Chi viene dalla Versilia, chi da Livorno, chi da
Montecatini, ci troviamo tutti a Saline di Volterra per questa
escursione n pò fuori dal nostro abituale arrampicare su per
ripide montagne.
Oggi ci immedesimeremo ai cinghiali che
popolano questa riserva e sguazzeremo nel fango e guaderemo
fiumi.
Siamo nella
Riserva Naturale
“Foresta di Berignone, in un’ area selvaggia situata tra
Volterra e Pomarance, la riserva abbraccia i vari ambienti del
territorio della Val di Cecina :dalle foreste agli ecosistemi
fluviali alle macchie fino agli agroecosistemi tradizionali.
come detto ci riuniamo a saline di
Volterra, siamo in dieci, partiamo in direzione Pomarance,
superiamo il ponte sul fiume Cecina e seguiamo le indicazione
per Berignone - Lanciaia e, oltrepassato il ponte sul fiume
Possera svoltiamo a sinistra, proseguiamo sino a giungere
al fabbricato pompe del locale acquedotto e qui si dovrà
abbandonare la strada asfaltata per prenderne una sterrata che
in poco più di 600 metri ci porterà al guado del fiume Cecina
detto
guado del
mulino del Berignone.
Una volta parcheggiata l’auto, partiamo per la nostra
escursione.
Camminiamo per una strada sterrata sino ad
arrivare al fiume Cecina, ora la nostra guida asseriva che
avremmo potuto guadarlo facilmente ma forse non aveva fatto i
conti con le piogge che c'erano state nei giorni precedenti, il
fatto stà che non possiamo passare se non bagnarci ben bene!
Ma niente paura, c'è Bruno con il suo mitico furgone e
recuperato, in due mandate ci traghetta come un novello Caronte,
un pò ce l'ha del Caronte.
Bè ora siamo al di là del fiume e
abbiamo due alternative: destra o sinistra; noi andiamo a
sinistra e torneremo da destra compiendo un anello.
Camminiamo su strade molto fangose dove notiamo moltissime
tracce di cinghiale, dalle tracce sembra che quì vivano felici:
fango, macchia e tanta terra da scavare, ad essere cinghiali non
mancherebbe niente!
Arriviamo ad un primo rudere di casa
colonica e continuiamo seguendo la strada, strada per modo di
dire.
Ci destreggiamo tra una pozza di fango e l'altra con
qualche difficoltà e poi ci troviamo anche in una zona chiusa da
rovi e bassai arbusti.
Ecco ora per lavarci le scarpe dal
fango ci troviamo davanti il torrente Sellate, meno ampio del
Cecina ma comunque ci mette un pò in difficoltà, per fortuna
nessuno cade in acqua.
Pensiamo che le difficoltà siano
terminate, Luigi ci assicura che non ci sono più fiumi da
guadare ma fango ce ne è in abbondanza.
Giungiamo in un area
aperta su un bel prato e imbocchiamo uno stradello tra filari di
cipressi che ci conduce al podere del Capannone.
Percorsi Giungiamo in un grande spazio, dove
la strada si divide in un incrocio. Questa località prende nome
Capannone, della grossa costruzione presente a fianco
della strada. La struttura, oggi utilizzata come magazzino
dall’Ente Gestore dell’Oasi Naturalistica, in passato era
adibita a dispensa, una sorta di spaccio dove i numerosi
boscaioli e carbonai presenti nei 18 lotti di taglio esistenti,
si recavano quotidianamente per acquistare quel poco che
serviva per la dura vita del bosco. (Un altro edificio con le
stesse funzioni, si trova ubicato all’estremo nord-est della
riserva, dalla parte dell’ingresso da Casole D’Elsa, con il nome
di Dispensa di Tatti).
Facciamo
una breve sosta, nella grande area
davanti al capannone è stata attrezzata ad area pic nic, ha
tutta l'aria di esser una zona molto frequentata nei tiepidi
giorni primaverili e nelle calde giornate estive, oltre a molti
tavoli corredati di panche c'è anche un grande barbecue in
pietra dove ci immaginiamo salsicce, costine e braciole ad
arrostire invece a noi tocca solo un pò di frutta secca.
Riprendiamo il cammino, la strada prosegue costeggiando il
torrente Sellate sino a quando lo attraversiamo su una specie di
ponte e poi si gira a sinistra su una ripida salita che ci
porterà alla Torraccia o Castello dei Vescovi che già abbiamo
notato dal basso.
La strada e ripida ma sempre una strada e
camminiamo comunque speditamente e giungiamo così ai ruderi del
castello.
Quando siamo a circa metà iniziamo a vedere le traccie
della rocca o meglio i resti del borgo che si era sviluppato
presso la rocca. Mattoni e pietre sparsi ovunque segnalavano la
sua antica esistenza. La strada dopo aver quasi girato intorno
alla rocca continua a salire, la seguiamo per un altro po’, per
godere meglio del panorama: intorno vediamo solo le cime degli
alberi. L’unica traccia della presenza umana sono le pareti
della rocca stessa che ancora combattono contro la vegetazione e
riescono ad emergervi. Il silenzio di quel panorama è interrotto
solo dal lieve fruscio delle foglie mosse dal vento e dalla.
