01/11/2017 Sentiero della Tacca Bianca o del Vaso Tondo


Il sentiero della Tacca Bianca o del Vaso Tondo Foto dal sito Escursioni 360°

L'Altissimo a dispetto del nome (misura solo 1589 metri) è fra le più basse cime delle Apuane, ma è quella che dal litorale tirrenico appare più maestosa, con il versante sud che cade verticale per quasi 700 m.
La sua immensa mole domina la valle del torrente Serra a sud mentre a nord è meno scosceso e presenta salti di roccia verticale immersi in boschi di faggio.
L'Altissimo destò grande impressione anche in Michelangelo che si inerpicò sulle sue pendici in cerca del marmo statuario necessario per le sue sculture.

Itinerario del massimo interesse storico che permette di visitare alcune cave intagliate sul versante Sud del M. Altissimo. Tra tutte spicca senz’altro quella della Tacca Bianca, molto antica, per la sua posizione al centro della parete della montagna. Arditi sentieri di cavatori furono tracciati per collegare la Tacca Bianca al resto del mondo: il più spettacolare e temerario, il Sentiero dei Tavoloni (tra la Cava dei Colonnoni e la Cava della Tacca Bianca) è oggi impercorribile perché molte tavole di legno sono crollate. Resiste all’azione del tempo un altro percorso, quello tra la Cava della Tacca Bianca e il Passo del Vaso Tondo: testimonianza dell’audacia e temerarietà dei cavatori di una volta, fa impressione per la quasi verticalità del pendio in cui è intagliato e per il vuoto sottostante. ( dal sito internet
Vado e Torno in Montagna)
Il sentiero del Vaso Tondo, ovvero la cengia, si snoda sulla ripidissima parete ovest dell’ Altissimo lunga circa 500 mt. e larga dai 70 a 80 cm. sotto di noi la parete è verticale con un salto nel vuoto di oltre 100 metri.
Non è di per se difficile ma è sconsigliato per le persone che soffrono di vertigini e massima concentrazione, senza distrazioni, è banale ricordare che non sono ammessi errori, da percorrere con terreno asciutto.
Una volta sulla parete c’ erano dei cavi che potevano fare sicurezza, ora non è rimasto che qualche raro chiodo un po’ rugginoso e dei vecchi fittoni che "sembrano" ancora ben saldi (da valutare ogni volta). La risalita finale nel canalone che termina al passo del Vaso Tondo è molto ripida con andamento a zig-zag, l’esposizione è notevolmente inferiore, ma anche qui il terreno deve essere asciutto.

 

Itinerario: Ad anello dalle Rocchette, area attrezzata pic-nic, cresta sud est Pania Verde, Vetta Pania Verde, Cresta ovest, ghiaioni sotto Pania Secca, Rocchette

Come Arrivare:  Da Massa, passando per Altagnana ed Antona si supera la galleria del Vestito che porta in provincia di Lucca. Fatte poche centinaia di metri si trova uno spiazzo sulla destra di fronte al bar ristorante Le Gobbie.

 INDICAZIONI STRADALI
 

Sentieri41 Canevara – Antona – Colle della Tecchia – La Strega – Canal d’Angiola – Foce del Frate – Le Gobbie
 33
Pasquilio – P.so Focoraccia – P.so della Greppia – P.so degli Uncini - Arni – Rif. Puliti – Madonna del Cavatore – Le Gobbie – P.so degli Uncini

 143 Foce del Frate (1307m) - Passo degli Uncini (1380m) – Monte Altissimo (1589m) – Passo del Vaso Tondo (1380m)

                          


 

Classificazione: EE(Allenati)
Tempo di percorrenza:  Complessivamente 7  h cammino compreso soste
 
Acqua: Alle Gobbie
 
Punti sosta: Alle Gobbie Ristorante le Gobbie
 
 
Scarica traccia GPS Traccia Google Heart

 

Periodo consigliato: Da Primavera all'autunno, sconsigliata in inverno
 con presenza di neve e ghiaccio.

