02 Giugno 2011 Balzo Nero
     
Il monte Balzo Nero (m.1315 s.l.m.), pur facendo parte dell'Appennino lucchese, si differenzia da tutte le altre vette per il tipo di roccia dal quale è formato: si tratta di calcareniti che, però, nella parte terminale, lasciano il posto al breccione, roccia di colore scuro che fornisce il toponimo alla montagna. Questo itinerario affronta la salita alla montagna per la via più impegnativa: quella diretta che transita dal monte Alto ed è riservata solamente agli escursionisti più esperti, in quanto mal tracciata, con notevole pendenza e con tratti esposti nella parte finale.
Dal sito www.ursea.it


 

 

Percorso: ITINERARIO A
Vico Pancellorum (630 mt), sentiero n°8 - I Piani  (1175mt) - Balzo Nero (1315 mt)
ITINERARIO B PER LA CRESTA SUD
Vico Pancellorum (630 mt) - Croce di Castello - Monte Alto(1218 mt) - Balzo Nero (1315 mt)
RITORNO
Sentiero 8B Per la Grotta dei Porci (830 mt) - Vico Pancellorum

Come Arrivare:
Da Ripa di Versilia ci portiamo a Camaiore e percorriamo la strada che porta a Lucca, la Freddana. Da Lucca  imbocchiamo la strada statale 12  dell'Abetone e del  Brennero, passando Bagni di Lucca e dopo circa dodici km. sulla sinistra parte il bivio per Vico Pancellorum.
 
Sentieri: CAI  8 Vico Pancellorum-I Piani-Poggio degli Agli  -  8B Vico Pancellorum - i Piani per la grotta dei Porci.


 

 

Classificazione: ITINERARIO A DIFFICOLTA’  -  (E)
                            ITINERARIO B DIFFICOLTA'  - (EEA)

 
Tempo di percorrenza:  Complessivamente 8 h
 
Acqua: Al paese di Vico Pancellorum, lungo il sentiero n°8
 
Punti sosta: Vico Pancellorum    
 
Traccia google heart

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Periodo consigliato: Dalla tarda primavera a metà autunno.   L' itinerario B affronta la salita alla montagna per la via più impegnativa: quella diretta che transita dal monte Alto ed è riservata solamente agli escursionisti più esperti, in quanto mal tracciata, con notevole pendenza, calate e risalita per via attrezzata  (precariamente) e con tratti esposti nella parte finale.

 


 

  Rieccoci per una nuova avventura, questa volta e di scena l'Appennino lucchese e nella fattispecie il Balzo Nero.
Con piacere  contandoci davanti alla sede a Ripa siamo in dodici e sappiamo che dobbiamo incontrarci con altri tre amici che arrivano da Montecatini.
Ci disturbiamo sulle auto e via si parte, percorriamo la strada che da Caiore porta a Lucca, la Freddana, da Lucca  imbocchiamo la strada statale 12  dell'Abetone e del  Brennero, passando Bagni di Lucca e dopo circa dodici km. sulla sinistra parte il bivio per Vico Pancellorum.
Siamo nella piazzetta del caratteristico paese.

