Questo
itinerario è dedicato al Corchia, una montagna troppo spesso “banalizzata” dalle
strade marmifere che conducono quasi in vetta e dalle cave che inesorabilmente
stanno “mangiando” la sua cresta sommitale.
E’ un itinerario avventuroso e
esplorativo che ridona dignità a questa montagna, permettendoci di conoscere un
aspetto dimenticato del Corchia, ovvero la “lizza dei Tavolini” che - prima che
costruissero la marmifera di Passo Croce - era la via da cui transitavano i
marmi delle omonime cave. Una via ardita che supera mediante una galleria e una
cengia le poderose balze del versante sud-occidentale della montagna, è una via
che permette davvero di toccare con mano l’incredibile mestiere di lizzatore…percorrendola
sembra impossibile che da qui transitassero tonnellate di marmo. E’ una via che
non ha niente da invidiare alle più celebri lizze delle Apuane massesi.
Un itinerario unico nel suo
genere…un itinerario molto ma molto apuano!
(
http://www.paesiapuani.it/il%20monte%20Corchia%20dalla%20lizza%20dei%20tavolini%20o%20lizza%20in%20galleria.htm
)
E'da molto che sentiamo parlare di una via diversa per raggiungere il monte
Corchia da una via diversa e molto particolare percorrendo quello che per molto
tempo fu la via dei marmi del monte Corchia su una via di lizza tra le più
lunghe se non la più lunga delle Apuane.
LE VIE DI LIZZA DEL PARCO ALPI APUANE
Con il nome di lizzatura si comprende tutte le operazioni di spostamento dei
blocchi di marmo escavati e abbattuti dal fronte di cava, sia sui piazzali delle
cave stesse che, più in particolare, lungo le ripidissime vie di discesa. Il
nome deriva dallo strumento principale di questo sistema di trasporto, cioè la
lunga slitta di legno, ricavata da tronchi robusti, detta appunto lizza.
Quest'ultima denominazione, in un secondo momento, si trasferì anche ad indicare
i piani inclinati lungo i quali la lizza veniva fatta scivolare, che furono
chiamati vie di lizza ( o vie di lizza o anche vie lizze ) e poi più brevemente
lizze (così le chiamano tutti gli abitanti della montagna massese).
(Fonte libro" Le strade dimenticate "
Poliedizioni).
Siamo in otto per questa escursione e giunti al paese di Levigliani siamo
ansiosi di intraprendere questa ennesima avventura.
Subito zaini in spalla, ma non prima di esserci divisi il kit per un perfetto
caffè, a te la macchinetta, a te il fornellino, a te la bomboletta di riserva,
lo zucchero e perché no! Anche una fiaschettina di grappa.
Ecco ora siamo pronti si parte. Dalla piazzetta dove abbiamo lasciato l'auto
imbocchiamo la ripida salita, questa è la strada che porta a passo Croce.
La dobbiamo percorrere per circa 600 - 700 mt. sino a trovare due tornanti
consecutivi, al secondo, in prossimità di una vecchia panchina, parte sulla
destra una strada sterrata. Questa strada è percorribile in auto ma credo che si
tratti di una proprietà privata e comunque io non stuzzicherei la suscettibilità
della gente di montagna.
Raggiungiamo una bella casa ben ristrutturata, un'insegna ci indica che si
tratta del Ranch Olocco. Tra le folte vegetazioni di orti coltivati ci giunge il
buon giorno dei proprietari.
Continuiamo ancora sullo strada tra castagni secolari
sino a giungere alla località
Morlo a quota 730 mt. Delle simpatiche caprette e un
vitellino con la mamma ci danno il benvenuto. Giungiamo a quelle che erano le
case dei pastori che portavano le loro greggi sugli alpeggi e oggi ben
recuperate. Quì dovrebbe esserci una fontanella e una marginetta ma noi, forse
troppo distratti, non l'abbiamo vista.
Però individuiamo subito la mulattiera che sulla destra si inerpica nel folto
bosco tra due muri a secco ben conservati. Ben presto, però, la mulattiera si
perde tra folte felci e sulla sinistra si apre un varco con un sentiero ben
evidente, prendiamo questo anche perché avanti non possiamo certo andare, la
mulattiera è ostruita da felci e ogni genere di arbusto.
Continuiamo su questo sentiero sino ad incontrare un traliccio, prima del
traliccio ci sono molte felci e subito
sopra di esso è presente anche un rudere.
Svoltando a sinistra e riprendiamo la mulattiera con i suoi caratteristici muri
a secco.
Il sentiero prosegue abbastanza evidente, poi piega
a destra fino a giungere ad un canale e quì la faccenda si complica un tantino,
sappiamo che il canale non lo dobbiamo attraversare e sin qui va bene ma poi
dovremmo scorgere un rudere, ci guardiamo attorno ma non scorgiamo niente, ci
poniamo in ordine sparso e come in una caccia al tesoro ci mettiamo alla ricerca
del rudere, saliamo il pendio e il terreno fangoso non ci rende le cose facili,
ecco, una voce si leva: " eccolo l'ho visto! ". Allora ci portiamo tutti
nella zona di riferimento dove ancora una volta dobbiamo fare il punto.