Fonti consultate da:
Escursioni 360° Escursioni Apuane
Vado e Torno in Montagna Apuane 80 Itinerari classici e d'avventura
Svizzy Carrara on line

        

E' molto tempo che non visitiamo le cave del monte Altissimo e oggi abbiamo deciso di tornarci e andare per le vecchie vie di camminamento e trasporto blocchi, le lizze, dei cavatori.
Esattamente il clou dell'escursione sarà nell'attraversamento del sentiero della Tacca Bianca conosciuto anche per il Vaso Tondo.
Siamo in quattro, numero giusto per questa escursione, Monia, Valentina, Alessio e io, Alessandro.
Ci diamo appuntamento a Massa e da lì ci apportiamo attraverso il passo del Vestito alle Gobbie sopra il paese di Arni in lucchesia, nel comune di Stazzema.
Lasciamo l'auto nello spazio davanti al ristorante omonimo e subito prendiamo il sentiero 41, sarebbe meglio prendere il 33 che sale direttamente al Passo degli Uncini, sempre lì vicino, ma decidiamo che lo useremo per il ritorno.
Iniziamo la salita su mulattiera nel folto dei faggi di uno splendido caldo colore autunnale, nel proseguire troviamo il piano inclinato ancora ben conservato per la discesa dei blocchi di marmo. Giungiamo infine alla strada di cava che ben presto lasciamo per reimmetterci sul sentiero 41, come già detto il 33 lo prenderemo in discesa ed è poco più a sinistra sulla strada di cava.
Seguiamo questo sentiero, più lungo ma che ci porta a percorrere tutti i due passi che ci sono, il Passo Del Frate o dell'Angiola e il Passo degli Uncini, mentre sulla cresta opposta troveremo il Passo del Vaso Tondo.
Proseguiamo seguendo il tracciato a zig zag di una mulattiera ben conservata, almeno a tratti tra i faggi.
Quando usciamo dal bosco o gli alberi si fanno più radi il sentiero diventa più erto e questo ci indica che siamo quasi al passo. Lasciamo la mulattiera e con un'ultima ripida salita su tornanti e siamo al Passo del Frate/ Passo della Angiola a
quota mt. 1327, nome che  deriva, probabilmente o quasi certamente, dalla formazione rocciosa che ricorda la sagoma di un frate.
Il Frate  ci dà il benvenuto, ci rammarichiamo perché sulla formazione rocciosa qualche intelligente ha scritto "Fratino" come se sapere che quello è il Fratino è cosa indispensabile.