Parliamo un pò di questo piccolo centro: adagiato alle pendici del Balzo Nero ( mt. 1315) è a circa 650 mt. di altitudine, e da ogni angolo si può godere di bellissimi panorami, che spaziano dalla veduta delle Alpi Apuane, al Monte Bargiglio, tutta la Controneria con il monte Prato Fiorito fino alla Penna di Lucchio. Salendo fino alla “Croce di S. Marco” si impone la vista del Monte Caligi, di Capanne di Siviglioli, dai contrafforti della Brancolerai fino alla montagna Pistoiese, Piteglio e la Macchia Antonini. 
I pochi abitanti rimasti sono circa un centinaio, ma la popolazione incrementa notevolmente grazie al turismo non solo estivo ma anche invernale, dovuto alle vicine piste da sci dell’Abetone. In paese sono presenti una fornitissima bottega di generi alimentari (detta “al Chioppo”) e il ristorante bar “Buca di Baldabò”(sito nello stabile della locale Associazione/Pro-Loco “Il Risveglio”), che offre specialità regionali e internazionali; la ricezione turistica è attiva grazie all’ affitto periodico di case private.
Dai primi del ‘900 l’emigrazione ha decimato la popolazione residente, e ancora oggi è facile incontrare chi ha fatto ritorno e parla volentieri due o tre lingue straniere raccontando storie di vita vissuta in giro per il mondo, legata ai “mammalucchi” di gesso, agli “stagnini”, ai venditori di “pannina” .
L’Oasi Balzo Nero è un naturale paradiso per gli animali selvatici quali cinghiali,capre selvatiche, lepri, caprioli, daini, tassi, istrici, poiane, gufi, falchi, e l’imponente aquila reale, che ha fatto di quest’area il suo regno indiscusso; tra le risorse naturali presenti sono da evidenziare soprattutto le castagne e i preziosissimi funghi porcini; inoltre nel torrente Coccia, che scorre in anfratti orridi  bellissimi, le trote sguazzano in abbondanza Per gli appassionati, sono possibili escursioni di trekking e mountain bike, nonché spedizioni speleologiche (solo per i più esperti!) nelle grotte naturali nascoste nei boschi circostanti, ricche non solo di tesori geologici ma anche di antiche tracce esoteriche lasciate dai primitivi insediamenti umani.
Antico paese di origini romaniche, ne mantiene ancora il curioso nome, mentre la struttura è riconducibile all’epoca medievale, in quanto del paese originario rimangono solo alcune tracce.
Di notevole importanza storico-architettonica è la Pieve Romanica di S. Paolo, edificata più di mille anni fa, custode tra l’altro di una pregevole statua lignea del ‘600 del santo patrono, di un organo del ‘700, di alcuni dipinti sacri recentemente restaurati, e di un piccolo museo. Ricordata dall'873, è di impianto basilicale a tre navate spartite da arcate su pilastri sormontati da capitelli con decorazioni fortemente geometrizzate. Sul fianco destro si erge la torre campanaria. Nella semplice facciata il portale è sormontato da un architrave che reca incisi motivi simbolici e da un archivolto a tutto sesto composto da cunei alternati di pietra bicroma. La parete sopraelevata della navata maggiore comprende una serie di archetti separati da sottili lesene e impostati su mensole variamente scolpite. Tra le opere, una statua lignea di San Paolo (XV secolo), un Crocifisso in legno scolpito (XV secolo), un'acquasantiera in marmo (1551) e i resti di un affresco con figure di Apostoli (XIV secolo). Passeggiando per le vecchie vie si possono individuare il tribunale, le antiche prigioni, l’abitazione di Mons. Stefanelli Vescovo di Lucca all’inizio del 1800, originario del luogo, il palazzo dei Vicari della Val di Lima (oggi abitazioni private), nonché bei portali e pietre ricche di storia. 
Parlare di questo borgo era doveroso in quanto anche se non venite per arrampicarvi come capre vale la pena visitarlo.

Veniamo a noi; Ci dividiamo in due gruppi il primo parte per la vetta del Balzo Nero passando dal più tranquillo sentiero n 8 ( Itinerari A).