Ci guardiamo attorno e non è che vi siano tracce evidenti ma sappiamo che
dobbiamo costeggiare il lato destro orografico del canale, ci sembra di
intravedere una specie di traccia e chi sa se è prodotta dagli animali oppure è
quello che rimane di un vecchio sentiero? Comunque la prendiamo, con la casa
davanti a noi prendiamo sulla destra. Ora non c'è più traccia di sentieri
dobbiamo regolarci per istinto e proseguiamo sino ad arrivare al canale e adesso
ci viene da domandarci: " dobbiamo attraversare quì? "
Mandiamo Bruno in avanscoperta e subito dopo aver attraversato il canale ci dice
che vede le due casette che cercavamo ( località Sellora).
Che capacità di orientamento che abbiamo! anche se qualcuno potrà dire che
abbiamo avuto un bel c....
Naturalmente non è che di quà dal canale le tracce diventino più evidenti ma
decidiamo di proseguire obliquamente mantenendo la quota sino a raggiungere il
fosso Permeccio, da qui prendiamo quello che era il percorso della lizza.; d'ora
in avanti non possiamo più sbagliare, la parete del Corchia è proprio davanti a
noi.
Iniziamo la salita addentrandoci nel canale, dove sono presenti numerosi cavi
elicoidali e tubi.
Saliamo faticosamente, vuoi per la pendenza, vuoi per le rocce molto scivolose.
A circa metà percorso alcuni pensano sia meglio seguire il vero tracciato della
lizza che si trova nella sponda destra orografica del canale tra folta
vegetazione.
Qui sono presenti vecchie traversine di legno, chiodi, fori di " Piri" e grossi
cavi d'acciaio muti testimoni di un’epoca passata che ha segnato indelebilmente
la storia delle nostre Apuane, quando l'estrazione del marmo era più umana e
meno distruttiva; ma anche quì non è che il cammino sia molto agevole, tra la
forte pendenza il paleo bagnato e il terreno sconnesso si fatica non poco.
Quando ci fermiamo per riprendere fiato abbiamo anche il tempo per fare alcune
considerazioni sulla vita che dovevano fare quegli uomini che per portare un
pezzo di pane a casa affrontavano fatiche immani.
Usciamo sia dal canale e ci troviamo sotto la possente bastionata sud/ovest del Corchia,
le sorprese non sono finite: mentre salivamo ci domandavamo come fare a superare
questa parete e ecco la risposta, lungo di essa è stata ricavata una traccia
nella roccia, una sorta di cengia ma l'opera ancora più incredibile per una via
di lizza è quella che i cavatori davanti ad una parete insormontabile sui
Bastioni del Corchia anno scavato una galleria lunga circa 150 metri.
Iniziamo a salire obliquamente sulla sinistra, vi sono alcuni massi franati che
ostruiscono il passaggio ma facilmente aggirabili, qui le pareti hanno un colore
bellissimo, un giallo rosa, una sorta di marmo chiamato fior di pesco.
La lizza ogni tanto si apre sulla costa e sotto di noi il paese di Levigliani.
Faticosamente giungiamo con forte pendenza alla galleria e notiamo il grande
lavoro che è stato fatto, è tutta scavata nel marmo vivo a suon di
scalpelli, il pavimento è tutto scalettato e camminare qua dentro crea una certa
emozione.
All'uscita della galleria abbiamo una spiacevole sorpresa, una fitta nebbia ci
avviluppa e non abbiamo più vista su niente, pazienza! Continuiamo su quella che
si capisce essere stata la lizza che ormai non ne rimane gran che, solo
traversine in legno e cavi metallici ce lo suggeriscono, bisogna superare un
facile risalto roccioso e poi si prosegue sulla sinistra addentrandosi in un
canale.
Canale che sembra aver raccolto tutti i cavi che venivano usati qui, infatti
dobbiamo districarci tra di essi, al termine del canale siamo al Colle Rondinaio
dove sono presenti edifici di servizio delle cave.
Qui la lizza piega leggermente a destra e si
inerpica ripidamente lungo il versante del Corchia. Alla nostra destra vediamo
il grande ravaneto della Cava dei Tavolini, visibile anche dal mare, posta quasi sulla cresta tra le due
vette del Corchia, ed è affascinante il netto contrasto tra il bianco del
ravaneto e il verde intenso del paleo. La via di lizza è ora interrotta da un
caseggiato e ci troviamo a costeggiare il ravaneto sino a raggiunger la
marmifera che ogni giorno i camion percorrono per portare i blocchi a valle.
Svoltiamo a destra e raggiungiamo la cava dei Tavolini inferiore o dei Tavolini
"A" raggiunta una baracca sul piazzale di fianco a delle grandi vasche per
l'acqua iniziamo a salire lungo una traccia tra il paleo che ci conduce ad
alcuni vecchi macchinari posti proprio su un crinale.
