25/05/2021 Sul Sagro dalla cava dei Pisani

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Il Sagro dalle Case del Vergheto

Il Monte Sagro, estremo sperone nord-occidentale delle Apuane, si erge solitario rispetto allo spartiacque principale della catena e domina la zona di Carrara. Forse più di ogni altra montagna il Sagro è segnato indelebilmente dai segni dell’escavazione: i suoi “piedi”, ma anche parte del suo “corpo”, ospitano i più grandi bacini marmiferi delle Apuane: Torano, Fantiscritti, Ravaccione, Colonnata.

 

Attenzione!
La presente pagina non vuole in alcun modo essere una guida escursionistica od alpinistica, ma un semplice racconto di una giornata e la segnalazione di una bellezza naturale e culturale. Quindi, la presente pagina non sostituisce ma presuppone la consultazione delle guide e della cartografia in commercio. In alcun modo l'autore e il sito si assumono alcuna responsabilità di qualsiasi ordine giuridico e legale per eventuali danni o incidenti. L'uso delle informazioni della
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Ricorda inoltre che tutte le valutazioni circa le difficoltà delle escursioni, riportate sul sito, sono prettamente soggettive.

 
Percorso: Vergheto, Foce Luccica, Cava dei Pisani, Cresta sud dello Spallone, Sagro, Foce della Faggiola, I Vallini, Foce Luccica, Vergheto

 

Come Arrivare :  Da Massa si segue via Bassa Tambura in direzione Forno, a 4 Km si incontra Canevara, più avanti si trascura una strada che sale a sinistra in direzione Casette. A 6,5 Km un bivio: a sinistra la strada si dirige a Forno mentre a destra continua per Gronda e Resceto. Dopo un chilometro raggiungiamo Forno che si sviluppa lungo il torrente e la strada. Proseguiamo fino al bivio (8,5 km) per il Pianello e Biforco e saliamo a sinistra. La strada è piuttosto malandata, specialmente nella parte alta, per cui va percorsa con prudenza. Termina proprio dove inizia il sentiero di raccordo

INDICAZIONI STRADALI


 

  
 38: Colonnata – Case del Vergheto - Foce Luccica - Foce di Vinca - La Prada – Maestà di Doglio 
172: Foce Luccica – Vallini del Sagro – Foce della Faggiola – Foce di Pianza

Tempo di percorrenza:  percorrenza totale: 7,00h

 

Classificazione: EE Allenati 
Acqua: Assente.

Periodo consigliato:  Nel periodo primaverile e tarda estate, si sconsiglia calorosamente di non farlo ne in inverno con ghiaccio e neve e tanto meno con clima torrido

Traccia Google Earth -   Traccia GPS

La traccia GPS non è sempre attendibile potrebbe avere anche diversi metri di scarto, non fare affidamento solo su di questa

