E' molto tempo che non visitiamo le
cave del monte Altissimo e oggi abbiamo deciso di tornarci e
andare per le vecchie vie di camminamento e trasporto blocchi,
le lizze, dei cavatori. Esattamente il clou dell'escursione
sarà nell'attraversamento del sentiero della Tacca Bianca
conosciuto anche per il Vaso Tondo. Siamo in quattro, numero
giusto per questa escursione, Monia, Valentina, Alessio e io,
Alessandro. Ci diamo appuntamento a Massa e da lì ci
apportiamo attraverso il passo del Vestito alle Gobbie sopra il
paese di Arni in lucchesia, nel comune di Stazzema. Lasciamo
l'auto nello spazio davanti al ristorante omonimo e subito
prendiamo il sentiero 41, sarebbe meglio prendere il 33 che sale
direttamente al Passo degli Uncini, sempre lì vicino, ma
decidiamo che lo useremo per il ritorno. Iniziamo la salita
su mulattiera nel folto dei faggi di uno splendido caldo colore
autunnale, nel proseguire troviamo il piano inclinato ancora ben
conservato per la discesa dei blocchi di marmo. Giungiamo infine
alla strada di cava che ben presto lasciamo per reimmetterci sul
sentiero 41, come già detto il 33 lo prenderemo in discesa ed è
poco più a sinistra sulla strada di cava. Seguiamo questo
sentiero, più lungo ma che ci porta a percorrere tutti i due
passi che ci sono, il Passo Del Frate o dell'Angiola e il Passo
degli Uncini, mentre sulla cresta opposta troveremo il Passo del
Vaso Tondo. Proseguiamo seguendo il tracciato a zig zag di
una mulattiera ben conservata, almeno a tratti tra i faggi.
Quando usciamo dal bosco o gli alberi si fanno più radi il
sentiero diventa più erto e questo ci indica che siamo quasi al
passo. Lasciamo la mulattiera e con un'ultima ripida salita su
tornanti e siamo al Passo del Frate/ Passo della Angiola a
quota mt. 1327, nome che deriva, probabilmente o quasi
certamente, dalla formazione rocciosa che ricorda la
sagoma di un frate.
Il Frate ci dà il benvenuto, ci rammarichiamo perché sulla
formazione rocciosa qualche intelligente ha scritto "Fratino"
come se sapere che quello è il Fratino è cosa indispensabile.
Da qui iniziamo a scorgere la costa e verso ,
Comunque da
qui si apre una vista magnifica, se il tempo lo permette, sul
litorale e voltandoci all'interno spiccano il Sumbra e il
Fiocca, riprendiamo la via seguendo il sentiero 143, la via di
salita per l'Altissimo da questo lato. Con questo percorso
costeggiamo la spettacolare cresta degli Uncini e le vette
apuane si mostrano in tutta la loro bellezza: a nord il Sagro,
gli affascinanti Contrario e Cavallo, la Tambura, fino a
spostarci verso sud con il Sella, il Macina, Sumbra e ancora più
a sud il gruppo delle Panie. Percorrendo facili roccette e
camminando sul lato nord rientriamo nel bosco che ogni tanto si
apre mostrandoci la costa. Raggiungiamo così il Passo degli
Uncini a quota 1380 mt.
