Ricominciamo con una delle
nostre ravanate apuane, oggi vogliamo raggiungere il Monte Sagro non per
la banale via normale ma bensì per una via per capre, capre apuane.
Andremo alla scoperta di vecchie cave e percorreremo ardite creste, ci
tufferemo in ravaneti instabili, tutto questo tra paradiso e inferno,
inferno creato dalla cupidigia dell'uomo che con l'insaziabile ricerca
di ricchezza non esita ad devastare queste splendide Montagne.
Partiamo ben presto e ci dirigiamo verso Massa e da qui raggiungiamo il
paese di Forno e successivamente prendiamo la strada che porta alla
località il Pianello e il vicino borgo del Vergheto. La strada è molto
ripida e con molti tornanti e a tratti anche malandata. Lasciamo l'auto
dove termina l'asfalto, ci carichiamo gli zaini sulle spalle e
indossiamo gli scarponi e imbocchiamo una strada sterrata che porta alla
località il Pianello una bellissima zona pianeggiante tra castagni
secolari. Prendiamo verso destra seguendo il segnavia 38. Percorriamo
una mulattiera ancora ben conservata e più avanti quando iniziamo a
salire in un tratto scalinato, le prime abitazioni, ruderi. Giungiamo a
quello che è, o meglio era il nucleo principale del borgo, sulla destra
troviamo una marginetta dedicata
alla Madonna Santissima del Bon
Consiglio, ben restaurata qualche anno fa.
All'interno una lapide in marmo della
Madonna datata 1864.
Il Vergheto
(837 mt.) era un borgo popolato dove venivano sfruttati i boschi
circostanti e dove ci si dedicava alla pastorizia ed ora quasi abbandonato se non
per alcune case ristrutturate per i periodi estivi.
Qui facciamo una
breve sosta ammirando il panorama e meditando dello spreco che viene
fatto di questi piccoli borghi pieni di storie umani e temporali; Anche
il panorama da qui, nonostante siamo a quote modeste, è bellissimo:
davanti a noi si pone imponente il Sagro e lo Spallone, la splendida
vista sulle Apuane settentrionali, il Grondilice, il Cavallo, la
Tambura, il Sella, sulla nostra sinistra La Cima D'Uomo e il monte
Maggiore.
Lasciamo il paese seguendo il sentiero n° 38, per fortuna
questa volta troviamo il sentiero pulito, in altri tempi, lasciato il
castagneto, abbiamo trovato il sentiero invaso da fastidiosissime felci
e pungenti ginestroni che con le loro grosse spine
tormentano a lungo, ma come detto, per fortuna questa volta non dobbiamo
subire questo supplizio!
Dopo circa mezz'ora giungiamo al bivio
che indica a destra per foce Luccica e a destra per la Foce dei Vallini,
sentier1 172 - 38;
noi prendiamo per quest'ultimo.
Siamo poco sotto la Foce Luccica e in
breve la raggiungiamo restando sempre sul sentiero 38, la Foce è
contraddistinta da un bassorilievo della Madonna, continuiamo in
falsopiano e dopo poca strada, per par condicio e rispetto per tutte le
religioni, un altarino con la statua del Budda e bandierine di
preghiera. Giungiamo in vista delle Case dei Pisani, case di servizio e
alloggi destinati ai cavatori che lavoravano alla soprastante cava, la
cava dei Pisani. I Pisani non centrano nulla, la cava e l'edifici
prendono nome dal proprietario Pietro Pisani.
Prima di giungere al
fabbricato, sulla destra, notiamo uno stradello, non molto evidente, che
conduce alla cava dei Pisani. Proseguiamo dritto attraversando un
instabile ravaneto e intercettiamo la via di lizza che sale da
casa dei Pisani sino alla cava. La cava ci appare un posto abbastanza
lugubre, alcuni ruderi con rottami e vecchi motori, un argano, lasciano
trasparire quanto è stata la devastazione e una volta abbandonata
nessuno ha pensato di bonificare la zona, in un piazzale vicino un
labirinto di blocchi di marmo, alcuni molto grossi.
Con un pò di
difficoltà a sinistra del taglio di cava, grazie ad un ometto che era
presente, troviamo una traccia che inizia a salire, la traccia prosegue
verso destra come punto d'orientamento abbiamo un alberello solitario.
Per fortuna troviamo degli ometti che sono stati posti, alcuni li
rimpolpiamo.
La traccia, dopo un tornante, ci conduce ad una cengia
un po' esposta, qui troviamo un bollo rosso che indica di andare verso
sinistra e con attenzione percorriamo un ultimo tratto, lasciamo la
cengia, che continuerebbe, una freccia rossa ci indica che dobbiamo
cambiare percorso. Andiamo verso la nostra destra prendendo un ripido
canale peno d detriti che rendono il passo precario, salendo troviamo un
primo muro a secco e più su ne troviamo altri due, abbiamo fatto
l'ipotesi che siano stati costruiti per frenare le rocce che altrimenti
sarebbero caduti nella cava sottostante.