 
Punti sosta: Nessuno

Ricominciamo con una delle nostre ravanate apuane, oggi vogliamo raggiungere il Monte Sagro non per la banale via normale ma bensì per una via per capre, capre apuane. Andremo alla scoperta di vecchie cave e percorreremo ardite creste, ci tufferemo in ravaneti instabili, tutto questo tra paradiso e inferno, inferno creato dalla cupidigia dell'uomo che con l'insaziabile ricerca di ricchezza non esita ad devastare queste splendide Montagne.
Partiamo ben presto e ci dirigiamo verso Massa e da qui raggiungiamo il paese di Forno e successivamente prendiamo la strada che porta alla località il Pianello e il vicino borgo del Vergheto. La strada è molto ripida e con molti tornanti e a tratti anche malandata. Lasciamo l'auto dove termina l'asfalto, ci carichiamo gli zaini sulle spalle e indossiamo gli scarponi e imbocchiamo una strada sterrata che porta alla località il Pianello una bellissima zona pianeggiante tra castagni secolari. Prendiamo verso destra seguendo il segnavia 38. Percorriamo una mulattiera ancora ben conservata e più avanti quando iniziamo a salire in un tratto scalinato, le prime abitazioni, ruderi. Giungiamo a quello che è, o meglio era il nucleo principale del borgo, sulla destra troviamo una marginetta dedicata  alla Madonna Santissima del Bon Consiglio, ben restaurata qualche anno fa. All'interno una lapide in marmo della Madonna datata 1864.
Il Vergheto (837 mt.) era un borgo popolato dove venivano sfruttati i boschi circostanti e dove ci si dedicava alla pastorizia ed ora quasi abbandonato se non per alcune case ristrutturate per i periodi estivi.
Qui facciamo una breve sosta ammirando il panorama e meditando dello spreco che viene fatto di questi piccoli borghi pieni di storie umani e temporali; Anche il panorama da qui, nonostante siamo a quote modeste, è bellissimo: davanti a noi si pone imponente il Sagro e lo Spallone, la splendida vista sulle Apuane settentrionali, il Grondilice, il Cavallo, la Tambura, il Sella, sulla nostra sinistra La Cima D'Uomo e il monte Maggiore.
Lasciamo il paese seguendo il sentiero n° 38, per fortuna questa volta troviamo il sentiero pulito, in altri tempi, lasciato il castagneto, abbiamo trovato il sentiero invaso da fastidiosissime felci e pungenti ginestroni che con le loro grosse spine tormentano a lungo, ma come detto, per fortuna questa volta non dobbiamo subire questo supplizio!
Dopo circa mezz'ora giungiamo al bivio che indica a destra per foce Luccica e a destra per la Foce dei Vallini, sentier1 172 - 38; noi prendiamo per quest'ultimo.
Siamo poco sotto la Foce Luccica e in breve la raggiungiamo restando sempre sul sentiero 38, la Foce è contraddistinta da un bassorilievo della Madonna, continuiamo in falsopiano e dopo poca strada, per par condicio e rispetto per tutte le religioni, un altarino con la statua del Budda e bandierine di preghiera. Giungiamo in vista delle Case dei Pisani, case di servizio e alloggi destinati ai cavatori che lavoravano alla soprastante cava, la cava dei Pisani. I Pisani non centrano nulla, la cava e l'edifici prendono nome dal proprietario Pietro Pisani.
Prima di giungere al fabbricato, sulla destra, notiamo uno stradello, non molto evidente, che conduce alla cava dei Pisani. Proseguiamo dritto attraversando un instabile ravaneto e intercettiamo la via di  lizza che sale da casa dei Pisani sino alla cava. La cava ci appare un posto abbastanza lugubre, alcuni ruderi con rottami e vecchi motori, un argano, lasciano trasparire quanto è stata la devastazione e una volta abbandonata nessuno ha pensato di bonificare la zona, in un piazzale vicino un labirinto di blocchi di marmo, alcuni molto grossi.
Con un pò di difficoltà a sinistra del taglio di cava, grazie ad un ometto che era presente, troviamo una traccia che inizia a salire, la traccia prosegue verso destra come punto d'orientamento abbiamo un alberello solitario. Per fortuna troviamo degli ometti che sono stati posti, alcuni li rimpolpiamo.
La traccia, dopo un tornante, ci conduce ad una cengia un po' esposta, qui troviamo un bollo rosso che indica di andare verso sinistra e con attenzione percorriamo un ultimo tratto, lasciamo la cengia, che continuerebbe, una freccia rossa ci indica che dobbiamo cambiare percorso. Andiamo verso la nostra destra prendendo un ripido canale peno d detriti che rendono il passo precario, salendo troviamo un primo muro a secco e più su ne troviamo altri due, abbiamo fatto l'ipotesi che siano stati costruiti per frenare le rocce che altrimenti sarebbero caduti nella cava sottostante.
Percorriamo il canale sulla destra orografica, ma sarebbe la stessa cosa salir dall'altra parte.
Quasi al termine del canale invece di salire il ripidissimo ultimo salto, ci portiamo verso la nostra destra e preferiamo salire su rocce più stabili. Al termine ci troviamo sulla sella erbosa a 1436 mt. sulla cresta sud detta anche della Sverzulina, alla nostra destra si vede la vetta dello Spallone.
Dando uno sguardo in basso notiamo il sentiero 172 che percorreremo al rientro, seguiamo, appunto, sulla cresta su percorso ripidissimo ma tranquillo.