Qui svoltiamo a sinistra e con alcune risvolte
guadagniamo il costone sud-ovest del Corchia. Di panorama non ne vediamo un gran
che, visto la fitta nebbia che ancora ci avviluppa ma non possiamo notare lo
scempio chela Cava dei Tavolini "B" sta
letteralmente distruggendo la cresta tra il Corchia e l’ante cima ovest.
Proseguiamo tra il paleo e troviamo una grande ferita sulla montagna si tratta
di un saggio di cava molto profondo. Ora io dico: se hai fatto un saggio che non
ti ha dato risultati soddisfacenti e hai abbandonato l'idea di aprire un'altra
cava ( meno male), vuoi riempire con il materiale di risulta lo sbercio che hai
creato?
Fine dell'indignazione!
Ormai siamo appena sotto la cima del Corchia (1677 mt.)e in breve la
raggiungiamo.
Ci fermiamo solo il tempo di fare una foto di gruppo e poi scendiamo verso il
rifugio Del Freo a Mosceta, inutile rimanere in vetta a prendere freddo e
inoltre la vista è uguale a zero.
Riprendiamo il cammino sulla cresta S-E, il sentiero porta ad abbassarsi sul
versante che degrada verso la vasta Foce di Mosceta,
un'ariosa distesa di prati che separa il M. Corchia dall' imponente gruppo
Panie. Scendiamo speditamente
seguendo il sentiero ( segni azzurri), incontriamo la carcassa del Bivacco Lusa, era una baracca a struttura metallica
destinata a dar riparo agli speleologi in visita al vicino Abisso Fighiera. Fu
costruita nel 1978 come “capanna speleologica” dalla sezione speleo di Faenza (RA),
fu bruciata nel 1994 dopo la chiusura temporanea delle cave dei Tavolini da
parte della magistratura nell’aprile dello stesso anno, nell’ambito della
“guerra” tra cavatori e speleologi, dell’atto furono sospettati i cavatori del
vicino paese di Levigliani. Non fu più ricostruita.
Ora una cosa ci viene da pensare:
visto che la struttura sembra buona perché non recuperarlo? Oppure se non serve
più a niente perché non toglierlo di mezzo e magari ripulire la vetta da un
ammasso di ferro inutile?
Proseguiamo in discesa sul filo di cresta il sentiero scende ora sempre sul
versante garfagnino e ci conduce ai prati e ai boschi di Foce di Mosceta in 1,5
h. dalla vetta del Corchia.
Il Rifugio "Del
Freo" (quota 1180) è, senza dubbio, il più frequentato delle Apuane sia per
la sua felice posizione come base di partenza per innumerevoli escursioni.
prima di raggiungere il rifugio attraversiamo delle praterie di paleo e poi il
sentiero, in estate costeggiato da centinaia e centinaia di piante di lamponi,
ci inoltriamo in una abetaia e in pochi minuti siamo al rifugio.
Ora non si parla più di camminare si pensa solo a metter qualcosa sotto i denti,
solo il tempo di metterci una maglietta asciutta e visto la temperatura anche
una camicia e poi alleniamo le mandibole con le nostre cibarie.
Naturalmente aver portato l'attrezzatura per il caffè ora da i suoi frutti e
dopo aver mangiato ci corroboriamo con questa calda bevanda magari corretta con
un po' di grappa.
Ma adesso è ora di riprendere il cammino, ci portiamo alla
Foce di Mosceta (m.1190) e svoltando a destra
imbocchiamo il sentiero n° 9, proseguiamo in piano in una fitta abetaia, tanto
fitta da non far filtrare la luce, una volta usciti davanti a noi finalmente si
apre un pò di visuale e possiamo ammirare anche se ancora tra banchi di nebbia:
la Pania della Croce e la
cerchia sud delle apuane : Monte Forato, Nona, Procinto e sullo
sfondo Croce e Matanna.
Dopo pochissimi minuti giungiamo al Passo dell'Alpino ( 1060 mt.) e prendiamo
sulla sinistra seguendo il sentiero n° 9, questo tratto è chiamato " Le
Voltoline" per le innumerevoli risvolte che sono sul percorso permettendoci di
giungere in circa venti minuti alla marmifera che viene da Levigliani. Scendendo
verso il paese a poche decine di metri vi è il famoso
Antro del Corchia la grotta carsica
più lunga d'Europa.
Davanti all'ingresso della grotta veniamo a sapere che pagando 2 € possiamo
usufruire del pulmino che porta i turisti a visitare l'antro; mai speso più
volentieri 2 €, infatti se non prendiamo il pullmino ci tocca sobbarcarci
diversi km sulla strada asfaltata che conduce al paese.
L'escursione è finita e giunti a Ripa ne tiriamo le somme davanti ad un mega
gelato alla gelateria Millenium. Splendida escursione anche se molto faticosa,
1097 mt di dislivello in salita, scenari spettacolari ed emozionanti ed è per
questo che ci chiediamo del perché questi itinerari che hanno fatto la storia
delle Apuane, dove il sudore e il sangue di centinaia di uomini hanno
contribuito alla cultura e il benessere dei paesi a valle e dove
uomini hanno creato opere ciclopiche come questa, ecco, perché itinerari
così devono essere irrimediabilmente persi?
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escursione
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