Oggi,
finalmente, andrò in uno dei più belli e suggestivi posti
delle Apuane; questo posto è la Carcaraia.
La Carcaraia, un bianco
fazzoletto di calcare racchiuso tra Pisanino e Tambura e tra
Roccandagia e Cavallo, è stata e lo è tutt’ora meta ricca di
fascino per gli speleologici.
La presenza di un carsismo esasperato ha generato
una concentrazione di abissi che superano i mille metri di
profondità tra le più alte al mondo;
la più profonda l’Abisso “ Paolo Roversi”,
la grotta più profonda d’Italia con i suoi 1.350mt di
dislivello, circondato da un complesso carsico profondo ed
esteso a cui si accede da pochi ingressi.
Sono stato invitato ad unirmi al gruppo degli
Indipiendentes Apuanos da Diegone ( Diego Steffanini) il
referente del gruppo e io ho accettato molto volentieri di
unirmi a loro per un'escursione più che unica. Insieme a
noi anche membri del gruppo escursionistico Pegaso, in
totale siamo in quattordici. Giungiamo a Gorfigliano chi da
Aulla chi da Castelnuovo di Garfagnana. Lasciamo le auto in
prossimità dell'acquedotto sulla strada che da Gorfigliano
porta a Campo Catino, poco prima c'è una strada, sempre
asfaltata, che si potrebbe percorrere per un buon tratto,
sino ad una galleria scavata nella roccia. Ma temiamo che ci
sia ancora ghiaccio sulla strada e non sia percorribile.
Dopo esserci caricati gli zaini e calzato gli scarponi da
neve iniziamo la nostra escursione percorrendo appunto la
strada che si rivela essere pulita e che si poteva benissimo
arrivare vicino alla galleria, ma che fà un pò di strada in
più? siamo venuti per camminare e allora forza camminare!!!
Giungiamo alla galleria la strada diventa sterrata, strada
di cava, la percorriamo per alcuni tornanti e poi la
presenza di ghiaccio ci obbliga a calzare i ramponi.
Riprendiamo il percorso alternando tratti ghiacciati e
tratti puliti dove i ramponi non gradiscono essere messi
così alla prova! Quando giungiamo ad un bivio tra la strada
per cave Focolaccia a destra e cave Carcaraia a sinistra,
noi prendiamo per questu'ultima. Proseguiamo in salita
anche se non molto ripida e in breve giungiamo il piazzale
della cava dove non possiamo fare a meno di notar e lo
scempio che viene fatto delle nostre bellissime e uniche
montagne. Riprendiamo il cammino attraversando il piazzale
della cava e prendendo una breve strada sulla destra, poi
entriamo subito nel bosco, la direzione che dobbiamo seguire
è la Sella
Roccandagia depressione non molto netta tra Tambura e Roccandagia
che , però, ancora non si vede. Teniamo
pressappoco il fondovalle stando un po' a destra del canale.
Il bosco si fa via via più ripido e iniziamo ad affrontare
le prime ripide salite e impegnativi traversi, devo dire che
tutti si sono ben impegnati nella progressione, ogni tanto
un consiglio a qualcuno ma tutto sommato la tecnica è
soddisfacente. La fatica viene
intanto ricompensata dalla vista che ci si pone dinnanzi, tra i
faggi distinguiamo il
Pisanino , il
Cavallo e la
Roccandagia. Usciamo finalmente dalla macchia di faggi e
siamo allo scoperto siamo in pieno sole e temiamo che la temperatura
appesantisca la neve. Ci troviamo
in un ambiente di rara
bellezza disseminato di dossi, valloncelli, doline e conche che
ricoperti di neve formano un paesaggio fiabesco siamo in linea
d'aria a pochi passi dal mare ma qui sembra di essere sulle alpi, il
manto è talmente compatto e intonso che ci dispiace di camminarci
sopra la sciando le nostre tracce.
Senza
itinerario obbligato, da un valloncello o un dosso ad un altro
proseguiamo cercando un passaggio che permette di traversare verso
destra. Superiamo molti avvallamenti e ripide gobbe, i
polpacci iniziano a lamentarsi. Adesso traversiamo verso
sinistra e vediamo la vetta della Tambura , la nostra meta,
ma è ancora lontana, dobbiamo ancora salire per almeno tre
quarti d'ora. Finalmente siamo sotto la cresta della
sella tra la cima e ante cima nord ovest, successivamente
saliamo sul versante opposto e infine l'ultimo strappo alla
vetta.