Giungiamo alla base di un erto spigolo a placche. Lo scaliamo (II°, roccia buona) e proseguiamo superando placchette e muretti, guadagnando così la sommità dell’ultima quota che precede la vetta dello Spallone. Con attenzione scendiamo per l’esposta cresta fino alla sella erbosa. Continuiamo lungo la ripida dorsale di paleo approdando dopo una faticosa salita, sulla cima del Monte Spallone 1639 m. da dove abbiamo un panorama vasto ed inatteso verso il Pizzo d’Uccello e la lunga Cresta del Garnerone.
Ancora non abbiamo terminato ci attende ancora un dislivello di 110 mt sino alla vetta del Sagro, quindi la nostra avventura continua su un esposto crinale.
Camminiamo su cresta abbastanza esposta ma non difficile e seguiamo i vari risalti del crinale.
Voltandoci indietro diamo uno sguardo allo Spallone che ci appare come un'isolata piramide, abbandoniamo il filo di cresta e ci dirigiamo verso una sella erbosa, che si affaccia sul  vertiginoso baratro del versante est, veramente impressionante la verticalità. Seguiamo una traccia che taglia il pendio erboso mantenendosi sotto il crinale, qui l'unica difficoltà e ritrovare la traccia che scompare inghiottita dal paleo.
Ci portiamo verso ovest e da qui, con ormai la vetta a vista ci dirigiamo verso di essa e finalmente siamo giunti sotto la grande croce che ci attende a braccia spalancate come volerci abbracciare tutti quanti.
Finalmente ci si può riposare e mangiare con davanti a noi panorami da mozzafiato solo chi sia salito su questa vetta ne può dare testimonianza perché nessuna immagine televisiva o fotografica lo può descrivere. Nei giorni più limpidi la vista in direzione del mare abbraccia l’Isola d’Elba, le isole di Gorgona e di Capraia, le cime più alte della lontana Corsica, oggi noi non siamo stati così fortunati ma comunque possiamo ammirare il Golfo di La Spezia, la riviera ligure di Levante e, ovviamente, alla riviera versiliese ed apuana. Sono inoltre ben visibili le circostanti cime delle Alpi Apuane: a nord la cresta della Natta Piana che termina con l'inconfondibile  Pizzo d’Uccello e il Grondilice, con il Pisanino che sbuca dietro quest’ultimo; a est il Contrario, il Cavallo, la Tambura e le altre cime delle Apuane fino alla Pania e all’Uomo Morto; a ovest tutta la Lunigiana.
Ci gustiamo il nostro, frugale, pranzo con davanti queste meraviglie.
Ripartiamo, la strada è ancora lunga, ci dirigiamo verso la Foce della Faggiola per sentiero della via normale al Sagro. Scendiamo lungo la cresta sud-ovest  Dopo una prima ripida discesa lungo friabili lastre rocciose, la cresta diviene in seguito più ampia e meno marcata. Senza percorso obbligato scendiamo per la dorsale intercettando, ormai in prossimità della Foce della Faggiola a quota 1464 mt. i sentieri 172 e 173, mentre quest'ultimo si dirige verso Foce di Pianza noi prendiamo il primo, verso sinistra, che prosegue verso la Foce Luccica.
La Foce della Faggiola è un valico erboso, a quota 1464 metri, ai piedi del Monte Spallone tra il canale del Sagro e quello di Colonnata. È attraversato dal sentiero 172 che unisce Foce di Pianza con Foce Luccica passando dalla cava dei Vallini. Inoltre qua parte il sentiero segnato blu per l’ascesa normale al Monte Sagro e tracce di sentiero portano al Monte Spallone e da esso ancora al Sagro per il crinale. Il luogo è molto panoramico sulla zona del Monte Maggiore, sul Vergheto e sulle Alpi Apuane centrali.
Iniziamo la discesa su uno strettissimo sentiero che taglia il pendio con l'onnipresente paleo che ci nasconde le insidie del terreno, adesso siamo diretti verso la cresta sud  dello Spallone e sempre seguendo i segni, rifatti di recente e ben visibili, giriamo a destra lungo una ripida discesa, discesa da spacca ginocchia, aimè!
Seguiamo il sentiero che girando a sinistra attraversa il canale e poi su una dorsale ci dirigiamo verso una cava dismessa, poi il sentiero ci porta sul filo di cava troviamo una recinzione per evitare di cadere di sotto, la seguiamo fino a scendere su ravaneto molto instabile ma la termine troviamo una scala fatta tutta di marmo con corrimano, gli scalini un po' alti ma insomma...
Al termine della scalinata siamo su una strada marmifera  polverosissima, la strada all'inizio è in ripida discesa per poi risalire altrettanto ripidamente ma poi sulla sinistra ritroviamo il sentiero assistito con un cavetto d'acciaio, siamo su sentiero abbastanza esposto e arriviamo ancora ad una cava, questa volta attiva,  un'altra cava e poi ancora un'altra e non possiamo far a meno di notare ancora lo scempio che viene fatto di  queste stupende montagne, guardando verso il litorale vediamo il grande bacino marmifero di Colonnata e Vara dove ormai sono scomparse intere montagne e solo l'ipocrisia dell'uomo lascia eretto quello che rimane della vetta tanto per dire che la cima c'è ancora, quando impareremo ad usare con più raziocinio le risorse della terra senza sfruttarle sino all'osso? E che cosa lasceremo ai nostri figli?
Scusate lo sfogo ma quelle ferite sulle montagne è come sentirmele addosso.
Siamo nella zona denominata dei Vallini, tagliamo il versante meridionale dello Spallone sino a intercettare il sentiero 38  che ci porta alla Foce Luccica, adesso risiamo sul sentiero che abbiamo percorso al mattino e procedendo a ritroso raggiungiamo il Vergheto e successivamente il Pianello e infine l'auto.
Adesso non ci resta per coronare la nostra bellissima giornata che terminarla davanti ad una fresca birra.
 
