04/03/2018 Portofino - Camogli
.......Che fai, se stai lì da solo, in due
più azzurro è il tuo volo. Amico è bello, amico è tutto, è l'eternità, è quello
che non passa mentre tutto và.
" Amico" Renato Zero
Percorso: Porto Fino, San
Fruttuoso, Passo del Bacio, Le Batterie, San Rocco, Camogli Dislivello
in salita: 850 m circa
Tempo di percorrenza: 2 ore da
Portofino a San Fruttuoso, 3 ore da San Fruttuoso a Camogli
Come
Arrivare:
In
treno fino alla stazione di Santa Margherita Ligure, poi con la
corriera (ATP) fino a Portofino.
In auto si esce al
casello autostradale di Rapallo, poi si gira a destra per Santa
Margherita Ligure e Portofino.
Sentieri:
Segnalazioni F.I.E Quadrati, bolli o triangoli rossi, comunque
ben segnalato anche da paline indicative.
+
+
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Classificazione:
E da Portofino a San
Fruttuoso - EE da San fruttuoso a Camogli
dove ci sono numerosi tratti esposti e vari
passaggi su roccia attrezzati con catene.
Tempo di
percorrenza: h6,30
Acqua:
Località Fornelli ( Le Batterie)
Punti sosta:
Alle
Batterie
piccolo rifugio-bar e ufficio informazioni
mantenuto e gestito dall'ente parco ( non sempre aperto), al
borgo di San Rocco
Traccia Google Earth -
Traccia GPS
Mappa
Periodo
consigliato: Tutto l'anno, è
sconsigliato effettuare l'escursione
nei mesi estivi! Settembre potrebbe
essere un ottimo compromesso per evitare la calura e l'affollamento
eccessivo, l'inverno ha un fascino malinconico nei paesini della
riviera, le spiagge sono deserte, i turisti spariti. A vostro gusto!
Questa escursione si sviluppa su un sentiero
che percorre tutto il versante marittimo della montagna, permettendo di
effettuare la traversata completa da Portofino a Camogli. L'escursione
si svolge in un paesaggio aspro e selvaggio: ripidi costoloni rocciosi
si tuffano direttamente in mare, racchiudendo piccole vallette
appartate.
Siamo solo in quattro ( Emanuela, Giuseppina, Alessandro e Danilo) ma non rinunciamo a muovere un pò le gambe; dopo molte domeniche sulla neve questa volta vogliamo andare a fare un giro respirando aria di mare e questo ci porta nel Parco di Portofino. Il Parco di Portofino offre una visione sintetica della costa ligure, sia dal punto di vista naturalistico sia da quello storico-antropologico. L'assetto attuale del territorio è infatti il risultato di una originale forma di evoluzione tra natura e attività umana, che ha dato luogo a una sorprendente varietà di sistemi biologici e di ambienti, ma anche a una specifica cultura materiale (alla confluenza di tre "civiltà": quella marinara, quella dell'ulivo, e quella del castagno). Una fittissima rete di sentieri attraversa ambienti selvaggi, insediamenti rurali e borghi marinari ricchi d'arte e storia, offrendo paesaggi che sono ormai entrati nella leggenda visiva del Mediterraneo. E' in questo particolare contesto ambientale che, quest'oggi andiamo ad effettuare la nostra escursione. Ci diamo appuntamento a Spezia da dove proseguiremo il viaggio in treno sino a Santa Margherita Ligure, da quì dobbiamo prendere un pullman che ci porta sino a Portofino che troviamo semideserta e bellissima. Una rapida visita del borgo e subito imbocchiamo la stradina, che inerpicandosi in discreta salita, porta sul promontorio che separa Portofino da Santa Margherita. Qui i sentieri non hanno la classica numerazione CAI ma riportano la simbologia adottata dal F.I.E., nel nostro caso due punti di vernice rossa. Sarà, forse, per la salita che dobbiamo affrontare appena partiti ma il sentiero viene subito ribattezzato con una colorita espressione versiliese: sentiero "due palle!" ("dù palle"! per esattezza). Per chi volesse eventualmente ripetere il nostro percorsi diciamo che , oltre alla segnaletica FIE esiste anche quella del Parco: inizialmente si devono seguire le indicazioni per Portofino Vetta. Dopo pochi minuti il panorama diventa dapprima emozionante e poi mozzafiato, come d'incanto la fatica scompare per lasciare il posto al piacere di una simile vista; il panorama si mischia quasi subito ai reperti della storia ligure con l'incantevole chiesetta di San Sebastiano, e il bel mosaico raffigurante lo stemma della famiglia Doria che accoglie i viandanti all'arrivo