Oggi il nostro gruppo ha deciso di spostarsi
decisamente dalle Apuane e di andare alla scoperta di una ferrata
nell'entroterra di Finale Ligure, la ferrata degli artisti. ( come arrivarci:
vedi note sopra)
Giungiamo al piccolo spiazzo e il pulmino nuovo nuovo di Bruno è stato
all'altezza, abbiamo percorso gli ultimi km su strada sterrata abbastanza
sconnessa, infatti un'auto davanti a noi ha dovuto far scendere i trasportati
per poter superare una avvallamento.
Dicevo....Scendiamo e siamo abbastanza eccitati, studiamo il luogo e cerchiamo
di capire qual' è la cima da raggiungere ma nel fitto bosco non è che ci sia
tanta visibilità.
Comunque mano agli zaini, un ultimo controllo all'attrezzatura, il rammarico di
Bruno che nessuno l'aiuta a portare la macchinetta del caffè con annessi e via
si parte.
Superata la sbarra , proseguiamo a piedi lungo la strada forestale in
parte in discesa sino ad arrivare in prossimità di una curva dove sulla
destra si stacca un sentiero con vistosi segni rossi e
cartello segnaletico della ferrata .
Ci manteniamo sul versante meridionale e camminiamo in tratti di bosco e tratti
scoperti su facili roccette dove troviamo i primi spezzoni di cavo, alquanto
inutili, risaliamo poi un costone sino alla base rocciosa, dove inizia la
ferrata (675 m, 30´ circa dalla sbarra ).
Finalmente siamo sotto le prime staffe che sono state poste su una parete molto verticale
ed esposta, tipico delle ferrate di questa
difficoltà, metodo spesso adottato dai progettisti per mettere sull'avviso chi
non è sufficientemente fornito della necessaria preparazione psico-fisica per
affrontare esposizione, strapiombi e fatica.
Imbrago, dissipatore e caschetto è tutto in ordine, siamo pronti, via si parte.
Subito ci si presenta come una ferrata iper attrezzata, infatti non è stata
fatta economia di ferro, staffe, maniglie e cavo ce ne è a iosa!
Affrontiamo subito un tratto verticale attrezzato con numerosi pioli, per
poi tornare con esposto passaggio verso destra alla sommità del primo risalto
dello sperone.
Proseguiamo poi lungo un tratto di roccette sino ad arrivare ad una guglia di
roccia rossa dove dobbiamo affrontare un breve risalto sullo spigolo a sinistra, lo rimontiamo e dopo un breve strapiombo iniziale attraversiamo un canale e continuiamo lungo la cresta in un susseguirsi di risalti
alternati a facili roccette fino ad una spalla, da cui sulla sinistra si diparte
una prima via di fuga che porta al sentiero di discesa.
Giunti al successivo
torrione, lo si aggiriamo alla base sul lato settentrionale e per un canale con un masso incastrato raggiungiamo una forcella alle
spalle del torrione stesso.
Il panorama intanto si è fatto spettacolare: sotto di noi la breve
piana di Isallo alla confluenza dei due torrenti. Poi il costone di Magliolo
ed, oltre, le alture dell’Altopiano Finalese, in centro a cui spicca la
parete della Rocca di Perti. Poco a destra, più piccole, le alture di
Verezzi. Sul mare si scorge Pietra Ligure, mentre Borgio resta nascosta
dalla mole del Monte Grosso.
Dala forcella scaliamo un muro in verticale sulla destra e oltrepassiamo un secondo colletto
pianeggiante, in successione si salgono due erti speroncini , superati scendiamo
per cresta alla successiva forcella, oltrepassiamo un'altro piccolo
colle pianeggiante, saliamo un primo erto speroncino e 20 metri più in là
se ne sale un secondo, più alto e più verticale. Dalla sua sommità (m 1140) ci
si affaccia, con un bel colpo d’occhio alla gola del
ponte sospeso
su un profondo vallone.
Dall'altra parte fa bella mostra lo spigolo, nella sua
porzione superiore, sulla parete si
possono individuare tre delle figure dipinte da Mario Nebiolo.
