Dopo molti giorni con l'occhio alle previsioni meteo per la zona
alpina, finalmente alcuni giorni di bel tempo; naturalmente cogliamo
al volo l'occasione e partiamo per una nuova avventura sopra i 4000
mt, partiamo alla " conquista " del Monte Rosa e più precisamente su
una delle cime di questo massiccio: La Punta Gniffetti dove è posta
la capanna Margherita, il rifugio e osservatorio astronomico più
alto d'Europa.
Siamo in tre Marco M. Marco D. e io Alessandro, un trio già
collaudato in molte altre imprese e ben affiatato.
Partiamo alla volta di Alagna in Val Sesia che raggiungiamo alle ore
13,00. Gli impianti di risalita osservano uno stop sino alle ore
14,15 e ne approfittiamo per un veloce panino.
La funivia riprende a trasportare alpinisti ed escursionisti e noi
già prima dell'apertura siamo già in prima fila, partiamo siano a
raggiungere Punta Indren a 3200 attraverso gli altri due tronconi
Cimalegna e Passo dei Salati.
Usciti dall'impianto siamo subito su quello che resta del ghiacciaio
di Indren, lo percorriamo sulla destra in percorso ad arco, non si
può sbagliare la traccia dei moltissimi escursionisti è molto
marcata, sino allo sperone roccioso e per tracce di sentiero
alternate a tratti attrezzati con canaponi e scalini, si sbuca sul
pianoro soprastante, sul
Ghiacciaio di Garstelet, da dove è ben visibile la
Capanna Gnifetti, che si raggiunge superando un ultimo tratto
attrezzato con canapi e scalette metalliche.
Il Rifugio Gnifetti è situato a 3647 metri e sorge sullo sperone di
roccia che divide il ghiacciaio del Garstelet da quello del Lys,
anche questo rifugio come il Mantova è la base di partenza per gran
parte delle escursioni alpinistiche sul gruppo del Monte Rosa.
Il rifugio Gnifetti ha una capienza di 176 posti letto di cui 11
sono per il locale invernale. Nei mesi di Luglio e Agosto è
consigliabile prenotare con un buon anticipo in quanto è un rifugio
molto frequentato grazie alle mete molto famose e classiche.
Al rifugio veniamo accolti festosamente e ci fanno veder la
camera, camera non che non sia spaziosa è solo che a dormirci in
sette diventa un pò problematico e a noi toccano i tre letti sotto
tetto, va bene da buoni " alpinisti " ci adattiamo.
Il rifugio e' in una posizione strepitosa. Dal
lato dell'ingresso si dominano le montagne a sud del Rosa, sono
riconoscibili il Gran Paradiso, il Rutor, ben più visibile di
quindici giorni prima quando volevamo giungere su questa vetta e
l'inconfondibile Monviso giù fino
alla pianura padana ricoperta da uno spesso strato di foschia.
L'altro lato si affaccia invece sulla parte terminale del ghiacciaio
del Lys: uno spettacolo impressionante e grandioso di profondi
crepacci e colossali piramidi di ghiaccio.
Arriva l'ora della cena e con gran sorpresa viene servita a self
service, cosa che sarebbe anche utile se ci fossero le strutture
adatte ma in una stretta sala affollatissima diventa tutto più
problematico e caotico; comunque la cena è decente e anche
abbastanza abbondante, dal primo al dolce, buonissima la torta di
cioccolato e pere.
Intanto all'esterno il vento che soffia impetuoso rende impossibile
ammirare il sole che tramonta, non ci resta altro da fare che
andarcene a letto, affrontiamo la scalata sino al terzo piano dei
letti a castello, chiacchieriamo un pò ma poi spente le luci
proviamo a dormire. Dormire bene risulta arduo, tra la quota che non
agevola il sonno, il letto che non è che sia dei più comodi e
soprattutto il forte vento che sembrava portar via il rifugio con
tutti noi dentro, anche il pensiero di aver dovuto spendere 55€ per
la mezza pensione( prezzo soci CAI) non aiuta.
In un modo o nell'altro arrivano le 4,15 ed è l'ora della sveglia,
la colazione è per le 4,30. Nella sala da pranzo solito caos per la
fila al self service e il tutto si allunga e tra una cosa e un'altra
prima di esser pronti sono le sei.
