“Qui il silenzio dell’aurora dura tutto il dì, piacciati di ristare in
questo loco”, questa frase è riportata su un pannello a fianco dell’ingresso
del Rifugio Battisti ed è la stessa che si trovava sul muro del vecchio
rifugio distrutto dalla guerra. La Sezione Cai di Reggio Emilia, che ne è la
proprietaria, ha voluto celebrare nel 2015, i novant’anni di vita di quella
prima costruzione, portando alle stampe un libro che narra le vicende di
quella epica impresa. Il Battisti attuale è ubicato nello stesso luogo, dove
era sorto, in località Lama Lite del comune di Ligonchio a mt. 1761 s.l.m.
Nei giorni 12 e 13 luglio del 1924 durante una escursione sul Monte Cusna
alla quale parteciparono ben 75 soci della sezione reggiana dell’U.O.E.I.
(Unione Operaia Escursionisti Italiani) maturò nei gitanti l’idea di
costruire un rifugio nella zona. Il 16 luglio 1924, dietro sollecitazioni di
Pietro Montasini, impiegato di banca, il consiglio direttivo del sodalizio,
approvò all’unanimità l’idea di costruirlo proprio nella zona di Lama Lite,
un “miracolo” per l’epoca. Tra le varie forme escogitate per reperire fondi
la U.O.E.I. provvide ad emettere anche un caratteristico francobollo
chiudi-lettera del valore di 50 centesimi che lanciò sul mercato con lo
slogan “un francobollo per un mattone”.
Avevo letto su una vecchia rivista, nata nei primi del novecento “La
Provincia Reggiana”, diversi articoli di Pietro Montasini sulla nostra
montagna, e in particolare di un libro che narrava l’epopea della
costruzione del Rifugio Battisti. Dopo tante vane ricerche in diverse
librerie lo scovai proprio nel luogo ove era più logico che fosse: la
biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. Da allora nacque in me l’idea di
riprodurre il volume per poter far conoscere ai soci del Cai e agli
appassionati di montagna e di storia, un avvenimento importante che
all’epoca coinvolse tanti uomini di “buona volontà” e che pose le basi per
quel Rifugio che oggi è senza dubbio il fiore all’occhiello della sezione
Cai di Reggio Emilia.
Scriveva Montasini “Un Rifugio deve essere utile al maggior numero
possibile di persone; … deve sorgere dove il bisogno è più sentito, dove le
comodità oggi esistenti sono minori; dove i pericoli sono più frequenti”, ed
ancora “L’U.O.E.I. non volle fare una meschina questione di campanile, ma
volle invece mettere il suo Rifugio là dove esso poteva essere realmente
utile. Che importava se gli alpinisti toscani erano favoriti da una
iniziativa prettamente emiliana? Era forse un male affratellare le
popolazioni di due regioni, figlie della stessa terra?”. Come non
provare ammirazione per un tale modo di pensare che incarna anche gli ideali
più profondi del nostro Cai. Era il 20 settembre del 1925 quando, quasi a
tempo di record, alla presenza di una folla di alpinisti, valutati in circa
120 persone, il nuovo rifugio dedicato al martire trentino Cesare Battisti,
poteva dirsi inaugurato, anche se mancavano ancora alcune “finiture”.
Il 16 dicembre del 1926 la U.O.E.I. si trasformò in A.R.D.E. (Associazione
Reggiana Dopolavoro Escursionisti) e successivamente nel 1933, venne di
fatto sciolta, passando sotto l’egida dell’O.N.D. provinciale (Opera
Nazionale Dopolavoro) essendo ritenuta colpevole di non allinearsi con lo
spirito fascista. Il patrimonio dell’A.R.D.E. passò quindi all’O.N.D. la
quale però non poté vantare alcun diritto di proprietà sul Battisti, in
quanto già dal 1927, grazie ad un tempismo “storico” e ad un buon fiuto,
l’allora Sezione Cai dell’Enza acquistò il rifugio, direttamente
dall’U.O.E.I., per un importo di £ 3000, da corrispondersi entro il 31 marzo
1927 e con l’impegno, da parte del Cai, di completare le opere di finitura
mancanti per un importo di £ 4000 entro la fine dello stesso anno, e di
ampliarlo entro la fine del 1930. I patti furono rispettati.
Nel 1933, quando la sede centrale del Cai prese atto dello scioglimento
della sezione dell’Enza, il Battisti, ubicato all’interno dei confini della
provincia reggiana, rimase di proprietà della sezione di Reggio Emilia, la
quale continuò a gestirlo, fino a che non fu completamente distrutto dai
tedeschi tra l’8 e il 9 di agosto del 1944 per impedire ai partigiani di
servirsene.
Trascorsi gli anni difficili della guerra, la vita tornò a normalizzarsi, e
di conseguenza anche il Cai riprese la sua attività. Il pensiero fisso dei
dirigenti caini, però, rimaneva sempre la ricostruzione del Battisti, ma ciò
non era di facile soluzione: il reperimento dei fondi appariva un fatto
insormontabile per quei tempi.
