Sono
passati più di due mesi da qiando
abbiamo effettuato la nostra ultima
escursione e non vediamo l'ora di
ripartire, vogliamo ripartire alla
grande abbiamo deciso per la salita
al Pizzo d'Uccello facendo prima la
ferrata Tordini Gallicani che dalle cave del Cantonaccio,
presso Ugliancaldo, ci porterà a
Foce a Siggioli.
L’itinerario si
sviluppa lungo un bello e regolare
sperone roccioso all’ombra della
spettacolare parete nord del Pizzo
d’Uccello ,sulla quale sono state
scritte alcune delle più gloriose
pagine dell’alpinismo sulle
Alpi Apuane.
La ferrata fu
realizzata nel 1971 a cura della
sezione C.A.I. di Pisa per agevolare
l’accesso al versante meridionale
del Pizzo d’Uccello,ed è dedicata
alla memoria degli alpinisti pisani
Brunello Tordini e Pier Luigi
Galligani, caduti in montagna. La via
è moderatamente difficile ma non esente da
qualche passaggio tecnico e
atletico, e richiede ugualmente un
certo impegno per la continuità; la
roccia è generalmente buona e solo
nella parte alta si presenta qualche
breve tratto un po’ friabile; sulle
placche della zona inferiore occorre
prestare attenzione a non smuovere
sassi che rotolerebbero lungo il
percorso di salita; in diversi punti
la progressione è agevolata da
qualche tacca superficiale scavata
artificialmente nella roccia; il
percorso è attrezzato
ininterrottamente su un dislivello
di 400mt, per 550mt circa di
sviluppo; il cavo è generalmente ben
teso, e nei tratti meno ripidi quasi
sempre mantenuto a circa 70cm di
distanza dalla roccia da solidi
tondini metallici con anello. Pur
essendo un itinerario di bassa
quota, sviluppandosi in una profonda
valle esposta a nord non si presta
ad essere percorso nei mesi
invernali, e dopo inverni
particolarmente nevosi può risultare
percorribile solo a stagione
avanzata.
Emanuele passa a prendermi
alle 06,00 con qualche mugugno
perché voleva partire prima ma dopo
un mio netto rifiuto ci accordiamo
per quell'ora;
partiamo percorrendo l'autostrada
sino ad Aulla e poi la nostra meta
automobilistica finale: il paese di
Ugliancaldo dove incontriamo Fabio.
Antico borgo nel comune di Casola, a
743 metri, che si distende su un
crinale panoramico sul Pizzo
d’Uccello e sul Pisanino che divide
la valle del Lucido da quella del Tassonaro.
Probabilmente il nome deriva dal
gentilizio romano Ulius.
Fu fiorente centro artigianale
medievale e subì danni notevoli nel
disastroso terremoto che colpì la
zona l’11 aprile 1837.
Questo sisma produsse la scomparsa
del sottostante centro di
Uglianfreddo (da non confondere con
Uglianfreddo ai Cerri nel comune di
Fivizzano).
Oggi in parte le case sono state
ricostruite e sono usate per le
vacanze mentre molte sono dirute.
É presente una chiesa del XV secolo
dedicata a Sant’Andrea ed un
Oratorio del XVIII secolo dedicato a
San Rocco.
Qua arriva il sentiero 181 da Pieve
San Lorenzo ed il 176 da Equi Terme.
(dal sito
Escursioni Apuane
http://www.escursioniapuane.com/itinerari/lemma.aspx?ID=972
).
Una
volta giunti al paese lasciamo
un'auto presso una marginetta appena
prima di entrare in paese e con
l'altra andiamo verso le cave di Cantonaccio fino a
una sbarra che ci impedisce di
andare oltre, località Zappello. Sono circa 4 km di
sterrata che in alcuni tratti e
alquanto sconnessa dal passaggio dei
mezzi pesanti.
Parcheggiamo in una piazzola
laterale e ci prepariamo alla
partenza.
Imbocchiamo la carrabile che
da prima scende qualche metro, quindi
risale mantenendosi a sinistra e con
alcuni tornanti raggiunge la Casa
dei Vecchi
Macchinari
(868mt), nei pressi delle cave
alte del Cantonaccio.
Oltrepassate queste dobbiamo
percorrere ancora molta strada con
ripide rampe che ci troncano il
fiato, finalmente lasciamo questa
noiosa e polverosa strada e ci inoltriamo nel
bosco dove un sentiero ben segnato
consente di passare nuovamente sopra
le cave, attraversare alcune facili
fasce rocciose e raggiungere alla
fine un ballatoio alberato ai piedi
delle placche dove il cavo metallico
indica chiaramente l’inizio della
ferrata (1000mt).
Eccoci finalmente, ci
armiamo di attrezzatura da ferrata:
imbraco, dissipatore e caschetto e
subito ci cimentiamo nella salita.
