06/06/2020 Cresta ovest
Freddone
Life motiv
"Se vuoi
andare vai, io non ti fermerò...”
MONTE
FREDDONE
Questo monte è
circondato da cime più
conosciute che lo dominano per
imponenza per cui, forse, è un
po’ trascurato dagli amanti
delle Apuane. Invece merita
un’escursione per i panorami che
si godono dalla vetta e per i
luoghi lo circondano: da
Campanìce agli alpeggi del
Puntato ed alla vicina torbiera
di Fociomboli ricca di piante
rare.
Il monte Freddone,
conosciuto in passato come monte
Lievora, è una impervia ed
isolata piramide, piuttosto
irregolare, a tre facce con cima
bifida che raggiunge i 1479
metri nella vetta principale che
si trova a sud.
La salita in
vetta per la cresta sud-est è
semplice ed il panorama molto
bello ed è possibile percorrere
un anello abbinando ad essa la
cresta est-nord-est.
Il
Freddone è completamente
compreso nel comune di Stazzema
e si affaccia sulla valle della
Tùrrite Secca con il suo
versante settentrionale, mentre
a sud la sua cresta meridionale
va ad innestarsi con la cresta
settentrionale del monte Corchia
da cui è separato dal valico di
Fociomboli.
Ad est il monte
domina l’alpeggio del Puntato
con i suoi antichi insediamenti,
mentre ad ovest c’è una conca
boschiva chiusa dal monte dei
Ronchi che si trova alla base
del monte Altissimo.
La prima
ascensione documentata è alla
fine del 1800 da parte di
alpinisti liguri, ma sicuramente
il monte era già stato scalato
da pastori locali. Il 2 gennaio
1910 Antonio Frisoni e Mario
Ferro della sezione ligure del
Cai
eseguirono la prima ascesa
invernale seguendo la cresta
est.
Sentieri:
Dislivello
in salita m.842
Periodo
consigliato: Tarda primavera e in estate
Traccia
GPS non disponibile
Percorso:
Come
Arrivare
:
Da
Pietrasanta si prende la strada per Seravezza e si prosegue
lungo il fiume Vezza, lo abbandoniamo due chilometri dopo
l’abitato di Ruosina, dove inizia la salita che conduce alla
"Galleria del Cipollaio".
Giunti alla località Tre Fiumi
nella valle chiamata Turrite Secca, a poche centinaia di metri
prima dell'incrocio con la via per Arni, lasciamo la macchina e
attraversiamo la strada e si imbocca il sentiero n° 128
128
Tre Fiumi - Puntato - Rifugio Del Freo -
Mosceta
*
Sentiero non numerato, presenza ometti - Tre Fiumi - Campanice
* Cresta ovest Freddone
129
Ponte Merletti - Campanice - Fociomboli - Rif. Del Freo - Mosceta
Tempo di
percorrenza:
percorrenza totale:
5,00h
Quota max raggiunta
m.1487
Classificazione:
Esperti ( alpinistica, uso di corde e attrezzatura d'arrampicata)
III
(Scala UIAA)
Acqua:
Assente
Punti sosta: Eventualmente
i rifugi il Robbio e La Quiete di Puntato ma fuori dal percorso
Un ribelle, questo è il Freddone. Se ne sta
lì, troneggiante e arcigno, in mezzo alla vallata della Turrite Secca.
Ha una sagoma appuntita e impertinente da tutti i versanti. Visto da
Isola Santa è quasi repulsivo da tanto che è aguzzo. E’ in realtà un
prolungamento di una dorsale rocciosa proveniente dal Corchia ma guai a
ricordarglielo! Si permette, infatti, di voltare le spalle al Corchia
stesso e perfino alla Regina delle Apuane, in altre parole alla Pania;
guarda in cagnesco il Sumbra, gigante addormentato che gli sta davanti;
non degna nemmeno di una sguardo l’Altissimo, montagna storica, piena di
ferite, dai cui fianchi sembra sgorgare un ininterrotto flusso di sangue
bianchissimo. Ma non poteva che avere questo carattere il nostro
Freddone: in qualche modo deve difendersi visto che è circondato da
questi colossi apuani, tutti ben più alti di lui. E’ così riuscito ad
avere una sua precisa identità, proprio come le sorelle apuane maggiori.
Dal
sito www.paesiapuani.it
Venerdì
sera mi arriva una telefonata da Emanuele e con la sua solita aria da
guascone mi comunica che l'indomani si và sulla cresta ovest del
Freddone, così come se si andasse in passeggiata con infradito, provo a
oppormi asserendo che si tratta di via alpinistica e che forse sarebbe
meglio fare qualcosa che ancora orbita nell'area dell'escursionismo,
come al solito non sente scuse e, testuali parole, " domani alle 06
vengo a prenderti ".
Ecco anche la levataccia, ma non dorme mai!
Ok sarà bene
preparare tutto stasera e fare attenzione a prendere tutto l'occorrente:
Imbrago un pò di moschettoni, caschetto, qualche cordino, discensore ecc,
ecc.
