Per questa domenica
abbiamo nel mirino una delle zone più selvagge e aspre delle Apuane, si
dice un percorso da capre ma forse anche loro ci pensano due volte prima
di inerpicarsi in queste gole!
Siamo in 3, i soliti 3 del gruppo
Apuano - sottogruppo Come le capre Apuane. Io, Alessandro, Emanuele e
Fabio.
LA zona che andremo ad esplorare è nella valle di Renara tra
antiche vie di lizza e passeremo in cave che sembrano il nido
dell'aquila.
Ci portiamo a Massa,
seguiamo le indicazioni per il paese di Resceto.
La percorriamo
per circa 7 km e arriviamo alla frazione di Gronda, quindi lasciamo le
indicazioni per Resceto e svoltiamo a destra in direzione della località
di Renara percorrendola esattamente per 500 metri, alla nostra destra
notiamo, con molta attenzione il largo tracciato in stato
di abbandono nel bosco che saliva alle cave di Serra delle Rose.
Lasciamo l'auto sulla destra, lungo il torrente Renara dove è presente
una piccola piazzola ( max 2 macchine).
Ok, ci siamo si parte,
l'attacco del sentiero non è subito decifrabile ma una freccia con
scritta Lizza Taneta e Canala Bura ci indica la direzione.
Lo
percorriamo nel bosco e anche se ormai in stato d'abbandono si riesce a
capirne il tracciato, tracciato che costeggia il Fosso di Canala.
Giungiamo ad un bivio e dobbiamo fare un po' il punto della situazione,
su una relazione leggiamo che da qui faremo ritorno e come punto di
riferimento abbiamo un traliccio della corrente sopra di noi. Al bivio
ci costruiamo un " Omino" con pietre.
Il sentiero continua a salire
e non sempre è evidente ma comunque non è che abbiamo tante alternative,
si prosegue sino ad incontrare un altro bivio: a sinistra condurrebbe
con voltoline verso la cava Serra delle Rose Bassa, noi decidiamo per
girare a destra, indicazioni con scritta rossa, e ci infiliamo nella
stretta e per certi versi tetra Fossa di Canala da noi conosciuta, però,
come Canala Bura, anche quest'ultimo toponimo esprime un qualcosa di
orrido.
Camminiamo letteralmente nel fosso e giungiamo ad un
primo balzo e per via dell'acqua, non poca in questo periodo, che vi
scorre non ci riesce di superarlo, notiamo però che si può aggirare a
destra anche se dobbiamo comunque aiutarci tenendoci ai ciuffi d paleo.
Dopo pochi metri troviamo un secondo balzo e a vista questo è ancora più
complicato in quanto più ripido e con maggior portata d'acqua.
Proviamo su rocce sulla destra ma è abbastanza rischioso per la natura
umida e viscida della roccia. Proviamo a sinistra ma una folta
vegetazione di rovi ci ricaccia indietro, riproviamo, notiamo un cavetto
elicoidale che non dà nessun affidamento ma comunque può servire per
darci equilibrio, mi butto sui rovi con gli scarponi tentando di
schiacciarli, in parte ci riesco e riesco a passare ma ho le braccia e a
casa mi accorgerò che anche le gambe sono martoriate da tutte quelle
spine. Va bè siamo passati non è risultata una cosa così scontata.
Andiamo avanti, lo sappiamo che avremmo trovato un terzo balzo ma non ci
aspettavamo che fosse così complicato, lisce placche bagnate e ricoperte
da viscido muschio e sembra insuperabile, l'unico modo è quello di
passare sulla sinistra e con molta incoscienza facciamo affidamento su
una corda che a vederla sembra che sia da molto lì è completamente zuppa
e chi sa quante sassate ha ricevuto, c'è ancora il cavetto elicoidale ma
questo sembra ancora meno stabile. Ok, ci attacchiamo alla corda e
cercando di trovare qualche punto asciutto superiamo ance questo balzo.
Comunque a nostro parere guardando meglio con calma e dall'alto sarebbe
stato possibile passare sul lato destro ( per chi sale) dove la roccia è
asciutta e a occhio si arriva al secondo grado.
Insomma in un modo o
nell'altro siamo passati e proseguiamo sempre nel canale procedendo tra
arbusti e ci dirigiamo a vista verso un grandissimo ravaneto, Fabio l'ha
definito " Un oceano di sassi".
Raggiunto quest'ultimo ci teniamo
sulla destra ( sempre per chi sale), sul ravaneto troviamo degli ometti
e qualcuno lo facciamo anche noi, i sassi non mancano, il passo è
incerto per l'instabilità dei detriti e faticosamente ci portiamo alla
cima della vallata di Taneta e raggiunta una via di lizza sulla nostra
destra ci portiamo alla dismessa cava della Serra delle Rose Alta.
Alla cava ci sono ancora molti blocchi squadrati e accatastati in
attesa di essere caricati e trasportati a valle, un attesa che ormai
resterà vana.
