20/03/2016 Riserva Naturale Foresta di Berignone

La Riserva Naturale “Foresta di Berignone”, istituita nel 1997 su circa 2166 ettari, si estende nei comuni di Pomarance e Volterra a comprendere una vasta area delimitata dal fiume Cecina, torrente Sellate e torrente Fosci a sud-ovest, dal confine con la Provincia di Siena ad est e dalla Macchia di Tatti a nord. Situata a pochi chilometri dalla città etrusca di Volterra la Riserva permette di visitare i diversi ambienti del territorio della Val di Cecina, dalle foreste agli ecosistemi fluviali, dalle macchie ai coltivi tradizionali. Coincide interamente con territorio appartenente al Patrimonio Agricolo Forestale regionale. La macchia di Tatti, di proprietà del Comune di Volterra, è contigua alla Riserva e forma con essa un unico complesso forestale gestito da la Comunità Montana. Il complesso forestale di Berignone-Tatti rappresenta da sempre il sinonimo di boscaglie sterminate e di macchie intricatissime popolate da una fauna ricca e differenziata, di duro lavoro di boscaioli e carbonai, di un ambiente naturale, cioè rude, selvaggio, intatto. Utilizzato soprattutto in passato come enorme riserva di legname combustibile per alimentare le caldaie di evaporazione delle saline volterrane, questo verdissimo gruppo collinare non è altro che un grosso ellissoide di depositi lacustri del Miocene superiore (conglomerati, marne, argille). In questa riserva naturale la vegetazione è molto diversificata, dai boschi misti di sclerofille e latifoglie alle cerrete, dalle macchie alte ai boschi umidi degli impluvi e delle sponde dei torrenti. La Riserva appare come una sorta di “isola di bosco” circondata da aree coltivate, ciò ha favorito la presenza di una ricca fauna selvatica.

 

 

Itinerario: mulino del Berignone, Podere Capannone, Castello dei vescovi, podere Casinieri, Masso delle Fanciulle, Piana Casinieri, Mulino di Berignone

Come Arrivare : seguire la SS439 in direzione di Volterra e poi di Pomarance. Una volta superato il ponte ubicato sul fiume Cecina proseguire verso Berignone – Lanciaia e, oltrepassato il ponte sul fiume Possera svoltare a sinistra fino ad arrivare al guado del mulino del Berignone.

 INDICAZIONI STRADALI

 
 

Sentieri: Non ci sono sentieri numerati, segni bianco rossi o verdi bianchi

 



 

                         


 

Tempo di percorrenza:  Tempo di percorrenza totale:  circa 5,00
Classificazione: E

Periodo consigliato:  Tutto l'anno

Acqua: Unica fontana alla partenza, al termine della strada asfaltata.

Traccia gps 
 Traccia Google hearth
                   
                                   

 
Punti sosta: Nessuno

 