Sino ad ora la temperatura è
stata più che piacevole ma adesso in vetta ci accoglie un
freddo vento che spira da ovest e quindi la nostra
permanenza qui è proprio breve: qualche foto e uno sguardo
al panorama;
lo sguardo si rivolge a tutte le cime delle Apuane
settentrionali, in particolare al Pisanino, la Roccandagia, il Cavallo e il Pizzo Maggiore, la valle di Vagli con
il suo lago, alla Garfagnana, gli Appennini, la Versilia, il mar
Tirreno e se fosse stato più limpido si potevano veder tutte le
isole dell'arcipelago toscano. Prediamo in direzione Passo della
Focolaccia e la cresta si rivela più impegnativa del solito,
siamo costretti a tenere i ramponi perché c'è presenza di
neve ma alternata a molti tratti puliti e camminare
sui sassi con i ramponi non è la cosa più agevole, ci
mettiamo un pò più del previsto ma tutti quanti raggiungiamo
l'ultima spalla detta monte Crispo e da quì con una
ripidissima discesa raggiungiamo il Passo della Focolaccia.
Il
Passo della Focoloccia,
m.1650, situato tra il Monte Cavallo, m1890, e il Monte Tambura,
m.1895, e sconvolto dalle cave di marmo. Questo era un tempo un
verde e ameno luogo e proprio qui fu inaugurato il 18 maggio 1902 il
“Rifugio Aronte” (il più antico di tutte le Alpi Apuane) da parte
del CAI ligure: dal passo lo sguardo si affaccia su Resceto, da cui
giungono due ripidissime lizze (la lizza del Padulello o lizza
Silvia e la lizza della Focoraccia) o sulla vicina
Punta Carina, guglia dalla caratteristica forma di
pugnale e palestra di roccia per gli scalatori.
Il vento non cessa e quindi ci portiamo nel versante interno
protetto e trovando un posto abbastanza asciutto all'interno
della cava ne approfittiamo per consumare il nostro pranzo.
C'è stato anche il dolce finale con il "buccellato di
Lucca", non mi ricordo il nome di chi l'ha portato ma è
stato molto gradito come è stato molto gradito il caffè
caldo portato da Magda con tanto di zucchero e grappa, il
tutto spupazzato per più di mille metri di dislivello,
grazie tante!! Per il ritorno prendiamo la strada
marmifera o meglio quello che si percepisce
che sotto la neve ci sia la strada, passiamo sotto il monte Cavallo
e giungiamo all'attacco dell'impegnativo canal Cambron dove vi sono
alcuni alpinisti che si stanno calando verso il fondo in
corda doppia, ci fermiamo a guardare gli scalatori che si sono cimentati sulla salita a questo
canale molto impegnativo. Riprendiamo la discesa, inizialmente
c'è molta neve e in alcuni casi coi permette di
tagliare qualche curva ma poi davanti ad un escavatore che è
lì parcheggiato in attesa del giorno lavorativo per
sgomberare la strada dalla neve, cosa che ha già fatto nei
giorni precedenti per un lungo tratto e adesso ci troviamo a
camminare sulla strada sassosa, quindi decidiamo di
toglierci i ramponi. Scendiamo per numerosissimi tornanti
e il cammino è abbastanza agevole salvo tratti dove c'è
molto ghiaccio vivo e qui rischiamo clamorose
scivolate , per ovviare a questo spesso preferiamo salire
sulla neve ammucchiata sui lati che si presenta sicuramente
meno scivolosa. Eccoci arrivati di nuovo al bivio tra le
due cave, dobbiamo scendere ancora lungo la marmifera e da
un pò abbiamo iniziato a stufarci di questa strada
serpeggiante, ci consola il fatto di aver fatto una
splendida escursione e la vista che ancora abbiamo tutto
intorno. Superiamo la galleria, adesso manca poco e
infatti in breve raggiungiamo le auto. Credo che per quest'anno è stata l'ultima ramponata
salvo sperare di effettuarne
qualcuna quest'estate ad altissime quote. Questo posto è veramente
un posto fantastico che nulla a da invidiare le rinomate Alpi, se
non conoscete le Apuane venite e vi garantisco che non rimarrete
delusi!!!
Foto
escursione Se vuoi unirti a noi: apuano@email.it
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