Ciao, alla prossima!

"La Montagna. Per chi è appassionato è il sentirsi vivi è il ritrovare se stesso, la montagna è il disegno di un grande pittore, la montagna è la parola di un soave poeta.
E' qualcosa di magico che è già dentro di te e che ritrovi soltanto quando arrivi in quei luoghi perenni che da sempre ti aspettano .
La montagna è la storia del mondo se l'ascolti ti sa raccontare storie di vita vissuta di uomini e donne che hanno tracciato in essa, come rughe che ti segnano il volto con lo scorrere degli anni, i loro destini di guerre, di lavoro, di morte. Ma anche di vita e d'amore per chi era disposto a varcarle per portare i beni necessari da una valle all'altra o per trovare la sua bella.
La montagna che spesso ancor oggi, forse più di un tempo, viene tradita ed offesa da mani che cercano in essa il profitto ne scavano i fianchi strappandole tutto quello che lei generosa può offrire.
E poi ci siamo noi, quelli che per le erte strade antiche salgono lungo i pendii rispettandola come si rispetta una madre. Ci siamo noi gli escursionisti che spesso nel silenzio o nel rumore del vento o del fiato affannoso ci inerpichiamo accompagnati da una farfalla un insetto o un animale che curioso ci osserva. Nel colore e nei profumi dell'erba e dei fiori.
Ci fermiamo ogni tanto ammirati da panorami stupendi oppure anche inorriditi da quello che può un nostro simile rovinare. Sinceramente spesso umanamente cerchiamo una giustificazione si pensa allora che la montagna è anche pane e proviamo a convincerci che tutto questo sia giusto. Ogni tanto ce la facciamo molte altre no. Sarebbe forse meglio cercare di salvaguardare l'ambiente pensando all'interesse di tutti invece che al guadagno di pochi ricordandoci che tutto ciò che abbiamo trovato su questa terra l'abbiamo avuto in prestito e quando ce ne andremo dovremmo restituirlo perché altri possano gioire e godere delle meraviglie della natura.
Ed allora continuiamo a salire. Fino a raggiungere la vetta, spesso sormontata da una Croce o dalla statua della Madonna che in molti casi viene vandalicamente mutilata dall'idiota di turno ed allora vien proprio da pensare che l'essere umano sia il peggiore degli animali.
Ed è sulla vetta, bellissima terrazza naturale aperta sull'infinito, che ti senti piccolo di fronte a tanto splendore sei conquistato da tanta armoniosità e grandezza che ti si presenta davanti. Quale mano maestosa può aver costruito tutto questo e quale bontà ha fatto in modo che io potessi goderne."

Foto escursione