Storia del Rifugio Battisti a cura di Iglis Baldi, dal sito CAI sez. di Reggio Emilia


(Foto Stefano Cuccolini)

“Qui il silenzio dell’aurora dura tutto il dì, piacciati di ristare in questo loco”, questa frase è riportata su un pannello a fianco dell’ingresso del Rifugio Battisti ed è la stessa che si trovava sul muro del vecchio rifugio distrutto dalla guerra. La Sezione Cai di Reggio Emilia, che ne è la proprietaria, ha voluto celebrare nel 2015, i novant’anni di vita di quella prima costruzione, portando alle stampe un libro che narra le vicende di quella epica impresa. Il Battisti attuale è ubicato nello stesso luogo, dove era sorto, in località Lama Lite del comune di Ligonchio a mt. 1761 s.l.m.
Nei giorni 12 e 13 luglio del 1924 durante una escursione sul Monte Cusna alla quale parteciparono ben 75 soci della sezione reggiana dell’U.O.E.I. (Unione Operaia Escursionisti Italiani) maturò nei gitanti l’idea di costruire un rifugio nella zona. Il 16 luglio 1924, dietro sollecitazioni di Pietro Montasini, impiegato di banca, il consiglio direttivo del sodalizio, approvò all’unanimità l’idea di costruirlo proprio nella zona di Lama Lite, un “miracolo” per l’epoca. Tra le varie forme escogitate per reperire fondi la U.O.E.I. provvide ad emettere anche un caratteristico francobollo chiudi-lettera del valore di 50 centesimi che lanciò sul mercato con lo slogan “un francobollo per un mattone”. Avevo letto su una vecchia rivista, nata nei primi del novecento “La Provincia Reggiana”, diversi articoli di Pietro Montasini sulla nostra montagna, e in particolare di un libro che narrava l’epopea della costruzione del Rifugio Battisti. Dopo tante vane ricerche in diverse librerie lo scovai proprio nel luogo ove era più logico che fosse: la biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. Da allora nacque in me l’idea di riprodurre il volume per poter far conoscere ai soci del Cai e agli appassionati di montagna e di storia, un avvenimento importante che all’epoca coinvolse tanti uomini di “buona volontà” e che pose le basi per quel Rifugio che oggi è senza dubbio il fiore all’occhiello della sezione Cai di Reggio Emilia.
Scriveva Montasini “Un Rifugio deve essere utile al maggior numero possibile di persone; … deve sorgere dove il bisogno è più sentito, dove le comodità oggi esistenti sono minori; dove i pericoli sono più frequenti”, ed ancora “L’U.O.E.I. non volle fare una meschina questione di campanile, ma volle invece mettere il suo Rifugio là dove esso poteva essere realmente utile. Che importava se gli alpinisti toscani erano favoriti da una iniziativa prettamente emiliana? Era forse un male affratellare le popolazioni di due regioni, figlie della stessa terra?”. Come non provare ammirazione per un tale modo di pensare che incarna anche gli ideali più profondi del nostro Cai. Era il 20 settembre del 1925 quando, quasi a tempo di record, alla presenza di una folla di alpinisti, valutati in circa 120 persone, il nuovo rifugio dedicato al martire trentino Cesare Battisti, poteva dirsi inaugurato, anche se mancavano ancora alcune “finiture”.
Il 16 dicembre del 1926 la U.O.E.I. si trasformò in A.R.D.E. (Associazione Reggiana Dopolavoro Escursionisti) e successivamente nel 1933, venne di fatto sciolta, passando sotto l’egida dell’O.N.D. provinciale (Opera Nazionale Dopolavoro) essendo ritenuta colpevole di non allinearsi con lo spirito fascista. Il patrimonio dell’A.R.D.E. passò quindi all’O.N.D. la quale però non poté vantare alcun diritto di proprietà sul Battisti, in quanto già dal 1927, grazie ad un tempismo “storico” e ad un buon fiuto, l’allora Sezione Cai dell’Enza acquistò il rifugio, direttamente dall’U.O.E.I., per un importo di £ 3000, da corrispondersi entro il 31 marzo 1927 e con l’impegno, da parte del Cai, di completare le opere di finitura mancanti per un importo di £ 4000 entro la fine dello stesso anno, e di ampliarlo entro la fine del 1930. I patti furono rispettati.
Nel 1933, quando la sede centrale del Cai prese atto dello scioglimento della sezione dell’Enza, il Battisti, ubicato all’interno dei confini della provincia reggiana, rimase di proprietà della sezione di Reggio Emilia, la quale continuò a gestirlo, fino a che non fu completamente distrutto dai tedeschi tra l’8 e il 9 di agosto del 1944 per impedire ai partigiani di servirsene.