Chi viene dalla Versilia, chi da Livorno, chi da Montecatini, ci troviamo tutti a Saline di Volterra per questa escursione n pò fuori dal nostro abituale arrampicare su per ripide montagne.
Oggi ci immedesimeremo ai cinghiali che popolano questa riserva e sguazzeremo nel fango e guaderemo fiumi.
Siamo nella
Riserva Naturale “Foresta di Berignone, in un’ area selvaggia situata tra Volterra e Pomarance, la riserva abbraccia i vari ambienti del territorio della Val di Cecina :dalle foreste agli ecosistemi fluviali alle macchie fino agli agroecosistemi tradizionali.
come detto ci riuniamo a saline di Volterra, siamo in dieci, partiamo in direzione Pomarance, superiamo il ponte sul fiume Cecina e seguiamo le indicazione per Berignone - Lanciaia e, oltrepassato il ponte sul fiume Possera svoltiamo a sinistra, proseguiamo sino a giungere
al fabbricato pompe del locale acquedotto e qui si dovrà abbandonare la strada asfaltata per prenderne una sterrata che in poco più di 600 metri ci porterà al guado del fiume Cecina detto  guado del mulino del Berignone.
Una volta parcheggiata l’auto, partiamo per la nostra escursione.
Camminiamo per una strada sterrata sino ad arrivare al fiume Cecina, ora la nostra guida asseriva che avremmo potuto guadarlo facilmente ma forse non aveva fatto i conti con le piogge che c'erano state nei giorni precedenti, il fatto stà che non possiamo passare se non bagnarci ben bene!
Ma niente paura, c'è Bruno con il suo mitico furgone e recuperato, in due mandate ci traghetta come un novello Caronte, un pò ce l'ha del Caronte.
Bè ora siamo al di là del fiume e abbiamo due alternative: destra o sinistra; noi andiamo a sinistra e torneremo da destra compiendo un anello.
Camminiamo su strade molto fangose dove notiamo moltissime tracce di cinghiale, dalle tracce sembra che quì vivano felici: fango, macchia e tanta terra da scavare, ad essere cinghiali non mancherebbe niente!
Arriviamo ad un primo rudere di casa colonica e continuiamo seguendo la strada, strada per modo di dire.
Ci destreggiamo tra una pozza di fango e l'altra con qualche difficoltà e poi ci troviamo anche in una zona chiusa da rovi e bassai arbusti.
Ecco ora per lavarci le scarpe dal fango ci troviamo davanti il torrente Sellate, meno ampio del Cecina ma comunque ci mette un pò in difficoltà, per fortuna nessuno cade in acqua.
Pensiamo che le difficoltà siano terminate, Luigi ci assicura che non ci sono più fiumi da guadare ma fango ce ne è in abbondanza.
Giungiamo in un area aperta su un bel prato e imbocchiamo uno stradello tra filari di cipressi che ci conduce al podere del Capannone.
Percorsi   Giungiamo in un grande spazio, dove la strada si divide in un incrocio. Questa località prende nome  Capannone,  della grossa costruzione presente a fianco della strada. La struttura, oggi utilizzata come magazzino dall’Ente Gestore dell’Oasi Naturalistica, in passato era adibita a dispensa, una sorta di spaccio dove i numerosi boscaioli e carbonai presenti nei 18 lotti di taglio esistenti, si recavano quotidianamente  per acquistare quel poco che serviva per la dura vita del bosco. (Un altro edificio con le stesse funzioni, si trova ubicato all’estremo nord-est della riserva, dalla parte dell’ingresso da Casole D’Elsa, con il nome di Dispensa di Tatti).
Facciamo
una breve sosta, nella grande area davanti al capannone è stata attrezzata ad area pic nic, ha tutta l'aria di esser una zona molto frequentata nei tiepidi giorni primaverili e nelle calde giornate estive, oltre a molti tavoli corredati di panche c'è anche un grande barbecue in pietra dove ci immaginiamo salsicce, costine e braciole ad arrostire invece a noi tocca solo un pò di frutta secca.
Riprendiamo il cammino, la strada prosegue costeggiando il torrente Sellate sino a quando lo attraversiamo su una specie di ponte e poi si gira a sinistra su una ripida salita che ci porterà alla Torraccia o Castello dei Vescovi che già abbiamo notato dal basso.
La strada e ripida ma sempre una strada e camminiamo comunque speditamente e giungiamo così ai ruderi del castello.
Quando siamo a circa metà iniziamo a vedere le traccie della rocca o meglio i resti del borgo che si era sviluppato presso la rocca. Mattoni e pietre sparsi ovunque segnalavano la sua antica esistenza. La strada dopo aver quasi girato intorno alla rocca continua a salire, la seguiamo per un altro po’, per godere meglio del panorama: intorno vediamo solo le cime degli alberi. L’unica traccia della presenza umana sono le pareti della rocca stessa che ancora combattono contro la vegetazione e riescono ad emergervi. Il silenzio di quel panorama è interrotto solo dal lieve fruscio delle foglie mosse dal vento e dalla.