Sabato
mattina, eccolo puntuale come un orologio svizzero saliamo sulla sua
auto e partiamo per la nostra meta.
Partiamo subito e
prendiamo la strada per Seravezza,
si proseguiamo lungo il fiume Vezza e lo abbandoniamo due chilometri
dopo l’abitato di Ruosina, dove inizia la salita che conduce alla
"Galleria del Cipollaio", punto di collegamento tra Versilia e
Garfagnana. Oltre il tunnel l'ambiente diviene alpestre, con profonde
vallate fiancheggiate dalle pareti rocciose di montagne bellissime.
Giunti alla località Tre Fiumi nella valle chiamata Turrite Secca, a
poche centinaia di metri prima dell'incrocio con la via per Arni
lasciamo la macchina. Ci dividiamo le corde e attrezzatura varia,
attraversiamo la strada per imboccare il sentiero n° 128, per Puntato.
Ci inoltriamo subito nel fitto del bosco: freschi boschi di faggio, di
carpino e di castagno secolari.
Mentre saliamo attraverso i fusti
maestosi degli alberi scorgiamo la grande parete nord del
Sumbra.
Dopo circa una mezz'ora sulla destra parte un sentiero, alcuni ometti di
pieta e un segno rosso, il sentiero è in buone condizioni solo qualche
albero di traverso che non crea nessun problema. questo sentiero porta
ad una vecchia cava e successivamente scende a Campanice. in breve,
circa 20 min da quando abbiamo lasciato il 128, giungiamo alla
costola ovest del Freddone, la cresta che abbiamo in programma, la quota
è all'incirca 1209 mt.
Invece di scollettare la cresta prendiamo a
sinistra e iniziamo la nostra salita su facili roccette e l'immancabile
paleo, a volte manna e a volte una iattura.
La cresta si presenta
non molto difficile in questo tratto è divertente saggiare la roccia,
molto spesso ti rimane in mano e questo ti fà pensare a quando saremo
sul complicato. Emanuele è calmo e canta incessantemente un ritornello
di una canzone che neanche lui sà chi la cantava, e vai con il
tormentone
"Se
vuoi andare vai, io non ti fermerò...”. ( Per inciso, il cantante era
Tony Cucchiara, anni 60 dello scorso secolo).
Proseguiamo un pò si sale un pò si scende in
una cresta abbastanza larga ma non ci esime da usare le mani tenendoci a
lame di roccia alquanto precarie, dobbiamo saggiarle di continuo.
Superiamo diverse quote con tratti anche impegnativi ma che non
richiedono l'uso di attrezzatura, comunque da non sottovalutare! Intanto
Emanuele ..." Se vuoi andare vai, io non ti fermerò...” gli tirerei
volentieri un sasso!!!
Giungiamo alla Foce Tetra, nome confortante.
da qui in effetti c'è una bellissima vista verso il Sumbra e l'Area
circostante.
Il Sumbra, montagna che domina tutta la
vallata della Turrite Secca, sembra che ci osservi e guarda cosa
facciamo sorvegliando che si rispetti questo splendida montagna sorella
minore di quelle che la circondano.
Alla Foce Tetra ci
troviamo davanti ad una parete che prevede il primo tiro. Alla foce c'è
abbastanza spazio e quindi ci prepariamo con imbrago, casco e annessi e
connessi.
Emanuele parte per primo, trova un chiodo e posiziona un primo rinvio,
si trova in una specie di catino e poi si sposta sulla sua sinistra,
altro chiodo, dove sì è un tratto esposto ma la roccia si presenta più
solida sino a trovarsi sulla base di un diedro poi sale
perpendicolarmente su uno spigolo e usando anche nuts e friends attrezza
con altri rinvii, si dirige ad una sosta dove è presente uno spezzone di
corda assai datato che naturalmente non usiamo, si potrebbe fare anche
un tiro solo e proseguire al di sopra del terrazzino dove c'è
l'alberello ma decidiamo per due tiri.
Ora salgo io seguo, naturalmente la linea
tracciata da Emanuele e disarmo la via recuperando il materiale. E'
molto prudente e ne ha messa di roba, io di lui mi fido cecamente ma
solo se smettesse di cantare quel ritornello fastidioso.
Giungo alla sosta, anche questa attrezzata
benissimo usato delle fettucce e un chiodo qui presente, dopo un pò di
manovre per assicurarmi e permettere a lui di ripartire facendogli
sicura inizia a risalire e ben presto mi sparisce dietro il terrazzino
erboso , non lo vedo più e anche la voce mi arriva debole, devo
regolarmi con la tensione della corda.
Mi sembra di capire che mi stà chiamando ma
non sento bene e ho paura che mi dica altro, mi pare di udire: " Ale,
libera"; ok parto qualche metro d'arrampicata con passaggi di 2° e mi
trovo su un'ampia balconata, in leggera salita mi dirigo verso dove ha
attrezzato una sosta che non serve ad un gran che! La cresta è
abbastanza ampia e mi dà l'illusione che il peggio sia passato ma da
sotto avevo già notato un'esile cresta molto aerea, infatti in breve
siamo non più su una cresta ma su una lama affilata come un coltello da
sushi! Ma la cosa che più mi ha lasciato perplesso è che Emanuele ha
smesso con il tormentone per dirmi: " Adesso si prosegue in conserva".
