Anche questa escursione è organizzata dalla
sezione UOEI Ripa di
Versilia, che per altro ne siamo anche soci.
Alla partenza ci
siamo trovati in numero assai cospicuo, infatti siamo in
18!
L'escursione che stiamo per intraprendere si svolgerà su
un percorso poco frequentato, fuori dalle normali classiche mete
domenicali. Ma non per questo meno interessante dal punto di
vista paesaggistico, naturale e dove troveremo antichi
insediamenti umani e si può constatare come la vita, un tempo,
fosse contrassegnata da attività come l'agricoltura di
sussistenza , a pastorizia e l'estrazione del marmo, praticate
in condizioni al quanto difficili di quelle dei tempi attuali.
Oltre a trovare a tracce del passato, il Monte
Castagnolo, benché di modesta elevazione,permette di gustare, in
prima fila e in posizione centrale, della vista privilegiata del
Sagro e delle Apuane massesi fino a spingersi al più lontano
monte Altissimo.
Il monte Castagnolo si trova a cavallo fra la valle di Forno e
quella di Resceto, quasi al termine di un contrafforte che si
stacca dal monte Cavallo dalla quota 1851, sovrasta il passo
della Focolaccia, e dalla Foce della Vettolina.
Partiamo abbastanza in orario per portarci al paese di Forno ma
prima dobbiamo portare almeno due auto al paese di Resceto per
ritornare, poi, a recuperare le altre a Forno.
Giungiamo infine a destinazione e passato il paese proseguiamo
in direzione Biforco per fermarci nello slargo formato con il
bivio per Case di Vergheto.
Siamo ormai tutti pronti e iniziamo l'escursione, ci
incamminiamo sulla strada asfaltata per pochi metri in discesa e
sulla sinistra scende una strada bianca che attraversa il canal
Secco ( segnavia 161 sul guardrail ). Appena imboccato il
sentiero (strada sterrata) ci da il benvenuto un grosso branco
di capre, sembrano abbastanza perplesse nel vederci.
Risaliamo una valletta, immersi in fitti boschi di noccioli,
betulle e carpini su un tracciato ben disegnato ed ancora ben
tracciato.
Dopo non molto cammino, costeggiando un canale, si comincia a
notare in alto una prima costruzione. Evitiamo di seguire il
sentiero sulla sinistra che porterebbe sino alla casa e
continuare invece su quello di destra che continua a salire per
raggiungere gli sparsi casolari di Celia Calda ( 492 mt.),
distribuiti in mezzo a distrutti filari di viti, olivi e piccoli
orti ormai abbandonati.
Lasciamo un evidente stradetta a sinistra che porta a perdersi
tra i rovi che hanno avviluppato una casupola semidistrutta, e
si volta destar risalendo sino all'ultima costruzione nella
quale si nota ancora una vasca.
Da questo punto in poi si lascia lo splendido tracciato precedente e ci si
insinua in un viottolo di montagna. Si percorre in diagonale un tratto
esposto ma piuttosto breve, per
aggirare un costola e salire poi
lungo una cresta che si affaccia su Biforco, da cui si vedono
dipartire le due vallate del Canal Fondone ( a sinistra) e del
Canal Cerignano (a destra). Il paesaggio è da girone dantesco in
quanto deturpato dai tagli di cava e da bianche polverose strade
marmifere. Sulla sinistra si pone davanti a noi la sagoma
del Sagro.
Continuiamo a salire assecondando dall'alto il Canal
Cerignano, finché si intravede un cava abbandonata; percorriamo
una leggera vecchia via di lizza, poi il sentiero si restringe
di nuovo e si va a perdere di nuovo nella strada marmifera che
da Biforco risale la Val Cerignano.
Percorriamo la marmifera per
circa 100 mt. e si approda ad una freschissima fonte che sgorga
da blocchi di marmo e da un ravaneto. Siamo in località
Cerignano e da qui la vista è allietata dal Contrario e Cavallo.
Raggiungiamo poi un grosso masso dove sono indicati i sentieri
n° 36 per la Foce della Vettolina e del sentiero 161 per l'ormai
prossimo monte Castagnolo. Si risale naturalmente sul
161vedendo in alto la cresta del monte, curviamo aggirando
( tenendolo sulla sinistra) le modeste carsiche pareti del
Castagnolo e raggiungendo la cresta dove ci dà il benvenuto lo
Zucco del Castagnolo o Rocchetta, un curioso fungo
roccioso. lo aggiriamo dobbiamo scendere qualche metro più in
basso, lungo una traccia di sentiero inizialmente esposta e in
breve raggiungiamo una bella piana erbosa alla cui sinistra
troviamo il rudere di Casa Castagnolo (980 mt.), più noto come
Cà di Bolan.
Questa zona un tempo era ampiamente coltivata e ancora i
terrazzamenti si vedono tra le vegetazione, un'altra attività,
però, quì veniva praticata ed era quella dell'estrazione del
marmo, infatti poco più in alto notiamo la cava abbandonata
della Mandriola.
Quì soffia un fortissimo vento ma è ancora presto e decidiamo,
almeno una parte, di salire alla cima della Croce (1057 mt) e
poi la vetta maggiore, la Mandriola alta 1106 metri che domina
la Foce della Vettolina e si trova quindi a nord della cresta.