In seguito all'evento sismico del
2013 la ferrata era stata
danneggiata
nel suo
tratto inferiore dalla caduta di un
grosso blocco di roccia di almeno 5
mc che ha provocato la rottura del
cavo. Dopo circa un anno fu
risistemata dalla sezione CAI
di Pisa variandone il tracciato nel
primo tratto.
Il primo tratto
di salita si sviluppa
da prima lungo una fascia di placche
coricate di ottima roccia, dove si
procede prevalentemente in aderenza
e senza
sforzi particolari, tranne alcuni
brevi passaggi un po’ atletici per
rimontare un paio di risalti della
roccia; l’ultimo di questi risalti
immette su un ampio piano inclinato
con numerosi alberelli e cespugli ed
il fondo a tratti un po’ rotto: si
prosegue senza grosse difficoltà,
prestando attenzione a non smuovere
sassi, fino a raggiungere la cresta
dello sperone. Saliamo agevolmente e
rimaniamo affascinati dalla vicina e
vertiginosa parete nord del
Pizzo d'Uccello, 800 metri di parete
verticale dove spesso rimbombano le urla di
richiamo di alcuni alpinisti che la
stanno scalando.
Il percorso poi si sviluppa
proprio sul filo della
cresta, seguendola quasi fedelmente
tranne che in alcuni punti dove ci
si sposta lateralmente percorrendo
un traverso per vincere un risalto
strapiombante, denominato " Il Naso"
è questo un passaggio chiave nel
quale si aggira un roccione; la
pendenza è quasi costante, solo
attenuata da qualche pulpito dove si
può riposare; molto caratteristico è
un passaggio di alcuni metri su una
lastra di marmo bianco e rosa," Il
Belvedere" che a dispetto delle
apparenze offre delle ottime
condizioni di aderenza.
Ecco siamo alla fine e
sbuchiamo sulla Costiera di
Capradossa (1400mt) a pochi metri
dalla Foce Siggioli, da qui si
possono godere meravigliosi scorci
sul Pisanino, sul Monte Cavallo e
sul Garnerone - Grondilice.
Giungiamo alla fine della ferrata e
come già sperimentato ci ha molto
gratificato, un ambiente da favola!
Non possiamo fare a meno di ammirare
il magnifico panorama descritto
sopra e naturalmente facciamo molte
foto che ci
immortalano tutti felici per
l'impresa compiuta. Scendiamo alla vicina
e sottostante Foce Siggioli
1390 mt, sostiamo un attimo solo per
toglierci l'imbrago e bere un sorso
d'acqua. Continuiamo subito seguendo
brevemente il sentiero 181 sino a
che non incontriamo un altro
sentiero che si parte sulla destra,
bisogna fare attenzione si nota ma
non molto evidente e sì c'è un segno
rosso su un albero ma non molto
evidente. Una volta individuato
poi diventa evidente e anche assai
segnato con tratti rossi; il
sentiero, se così lo vogliamo
chiamare, costeggia la cresta
da dove abbiamo una vista superba
sull'intero ambiente. Poco prima del
Picco di Capradossa affrontiamo un
traverso un po' delicato.
Proseguiamo sino al Ripiano di
Capradossa punto in cui la
cresta si allarga e scorre pari con
dietro il Torrione, il Pizzo
d’Uccello e la profonda spaccatura
del famoso Canale dei Genovesi.
Proseguendo potremmo salire al Picco
di Capradossa ma vi rinunciamo,
forse abbiamo fatto male perché da
lì c'è una vista invidiabile sulla
parete Nord - Nord / Est del Pizzo
che è veramente vicina e così anche
il canale dei Genovesi. Noi
proseguiamo sulla traccia
riconoscibile da numerose tracce
rosse, il sentiero raggiungerebbe la
via normale del Pizzo d'Uccello ,
noi preferiamo fare una strada un pò
più avventurosa e appena usciti da
un boschetto ci troviamo su
ghiaione, sulla nostra destra
troviamo un primo canale lo
tralasciamo sino a raggiungere un
altro canale che sale alla vetta dal
versante est. Lo imbocchiamo e quì
la difficoltà è quella della
progressione, un passo aventi due
indietro. Ci dirigiamo verso un
gruppo d'alberi e prendiamo
l'imbocco del canale ancora con
molti detriti ma man mano la roccia
diventa un po' più compatta e
riusciamo a progredire bene.