Siamo legati in cordata e con i ramponi ai piedi e dunque via,
adesso inizia l'avventura! i colori dell'alba sono
uno spettacolo indescrivibile quasi quanto la bassa temperatura!
Saliamo al cospetto della Piramide Vincent, superando la prima rampa
del Garstelet fino al fianco del rifugio Gnifetti, incassato nella
sua “mensola” rocciosa, alla nostra sinistra. Il primo tratto e' di una pendenza micidiale,
da tagliar le gambe, speriamo che poi il fiato si rompa e le gambe
girino meglio.
Fà molto freddo e per giunta fortissime raffiche di vento ci
investono innondandoci di neve e ghiaccio, così forti che dobbiamo
fermarci e abbassare la testa ad ogni ventata. le cordate sono
moltissime ed è un continuo superaci una con l'altra ogni volta che
ci fermiamo a prendere fiato, non si sente parlare nessuno, solo il
vento , lo sbuffare ritmico degli
alpinisti, il sommesso tintinnio di moschettoni ed attrezzi, il
crepitio costante dei ramponi sulla neve compatta e ben dura.
A differenza di come avevo letto su relazioni, non troviamo crepacci
se non uno all'inizio del Garstelet
Vi sono molti alpinisti, alcuni in cordate di dieci persone, ben pochi
“armati” di piccozza; a tratti sembra di dover gareggiare per
guadagnare posizioni.
Parrebbe di essere in passeggiata a Viareggio, non fosse che per
l’incredibile, maestoso, superbo panorama che ad ogni passo si
rivela ai nostri occhi.
Faticosamente si per la ripida salita ma soprattutto per le forti
raffiche di vento che ci investono con una granaiola di aghi di
ghiaccio obbligandoci a fermarci e metterci in posizione protetta.
Giungiamo al roccioso Balmenhorn che, dall’iniziale sperone nero, si rivela invece una
lunga cresta affiorante, che custodisce il bivacco Felice Giordano
(4167) e la grande statua del Cristo delle Vette, realizzata dall’ex
partigiano Alfredo Bai ed inaugurata nel settembre del 1955. Questa
opera, smontata e riportata in ottime condizioni, è stata riportata
in quota proprio nel 2008.
Transitiamo ammirando le linee severe ed
ingannevolmente placide del Lyskamm Orientale, cui il Naso pare
voler invitare, superando il Corno Nero o Schwarzhorn prima, la
Ludwigshőhe poi, transitando dal Colle del Lys e piegando
sensibilmente verso destra, a nordest. Il sole, come anticipato, ci
inonda dal fianco destro una volta superata la Parrot, una vasta
punta di morbida panna intonsa, o così parrebbe: alla nostra destra,
il colle Sesia ma
soprattutto la vista si apre sul Vallese regalandoci
uno scorcio davvero impressionante sul versante nord del Lykamm e
sul bellissimo Cervino.
La traccia risale l’ampia china nevosa, sormontata a
destra dalla Punta Gnifetti ed a sinistra dalla Zumstein, quasi
parallele da questa prospettiva,
davanti a noi invece è
assolutamente protagonista la lunga cresta rocciosa che conduce in
vetta alla punta Dofour, la "cresta Rey", sede di una bella via di
roccia ad alta quota. Alla destra della Dofour invece si nota il
cocuzzolo nevoso della punta Zumstein e, poco oltre il colle
Gnifetti ove si spinge la nostra traccia, è ben evidente la vetta
della punta Gnifetti con l'inconfondibile e mastodontica sagoma
rettangolare della Capanna Margherita.
Il vento continua a martirizzarci, il freddo è intenso, meno
male che "Febo" ci riscalda un pò, stiamo entrando nell'ultimo
tratto che sarà anche il più duro ma dopo una salita girando verso
est siamo sull'ampissimo pianoro che precede il Colle Gnifetti. Quassù, tutto è ampio, non esistono
le mezze misure.
Dal basso, il rifugio è nero ed appiattito, una sorta di castello o
casa forte medievale, arroccato al termine di una dorsale dentellata
e rossastra di rocce aguzze e minacciose. Un parallelepipedo scuro,
adagiato ed allungato.
Attraversiamo la spianata, che tanto spianata non è, investiti dal
vento sempre più impetuoso, molto lentamente ci portiamo sotto la
Cima Gnifetti, dobbiamo affrontare un'ultima salita che sembra
insormontabile, ma dentro di noi ormai siamo sempre più decisi ad
arrivare in vetta vento o non vento.