Un tratto di cresta ed una breve discesa e arriviamo ad una forcella, da
dove ci si presentano due alternative: seguendo il sentiero di destra, si segue
il filo della forcella per erbe e detriti e si raggiunge la parete contrapposta
(indicazioni) e una volta dall´ altra parte i due percorsi si
ricongiungono (elementare); andando a sinistra, invece, dopo una
esposta crestina si arriva all'inizio del ponte.
Quì la Sabrina rompe ogni indugio e parte per prima, seguita dalla Severina e
poi chi più convinto chi meno lo oltrepassiamo tutti con una buona scarica di
adrenalina.
Il ponte è lungo 42 metri ed è costituito da pioli metallici per l’appoggio dei
piedi, due corrimano laterali ed un cavo centrale, alto sopra la testa, per
l’assicurazione.
Per l'esiguo spazio cominciamo ad inerpicarci sulla bella
parete del Briccu Beretta prima che tutti siano passati.
Prendiamo il filo di spigolo, che superiamo
in scalata (IV+) comunque sempre super attrezzata.
Quando lo spigolo perde d'inclinazione, usciamo a destra per poi ritornare
nuovamente sull’aereo filo dello sperone, superiamo un
canale erboso e saliamo un altro sperone più breve e meno esposto del precedente.
Ci si portiamo sotto ad un muretto dove ci sono le
pitture rupestre di Mario Nebiolo,
rimontiamo proseguendo lungo la facile cresta intervallata da brevi salti
rocciosi, fino all´ ennesima forcella, dove incrociamo la seconda via di fuga
che si raccorda al sentiero di discesa.
Ormai siamo prossimi alla fine, aggiriamo la cresta a sinistra, superiamo un breve muretto che riporta sul filo, e
continuando scavalchiamo l’ultimo risalto.
Ora la cresta
diventa meno ripida e raggiungiamo l´anticima (1309) dove termina la ferrata.
Per
raggiungere la vetta non ci resta che proseguire sino ad un colle, da dove
lungo una traccia risaliamo il versante meridionale del Bric Agnellino.
Sulla vetta troviamo diversi escursionisti che avevamo notato arrampicarsi
davanti a noi e devo dire che fortunatamente non ci siamo dati fastidio uno con
l'altro, il vento che a momenti è stato violento durante la salita sembra non
dare tregua neanche sulla cima, continua a soffiare a tratti ma impetuoso.
La giornata è bella ma c'è una foschia che non ci fa godere a pieno del panorama
che si potrebbe vedere da quassù,
panorama
che spazia dal Mar Ligure al Monviso! Oggi non siamo
così fortunati ma ci accontentiamo di quello che si vede che comunque non è
poco.
Bè ora è proprio ora di mettere qualcosa sotto i denti e allora diamoci dentro!
Ci rilassiamo e ripercorriamo mentalmente l'itinerario appena percorso e le
considerazioni sono di piena soddisfazione anche se l'abbondanza di ferro toglie
un pò di
tecnica, ma tanto per gli alpinisti che siamo.......
Siamo stati abbastanza fermi, è ora di riprendere il cammino.
Dalla vetta prendiamo il sentiero pianeggiante che, in direzione ovest,
traversando sul versante settentrionale, porta dopo circa 300 metri ad un ampio
colle nel bosco, molti segni rossi.
Prendiamo verso sinistra passando sotto le rocce della cima e man mano che
scendiamo il sentiero si fa più ripido e insidioso, sulle relazioni che avevamo
letto raccomandavano di non levarsi l'imbrago e adesso capiamo il perché. Per
far si che la discesa sia abbastanza sicura il sentiero è stato attrezzato con
cavo metallico anche se l'uso dell'imbrago è alquanto superfluo, il vero
pericolo sta' nello scivolare sul brecciolino che ricopre il sentiero, un po' di
attenzione va fatta in alcuni tratti più esposti.
Poi giungiamo ad un colle dove arriva la seconda via di fuga .
Dobbiamo affrontare un ultimo tratto un po' esposto che ci porta ad un canalino
assai infido per la pendenza e per la ghiaia che ne ricopre il fondo, al suo
termine affrontiamo un ultimo salto roccioso, anche quì attrezzato con staffe.
