13/11/2011
Monte Tambura da Resceto per il Passo della Vettolina ad
anello per la via Vandelli
e
proseguendo la solinga via tra le schegge e trà rocchi de lo scoglio
lo piè sanza le man si spedia
DANTE, INFERNO
XXVI
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Quota
partenza Resceto 485 mt. |
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Classificazione:
EE Allenati |
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Periodo consigliato: Da primavera sino a metà autunno molto impegnativo con neve e ghiaccio
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Il Monte Tambura è una delle
più belle e imponenti vette delle Apuane, con la sua mole domina la città di
Massa. Dante, nella Divina Commedia (Inferno, canto XXXII) per evidenziare il
massiccio strato di ghiaccio nel quale sono rinchiusi fino al viso i traditori,
dice che non si sarebbe spezzato nemmeno facendoci precipitare spora la Tambura
o la Pania (altra montagna delle Apuane): "Che se Tabernicchi vi fosse caduto o
Pietrapana non avria pur dall'orlo fatto cricchi".
Oggi ripetiamo un'escursione
già fatta ma ormai sono passati diversi anni dall'ultima volta e torniamo
volentieri su quella magnifica montagna che è la Tambura.
Siamo in nove e ci dirigiamo alla volta di massa e da quì seguiamo le
indicazioni che portano verso Forno e Resceto, la nostra destinazione. Ci
arriviamo in circa trenta minuti e come previsto troviamo l'unica piazzetta del
paese già piena di auto, non ci resta che tornare un pò indietro e cercare dove
parcheggiare; lo troviamo poco distante lungo la strada.
Siamo pronti per partire e ci riportiamo verso la piazzetta, dove del resto
termina la strada. Qua è meglio fare una buona scorta d'acqua perché non
troveremo più per tutto il percorso. Imbocchiamo la via appena sopra la
piazzetta, da prima asfaltata ma che diventa subito sterrata; da qui comincia la
famosa Via Vandelli, ardita opera di ingegneria stradale nata per mettere in
comunicazione Modena con Massa, valicando l'Appennino e le Apuane. La strada,
iniziata nel 1738 e terminata nel 1751, prende il nome proprio dal suo
progettista, l'ingegnere Domenico Vandelli. La percorriamo per pochi metri e poi
prendiamo sulla sinistra il sentiero (segnavia 170) per il Passo della Vettolina
e Case Carpano. All'inizio non è un gran che, procediamo infatti su una strada
che conduceva ad una cava ormai abbandonata poi, terminata la strada inizia un
sentiero, una vecchia mulattiera da molto tempo dimenticata che in alcuni tratti
è solo una traccia. La difficoltà più grossa è dovuta comunque dalle numerose
piante di ginestroni
che con
le loro spine ci rendono la vita difficile; in molti tratti inoltre il sentiero
è di difficile individuazione per via di una folta vegetazione di felci e erba
alta; comunque con attenzione si distinguono bene i segni posti di recente.
Quando siamo partiti la temperatura era abbastanza rigida ma adesso, grazie
anche alo sforzo della salita iniziamo a toglierci gli strati di indumenti sino
a rimanere in manche corte. Si giunge in prossimità di un ravaneto, su una
roccia è segnalata una fonte, la cerchiamo ma troviamo sepolta nella vegetazione
solo una piccola cannella che butta fuori pochissime gocce d'acqua.
Ora si entra in un boschetto mentre intravediamo il crinale segno che il
tratto più ripido sta per finire. In breve giungiamo alla Foce della Vettolina
(m.1.059) antico valico di pastori. Qui abbiamo una vista
che da
sola ci ripaga della fatica, lo sguardo si allunga dal golfo della Spezia a
tutte le montagne delle Apuane settentrionali: il Sagro, il Grondilice, il
Contrario e il Cavallo, sotto di noi la splendida valle degli Alberghi che sale
dal paese di Forno.
Ci fermiamo per goderci questa meraviglia.