Iniziamo la salita e il vento sembra che non voglia che giungiamo al
rifugio, ora le raffiche sono talmente forti che ci buttano a terra,
la traccia è abbastanza marcata ma il pendio sotto di noi è notevole
e un volo da quì non sarebbe piacevole, allora ogni volta che
prediamo l'equilibrio pronti con le piccozze per assicuraci.
Percorriamo la traccia principale che prosegue verso sud est per poi
deviare decisamente a destra e, percorrendo una appoggiatissima
cresta si giunge al rifugio Regina Margherita.
La soddisfazione e' grandissima, la salita viene ampiamente ripagata
da un panorama tra i più vasti delle Alpi: dalle Marittime alle
Dolomiti con tutta la pianura padana, ,siamo su una sorta di piazzola nevosa triangolare
che si assottiglia
verso meridione, puntando come una lama le lontane Dame di Challand,
il Monte Nery , il lontanissimo Monviso.
In
particolare verso Est, il rifugio si affaccia direttamente su quella
che è
considerata la più alta parete nel suo genere delle Alpi: oltre
duemila metri di ghiaccio, neve e roccia, che
le conferiscono un aspetto “himalayano”, mentre a nord la vista si
perde tra più di 40 montagne che superano la fatidica quota di 4000
metri, Il Cervino sembra una piccola montagna. Il resto
dell'arco alpino e' ridotto a una serie di collinette. Solo il Monte
Bianco mostra una possenza degna del posto in cui siamo noi..
L’unicità
della posizione in cui si trova il rifugio, se da un lato
costituisce una fonte di
problematiche anche ambientali di non semplice soluzione, dall’altro
crea interessanti opportunità di ricerca
in diverse materie, dalla medicina alle scienze della terra, alla
meteorologia. Da quì il nome Capanna (come rifugio per gli alpinisti) ed Osservatorio
(come struttura di supporto per le ricerche scientifiche).
La prospettiva di toglierci i ramponi e slegarci non è allettante
dal momento che poi dovremo ricomporci per il ritorno ma la visita
al rifugio più alto d'Europa è d'obbligo. Su uno stretto balcone a
strapiombo su un infinito abisso, meglio non sapere dove poggia,
siamo comunque riparati dal vento e quì ci togliamo l'attrezzatura
di dosso.
Entriamo, è molto affollato e rimango stupito sapevo che era un
rifugio ma me lo aspettavo molto spartano e invece credo che non gli
manchi niente non un tugurio carico di materiali e vetusto d’anni,
bensì una struttura pulita, ragionevolmente spaziosa ed ordinata,
con segnali di sicurezza e sistemi antincendio dappertutto, mi
domando ma quanto è lunga la permanenza per i gestori?
Dobbiamo mangiare qualcosa, abbiamo speso troppe energie e dobbiamo
reintegrare, una barretta e qualche biscotto e soprattutto tè caldo
ben zuccherato. Ci sentiamo subito corroborati. Ci tratteniamo
ancora un pò, certo che di gente ce n'è tanta i tavoli sono
strapieni chi sfoggia euforia e chi è arrivato allo stremo la
biblioteca, nel locale molto caotico notiamo anche la famosa
biblioteca Emilio Detomasi custodita da un semplice armadio di
legno chiaro, la
biblioteca più alta d’Europa
Voluta espressamente per aiutare gli alpinisti che si accingono a
trascorrere una o più serate presso il famoso rifugio, a passare
piacevolmente qualche ora. Decidiamo di ridiscendere ma prima
dobbiamo fare un'ultima cosa: affiggere l'adesivo della sezione UOEI
di Ripa di Versilia così anche la nostra associazione è
rappresentata a quota 4556 mt.
Usciamo risiamo sul balcone e diamo un'ultimo sguardo al panorama,
si scorgono
più vette di quante io abbia mai
sentito il nome. Le valli si irradiano in una sorta di foschia
azzurrina, che è semplice ombra, mentre i versanti più alti e le
cime delle dorsali si ergono fieramente nella luce solare.