Dritto prosegue il CAI 143 per il
passo della Greppia, noi lasciamo il sentiero CAI e scendiamo
nel canalone a sinistra, sul lato mare per traccia evidenziata
da bolli rossi che in breve gira con direzione sud/est. Il
primo tratto scende tra paleo, detriti assai insidiosi, sulle
nostra destra splendide guglie. Attraversiamo verso sinistra in
discesa, continuando arriviamo al tratto attrezzato con cavo
d'acciaio e anche alcune staffe metalliche che aiutano a
superare un risalto. Le cave della Tela e dei Colonnoni sono
ormai a vista attraversiamo un ravaneto e giungiamo nel piazzale
dove venivano stoccati i blocchi di marmo, ancora ce ne sono
conservati, inoltre vi sono ancora due grossi vasconi per la
raccolta dell'acqua, interessante anche un edificio sotto roccia
(casa d'abrì), presso il quale si può scendere a una grotta con
una vasca in marmo per la raccolta dell'acqua. La cosa più
spettacolare è " l'Occhio dell'Altissimo " un'apertura nella
montagna che si apre sul piazzale della Cava della Tacca Bianca
e dal quale si gode un bel panorama sul Cavallino di Azzano e
sulla costa. Questo intaglio, alto qualche decina di metri, è
dovuto all'attività dell'uomo alla ricerca del famoso statuario
della zona, tra l'altro le cave sottostanti a quella della Tacca
Bianca (Fitta e Macchietta) si sviluppano proprio nel ventre
della montagna. Affacciandoci si scorge il piazzale della
cava sottostante e in basso sulla destra l'arrivo del
Sentiero dei Tavoloni che un tempo univa la
cava dei Colonnoni e quella della Tacca Bianca in quanto le due cave in linea d’aria sono
vicine ed erano congiunte da una serie di passerelle dette "
I Tavoloni " che sorrette da grossi pali di
ferro conficcati nella roccia, sotto un vuoto veramente
vertiginoso. Queste costruzioni furono fatte dai cavatori per
risparmiare tempo e fatica, senza dovere riscendere al bivio e
poi risalire il monte per altri 40 / 50 minuti.
Ormai, purtroppo non resta niente solo i fittoni metallico che
reggevano le tavole, sarebbe
bello che qualche associazione, magari importante e
amministrazioni decidessero di ripristinare tale percorso e
magari sfruttare il sito di queste cave come testimonianza della
cultura del marmo quando lo sfruttamento non era così invasivo
come ai nostri giorni e non perdendo tali testimonianze quando
l'incuria e il tempo non lasceranno più niente per ricordare
alle generazioni future il sacrificio dei nostri antenati nel
portare a casa il pane quotidiano rischiando ogni momento la
propria vita.. Torniamo indietro e prendiamo
la via di lizza e ci dirigiamo verso la sottostante cava
dei Colonnoni. Scendiamo in ripidissima discesa e ci teniamo
a sinistra dove sono presenti degli scalini. Vi sono molte
testimonianze del duro lavoro che veniva svolto nelle cave la
testimonianza più evidente sono i fori dove erano alloggiati i
piri di c, attorno ai quali venivano avvolte le funi che
trattenevano i blocchi di marmo, le così dette Cariche, lungo
la lizza troviamo ancora un dei piri di legno e uno molto bello
di
marmo con
le scanalature prodotte dall'attrito delle corde. Scendiamo
sulla ripidissima via, sfruttando, dove ci sono degli scalini
scavati nella roccia che servivano per i cavatori per salire o
scendere più agevolmente. La lizza è stata tagliata dalla
strada marmifera che porta alla vicina cava Fitta e per forza di
cose ci dobbiamo calare per circa cinque metri, per fortuna qui
è stata messa una corda fissa per permettere di salire o
scendere facilmente.
Ci
troviamo su un pianoro strappato alla montagna, lo sguardo si
sofferma sulla costa, un grande blocco lasciato lì appena
abbozzato in una faccia ci da testimonianza di come era il lavoro di cava e di
cosa significava vivere tutta una vita tra queste pareti.
Abbandonati, silenziosi e seminascosti sono luoghi inquietanti
ma affascinanti come pochi altri.
Visitiamo le grandi sale scavate nel ventre della montagna,
sembrano sale di cattedrali gotiche e rimaniamo stupefatti
dell'ingegno dell'uomo.