Dal Paese si scende fino ad un tornate a sx dove proprio nella curva inizia, a dx, uno stradello che penetra nella valle del torrente
Coccia di Vico. Dopo qualche centinaio di metri diventa uno stretto sentiero che corre parallelo al torrente, si segue poi il sentiero (sempre 8) che sale a tornanti sulla dx.
Il percorso taglia il versante W del monte, a mezza costa, sulla spettacolare valle. Con altri tornanti  si sale alla bella faggeta dei
Piani (1173m) dove si aprono vecchi pascoli ora invasi da felci. Raggiunto il crinale si prosegue a SE e si supera una selletta e attraversato un rado bosco fino alle facili roccette che per un’esile cresta  conducono in vetta (m.1315).            
 Mentre  i restanti nove proseguono per itinerario (B). Siamo ben equipaggiati attrezzature da ferrata, la corda questa volta non la portiamo, nessuno si offre volontario per portare 60 mt di pesante corda.  Quindi partiamo per quella che sarà la nostra meta, il Balzo nero.
Dalla piazzetta, dove nell'angolo estremo c'è una bacheca con informazioni sul luogo, parte una strada, la imbocchiamo e dopo pochi metri sulla sinistra parte un sentiero, questo è il punto di partenza della nostra escursione.
E' doveroso dire che da questa parte non vi sono indicazioni se non sporadici pallini rossi su alberi, quindi bisogna prendere come primo riferimento la Croce di San Marco che si nota dalla piazzetta del paese. Proseguiamo nel fitto bosco e i segnali come già detto vanno e vengono, comunque le tracce sono molte per salire sin quassù. Dai racconti di alcuni paesani abbiamo appreso che il vecchio paese si trovava su queste pendici e in effetti mentre saliamo notiamo diverse tracce di insediamento umano. Qualche passaggino in stile capprettistico e poi un ripido canalino e siamo alla Croce di San Marco.
Come già detto la vista da quì è già notevole: sotto di noi il paese di Vico P. e poi il Monte Caligi, Capanne di Siviglioli, i contrafforti della Brancolerai, la Penna di Lucchio e il Memoriante, fino alla montagna Pistoiese, Piteglio e la Macchia Antonini. 
Dopo aver goduto di questi panorami ripartiamo tenendo sempre davanti a noi le propaggini del balzo Nero. Proseguiamo ancora nel bosco i segnali sono sempre più sporadici ma  comunque non si può sbagliare, la traccia è evidente e comunque si deve solo salire.
Usciamo dal bosco e davanti a noi si presenta subito una ripida parete che apparentemente sembrerebbe anche difficoltosa. Ma una volta affrontata ci rendiamo conto che le difficoltà sono solo nella ripidità, infatti si sale agevolmente in quanto il terreno e formato da ampi gradoni.
Ecco abbiamo salito una cima e subito davanti a noi altre cime che dobbiamo affrontare; due le abbiamo già affrontate e in lontananza ne contiamo altre tre. Mentre saliamo a qualcuno la fatica fà avere le allucinazioni e vede la Madonna che lo chiama, è si!
Andiamo avanti per creste e cime l'odore di escrementi di capre selvatiche è fortissimo e molto spesso ne tastiamo la consistenza mentre ci sorreggiamo a qualche masso; a un certo punto ne avvistiamo un gran branco che scende  a rotta di collo giù per le pendici, devo dire che un pò le abbiamo invidiate, così agili e senza timore.
Siamo sul monte Alto a quota 1218mt. e qui c'è veramente la Madonna che ci attende, forse le allucinazioni non erano poi tali.
Giungiamo qui e prendiamo fiato, rivolgiamo un pensiero alla Madre Celeste perché ci protegga.
Adesso ci indossiamo gli imbraghi, si, perché sotto di noi si apre la forcella chiamata la " Fessa"  che scende prima in un ripido canalino e poi risale su uno spigolo molto esposto, sia da una parte che dall'altra vi sono cavi d'acciaio per facilitare la discesa e la successiva salita.
La discesa è moto esposta e ci caliamo tenendoci al cavo d'acciaio, cavo che può servire per tenersi ma non serve per nessuna assicurazione, quindi gli imbraghi sono inutili. Scendiamo con molta cautela perché oltre che fare attenzione dove ci teniamo dobbiamo fare molta molta attenzione a non far cader sassi, infatti qui il terreno è moto friabile e le rocce si sfaldano in strati.
Chi giunge in basso deve ben presto affrontare la salita dal lato opposto senza indugio perché nel passaggino tra le due pareti non vi è spazio per fare sosta e quindi bisogna lasciar spazio a chi scende dopo.
L'attrezzatura  da ferrata si rivela inutile anche salendo lo spigolo, quindi  saliamo facendo molta attenzione a dove ci teniamo, non vogliamo rischiare di trovarci con un sasso in mano e mancare la presa.