Dobbiamo proprio ripartire, non possiamo permetterci di
perdere l'ultima corsa della funivia. Scendiamo ripercorrendo la via
già percorsa, ma questa volta ce la godiamo di più, infatti
scendendo rilassati con l'assenza di vento possiamo ammirare meglio
il panorama; ci stupiamo di quanti ancora salgono, visto l'ora o
sono partiti con calma o forse pernotteranno alla Capanna
Margherita, certo è che in quel momento non li abbiamo certo
invidiati.
In due ore e mezzo siamo giunti al rifugio Gniffetti e visto che
tanto a quell'ora la funivia è ferma ne approfittiamo per un piatto
caldo di pasta.
Riprendiamo il cammino scendiamo ripercorrendo il tratto
attrezzato e poi in successione i ghiacciai
del Garstelet e di Indren e poi finalmente siamo alla funivia giusti
in tempo per il riprendere delle corse della funivia. Alle 16,00
siamo di nuovo ad Alagna e alle 20,30 ci ritroviamo catapultati al
livello del mare, in poche ore
4556 di dislivello,
che stress per il fisico!
Concludendo: un'esperienza stupenda tra scenari e colori magnifici e senza
particolari difficoltà; ciò non toglie che si tratta comunque di
un'ascensione alpinistica e soprattutto svolta ad alta quota, quindi
sono essenziali le conoscenze di cordata e progressione su ghiaccio,
un'attrezzatura adatta e un' equipaggiamento per il freddo intenso e
il rispetto per la montagna e soprattutto compagni giusti per
condividere queste meraviglie.
Curiosità
(
dal sito Monterosa4000.it)
La Capanna Regina Margherita, il rifugio più alto d'Europa, sorge
a 4.554 metri sulla Punta Gnifetti, la quarta vetta, per altezza,
del massiccio del Monte Rosa. Per poterla costruire vennero eseguiti alcuni lavori di
“appiattimento” della cima; completata ed inaugurata nel 1893, venne
dedicata alla Regina Margherita che, con un discreto numero di
“accompagnatori”, tra cui Guide e Portatori, salì personalmente a
visitarla.La struttura, così come si presenta oggi, è frutto del radicale
rifacimento ed ampliamento effettuato nel 1980. Spesso contestata ed al centro di polemiche per la sua posizione,
la Capanna Regina Margherita è ogni anno ambita meta di migliaia di
alpinisti, che la raggiungono percorrendo le diverse vie di salita
da
Alagna Valsesia,
Gressoney,
Champoluc,
Macugnaga,
Zermatt. Alcuni locali della struttura, in certi periodi della stagione
estiva, vengono adibiti a centro ricerche; infatti ogni anno si
avvicendano staffs medici provenienti da diversi paesi del mondo.
Vengono raccolti dati tramite i questionari distribuiti agli
alpinisti che salgono, e, in alcuni casi, vengono anche raccolti e
valutati gli esiti dei tests e degli esami effettuati sui volontari
presenti: misurazione della pressione, spirometria per la
funzionalità respiratoria, saturazione dell'ossigeno,
elettrocardiogramma ed alcuni controlli neurologici. Negli ultimi anni un'iniziativa di questo genere, la più
importante forse per organizzazione e tipologia degli esami
effettuati, è quella che nel 1998, esattamente dal 18 luglio al 2
agosto, ha permesso di sottoporre diverse decine di alpinisti ad una
serie di tests e controlli. A concretizzare questo "Progetto
scientifico" furono la Fondazione S. Maugeri di Veruno (No), l'University
of California di San Diego ed il Club Alpino Italiano; i
coordinatori del team medico furono il Dottor George Cremona e la
Dottoressa Paola Lanfranchi. Presso i locali della "vecchia" funivia di
Alagna Valsesia, venne allestito un vero e proprio centro
medico, con tutte le strumentazioni necessarie per effettuare un
primo check-up agli alpinisti intenzionati a raggiungere la Capanna
Margherita. Un secondo check-up venne eseguito a destinazione,
presso la Capanna; gli esami furono successivamente refertati e
confrontati presso il reparto competente della Fondazione Maugeri.
Qui, a distanza di pochi mesi, alcuni alpinisti furono ricontattati
ed invitati a sottoporsi ad un nuovo check-up. Vennero ricreate
artificialmente le condizioni ambientali (pressione atmosferica,
ecc.) tipiche dell’alta quota, ed effettuati i tests relativi alla
respirazione.