Alle mie obbiezioni mi risponde che non c' è possibilità di
assicurarci.....gulp! Ok ci facciamo parecchi giri di corda intorno al
collo e partiamo, appunto di conserva. Intanto riinizia con il
tormentone!
La
lama è proprio una lama nel vero senso della parola, penso sarà una
quindicina, max 20 metri, più di una volta la affrontiamo a
cavalcioni, comunque anche qui mette qualche rinvio, penso di più per la
mia psicologia che per un effettivo aiuto. Intanto continua a cantare,
lo picchierei!
Terminata la crestina ci troviamo su un
pendio erboso molto ripido e seguiamo varie tracce di capre, dobbiamo
fare ancora attenzione perché il terreno è bagnato e i sassi sono
alquanto precari, qui il paleo e provvidenziale fornendoci un valido
appiglio.
Alla fine ci troviamo all'ante cima e ora possiamo rilassarci, la vetta
è molto vicina, scendiamo ad un'insellatura e subito saliamo brevemente
sino alla cima dove due escursionisti si stupiscono vedendoci da dove
siamo arrivati.
ci liberiamo dalla ferraglia e ci concediamo
un po' di ricarica alimentare ma soprattutto abbiamo il tempo per
goderci il panorama ed è
un panorama
veramente incantevole: su tutti domina la scena la marmorea parete sud
del Sumbra, ben visibile anche il Fiocca col suo inconfondibile bosco
del Fatonero; più lontane, sempre verso nord, scorgiamo le Apuane più
settentrionali; a sinistra salutiamo l’Altissimo e il Mar Tirreno; a sud
il Corchia chiude la vista, mentre a sud-est occhieggiano Pania della
Croce e Pizzo delle Saette. Ben visibili anche l’alpeggio di Puntato, il
paesino abbandonato di Col di Favilla ed il lago di Isola Santa. Ad est
la catena appenninica chiude l’orizzonte.
Siamo rimasti circa una mezz'ora e poi anche
se a malincuore siamo ridiscesi dal sentiero normale che scende a
Focionboli.
Il sentiero parte dal versante sud est, bisogna fare attenzione ad
individuarlo perché non molto evidente, più in basso diventa più
evidente e anche segnato da bolli rossi.
Proseguiamo in un bellissimo bosco di faggi,
nello scendere bisogna fare attenzione al manto di foglie secche e
il terreno fangoso che ci inducono in alcuni scivoloni.
Usciamo dal bosco e percorriamo un tratto su
paleo, anche questo estremamente scivoloso, il sentiero termina in
prossimità di una marginetta che dà su una strada sterrata che
corrisponde al sentiero n°11 che scende all'alpeggio di Puntato .
Ci portiamo sul colletto sopra la strada che
scende a Passo Croce sino alla prima curva dove di solito vengono
parcheggiate le auto, da qui prendiamo il sentiero n° 129 per Campanice
e Ponte Merletti.
Ancora rientriamo nel folto bosco di faggi e
scendiamo agevolmente sino ad entrare nel vialetto che conduce a
Campanice, preannunciato da siepi di bosso.
L'alpeggio di Campanice, che significa
letteralmente ``campo seminato a panico", si adagia sulle pendici
meridionali del monte Freddone, frazionato nei raggruppamenti di
casupole di Pian di Mela, del Lanzino, del Togno, l'alpeggio sembra
ruotare intorno ad un epicentro ideale formato dall'Oratorio dedicato a
San. Giovanni Battista. L'Alpe di Campanice è oramai abbandonata e le
antiche abitazioni sono cadenti, l'antico oratorio è stato invece
restaurato e portato a nuova vita nel 1997.
Proseguiamo attraversando quello che era il
piccolo centro fiancheggiato da ruderi e ci dirigiamo verso Ponte
Merletti; fiancheggiamo un torrente sino ad incrociare il sentiero n°
10, per Passo di Fordazzani, tralasciamo quest'ultimo e riprendiamo il
sentiero, sentiero che diventa più largo trasformandosi pian piano in
sterrata; in un'ultima discesa siamo a Ponte Mereltti.
L'auto l'abbiamo a poche centinaia di metri e
ben presto la raggiungiamo, bisogna precisare che forse il tratto più
pericoloso è questo, infatti qui le auto sfrecciano come su una pista.
L'escursione
è terminata, siamo ben soddisfatti, io in particolare perché è la prima
volta che mi cementavo in questa impresa. Ora non ci resta che fermarci
al primo bar per suggellare una così bellissima giornata con una fresca
birra.
Chiudo con un pensiero di
uno sconosciuto ma credo che abbia detto il vero:
" Tornate sani, tornate più amici di prima, arrivate in cima: in questo
preciso ordine."
-
Anonimo -
Alla prossima.
Foto
escursione
|