Da qui iniziamo a scorgere la costa e verso ,
Comunque da qui si apre una vista magnifica, se il tempo lo permette, sul litorale e voltandoci all'interno spiccano il Sumbra e il Fiocca, riprendiamo la via seguendo il sentiero 143, la via di salita per l'Altissimo da questo lato.
Con questo percorso costeggiamo la spettacolare cresta degli Uncini e le vette apuane si mostrano in tutta la loro bellezza: a nord il Sagro, gli affascinanti Contrario e Cavallo, la Tambura, fino a spostarci verso sud con il Sella, il Macina, Sumbra e ancora più a sud il gruppo delle Panie.
Percorrendo facili roccette e camminando sul lato nord rientriamo nel bosco che ogni tanto si apre mostrandoci la costa.
Raggiungiamo così il Passo degli Uncini a quota 1380 mt.
Dritto prosegue il CAI 143 per il passo della Greppia, noi lasciamo il sentiero CAI e scendiamo nel canalone a sinistra, sul lato mare per traccia evidenziata da bolli rossi che in breve gira con direzione sud/est.
Il primo tratto scende tra paleo, detriti assai insidiosi, sulle nostra destra splendide guglie. Attraversiamo verso sinistra in discesa, continuando arriviamo al tratto attrezzato con cavo d'acciaio e anche alcune staffe metalliche che aiutano a superare un risalto. Le cave della Tela e dei Colonnoni sono ormai a vista attraversiamo un ravaneto e giungiamo nel piazzale dove venivano stoccati i blocchi di marmo, ancora ce ne sono conservati, inoltre vi sono ancora due grossi vasconi per la raccolta dell'acqua, interessante anche un edificio sotto roccia (casa d'abrì), presso il quale si può scendere a una grotta con una vasca in marmo per la raccolta dell'acqua.
La cosa più spettacolare è " l'Occhio dell'Altissimo " un'apertura nella montagna che si apre sul piazzale della Cava della Tacca Bianca e dal quale si gode un bel panorama sul Cavallino di Azzano e sulla costa. Questo intaglio, alto qualche decina di metri, è dovuto all'attività dell'uomo alla ricerca del famoso statuario della zona, tra l'altro le cave sottostanti a quella della Tacca Bianca (Fitta e Macchietta) si sviluppano proprio nel ventre della montagna.
Affacciandoci si scorge il piazzale della cava sottostante e in basso sulla destra  l'arrivo del Sentiero dei Tavoloni
che un tempo univa la cava dei Colonnoni  e quella della Tacca Bianca  in quanto le due cave in linea d’aria sono vicine ed erano congiunte da una serie di passerelle dette " I Tavoloni " che sorrette da grossi pali di ferro conficcati nella roccia, sotto un vuoto veramente vertiginoso. Queste costruzioni furono fatte dai cavatori per risparmiare tempo e fatica, senza dovere riscendere al bivio e poi risalire il monte per altri 40 / 50 minuti.
Ormai, purtroppo non resta niente solo i fittoni metallico che reggevano le tavole, s
arebbe bello che qualche associazione, magari importante e amministrazioni decidessero di ripristinare tale percorso e magari sfruttare il sito di queste cave come testimonianza della cultura del marmo quando lo sfruttamento non era così invasivo come ai nostri giorni e non perdendo tali testimonianze quando l'incuria e il tempo non lasceranno più niente per ricordare alle generazioni future il sacrificio dei nostri antenati nel portare a casa il pane quotidiano rischiando ogni momento la propria vita..
Torniamo indietro e prendiamo la via di lizza  e ci dirigiamo verso la sottostante cava dei Colonnoni. Scendiamo in ripidissima discesa e ci teniamo
a sinistra dove sono presenti degli scalini.
Vi sono molte testimonianze del duro lavoro che veniva svolto nelle cave la testimonianza più evidente sono i fori dove erano alloggiati i piri di c, attorno ai quali venivano avvolte le funi che trattenevano i blocchi di marmo, le così dette Cariche, lungo la lizza troviamo ancora un dei piri di legno e uno molto bello di
marmo con le scanalature prodotte dall'attrito delle corde.
 Scendiamo sulla ripidissima via, sfruttando, dove ci sono degli scalini scavati nella roccia che servivano per i cavatori per salire o scendere più agevolmente.