Esploriamo un po' e girovaghiamo tra vecchi ruderi e
resti di macchinari, ci dirigiamo verso un traliccio di teleferica e da
quì abbiamo una vista stupenda la vista spazia nella valle di Renara che precipita sotto di noi e alla
sottile cresta che la separa dalla valle di Taneta dalla quale siamo
saliti. In lontananza il panorama è delineato dai monti Sagro, La
Forbice, Contrario e Cavallo.
Torniamo indietro, attraversiamo il
piazzale dei blocchi di marmo e raggiungiamo un vecchio rudere,
all'interno un camino ci testimonia che questo era usato come
alloggiamento per i cavatori. Da qui saliamo alcuni scalini e seguendo
segni rossi ci inerpichiamo ripidamente, questo itinerario è il vecchio
percorso che facevano i cavatori per raggiungere ora una cava ora
l'altra.
Andiamo verso sinistra e poi giriamo a destra raggiungendo
una visibile cengia naturale abbastanza esposta ma non difficile, è
presente anche un cavetto ancorato sulla parete.
Dopo la cengia
raggiungiamo un altro rudere senza nessun interesse se non per alcuni
graffiti risalenti al ventennio, datati 1939.
Ripartiamo e siamo a
delle placche che superiamo grazie ad un cavetto, abbastanza recente e
alcuni scalini scolpiti sulla roccia.
Al termine della cengia siamo a quello che
rimane degli edifici della cava Diacceto. Dalla cresta ci appare sotto
di noi la cava ancora attiva, la cava Valsora. Ci lascia alquanto
indifferenti se non amareggiati per quanto può essere devastante
l'attività estrattiva. Però questa cava ha una peculiarità naturalistica,
la stessa è rimasta inattiva (fino
al 2010), grazie all’apporto di acqua meteorica e
all’impermeabilizzazione del fondo causata dal depositarsi della
marmettola, si è formato al suo interno un laghetto che è stato
colonizzato da un ingente numero di individui di Ichthyosaura alpestris
apuana (Tritone alpestre apuano),un anfibio urodelo che è compreso tra le specie segnalate dal
Repertorio naturalistico toscano.
Questo sito è stato messo sotto tutela e anche se le attività di cava
non sono cessate è zona e animale protetto. Non siamo sicuri ma i lavori
che stanno facendo sembrano essere in opera per poter rendere possibile
la visita, si sta approntando una strada con corrimano e nel piazzale vi
sono tavolati che d'hanno l'idea di servire per costruire una passerella
senza dover camminare nella polvere o nei fanghi di marmettola.
La
cava è raggiungibile dalla vicina strada del Passo del Vestito.
Riprendiamo il cammino e scendiamo verso il piazzale sottostante,
cerchiamo la lizza di Diacceto e non la troviamo immediatamente,
sappiamo che è a mezza costa ma non riuscivamo a intercettarla perchè
bisogna prima percorrere un ravaneto, anche se non molto largo ci
impediva di capire la direzione giusta.
La lizza si presenta ancora
in buono stato, un gruppo di capre ci guarda perplesso e penso ci vedano
come invasori del loro territorio.
All'improvviso la lizza termina e
ci troviamo davanti un crinale che non ci sembra una cosa giusta
prenderlo e a sinistra un canalino, sulla destra un foro di piro e
solchi delle corde ci fanno pensare che dobbiamo scendere da qui.
Scendiamo ripidamente e raggiungiamo il bosco, la traccia ci scompare e
andiamo più a occhio che dietro ad una vera traccia, non ci sono
segnalazioni di sorta e se c'è qualche vecchia traccia si perde nel
paleo. Senza cognizione di causa usciamo dal canale e ci spostiamo sulla
sinistra e per pura fortuna troviamo la vecchia via di Taneta che
percorriamo rincuorati per poter, ora, camminare su buon terreno.
Sollievo che dura poco! La lizza si restringe e dopo poco svanisce,
nessuna traccia.
Scendiamo orientandoci con la Canala Bura
che si trova sulla nostra destra. Più giù, sulla destra troviamo una
buona ( per quanto possibile)traccia che prosegue a mezza costa,
pensiamo sia quella giusta ma dopo circa una quarantina di minuti ci
accorgiamo che non era da prendere, infatti anche questo sentiero
sparisce nel fitto bosco. Facciamo il punto della situazione e cerchiamo
di orientarci, decidiamo di abbassarci ma alo stesso tempo portarci
anche verso nord, in pratica torniamo indietro ma perdendo quota, siamo
tra folte felci e alberi caduti, un rudere ci fa credere che comunque
una via ci deve essere.
Superiamo un canale, una seguente costola e
finalmente raggiungiamo la lizza che in breve ci porta al traliccio,
visto al mattino, prendiamo sulla destra e dopo poco siamo sul sentiero
percorso all'andata e successivamente all'auto.
Bellissima ravanata
apuana, piena di storia, dove la fatica e il sacrificio di chi lavorava
in questi siti è ancora presente, quando l'estrazione del marmo era
un'attività sostenibile che dava lavoro e pane a moltissime famiglie.
Viste stupende delle apuane più selvagge.
Adesso verso una fresca e
spumeggiante birra.
Ciao, alla prossima!