La Capanna Regina Margherita ha una grande notorietà
nell'alpinismo internazionale e, come già accennato, gli alpinisti
che la raggiungono, soprattutto nel periodo estivo, sono numerosi.
Molti di loro trascorrono la notte alla
Capanna Gnifetti o al
Rifugio Città di Mantova per acclimatarsi un po', ma soprattutto
per poter ripartire all'alba del mattino successivo verso la Capanna
Margherita. Una volta arrivati, rispettando ovviamente i tempi medi
di salita, hanno il tempo necessario per rientrare a valle in
giornata. Pochi altri alpinisti, invece, salgono direttamente senza tappe
intermedie, mettendo in preventivo di passare la notte presso il
"rifugio più alto d'Europa". Tutti, ed ancor di più quelli poco
acclimatati, sono consapevoli che la notte sarà "disturbata" dai
problemi dovuti all'alta quota, il cosiddetto “mal di montagna”. Il
mattino seguente, però, possono proseguire effettuando delle
bellissime traversate, come per esempio "Zumstein-Dufour-Nordend"
oppure "Lyskamm-Castore",
favoriti dalla partenza "alta" in discesa. Un altro buon motivo per pernottare sulla Punta Gnifetti è il
panorama. Oltre a quello "diurno" si può ammirare, fotografare e
filmare quello della sera, della notte e del mattino. Quest'ultimo offre ogni volta un'alba diversa: i colori sono
incredibili e spesso sono vivacizzati da un'inaspettata nevicata
notturna. La magica atmosfera è resa ancor più incantevole dalla
presenza, non affatto rara, del mare di nuvole che separa dal mondo
sottostante. La notte, invece, offre la vista a 360° delle circostanti vette e
delle loro sagome schiarite dalla luna; il cielo è gremito di stelle
che apparentemente sono vicinissime, e nella lontana pianura le
città ricche di luci, sembrano essere lì "a due passi". Volutamente lasciato per ultimo, il tramonto suscita emozioni e
sensazioni sempre diverse; i suoi colori hanno tonalità e fantasie
che nascono da fantastici giochi tra nuvole e vento. E se la serata
è fortunata ? Ecco apparire anche lo Spettro di Brocken!!! Banale, ma alquanto insolito e curioso, è il fenomeno detto
appunto Spettro di Brocken (o anche Spettro di Broken), che si può
verificare al termine del tramonto, ovviamente dalla parte opposta.
La luna è già comparsa nel cielo; più in basso, appare un'immagine
proiettata dagli ultimi raggi del sole sul grande schermo
rappresentato dalla foschia serale. Una grossa piramide, una figura squadrata sulla sua sommità ed
alla destra un... Sono le sagome della Punta Gnifetti, della Capanna Margherita
e... dello "spettatore" che, incredulo, si muove per avere la
certezza di essere... "in scena".
UNA REGINA PER LA CAPANNA
Il rifugio è dedicato alla Regina Margherita, all’epoca sovrana
d’Italia.
Il 14 luglio 1889 l’Assemblea dei delegati del Cai approvava il
progetto di costruire una capanna oltre 4500 metri per “consentire
ad alpinisti e scienziati maggior agio ai loro intenti in un
ricovero elevatissimo. Nel 1890 fu scelto il luogo: la punta
Gnifetti e fu dato inizio ai lavori. La capanna,
predisposta a valle, fu trasportata dapprima con i muli e poi a
spalla, con un enorme lavoro a catena e montata sulla vetta.
Il rifugio fu inaugurato il 4 settembre 1893. Qualche giorno prima
il 18 e 19 agosto vi aveva pernottato la Regina cui il rifugio era
dedicato.
Nel 1899 fu aggiunta la torretta destinata ad osservatorio
meteorologico. In quegli anni Angelo Mosso aveva qui svolto
importanti studi di ricerca. Nel 1903 a Londra il Consiglio
Internazionale delle Accademie riconosceva la capanna Margherita
istituzione di “utilità scientifica e meritevole di appoggio”.
Nel 1976 il vecchio rifugio mostrava i segni del logoramento. Nel
1977 la Sezione di Varallo, su incarico della Sede Centrale, diede
inizio ai lavori per la nuova capanna che fu inaugurata il 30 agosto
1980. Dal sito CAI Varallo
http://www.caivarallo.it/rifugi_cai_varallo/capanna_regina_margherita_rifugio.php
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