.arcmed-venezia.it/sanquirico.html
)
Tra il folto degli alberi
si nota la piccola chiesina di San Quirico segno che ormai l'escursione
sta volgendo al termine, infatti in pochi minuti ci ritroviamo sulla via
tagliafuoco percorsa al mattino e subito dopo giungiamo alla chiesetta,
facciamo una breve sosta e poi riprendiamo il cammino e dopo poco ci
appare il cancello della località Reciso dove abbiamo parcheggiato le
auto.
Forse questa escursione ha fatto arricciare il naso a molte persone ma
l'importante è stato l'essere stati, prima di tutto in compagnia di
buoni amici e poi scopo della nostra associazione abbiamo praticato
l'esercizio del cammino, camminare è sinonimo di contatto con la terra.
Tracce e sentieri
raccontano attimi o secoli di spostamenti lenti che a discapito
dell’orizzontalità, sembrano viaggiare nella verticalità, dunque in
profondità. Nell’epoca del “non c’è tempo” una semplice passeggiata o un
impegnativo trekking sono la via più semplice per recuperare quel tempo
che invece esiste, che giornalmente sembra sfuggirci dalle mani ma che
invece, volendo, è saldamente sotto i nostri piedi.
L’essenza di questi luoghi restituisce a chi si muove lentamente il
gusto di scoprire luoghi tutti da vivere a passo d’uomo. E soprattutto
luoghi capaci di motivarci fortemente verso il recupero del “nostro”
tempo, in continuo movimento e in equilibrio tra cielo e mare, dove
bisogna incamminarsi con la mente libera per riempirsi di grandi spazi
di questo territorio, vicino al blu del Tirreno o immersi nel verde
intenso delle colline si respira sempre il Mediterraneo. Che sia
libeccio, grecale o scirocco, all’alba o al tramonto.
Un ringraziamento è dovuto all'associazione Trekking
Libertas di Rosignano (
http://treking.altervista.org/ ) per le preziose informazioni che ci
hanno fornito.
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