Per raggiungere queste due cime, che in pratica sono un proseguo
della stessa cresta, dobbiamo salire sino alla cresta
rocciosa e spettacolare della Cima della Croce.
La cresta unisce alcuni rilievi che formano un complesso
bastione roccioso che ci regala scorci veramente suggestivi.
Raggiungiamo la prima cima ad ovest, Cima della Croce, poi ci
dirigiamo verso una seconda cima, la Mandriola, in direzione
nord-est fino a che non ci troviamo di fronte ad una cresta
molto esile, quasi respingente. Il panorama è veramente
straordinario: il Contrario, il
Cavallo, di fronte a noi l’enorme mole della Tambura
domina il paesaggio e lo zig-zag della Vandelli che si arrampica
faticosamente verso il Passo Tambura ci fa comprendere a quali
difficoltà i progettisti dell’epoca siano andati incontro,
la Cresta del Sella, verso sud
l'Altissimo e verso la costa si scorge il luccichio del
mare del golfo della Spezia
in parte nascosto dalla sagoma del monte Brugiana,
spettacolare è la vista sulla sottostante lizza del
Padulello che si arrampica incredibilmente verso il Passo della
Focolaccia.
Rimaniamo per un pò ad ammirare tale spettacolo ma il forte
vento ci sconsiglia di rimanere oltre e allora riprendiamo la
via del ritorno, questa volta ci teniamo più bassi toccando la
vecchia cava e le costruzioni de cavatori dove vi sono ancora
vecchi macchinari, esempio di archeologia industriale. In breve
siamo di nuovo presso casa Castagnolo dove il resto del gruppo
ha trovato riparo dal vento a ridosso delle pareti della casa e
si accingono a pranzare; ci uniamo a loro e diamo fondo alle
cibarie.
La giornata è bella ma il vento soffia molto forte e non cenna a
calmarsi e ormai la sosta si è prolungata più del solito e
quindi riprendiamo la via del ritorno. Ci dirigiamo verso il
monte Castagnolo, lasciamo il sentiero e
si
sale verso sud facilmente sino alla quota 1003 del M.
Castagnolo per cresta erbosa. Per raggiungere la cima
principale, una volta raggiunta la quota 1003, bisogna scendere
per qualche metro fino ad un marcato intaglio e superare un
breve salto di roccia scistosa: data l’esposizione del
passaggio, occorre molta attenzione. Scansando alla meglio i
roccioni e gli arbusti della cresta, si raggiunge in breve
l'ampia vetta della montagna (1013 m).
Anche da quì si ripete lo spettacolare colpo d'occhio e non
ancora paghi rimaniamo lì ad ammirare ancora una volta il
superbo panorama. poi riscendiamo seguendo una traccia che ci
riconduce al sentiero n° 161.
Lasciamo definitivamente la valle di Forno e si
raggiungiamo di nuovo il bosco che si innalza ora proveniente dalla
valle di Resceto che si vede in basso. Si inizia una discesa
formata da lunghe serpentine che si abbassano gradualmente dando
l'impressione di procedere quasi sul pari. Ad un primo tornante,
il sentiero, verso il mare, esce dal bosco, discende per una
cresta erbosa per ritrovare sulla sinistra il tracciato che
rientra nel bosco. Ad una seconda uscita dal bosco ci troviamo
ad un bivio, segnato, per Forno a destra e Resceto a sinistra.
Giungiamo nella zona denominata " la Bonifica" dove i
terrazzamenti delle coltivazioni sono ancora presenti. Questi
furono realizzati in periodo di autarchia dalla dittatura
fascista negli anni 1937 e 38 nel tentativo di strappare terreno
coltivabile alla montagna. Furono create una trentina di
terrazze alle pendici del monte Castagnolo tagliando i castagni.
Esse dovevano essere coltivate a frumento ed ortaggi e non
mancarono gli alberi da frutto come i ciliegi. In zona era
presente anche una fonte detta del “callarolo” presso la quale
venne costruita una vasca. La bonifica era destinata agli
abitanti di Gronda, Casania, Guadine, Forno e naturalmente
Resceto. Dopo la guerra il tentativo velleitario fu naturalmente
abbandonato e, per cercare di rimediare alla deturpazione
ambientale, se ne aggiunse un’altra cioè la piantumazione di
conifere, piante non adatte alla zona. Oggi le terrazze sono
state nuovamente occupate dalla vegetazione di alto fusto e da
rovi e ginestroni anche se l’impianto delle terrazze rimane
ancora ben visibile. ( questa descrizione da
http://www.escursioniapuane.com ).
Scendiamo piacevolmente nel bosco, nel quale compaiono
anche degli ontani ed alcuni esemplari di conifere, avvicinadoci
sempre più al brusio di Resceto (485 mt.).
Non ci resta che tornare a recuperare le auto a Forno e
l'escursione termina con una piacevole scoperta di una parte
delle Apuane per noi sconosciuta e di una rara bellezza.
Per terminare questa nostra avventura non ci resta che celebrala
con un buonissimo gelato alla nostra gelateria preferita.
Foto
escursione
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