Complice una grandinata di sassi
indossiamo di nuovo il casco. La
salita non presenta particolari
difficoltà e dopo averlo percorso
per circa 100 metri lo si lascia
quando esso si allarga per
traversare verso destra per altri
100 metri circa mirando ad una
selletta erbosa. Volendo si può
proseguire a dritto nel canale e
facendo così immetterci sulla via
normale dopo altri 50 metri. Ma
è più interessante traversare a
destra in quanto l’ambiente è più
panoramico e ci si rende conto
meglio di come è fatto il versante
Est di questa montagna. Il
traverso verso destra fino alla
selletta non è difficile ma avviene
su terreno poco stabile e abbastanza
inclinato. Giunti alla selletta
siamo vicini alla parte terminale
della cresta di Capradossa e al
canale dei Genovesi che scorre
profondo e più stretto rispetto alla
parte bassa. Dalla selletta pian
piano ci si sposta verso destra e si
inizia a salire senza particolari
difficoltà la cresta vera e propria
con a destra l’evidente canale a
tratti ben visibile fino a giungere
all’antecima del Pizzo d’Uccello
(presso la quale termina il canale
dei Genovesi) da dove passa la Via
Normale che si percorre per un breve
tratto fino a giungere alla vetta.
Eccoci in vetta dove troviamo
diverse persone , per la precisione
siamo tutti ben disciplinati e
ognuno mantiene le distanze previste
in questo momento COVID. Non siamo,
però, fortunati perché nel frattempo
si sono addensate nuvole che ci
impediscono la vista sul panorama.
Ci fermiamo giusto il tempo di
mangiare qualcosa e rifocillarci un
po' ma visto e nuvolaglia decidiamo
di ridiscendere dalla via normale.
La discesa non è difficile ma
comunque richiede attenzione e piede
fermo, comunque tranne alcuni brevi
passaggi esposti vere difficoltà non
ce ne sono.
Si giunge alla Foce del Giovetto e
si riprende il CAI 181 fino a Foce
Siggioli dove c’è qualche punto un
pochino esposto ma attrezzato con
cavo. Superata Foce Siggioli si
risale seguendo sempre i segni del
CAI e si percorre l’aerea e
panoramica costiera di Capradossa
che rappresenta uno dei punti più
belli e panoramici toccati da questo
giro che però è stata rovinata dalla
presenza di cavi che fungono da
scorri mano protettivo, anti estetici
e inutili in quanto il tratto è
aereo ma facile. La cresta
finisce e dopo aver superato un
bosco si giunge all’area prativa di
Poggio Baldozzana dopo di che ci si
immette a sinistra sul CAI 192.
Dopo aver fatto altri svariati
tornanti si giunge ad un importante
bivio che non è facile da
individuare anziché
proseguire per l’evidente e sentiero
segnato bisogna girare bruscamente a
sinistra su un sentiero inizialmente
poco visibile all’inizio del quale,
alla base di un albero, è presente
un piccolo ometto in pietra che noi
abbiamo rinvigorito con altri sassi,
comunque sforzando un pò la vista
sempre quì c,è anche una roccia dove
vagamente si intravede la scritta "
Sbarra". Il
sentiero è ben messo e segnato ma in
tre punti abbiamo trovato alberi caduti
che lo hanno fatto scomparire: il
primo dove c’è un recinto con filo
spinato dove bisogna procedere a
dritto e superare un canaletto, il
secondo dove basta proseguire dritto
oltrepassando gli alberi caduti, il
terzo poco prima dell’arrivo al
punto di partenza. L’ultimo
tratto (il terzo) è veramente
impraticabile perché i moltissimi
alberi caduti hanno cancellato il
sentiero che sarebbe proseguito
oltre un canale e i segni del CAI
sono assenti o più probabilmente
dipinti sugli alberi caduti.
Avendo ben presente che il canale in
questione è lo stesso che si vede
arrivare da dove si è parcheggiata
l’auto abbiamo deciso di scenderlo senza
pensarci troppo e infatti è stata la
soluzione migliore. Il canale va
sceso per non più di 100 metri, è a
tratti poco infrascato ma non
presenta particolari difficoltà.
Consiglio di portare molta acqua
perché il sole se c’è picchia forte
e fonti d’acqua non ci sono, l'unico
punto dove abbiamo trovato acqua è
quasi alla fine del sentiero 192,
prima della sbarra, dove da un tubo,
del troppo pieno di un a captazione
acqua, ci ha permesso di riempire la
borraccia: ma a questo punto non è
che sia stata tanto utile; in caso
di maltempo o con terreno bagnato
evitare la salita al Pizzo in quanto
molti tratti della via normale sono
di roccia scistosa e quindi
estremamente scivolosa se umida.
Preciso che per scrivere
questa relazione mi sono rifatto
molto alla relazioni di Lorenzo
Verdiani, in molti punti adattandola
alla nostra. Spero che l'autore non
abbia niente in contrario e
ringrazio per le utili notizie.
Prima di salire in macchina ho
voluto stupire i miei compagni
d'avventura e da una piccola borsa
frigo ho tirato fuori tre belle
birre ancora fresche che subito
abbiamo bevuto per festeggiare la
nostra prima avventura dopo il
lockdown. Speriamo preludio a moltissime altre.
Foto
escursione
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