Alziamo
lo sguardo verso l’alto
e vediamo, infissi nella parete
verticale, i sostegni del percorso dei “Tavoloni”, quello che
come già detto, i cavatori raggiungevano dalla cava della Tacca Bianca la
cave dei Colonnoni. I ferri sostenevano infatti passerelle
in legno arditamente sospese sul vuoto e non deve essere stato
uno scherzo soprattutto preparare questo percorso, ormai da
tempo in rovina. Dopo la
visita ripartiamo salendo su di una scala che ci permette di salire attraverso
quello che rimane di una vecchia lizza verso la Tacca Bianca. Ci
troviamo di fronte altre sale scavate nel marmo, visitiamo anche
queste, sono in collegamento con quelle più basse della cava
Fitta,
ancora si
vedono gli attrezzi del lavoro quotidiano e le scalette dei “tecchiaioli”,
proseguiamo ancora brevemente e dopo un'ultima salita siamo alla
Tacca Bianca a quota 1200mt. All'esterno della cava ancora i
ruderi della teleferica a contrappesi che
saliva dalla valle di Seravezza,
ci testimonia ancora il tipo di lavoro che veniva praticato.
Qui in una nicchia ricavata nella parete della montagna, c'era
una scultura raffigurante
la
Madonna del Cavatore del grande
artista Pietrasantino
Leone Tommasi che nel
1979 fu rimossa e portata alla località La Polla dove venne
costruita una cappellina in suo onore. Recentemente con la
lungimiranza e la passione per la montagna della nipote del
grande artista, Paola Tommasi, è stata è stata posta
nell'originale nicchia, appunto della Tacca Bianca, una copia
fedele in resina che allo sguardo appare in tutto e per tutto in
marmo. Uno splendido lavoro. Il giorno dell'inaugurazione c'è
stata una cerimonia che ha portato alle cave di bianco della
Ditta Henraux un centinaio tra appassionati di montagna, fedeli
e soprattutto famiglie legate all’antico lavoro dell’escavazione
del marmo.
Articolo in merito del Tirreno
Tornando a noi: devo dire che proviamo una certa emozione nel sapere che questi
luoghi sono stati visitati da artisti come Michelangelo,
scegliendo lui stesso quali blocchi per le sue sculture .
Questa cava veniva
raggiunta dai cavatori di Arni salendo dall’alto del paese
apuano al Passo del Vaso Tondo, valico a quota 1380 sulla cresta
est dell’Altissimo, per poi scendere un ripido vallone per un
centinaio di metri e quindi raggiungere la cava sfruttando una
cengia scavata nella parete che la taglia orizzontalmente.
E' questo il percorso che ci accingiamo a percorrere; come già
detto si tratta di un tragitto relativamente facile ma al quanto
esposto, molto esposto! Noi lo affronteremo nel senso inverso,
cioè dalla Tacca Bianca al Passo del Vaso Tondo. Come già
detto il sentiero, ovvero la cengia si snoda sulla ripidissima
parete ovest dell’ Altissimo lunga circa 500 mt. e larga
dai 70 a 80
cm. max. Una volta sulla parete c’ erano dei cavi che
potevano fare sicurezza, ora non è rimasto che qualche raro
chiodo un po’ arrugginito, non è di per se difficile ma è
sconsigliato per le persone che soffrono di vertigini, la forte
esposizione ci obbliga a proseguire con cautela visto l'esiguità
della larghezza. Usciti dal Vaso Tondo una ripida salita in
un canale ci porta in breve tempo sulla cresta che guarda le
cave delle Cervaiole e precisamente al Passo del Vaso Tondo
( 1471 mt).
Non ci resta ora che andare in vetta all’ Altissimo (1589 mt.).
Continuiamo la salita, alziamo lo sguardo e vediamo la vetta
ormai vicina; lungo il sentiero si trova una vecchia conduttura
dell'acqua da non scambiare per corrimano in quanto alquanto
instabile, e vediamo quello che resta delle postazioni della
linea gotica, piazzole d'avvistamento sulla valle sottostante e
alcune grotte scavate a mano probabilmente come ricovero e
magazzino. Giunti sulla parete est iniziamo la salita
terminale alla vetta. Poi ancora una svolta verso sinistra e un
ultimo strappo.... eccoci siamo finalmente in vetta, dal Passo
del vaso Tondo ci abbiamo messo circa mezz'ora.