La lizza è stata tagliata dalla strada marmifera che porta alla vicina cava Fitta e per forza di cose ci dobbiamo calare per circa cinque metri, per fortuna qui è stata messa una corda fissa per permettere di salire o scendere facilmente.
Ci troviamo su un pianoro strappato alla montagna, lo sguardo si sofferma sulla costa, un grande blocco lasciato lì appena abbozzato in una faccia ci da testimonianza di come era il lavoro di cava e di cosa significava vivere tutta una vita tra queste pareti. Abbandonati, silenziosi e seminascosti  sono luoghi inquietanti ma affascinanti come pochi altri.
Visitiamo le grandi sale scavate nel ventre della montagna, sembrano sale di cattedrali gotiche e rimaniamo stupefatti dell'ingegno dell'uomo.
Alziamo lo sguardo verso l’alto e vediamo, infissi nella parete verticale, i sostegni del percorso dei “Tavoloni”, quello che come già detto, i cavatori raggiungevano dalla cava della Tacca Bianca la cave dei Colonnoni.
 I ferri sostenevano infatti passerelle in legno arditamente sospese sul vuoto e non deve essere stato uno scherzo soprattutto preparare questo percorso, ormai da tempo in rovina.
Dopo la visita ripartiamo salendo su di una scala che ci permette di salire attraverso quello che rimane di una vecchia lizza verso la Tacca Bianca. Ci troviamo di fronte altre sale scavate nel marmo, visitiamo anche queste, sono in collegamento con quelle più basse della cava Fitta,
 ancora si vedono gli attrezzi del lavoro quotidiano e le scalette dei “tecchiaioli”, proseguiamo ancora brevemente e dopo un'ultima salita siamo alla Tacca Bianca a quota 1200mt. All'esterno della cava ancora i ruderi della teleferica a contrappesi che saliva dalla valle di Seravezza, ci testimonia ancora il tipo di lavoro che veniva praticato.
Qui in una nicchia ricavata nella parete della montagna, c'era una scultura raffigurante
la Madonna del Cavatore del grande artista Pietrasantino Leone Tommasi che nel 1979 fu rimossa e portata alla località La Polla dove venne costruita una cappellina in suo onore.
Recentemente con la lungimiranza e la passione per la montagna della nipote del grande artista, Paola Tommasi, è stata è stata posta nell'originale nicchia, appunto della Tacca Bianca, una copia fedele in resina che allo sguardo appare in tutto e per tutto in marmo. Uno splendido lavoro.
Il giorno dell'inaugurazione c'è stata una cerimonia che ha portato alle cave di bianco della Ditta Henraux un centinaio tra appassionati di montagna, fedeli e soprattutto famiglie legate all’antico lavoro dell’escavazione del marmo.
Articolo in merito del Tirreno
Tornando a noi:
devo dire che proviamo una certa emozione nel sapere che questi luoghi sono stati visitati da artisti come Michelangelo, scegliendo lui stesso quali blocchi per le sue sculture .
Questa cava veniva raggiunta dai cavatori di Arni salendo dall’alto del  paese apuano al Passo del Vaso Tondo, valico a quota 1380 sulla cresta est dell’Altissimo, per poi scendere un ripido vallone per un centinaio di metri e quindi raggiungere la cava sfruttando una cengia scavata nella parete che la taglia  orizzontalmente.
E' questo il percorso che ci accingiamo a percorrere; come già detto si tratta di un tragitto relativamente facile ma al quanto esposto, molto esposto! Noi lo affronteremo nel senso inverso, cioè dalla Tacca Bianca al Passo del Vaso Tondo.
Come già detto il sentiero, ovvero la cengia si snoda sulla ripidissima parete ovest dell’ Altissimo lunga circa 500 mt. e larga
dai 70 a 80 cm. max. Una volta sulla parete c’ erano dei cavi che potevano fare sicurezza, ora non è rimasto che qualche raro chiodo un po’ arrugginito, non è di per se difficile ma è sconsigliato per le persone che soffrono di vertigini, la forte esposizione ci obbliga a proseguire con cautela visto l'esiguità della larghezza.
Usciti dal Vaso Tondo una ripida salita in un canale ci porta in breve tempo sulla cresta che guarda le cave delle Cervaiole e precisamente al Passo del Vaso Tondo
( 1471 mt). Non ci resta ora che andare in vetta all’ Altissimo (1589 mt.).