sul sagrato. Giunti al bivio dobbiamo svoltare sulla sinistra, non senza aver prima ammirato uno dei più belli scorci della baia di Portofino, per dirigerci verso San Fruttuoso, la nostra prima meta. Il sentiero prosegue agevole e, seppur con leggeri saliscendi, non è per niente faticoso; è invece estremamente panoramico, snodandosi ora in un percorso che consente di vedere quasi costantemente il mare e le tante piccole insenature. La vegetazione, inizialmente costituita in gran parte da olivi, viene ora gradualmente sostituita da un gran numero di corbezzoli, stipe e arbusti caratteristici della macchia mediterranea. Giunti in località Prato si gira decisamente a destra e, con una salita ripida, si giunge ad uno spiazzo da dove si dipartono due sentieri. Andiamo verso sinistra, che inizialmente è fiancheggiato da una staccionata. Entrati nella boscaglia mista ad arbusti, proseguiamo con brevi saliscendi sul versante a picco sulla Cala degli Inglesi, con spettacolari panorami sul mare. Guadiamo il piccolo Rio Ruffinale (alcune catene aiutano in caso che vi scorri acqua come oggi), poi prendiamo quota con alcuni tornanti e scavalchiamo un panoramico costone. Poi, proseguiamo in piano tra pini e arbusti e in breve siamo sulla cresta dove si trovano i ruderi della " Base 0 ". Il toponimo deriva da “base ou”, cioè “base dell'oro”. Una breve deviazione a sinistra, attrezzata con catene per facilitare il passaggio, porta ad uno spettacolare punto panoramico. Raggiunto al località " Base 0 " dove esiste un rudere che ricorda l'ultimo conflitto e un'area picnic; per questo vista anche l'area panoramica e comodi tavoli e panche decidiamo di pranzare qui. Non ci attardiamo molto in quanto il celo si fa' minaccioso e si è alzato anche un freddo vento, ma mi rifiuto di partire sinché non abbia spazzolato il magnifico castagnaccio che sa fare l'Emanuela, bravissima ti merita un bacio con lo schiocco!!!! Trascurando il segnavia “triangolo rosso pieno” che sale a destra verso le Pietre Strette, andiamo dritti e imbocchiamo la mulattiera che perde quota rapidamente, con numerosissimi stretti tornanti nel bosco di lecci, giungiamo ad una piattaforma in cemento per l'atterraggio degli elicotteri, e continuiamo a scendere con gli ultimi tornanti e si sbuca nella prima delle due insenature che costituiscono la baia di San Fruttuoso. Con una breve salita si va ad aggirare il dosso dove sorge la Torre Doria, poi si scende al piccolo borgo di San Fruttuoso. Costituito da una piccola spiaggia, dalla monumentale abbazia, dalla chiesa, la torre dei Doria e da poche casette che si specchiano nel blu smeraldo del mare, su un fondo verde scuro di pini. La costruzione dell'eremo, destinato a diventare l'abbazia, secondo la leggenda si attribuisce a cinque monaci spagnoli, provenienti da Terragona, che affrontarono un lungo viaggio per portare le reliquie del Vescovo Fruttuoso morto sul rogo insieme ai diaconi Eulogio e Augurio. Fu proprio il vescovo, apparso in sogno ai monaci, ad indicare loro il posto sulla costa ligure dove dovevano essere sepolti i suoi resti. Passiamo sotto la torre dei Doria, ora adibita a museo, prima di inoltrarci nel piccolo borgo. La torre dei Doria, con il grande stemma della famiglia, l'aquila e le iniziali di Johannes Andreas Auria, viene costruita nel XVI secolo da Andrea Doria, per avvistare in tempo il pericolo che arrivava dal mare e poter proteggere il borgo. Raggiungiamo la minuscola spiaggia antistante l'Abbazia. La piccola spiaggia davanti all'abbazia si è formata nel 1915, durante un violento nubifragio che portò a valle i detriti del torrente in piena. Questa alluvione provocò anche il crollo della prima campata della chiesa che è poi stata "accorciata" nel restauro iniziato nel 1933 e ripreso nel 1986 dal FAI (Fondo per l'Ambiente), per concludersi nel 1991. Di questi tempi, fuori stagione, il luogo è deserto, solo la chiesa è la biglietteria del museo dell'abazia sono aperti, il custode sperava che avessimo fatto visita al monumento ma abbiamo dovuto deluderlo perché la nostra meta, Camogli è ancora lontana. Abbiamo scelto di seguire il sentiero che parte dal piccolo porticciolo e subito si presenta ripido e tortuoso, e dopo pranzo