Ripartiamo, il sentiero prosegue in leggera salita. Camminando non
possiamo fare a meno di pensare a chi viveva qui nei periodi estivi portando con
se le greggi al pascolo, ancora oggi un unico pastore resiste testimone di
antiche memorie. Purtroppo le molte case, le case Carpano 1047mt.), sono ormai
dei ruderi ma guardando i fianchi della montagna si distinguono sempre le zone
che venivano coltivate in terrazzamenti. Imbocchiamo ora il sentiero (segnavia
167). Giungiamo ad una ripida salita
tra alto paleo per fortuna sono stati piantati dei paletti metallici dipinti di
bianco e rosso che agevolano l'individuazione in altri momenti si faceva fatica
a trovare il sentiero, comunque si sale agevolmente sino ad arrivare ad una
corta crestina che si affronta senza problemi, da qui il panorama è ancora più
bello perché si apre anche sulla valle di Resceto comprendendo oltre i citati
monti anche la Tambura, la cima che ci prefiggiamo di raggiungere, l'Alto di
Sella e il Sella, il Fiocca, il Sumbra e molte altre ancora.
A tale bellezze ti viene meno il fiato, già ne avevamo per la fatica fatta
ma ne vale sicuramente la pena.
Seguiamo la crestina per pochi metri giungendo in prossimità di una cava,
aggirando una casa di cavatori si seguono i segni che proseguono su lastroni di
marmo
conducendo
ad una strada di cava; da qui inizia lo scempio. Il sentiero viene prima
interrotto e poi scompare del tutto diventando una polverosa strada marmifera,
non ci resta che seguirla. Proseguiamo verso il passo che finalmente
raggiungiamo togliendoci da quella polvere. Il Passo della Focoloccia (1650 mt),
situato tra il Monte Cavallo (1890 mt) ) e il Monte Tambura (1895mt)) è per
l'appunto sconvolto dalle cave di marmo. Questo era un tempo un verde e ameno
luogo dove fu inaugurato il 18 maggio 1902 il "Rifugio Aronte"
(il più antico di tutte le Alpi Apuane) da parte del CAI ligure. Dal passo lo
sguardo si affaccia su Resceto, da cui giungono due ripidissime lizze (la lizza
del Padulello o lizza Silvia e la lizza della Focoraccia) o sulla vicina Punta
Carina,
guglia dalla caratteristica forma di pugnale e palestra di roccia per gli
scalatori.
Sullo scempio vorrei fare una piccola riflessione: E' innegabile che il
territorio è stato deturpato in maniera scellerata ma è anche vero che molti
posti di lavoro tra le province di Massa e Lucca sono legati all'attività
estrattiva. Bisognerebbe mettersi ad un tavolo, guardarsi negli occhi e ognuno
cedere su qualche posizione. Una più controllata gestione delle cave con
prelevamenti già stabiliti, pulizia delle stesse da rottami e ravaneti, e magari
estrazioni da cave in galleria che hanno sicuramente minore impatto
sull'ambiente, e dall'altra parte rispetto per chi fa un lavoro duro antico di
millenni. Insomma esser meno intransigenti l'uno verso l'altro, queste idee
potranno anche venire smentite ma sicuramente potranno essercene molte altre
magari più valide avanzate da esperti nel settore. Chiusa parentesi!
Al passo spira un forte vento gelido e ci costringe a rivestirci di tutto punto
e tiriamo fuori dagli zaini maglioni, cappelli di lana e guanti era già un po'
che non li usavamo più ma ora sono molto utili.
Prendiamo a destra della cava giungendo a un sentiero (segnavia 148) che
ogni volta lo cerchiamo cambia posizione in funzione dell'avanzare della cava,
all'inizio assomiglia più a un ravaneto che a un sentiero ma ben presto si
guadagna la cresta per proseguire spediti su e giù per due gobbe
giungendo finalmente in vista della vetta
che raggiungiamo ben presto. Dalla vetta ci godiamo lo spettacolo: panorama
eccezionale, lo sguardo si rivolge a tutte le cime delle Apuane settentrionali,
in particolare al Pisanino, la Roccandagia, il Cavallo e il Pizzo Maggiore, la
valle di Vagli con il suo lago, alla Garfagnana, gli Appennini, la Versilia, il
mar Tirreno e se fosse stato più limpido si potevano veder tutte le isole
dell'arcipelago toscano.
Ci portiamo un pò sotto la vetta sul versante marino e quì la temperatura è
tutta un'altra cosa, siamo riparati dalle forti raffiche di vento. Mentre siamo
li che cerchiamo dove parcheggiarci un'attimo ci sentiamo chiamare e con gran
piacere riconosciamo le nostre amiche Liciae
Sandra, loro sono salite dalla lizza Silvia (o Pellini o del Padulello), Questo
itinerario e' uno dei piu' duri ma anche dei piu' belli che si possa percorrere
sulle Apuane: il percorso, nel suo tratto iniziale, ricalca una delle piu'
famose lizze delle Apuane che dalle cave del Padulello (quota 1.414 mt.) giunge
fino alla Casa del Fondo.