Trascorsi gli anni difficili della guerra, la vita tornò a normalizzarsi, e di conseguenza anche il Cai riprese la sua attività. Il pensiero fisso dei dirigenti caini, però, rimaneva sempre la ricostruzione del Battisti, ma ciò non era di facile soluzione: il reperimento dei fondi appariva un fatto insormontabile per quei tempi. Si dovette aspettare il 28 febbraio 1968, allorquando il consiglio sezionale reggiano deliberò “senza indugi” la riedificazione del Battisti, anche se comunque mancavano i soldi; la decisione adottata ebbe però il merito di suscitare un gran fermento negli ambienti alpinistici, e un certo interesse nei vari strati della popolazione tanto che le amministrazioni, in primis la provincia, si fecero promotori di cospicue offerte. I dirigenti del Cai non stettero a perder tempo e il 6 agosto 1968, sotto un cielo piovigginoso, si diede avvio ai lavori. Nel frattempo l’avv. Mario Cavallini, presidente sezionale, si era trasformato in “frate cercone” (un bonario termine che si era dato lui stesso), dandosi un gran daffare presso le banche locali e promovendo, tra l’altro, una sottoscrizione fra i soci che in pochi mesi raggiunse la ragguardevole cifra di 1.388.000 lire. Il prof. Bruno Borghi, che aveva curato il progetto edilizio, per due anni rinunciò alle sue ferie, per essere presente a Lama Lite a coordinare i lavori e, grazie al suo entusiasmo, alla sua abnegazione e non ultimo al suo attaccamento verso il Cai, il nuovo “Battisti” fu inaugurato il 19 luglio del 1970.
Da tutte le vallate, da Febbio, dall’Abetina, dalla Val d’Ozola, gli alpinisti salirono a Lama Lite: fu un giorno storico di intensa commozione e di ammirazione per tutti coloro che con immensi sacrifici contribuirono alla ricostruzione. Allorquando il presidente Cavallini volle accanto a sé il prof. Borghi, il principale artefice dell’opera, per consegnargli una medaglia d’oro, che la sezione aveva deliberato di offrirgli quale sensibile atto di riconoscenza e gratitudine, fu il momento più vibrante della manifestazione.
Nel 1985 si provvide ad eseguire lavori di allargamento dell’ingresso e del cortile antistante, con la realizzazione di un imponente muro di sostegno che, oltre a dare l’impressione di avvolgere e proteggere il rifugio stesso, serve da comoda panchina per ammirare il panorama dei monti circostanti. Nel 1995 si decise di costruire il nuovo bivacco invernale, a lato del rifugio, che poteva contenere fino a 8 posti letto, oltre all’armadio per il materiale del soccorso alpino. Grande artefice di queste ultime opere fu Romano Ferrari, per anni responsabile e nuova anima del Battisti.
Nel frattempo la frequentazione della montagna raggiunse punte impensabili e il Battisti doveva necessariamente adeguarsi ai tempi e la sezione di Reggio, con il presidente Gianni Riccò Panciroli in testa, diede il via ai primi di luglio del 2005 ai lavori di ampliamento che di fatto quasi raddoppiarono la struttura senza stravolgere ciò che era stato concepito da Borghi e da Ferrari.
Citerei le parole dell’arch. Livio Montanari, progettista dell’intervento, che ben si adattano alla descrizione dell’opera: “La costruzione ha modellato il paesaggio venendone essa stessa modellata, diventandone parte integrante”.
Una splendida giornata di sole e la bellezza del Cusna e del Prado hanno fatto da cornice domenica 1 luglio del 2007 all’inaugurazione della nuova ala del “Cesare Battisti”; oltre quattrocento escursionisti, sono intervenuti alla grande festa, numerose anche le autorità, che hanno voluto essere vicine al Cai in una giornata così importante: il prefetto di Reggio Emilia Bruno Pezzuto, il sindaco di Ligonchio Ilio Franchi, il vicepresidente nazionale del Cai Francesco Bianchi, il presidente del Parco Nazionale senatore Fausto Giovanelli e la presidente della Provincia Sonia Masini.
Negli ultimi anni sotto la presidenza di Iglis Baldi e Massimo Bizzarri sono stati portati a termine importanti lavori relativi all’impiantistica, alla sicurezza ai fini antincendio, al rifacimento della copertura della parte vecchia e ad un nuovo impianto fotovoltaico; oggi il Rifugio può disporre di 39 posti letto oltre all’alloggio per il custode. Restano ancora diverse cose da fare ma il Cai reggiano non lascerà nulla di intentato.
Bruno Borghi il “padre” del Battisti scrisse in una intervista rilasciata al CUSNA i giorni precedenti l’inaugurazione del 2007, proprio in riferimento a quella scritta “incisa” sul primo rifugio “Mi piacerebbe che anche negli anni a venire fosse piacevole restarsene al Battisti ad ascoltare il silenzio”.
E’ un silenzio che si comincia a percepire già da quando scavalchi il crinale della catena del Cusna e scorgi in lontananza il Battisti con le sue finestre bianche e rosse … e non vedi l’ora di arrivare per godere della sua “quiete” e della sua “storia”.