Finalmente il sentiero si fa meno ripido e si snoda nel bosco
(m 1180), da qui si scendiamo seguendo il percorso a mezzacosta, prima verso sud est e
poi volgendo verso sud.
A quota 1100 circa incontriamo, uno dietro l’altro, due eccezionali
balconi panoramici naturali sulla valle e sugli speroni dei Balzi Rossi.
Risaliamo un breve tratto raggiungendo un costone con bassa vegetazione, lungo
il quale scendiamo in direzione est sud est. Quando il
costone perde pendenza si incontrano i primi faggi di grossa taglia.
Qui
il sentiero piega verso nord, con percorso a mezzacosta, per poi
riprendere a scendere nuovamente più avanti. Più in basso si incontra, sulla sinistra, la traccia della via di fuga inferiore
che in questo punto converge sul sentiero principale (E' segnalata con
bolli rossi in modo da essere reperibile in entrambi i sensi di marcia).
Continuiamo a scendere sempre su sentiero molto ripido e a questo punto le
ginocchia cominciano ad accusare.
dopo una lunga serie di tornanti, finalmente, giungiamo allo sterrato.
Ci incamminiamo sulla strada verso nord e in breve giungiamo alle macchine.
Siamo felici e appagati, l'ambiente è bellissimo, la ferrata è stata divertente
ma ci manca ancora una cosa: " che cosa?" ma naturalmente il
caffè
di Bruno
e allora prima di riprendere la via di casa la famosa macchinetta viene messa
sul fornellino e siamo pronti a sorbirci un buonissimo e corroborante caffè.
CONSIDERAZIONI:
Ferrata abbastanza semplice dal
punto di vista tecnico vista la sovrabbondanza di
strutture (pioli molto ravvicinati che non affaticano
mai gambe e braccia- e l'ottima manutenzione. La
difficoltà è data dalla lunghezza -dopo il ponte sospeso si può erroneamente credere di essere arrivati
ma la vetta è ancora lontana) e dall'esposizione di
alcuni tratti che trasmettono forte adrenalina e
richiedono assenza di vertigini. Per tanto pur essere
considerata una ferrata di media difficoltà se
affrontata in autunno/primavera con assenza di neve e
condizioni meteo stabili. Nei periodi più caldi potrebbe
diventare una tortura a causa dell'elevata temperatura e
della mancanza di punti per l'approvvigionamento di
acqua. La bellezza del tracciato, l'importanza geologica
e morfologica di questa costa,e il panorama fantastico
che pian piano si apre agli occhi durante la salita
valgono sicuramente la fatica.
Bisogna specificare chiaramente che il percorso di una via
ferrata, pur se di difficoltà contenute come in questo caso, richiede
comunque un minimo di esperienza, non solo escursionistica, ma anche, in un
certa misura arrampicatorio - alpinistica!
La via ferrata può essere percorsa tutto l’anno, inverno compreso,
compatibilmente con le condizioni meteorologiche. Non è consigliabile nelle
giornate di vento impetuoso dai quadranti settentrionali ed è da
considerarsi interdetta in presenza di neve e ghiaccio. Per contro le terse
giornate invernali permettono, dalla sommità, un
panorama, a giro
d’orizzonte, che non è esagerato definire eccezionale: esso spazia dai
rilievi delle Alpi Liguri, Gruppo del Mongioie, alle Alpi Cozie con il
Monviso, le Graie e poi le Pennine tra cui spiccano il Cervino ed il Monte
Rosa, mentre verso oriente si vede Genova e più in là le Alpi Apuane,
l’Isola d’Elba e la Corsica.
È doveroso ricordare che lo sperone roccioso su cui è stata attrezzata la
via ferrata aveva, ovviamente, attirato l’attenzione degli scalatori già in
precedenza. Il suo primo percorso, con tecnica alpinistica, risale al 13
aprile 1924 ad opera di Attilio Sabbadini e compagni. La cresta venne poi
riesplorata con l’apertura di nuove varianti da Mauro Oliva e G. Porro nel
1977.
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