Ci inerpichiamo per il sentiero in salita e costeggiamo le
maestose mura, entriamo dalla porta principale e ci ritroviamo
in un breve corridoio con il soffitto arcuato perfettamente
conservato e sbuchiamo di nuovo all’aria aperta. Continuiamo ad
arrampicarci un poco e arriviamo in quella che presumibilmente
doveva essere la piazza d’armi. Ci voltiamo per avere una
visione d’insieme della Rocca: la fitta vegetazione la avvolge
in un abbraccio mortale, che ne mina sempre di più la
sopravvivenza. Il bosco sembra voglia riprendersi la cima della
collina a tutti i costi. Entriamo in alcune stanze ancora
accessibili.
Si sono conservati due piani della struttura: uno sotto il
livello del terreno e l’altro più in alto (a dimostrazione di
come la collina sia stata erosa negli anni). Un bellissimo
albero è cresciuto al centro della stanza del piano rialzato. Il
suo fusto si è prepotentemente aperto la strada verso la luce
attraverso la volta.
Un bell’arco offre uno scorcio fiabesco sulla valle. Esplorata
la grotta ci dirigiamo verso il basso, alla ricerca del borgo.
Ne troviamo le traccie e poi esausti torniamo sui nostri passi.
Ripercorriamo la strada a ritroso e passato il ponte sul
torrente Sellate, dopo poche decine di metri, sulla sinistra
parte un sentiero, ovvero una vecchia strada ormai ridotta a
poco più di un sentiero, salendo in ripida salita, tra il fango
e le onnipresenti orme e scavi di cinghiale giungiamo sino al
Podere di Casinieri
oggi ridotto
a un massiccio rudere.
Affacciandosi sul campo adiacente alle rovine di Casinieri,
possiamo godere di una vista magnifica sulla valle del Cecina e
in parte su quella del torrente Pavone, in lontananza
le fumarole degli impianti geotermici dell'Arderello.
In queste
zone le famiglie della maggior parte dei poderi della Valle del
Cecina supportò i partigiani durante la Resistenza fornendo loro
cibo, vestiario e tutto ciò che più necessitava. I boschi di Berignone furono luogo di nascita e di lotta dei primi
raggruppamenti partigiani, nonché teatro della formazione che
aderì alla “III Brigata Garibaldi”, che in questo luogo
strategico, scavò pozzi, fece capanni e nascondigli, con la
maestria dei boscaioli e dei carbonai. Da questi punti
strategici era possibile anche tenere d'occhio le principali vie
di comunicazione, la polveriera della Marina Militare e i
movimenti delle truppe nemiche.
Visto il panorama e il
largo prato, decidiamo
di fare qui sosta pranzo e caffè.
Riprendiamo il cammino e
seguiamo la strada /sentiero, prima in discesa poi in decisa
salita sino ad incrociare la vecchia strada della "Maremma" (?)
e poi scendiamo decisamente nel bosco dirigendoci di nuovo verso
il Pian dei Casinieri dove abbiamo lasciato l'auto ma quando
intercettiamo la strada che viene dal Guado del Mulino, invece
di andare verso la macchina andiamo a sinistra costeggiando il
fiume Cecina verso il Masso delle Fanciulle.
Adesso la strada diventa un
sentiero che continua lungo una parete rocciosa (questa è la
parte del percorso meno agevole ma comunque elementare)
rivelando tutta la bellezza della splendida valle. Sui suoi
fianchi cresce la vegetazioni lussureggiante e verde che
incornicia le acque cristalline del fiume, contribuendo a creare
scorci mozzafiato: su una roccia dal profilo arrotondato in
mezzo a una piscina naturale cresce un albero solitario, che di
anno in anno, nonostante le piene sopravvive e ci accoglie in
questo angolo di paradiso.
Proseguendo si arriva alle
cataratte, cascatelle alte circa un paio di metri, infine
giungiamo arriviamo al vero e proprio
Masso delle Fanciulle: una strozzatura della valle, limitata sui
lati da due faraglioni di roccia che creano un laghetto profondo
e ampio che attira numerosi bagnanti e escursionisti.
Proprio
qua ebbe luogo la tragedia che dette il nome al posto: tre
contadine furono inseguite da un signorotto locale che voleva
abusare di loro, arrivate correndo in cima alla rupe decisero di
buttarsi di sotto per non concedersi al ragazzo.
Proseguendo
con un percorso un pò più complicato, infatti del sentiero non si trova quasi più
traccia e bisognerebbe camminare nel fiume (l’acqua in certi
periodi può arrivare
anche quasi fino al collo) arriveremmo al Masso degli Specchi, così
chiamato perché quando splende il sole si crea un gioco di luci
per cui l’acqua si riflette sulle rocce proprio come fossero
specchi.
Noi, però, ci accontentiamo di essere arrivati sin
qui, non ci andava proprio di fare un bagno in questa
stagione!
Torniamo sui nostri passi e raggiungiamo di nuovo
la strada che si inoltra nel folto bosco di lecci per poi uscire
sui campi, ormai incolti, del Pian dei Casinieri, troviamo anche
delle aree attrezzate per pic nic e infine giungiamo al fiume
Cecina dove abbiamo lasciato l'auto; non ci resta che
riaffrontare il guado e così terminiamo la nostra insolita
passeggiata.