recentemente fatto con il castagnaccio sullo stomaco la salita si fa sentire. Camminando tra vegetazione mista, rupestre e gariga alternata a verdi "tunnel" di forteto (stadio intermedio tra macchia e bosco), attraversiamo un boschetto di lecci passiamo accanto vicino ad una vecchia piazzola dei carbonai, poi si raggiunge il punto di valico sulla Costa del Termine lungo il versante occidentale della Cala dell'Oro, uno degli angoli più belli e selvaggi del promontorio. Superati i primi passaggi su roccia attrezzati, si guada il rio della Cala dell'Oro (in genere in secca, oggi no!), poi si taglia sul lato opposto con brevi saliscendi, incontrando numerosi passi esposti o malagevoli su roccia attrezzati con catene. Il passaggio più difficile e pericoloso è costituito dall'attraversamento di un lastrone di conglomerato scivoloso e molto inclinato, lungo una quindicina di metri, in cui le catene sono indispensabili. Con dislivelli ripetuti e tratti esposti sulle scogliere sottostanti giungiamo al famoso Passo del Bacio. Si tratta di una spettacolare cengia a picco sul mare, attrezzata con catene e attraversata dal sentiero segnalato per superare una parete rocciosa altrimenti invalicabile. Di solito viene considerato il passaggio chiave dell'itinerario, ma in realtà è molto più agevole di alcuni passaggi attrezzati nel vallone della Cala dell'Oro. Il nome del luogo deriva da una leggenda: una coppia di giovani amanti, la cui unione era osteggiata dalle rispettive famiglie, si sarebbe gettata in mare da questo passaggio dopo un ultimo bacio per evitare la separazione. Da qui, abbiamo percorso l'anfiteatro roccioso compreso tra Punta Budego e Punta Chiappa ed aggirando le pendici del Monte Campana, con repentini cambi di panorama, siamo arrivati alla località Fornelli (ore 2,00), oggi detta "Batterie" per la presenza dei bunker militari tedeschi dell'ultima guerra usati appunto per le batterie di difesa antiaerea. Accanto ai ruderi delle vecchie postazioni militari che danno il nome alla località, c'è un piccolo rifugio-bar mantenuto e gestito dall'ente parco, oggi chiuso come non buttava acqua la fontana davanti al bar. Oltrepassate le batterie siamo giunti allo sperone roccioso sovrastante Punta Chiappa dal quale si gode un eccellente panorama sul versante occidentale del promontorio e, nelle belle giornate, su tutta la Riviera di Ponente fino a Capo Mele e sulla catena alpina, fino alle cime più alte delle Alpi Marittime e Cozie purtroppo la giornata oggi non è propizia. A questo punto abbiamo trovato una sorgente, sorgente Vegia, utile per far rifornimento nei mesi caldi. Da qui, attraverso una rada pineta ed i coltivi, siamo giunti al paesino della Mortola, dove la mulattiera si trasforma in stradina. Sorpassiamo anche l'abitato di Poggio giungiamo infine al piccolo borgo di San Rocco, il cui sagrato della Chiesa è una vera terrazza sul magnifico panorama offerto dal Golfo Paradiso. Visto l'ora tarda non ci attardiamo e prendiamo subito l'antica strada pedonale, una mulattiera scalinata. Attraverso un percorso all'interno della campagna camoglina, dove il paesaggio conserva ancora evidenti i segni dell'economia di villa: vicina agli ulivi si trovano fichi, un po' di vigna, il prato per sfalciare l'erba per i conigli, gli olmi per le bestie più grandi, alberi da frutta e l'immancabile orto ricco di verdura ed ortaggi. Così, oltre i muri di cinta che costeggiano il sentiero, si intravedono le case con la loro armoniosa irregolarità. Scendendo giù per una lunghissima scalinata che mette alla prova le ginocchia, giungiamo al ponte sul torrente Gentile e tenendo la destra orografica proseguiamo su una stradina che ci porta vicino alla stazione ferroviaria dove con qualche peripezia riusciamo a prendere un treno utile che ci porterà a Spezia. Bellissima escursione diversa dalle nostre solite escursioni che ci vedono vagabondare tra ripidi pendii e rocce affilate, in un primo momento si potrebbe pensare ad un'escursione banale ma alla fine ci siamo trovati tutti soddisfatti e la fatica nelle gambe ci ricordava che non era poi così tanto banale. Foto escursione Se vuoi unirti a noi apuano@email.it
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