Ci inerpichiamo per il sentiero in salita e costeggiamo le maestose mura, entriamo dalla porta principale e ci ritroviamo in un breve corridoio con il soffitto arcuato perfettamente conservato e sbuchiamo di nuovo all’aria aperta. Continuiamo ad arrampicarci un poco e arriviamo in quella che presumibilmente doveva essere la piazza d’armi. Ci voltiamo per avere una visione d’insieme della Rocca: la fitta vegetazione la avvolge in un abbraccio mortale, che ne mina sempre di più la sopravvivenza. Il bosco sembra voglia riprendersi la cima della collina a tutti i costi. Entriamo in alcune stanze ancora accessibili.
Si sono conservati due piani della struttura: uno sotto il livello del terreno e l’altro più in alto (a dimostrazione di come la collina sia stata erosa negli anni). Un bellissimo albero è cresciuto al centro della stanza del piano rialzato. Il suo fusto si è prepotentemente aperto la strada verso la luce attraverso la volta.
Un bell’arco offre uno scorcio fiabesco sulla valle. Esplorata la grotta ci dirigiamo verso il basso, alla ricerca del borgo. Ne troviamo le traccie e poi esausti torniamo sui nostri passi.
Ripercorriamo la strada a ritroso e passato il ponte sul torrente Sellate, dopo poche decine di metri, sulla sinistra parte un sentiero, ovvero una vecchia strada ormai ridotta a poco più di un sentiero, salendo in ripida salita, tra il fango e le onnipresenti orme e scavi di cinghiale giungiamo sino al Podere di Casinieri
oggi ridotto a un massiccio rudere.
Affacciandosi sul campo adiacente alle rovine di Casinieri,  possiamo godere di una vista magnifica sulla valle del Cecina e in parte su quella  del torrente Pavone, in lontananza le fumarole degli impianti geotermici dell'Arderello.
In queste zone le famiglie della maggior parte dei poderi della Valle del Cecina supportò i partigiani durante la Resistenza fornendo loro cibo, vestiario e tutto ciò che più necessitava. I boschi di Berignone furono luogo di nascita e di lotta dei primi raggruppamenti partigiani, nonché teatro della formazione che aderì alla “III Brigata Garibaldi”, che in questo luogo strategico, scavò pozzi, fece capanni e nascondigli, con la maestria dei boscaioli e dei carbonai.  Da questi punti strategici era possibile anche tenere d'occhio le principali vie di comunicazione, la polveriera della Marina Militare e i movimenti delle truppe nemiche.
Visto il panorama e  il  largo prato, decidiamo di fare qui sosta pranzo e caffè.
Riprendiamo il cammino e seguiamo la strada /sentiero, prima in discesa poi in decisa salita sino ad incrociare la vecchia strada della "Maremma" (?)
e poi scendiamo decisamente nel bosco dirigendoci di nuovo verso il Pian dei Casinieri dove abbiamo lasciato l'auto ma quando intercettiamo la strada che viene dal Guado del Mulino, invece di andare verso la macchina andiamo a sinistra costeggiando il fiume Cecina verso il Masso delle Fanciulle.
 Adesso la strada diventa un sentiero che continua lungo una parete rocciosa (questa è la parte del percorso meno agevole ma comunque elementare) rivelando tutta la bellezza della splendida valle. Sui suoi fianchi cresce la vegetazioni lussureggiante e verde che incornicia le acque cristalline del fiume, contribuendo a creare scorci mozzafiato: su una roccia dal profilo arrotondato in mezzo a una piscina naturale cresce un albero solitario, che di anno in anno, nonostante le piene sopravvive e ci accoglie in questo angolo di paradiso.
Proseguendo si arriva alle cataratte, cascatelle alte circa un paio di metri, infine giungiamo arriviamo al vero e proprio Masso delle Fanciulle: una strozzatura della valle, limitata sui lati da due faraglioni di roccia che creano un laghetto profondo e ampio che attira numerosi bagnanti e escursionisti.
Proprio qua ebbe luogo la tragedia che dette il nome al posto: tre contadine furono inseguite da un signorotto locale che voleva abusare di loro, arrivate correndo in cima alla rupe decisero di buttarsi di sotto per non concedersi al ragazzo.
Proseguendo con un percorso un pò più complicato, infatti del sentiero  non si trova quasi più traccia e bisognerebbe camminare nel fiume (l’acqua in certi periodi può arrivare anche quasi fino al collo) arriveremmo al Masso degli Specchi, così chiamato perché quando splende il sole si crea un gioco di luci per cui l’acqua si riflette sulle rocce proprio come fossero specchi.
Noi, però, ci accontentiamo di essere arrivati sin qui, non ci andava proprio di fare un  bagno in questa stagione!
Torniamo sui nostri passi e raggiungiamo di nuovo la strada che si inoltra nel folto bosco di lecci per poi uscire sui campi, ormai incolti, del Pian dei Casinieri, troviamo anche delle aree attrezzate per pic nic e infine giungiamo al fiume Cecina dove abbiamo lasciato l'auto; non ci resta che riaffrontare il guado e così terminiamo la nostra insolita passeggiata.

Foto escursione
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