La
soddisfazione di essere tutti assieme in cima ad una montagna è
enorme e questo ci ripaga della fatica che è occorsa per
arrivare sin quì. Dalla
vetta dell'Altissimo il panorama spazia a 360, infatti
un
ampio tratto della costa toscana si pone davanti a noi, poi
verso nord ovest appare ben visibile il promontorio di Lerici ma
anche il golfo di La Spezia con le isole di Palmaria e Tino.
Portando lo sguardo verso nord spicca l’affilato spigolo di
Monte Sagro, ultima grande cima apuana muovendo verso nord; alla
sua destra ecco il cocuzzolo di Monte Tambura e il pronunciato
valico
di Passo Sella; con vicino l’erbosa vetta del Fiocca e la grande
parete rocciosa del Sumbra quindi un tratto della Garfagnana
oltre la quale è presente come una barriera il crinale
appenninico. Infine, verso sudest, ecco un altro bel gruppo di
famose vette Apuane: in primo piano, da sinistra a destra, il
Freddone e Monte Corchia; fra i due, ma più in lontananza, ecco
la Pania Secca, il Pizzo delle Saette e la Pania della Croce,
forse la più famosa tra le vette del gruppo sebbene non sia la
più elevata. La vetta
è alquanto affollata oggi e siamo costretti a spostarci sulla
cresta nord est per riposarci un pò e consumare il nostro
pranzo. Dopo aver pranzato e fatto le solite foto ci
spostiamo più in basso sul sentiero 143 sul filo di cresta nord
est che ogni tanto ci permette di affacciarsi sugli
impressionanti strapiombi meridionali, dalla vetta scendiamo
verso l'ante cima ovest per una facile cresta con passaggi di
primo grado ma molto scosceso e su sfasciumi. Si potrebbe
percorrere il sentiero 143 che si mantiene più a settentrione a
mezza costa della cresta ma preferiamo percorrere la più
divertente cresta. Arrivati al Passo degli uncini prendiamo
il sentiero n° 33 he scende verso nord, si prosegue nel fitto
bosco di faggi dove sono numerose formazioni carsiche. Seguiamo
per tornantini sempre nella faggeta, passiamo davanti
all'imbocco, protetto, di un profondo pozzo, in breve siamo alla
marmifera che viene dalle cave del Fondone che seguiamo per
pochi minuti sino a trovare sulla destra il sentiero n° 41,
quello che abbiamo percorso al mattino sino alla Foce del
Fratino. Prendiamo una mulattiera fatta costruire dai
tedeschi durante l'ultimo conflitto mondiale
per permettere di
raggiungere facilmente il crinale e le strutture difensive della
Linea Gotica. Questo
tratto del sentiero percorre il Canale di Grotta Giancona ,
arriviamo in una zona aperta e vediamo il Sella e Macina, poi
rientriamo nel bosco e proseguendo per mulattiera torniamo
al piazzale delle Gobbie di fronte all'omonimo ristorante.
Anche
oggi è stata una giornata memorabile sia per il percorso, sia
per i panorami, ma soprattutto perché quando un gruppo di amici
condivide tanta bellezza rimangono ricordi negli occhi e nel
cuore indelebili.
Foto
escursione
L’Altissimo nella poesia
Il monte ispirò anche il poeta Gabriele d’Annunzio
“Il Peplo Rupestre”
Mutila dea, tronca le braccia e il collo,
la cima
dell’Altissimo t’è ligia.
È tua la
rupe onde alla notte stigia
discese il bianco
aruspice d’Apollo.
La cruda
rupe che non dà mai crollo,
o Nike, il
tuo ventoso peplo effigia!
La violenza
delle tue vestigia
eternalmente
anima il sasso brollo.
Quando sul
mar di Luni arde la pompa
del vespro e
la Ceràgiola è cruenta
sotto il
monte maggior che la soggiòga,
sembra che
dispetrata a volo irrompa
tu negli
ardori e sul mio capo io senta
crosciar la
foga dell’immensa foga.
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