 La salita è breve e siamo di nuovo sulla cresta, e davanti a noi si  pone la penultima cima da salire, una volta salita eccoci davanti a noi il Balzo Nero con il suo " tartufo" nero sulla sommità, come già detto in precedenza, mentre sino ad adesso camminavamo su calcareniti chiare
(La calcarenite è un tipo di roccia sedimentaria clastica, formata da particelle calcaree delle dimensioni della sabbia. Sono spesso di origine biologica, ovvero fossili di organismi marini.)  la vetta del Balzo Nero è formata da Breccione, roccia di colore scuro che fornisce il toponimo alla montagna.
Prima di giungere alla nostra meta ci giriamo per veder il percorso fatto e ci premia la vista di un'aquila, stava venendo verso di noi ma purtroppo, forse per il nostro vociare ha preferito andare dalla parte opposta. Su  queste pendici pare che nidifichi indisturbata già da parecchi anni.
Siamo finalmente sull'ultima cima e affrontiamo l'ultima salita tra rocce completamente diverse da quelle trovate sino ad adesso, sembra lava!
Eccoci sulla vetta e da qui il panorama è sicuramente notevole
da mozzafiato che spazia tra profonde valli solcate da tumultuosi torrenti e belle montagne; dalla veduta delle Alpi Apuane, al Monte Bargiglio, tutta la Controneria
, costituita dai tre centri: S. Gemignano, S.Cassiano, Pieve di Controne posti sotto  il monte Limano e Prato Fiorito verso S/O la Penna di Lucchio e Memoriante.
Sulla vetta troviamo anche gli amici che anno percorso l'itinerari facile e ci scambiamo le varie impressioni. L'immancabile foto di gruppo ma poi visto il celo che comincia a farsi cupo e che in vetta c'è molto vento decidiamo di scendere in zona più riparata.
Ridiscendendo per facili roccette giungiamo ad
boschetto e seguiamo verso N/O per crinale, giungiamo alla località i Piani e prendiamo il sentiero n° 8 che viene da Poggio degli Agli. Camminiamo nella faggeta sino a raggiungere uno slargo, località Prato Belliccioni (1420 mt), dove è presente una fonte e qui ci sembra abbastanza riparato e comunque siamo affamati e ci sembra il luogo ideale per il nostro pranzo. La sosta è abbastanza lunga per rifarci prendere le forze, saremmo anche pronti  a ripartire ma dobbiamo ancora prendere il caffè e allora Bruno lo tira fuori dallo zaino, la  relativa macchinetta e fornellino e prepara un fragrante e profumato caffè corretto con grappa.
Ripartiamo e ripreso il sentiero n8 giungiamo alla località Belvedere, un tempo zona di alpeggio e oggi invasa da felci e erba alta. Lasciamo il sentiero n( 8) e  imbocchiamo 8b, attenzione quì non ci sono segnalazioni, bisogna proseguire verso N/W  e ci si inoltra nella faggeta. Scendiamo a lungo, tanto che ci preoccupa il fatto che magari dobbiamo risalire. Giungiamo ad un primo torrente e chi più e chi meno riusciamo ad attraversarlo senza problemi
; proseguiamo sempre tra maestosi castagni e splendidi faggi sino a raggiungere il greto di un torrente Coccia, asciutto, che man mano che proseguiamo diventa un vero e proprio canyon, il sentiero attraversa più volte il greto, notiamo che vi sono molte formazioni ipogee.
Infatti a quota 830 mt giungiamo alla grotta dei Porci, sembra che si chiami così perché veniva usata per il ricovero di questi animali.
La grotta dei Porci   si estende per circa 120 metri nel calcare mesozoico. Proviamo ad entrare ma facciamo pochi passi e il buio è totale.
Ritorniamo sui nostri passi e riprendiamo il cammino seguendo sempre il torrente Coccia, ammirando l'erosione che ha scolpito le pareti della montagna.
Ma eccoci ad un bivio e rientriamo sul sentiero n° 8, da qui vediamo parte della cresta che abbiamo percorso, e notiamo anche l'intaglio da dove ci siamo calati, da qui sembra una piccola cicatrice.

Il sentiero  scende dolcemente in tornanti sovrastando la gola del fiume Coccia; adesso il sentiero si apre in una strada sterrata e da qui capiamo che il paese ormai è vicino.
Il sentiero termina su una curva della strada che porta al paese.
Poche centinaia di metri e siamo di nuovo nella piazzetta.
E' stata una splendida escursione che ci ha portato su un itinerario lontano dalle nostre Apuane, di una bellezza unica  un ambiente poco conosciuto ma molto molto interessante, lo raccomando, se avete esperienza, se siete allenati e avete dimestichezza con le ferrate, andateci ne vale sicuramente la pena.
La giornata non finisce se non ci fermiamo a prenderci un gelato e poi  ognuno torna alle proprie abitazioni con nel cuore e negli occhi scenari da sogno.

  

 

  
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