Continuiamo la salita, alziamo lo sguardo e vediamo la vetta ormai vicina; lungo il sentiero si trova una vecchia conduttura dell'acqua da non scambiare per corrimano in quanto alquanto instabile, e vediamo quello che resta delle postazioni della linea gotica, piazzole d'avvistamento sulla valle sottostante e alcune grotte scavate a mano probabilmente come ricovero e magazzino.
Giunti sulla parete est iniziamo la salita terminale alla vetta. Poi ancora una svolta verso sinistra e un ultimo strappo.... eccoci siamo finalmente in vetta, dal Passo del vaso Tondo ci abbiamo messo circa mezz'ora.
La soddisfazione di essere tutti assieme in cima ad una montagna è enorme e questo ci ripaga della fatica che è occorsa per arrivare sin quì.
Dalla vetta dell'Altissimo  il panorama spazia a 360, infatti
un ampio tratto della costa toscana si pone davanti a noi, poi verso nord ovest appare ben visibile il promontorio di Lerici ma anche il golfo di La Spezia con le isole di Palmaria e Tino. Portando lo sguardo verso nord spicca l’affilato spigolo di Monte Sagro, ultima grande cima apuana muovendo verso nord; alla sua destra ecco il cocuzzolo di Monte Tambura e il pronunciato valico di Passo Sella; con vicino l’erbosa vetta del Fiocca e la grande parete rocciosa del Sumbra quindi un tratto della Garfagnana oltre la quale è presente come una barriera il crinale appenninico. Infine, verso sudest, ecco un altro bel gruppo di famose vette Apuane: in primo piano, da sinistra a destra, il Freddone e Monte Corchia; fra i due, ma più in lontananza, ecco la Pania Secca, il Pizzo delle Saette e la Pania della Croce, forse la più famosa tra le vette del gruppo sebbene non sia la più elevata.
 La vetta è alquanto affollata oggi e siamo costretti a spostarci sulla cresta nord est per riposarci un pò e consumare il nostro pranzo.
Dopo aver pranzato e fatto  le solite foto ci spostiamo più in basso sul sentiero 143 sul filo di cresta nord est  che ogni tanto ci permette di affacciarsi sugli impressionanti strapiombi meridionali, dalla vetta scendiamo verso l'ante cima ovest per una facile cresta con passaggi di primo grado ma molto scosceso e su sfasciumi.
Si potrebbe percorrere il sentiero 143 che si mantiene più a settentrione a mezza costa della cresta ma preferiamo percorrere la più divertente cresta.
Arrivati al Passo degli uncini prendiamo il sentiero n° 33 he scende verso nord, si prosegue nel fitto bosco di faggi dove sono numerose formazioni carsiche. Seguiamo per tornantini sempre nella faggeta, passiamo davanti all'imbocco, protetto, di un profondo pozzo, in breve siamo alla marmifera che viene dalle cave del Fondone che seguiamo per pochi minuti sino a trovare sulla destra il sentiero n° 41, quello che abbiamo percorso al mattino sino alla Foce del Fratino.
Prendiamo una mulattiera fatta costruire dai tedeschi durante l'ultimo conflitto mondiale
per permettere di raggiungere facilmente il crinale e le strutture difensive della Linea Gotica.
 Questo tratto del sentiero percorre il Canale di Grotta Giancona , arriviamo in una zona aperta e vediamo il Sella e Macina, poi rientriamo  nel bosco e proseguendo per mulattiera torniamo al piazzale delle Gobbie di fronte all'omonimo ristorante.

 Anche oggi è stata una giornata memorabile sia per il percorso, sia per i panorami, ma soprattutto perché quando un gruppo di amici condivide tanta bellezza rimangono ricordi negli occhi e nel cuore indelebili.

Foto escursione

 

L’Altissimo nella poesia  Il monte ispirò anche il poeta Gabriele d’Annunzio

“Il Peplo Rupestre”
Mutila dea, tronca le braccia e il collo,

la cima dell’Altissimo t’è ligia.
È tua la rupe onde alla notte stigia
discese il bianco aruspice d’Apollo.
La cruda rupe che non dà mai crollo,
o Nike, il tuo ventoso peplo effigia!
La violenza delle tue vestigia
eternalmente anima il sasso brollo.
Quando sul mar di Luni arde la pompa
del vespro e la Ceràgiola è cruenta
sotto il monte maggior che la soggiòga,
sembra che dispetrata a volo irrompa
tu negli ardori e sul mio capo io senta
crosciar la foga dell’immensa foga.

   

 


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