Si
dovette aspettare il 28 febbraio 1968, allorquando il consiglio sezionale
reggiano deliberò “senza indugi” la riedificazione del Battisti, anche se
comunque mancavano i soldi; la decisione adottata ebbe però il merito di
suscitare un gran fermento negli ambienti alpinistici, e un certo interesse
nei vari strati della popolazione tanto che le amministrazioni, in primis la
provincia, si fecero promotori di cospicue offerte. I dirigenti del Cai non
stettero a perder tempo e il 6 agosto 1968, sotto un cielo piovigginoso, si
diede avvio ai lavori. Nel frattempo l’avv. Mario Cavallini, presidente
sezionale, si era trasformato in “frate cercone” (un bonario termine che si
era dato lui stesso), dandosi un gran daffare presso le banche locali e
promovendo, tra l’altro, una sottoscrizione fra i soci che in pochi mesi
raggiunse la ragguardevole cifra di 1.388.000 lire. Il prof. Bruno Borghi,
che aveva curato il progetto edilizio, per due anni rinunciò alle sue ferie,
per essere presente a Lama Lite a coordinare i lavori e, grazie al suo
entusiasmo, alla sua abnegazione e non ultimo al suo attaccamento verso il
Cai, il nuovo “Battisti” fu inaugurato il 19 luglio del 1970.
Da tutte le vallate, da Febbio, dall’Abetina, dalla Val d’Ozola, gli
alpinisti salirono a Lama Lite: fu un giorno storico di intensa commozione e
di ammirazione per tutti coloro che con immensi sacrifici contribuirono alla
ricostruzione. Allorquando il presidente Cavallini volle accanto a sé il
prof. Borghi, il principale artefice dell’opera, per consegnargli una
medaglia d’oro, che la sezione aveva deliberato di offrirgli quale sensibile
atto di riconoscenza e gratitudine, fu il momento più vibrante della
manifestazione.
Nel 1985 si provvide ad eseguire lavori di allargamento dell’ingresso e del
cortile antistante, con la realizzazione di un imponente muro di sostegno
che, oltre a dare l’impressione di avvolgere e proteggere il rifugio stesso,
serve da comoda panchina per ammirare il panorama dei monti circostanti. Nel
1995 si decise di costruire il nuovo bivacco invernale, a lato del rifugio,
che poteva contenere fino a 8 posti letto, oltre all’armadio per il
materiale del soccorso alpino. Grande artefice di queste ultime opere fu
Romano Ferrari, per anni responsabile e nuova anima del Battisti.
Nel frattempo la frequentazione della montagna raggiunse punte impensabili e
il Battisti doveva necessariamente adeguarsi ai tempi e la sezione di
Reggio, con il presidente Gianni Riccò Panciroli in testa, diede il via ai
primi di luglio del 2005 ai lavori di ampliamento che di fatto quasi
raddoppiarono la struttura senza stravolgere ciò che era stato concepito da
Borghi e da Ferrari.
Citerei le parole dell’arch. Livio Montanari, progettista dell’intervento,
che ben si adattano alla descrizione dell’opera: “La costruzione ha
modellato il paesaggio venendone essa stessa modellata, diventandone parte
integrante”.
Una splendida giornata di sole e la bellezza del Cusna e del Prado hanno
fatto da cornice domenica 1 luglio del 2007 all’inaugurazione della nuova
ala del “Cesare Battisti”; oltre quattrocento escursionisti, sono
intervenuti alla grande festa, numerose anche le autorità, che hanno voluto
essere vicine al Cai in una giornata così importante: il prefetto di Reggio
Emilia Bruno Pezzuto, il sindaco di Ligonchio Ilio Franchi, il
vicepresidente nazionale del Cai Francesco Bianchi, il presidente del Parco
Nazionale senatore Fausto Giovanelli e la presidente della Provincia Sonia
Masini.
Negli ultimi anni sotto la presidenza di Iglis Baldi e Massimo Bizzarri sono
stati portati a termine importanti lavori relativi all’impiantistica, alla
sicurezza ai fini antincendio, al rifacimento della copertura della parte
vecchia e ad un nuovo impianto fotovoltaico; oggi il Rifugio può disporre di
39 posti letto oltre all’alloggio per il custode. Restano ancora diverse
cose da fare ma il Cai reggiano non lascerà nulla di intentato.
Bruno Borghi il “padre” del Battisti scrisse in una intervista rilasciata al
CUSNA i giorni precedenti l’inaugurazione del 2007, proprio in riferimento a
quella scritta “incisa” sul primo rifugio “Mi piacerebbe che anche negli
anni a venire fosse piacevole restarsene al Battisti ad ascoltare il
silenzio”.
E’ un silenzio che si comincia a percepire già da quando scavalchi il
crinale della catena del Cusna e scorgi in lontananza il Battisti con le sue
finestre bianche e rosse … e non vedi l’ora di arrivare per godere della sua
“quiete” e della sua “storia”.