Dopo un pò di conversazione decidiamo di ripartire per pranzare al Passo della
Tambura,
ma prima una bella foto di gruppo vicino alla croce che è in vetta.
La discesa non presenta difficoltà
e si snoda sulla cresta sud della montagna e in circa quaranta minuti giungiamo
al passo della Tambura
(1895 mt.). Cerchiamo un punto riparato dal vento e ci fermiamo
per goderci il nostro pranzo arricchito da dolcetti e il mitico caffè di Bruno.
Rimaniamo a lungo ma visto che sono le 14:00 e le giornate ormai sono corte e
cosa più ostica ci tocca una lunga e monotona discesa di
1135 mt. su quella che è la Via Vandelli.
NOTA STORICA:
L'antica via Vandelli, strada di notevole importanza storica, poi sostituita
dalla moderna e più praticabile Via Giardini, fu costruita, su commissione del
Duca di Modena Francesco III° d’Este, dall' ingegnere Abate Domenico
Vandelli nel 1738, per mettere in comunicazione Modena con Massa,
attraverso il valico appenninico e le Alpi Apuane. Partendo da Massa (MS), e
percorrendo la via della Bassa Tambura si giunge a Resceto, da dove ha inizio il
sentiero che per ragioni territoriali, non doveva attraversare lo Stato
Pontificio, il Granducato di Toscana e il Ducato di Lucca. Il percorso risentì
di questi impedimenti. La strada, una volta costruita, risultò bella da vedere
ma in verità poco praticabile, soprattutto per il clima e la neve tipici
dell'alta montagna che resero difficile l'attraversamento della catena
appenninica. La gente evitò di transitarvi anche perchè abitata e
infestata dai briganti ed a niente valsero le leggi in quell' epoca emanate dal
Duca per evitarne il declino, che prevedevano la concessione gratuita di terreni
a chi intendeva costruire case e strutture lungo tutto il percorso. L'abbandono
della strada, fece entrare in crisi il Vandelli che per quelle ragioni si
uccise. La via Vandelli, che si dirigeva verso Sasso Tignoso, sopra Sant'Anna
Pelago, mantenendosi spesso in quota, valicava poi l'Alpe di San Pellegrino,
Di essa, se ne può ancora percorrere ed assaporare una porzione ben conservata e
panoramica che attraversa nel suo insieme una serie di componenti ambientali
davvero straordinari. Durante il percorso esistono ancora tracce di
sentiero che conducono ad una vecchia miniera di ferro e dopo alcuni ripidi
tornanti selciati si raggiunge la "finestra Vandelli", evidente intaglio nella
roccia creato per permettere a suo tempo la sosta delle diligenze, oltre il
quale si trova il Rifugio del CAI Nello Conti. Nel tratto che scende verso la
Garfagnana, è possibile ammirare, durante lo svuotamento del bacino, il paese
sommerso dal lago di Vagli (Fabbriche di Careggine), che la via Vandelli
attraversava, passando sopra il caratteristico ponte. Da qui la strada
proseguiva verso Vagli di Sopra, per giungere al Passo della Tambura che fu
allargato artificialmente con le mine per farvi passare la Via che scende verso
Resceto. In questo tratto si notano numerosi fori da piro, praticati nei tempi
in cui la strada veniva utilizzata come via di lizza. La rievocazione della
lizzatura ha luogo, ogni anno, proprio qui, a cura dell’Associazione Alta
Tambura.
La Via Vandelli sembra un lungo serpentone senza fine, è monotona. In
compenso perdiamo quota velocemente , abbiamo tutto il tempo per ammirare il
panorama e per sostare un poco nel punto dove gli abitanti di Resceto, la prima
domenica di agosto, rievocano la lizzatura del marmo. Siamo così di nuovo alle
auto, sono le 16,30.
C'è tempo per un caffè e poi ci salutiamo e partendo da Resceto proviamo una
strana sensazione, come se salutassimo anche altri vecchi amici, come se i
cavatori che hanno faticato e sofferto sulle via di lizza ci avessero
accompagnato per tutto il percorso.