Percorriamo il canale sulla
destra orografica, ma sarebbe la stessa cosa salir dall'altra parte.
Quasi al termine del canale invece di salire il ripidissimo ultimo
salto, ci portiamo verso la nostra destra e preferiamo salire su rocce
più stabili. Al termine ci troviamo sulla sella erbosa a 1436 mt. sulla
cresta sud detta anche della Sverzulina, alla nostra destra si vede la
vetta dello Spallone.
Dando uno sguardo in basso notiamo il sentiero
172 che percorreremo al rientro, seguiamo, appunto, sulla cresta su
percorso ripidissimo ma tranquillo.
Giungiamo
alla base di un
erto spigolo a placche. Lo scaliamo (II°, roccia buona) e proseguiamo
superando placchette e muretti, guadagnando così la sommità dell’ultima
quota che precede la vetta dello Spallone. Con attenzione scendiamo per
l’esposta cresta fino alla sella erbosa. Continuiamo lungo la ripida
dorsale di paleo approdando dopo una faticosa salita, sulla cima
del Monte Spallone 1639 m. da dove abbiamo un panorama vasto ed inatteso
verso il Pizzo d’Uccello e la lunga Cresta del Garnerone.
Ancora non abbiamo terminato ci
attende ancora un dislivello di 110 mt sino alla vetta del Sagro, quindi
la nostra avventura continua su un esposto crinale.
Camminiamo su
cresta abbastanza esposta ma non difficile e seguiamo i vari risalti del
crinale.
Voltandoci indietro diamo uno sguardo allo Spallone che ci
appare come un'isolata piramide, abbandoniamo il filo di cresta e ci
dirigiamo verso una sella erbosa, che si affaccia sul vertiginoso
baratro del versante est, veramente impressionante la verticalità.
Seguiamo una traccia che taglia il pendio erboso mantenendosi sotto il
crinale, qui l'unica difficoltà e ritrovare la traccia che scompare
inghiottita dal paleo.
Ci portiamo verso ovest e da qui, con ormai la
vetta a vista ci dirigiamo verso di essa e finalmente siamo giunti sotto
la grande croce che ci attende a braccia spalancate come volerci
abbracciare tutti quanti.
Finalmente ci si può riposare e mangiare
con davanti a noi panorami da mozzafiato
solo chi sia salito su questa vetta ne può dare testimonianza perché
nessuna immagine televisiva o fotografica lo può descrivere. Nei
giorni più limpidi la vista in direzione del mare abbraccia l’Isola
d’Elba, le isole di Gorgona e di Capraia, le cime più alte della lontana
Corsica, oggi noi non siamo stati così fortunati ma comunque possiamo
ammirare il Golfo di La Spezia, la riviera ligure di Levante e,
ovviamente, alla riviera versiliese ed apuana. Sono inoltre ben visibili
le circostanti cime delle Alpi Apuane:
a nord la cresta della Natta Piana che termina con l'inconfondibile
Pizzo d’Uccello e il Grondilice, con il Pisanino che sbuca dietro
quest’ultimo; a est il Contrario, il Cavallo, la Tambura e le altre cime
delle Apuane fino alla Pania e all’Uomo Morto; a ovest tutta la
Lunigiana.
Ci gustiamo il nostro, frugale, pranzo con davanti queste
meraviglie.
Ripartiamo, la strada è ancora lunga, ci dirigiamo verso la Foce della
Faggiola per sentiero della via normale al Sagro. Scendiamo lungo la
cresta sud-ovest Dopo una prima ripida discesa lungo friabili lastre
rocciose, la cresta diviene in seguito più ampia e meno marcata. Senza
percorso obbligato scendiamo per la dorsale intercettando, ormai in
prossimità della Foce della Faggiola a quota 1464 mt. i sentieri 172 e
173, mentre quest'ultimo si dirige verso Foce di Pianza noi prendiamo il
primo, verso sinistra, che prosegue verso la Foce Luccica.
La Foce
della Faggiola è un valico erboso, a quota 1464 metri, ai piedi del
Monte Spallone tra il canale del Sagro e quello di Colonnata. È
attraversato dal sentiero 172 che unisce Foce di Pianza con Foce Luccica
passando dalla cava dei Vallini. Inoltre qua parte il sentiero segnato
blu per l’ascesa normale al Monte Sagro e tracce di sentiero portano al
Monte Spallone e da esso ancora al Sagro per il crinale. Il luogo è
molto panoramico sulla zona del Monte Maggiore, sul Vergheto e sulle
Alpi Apuane centrali.
Iniziamo la discesa su uno strettissimo
sentiero che taglia il pendio con l'onnipresente paleo che ci nasconde
le insidie del terreno, adesso siamo diretti verso la cresta sud dello
Spallone e sempre seguendo i segni, rifatti di recente e ben visibili,
giriamo a destra lungo una ripida discesa, discesa da spacca ginocchia,
aimè!
Seguiamo il sentiero che
girando a sinistra attraversa il canale e poi su una dorsale ci
dirigiamo verso una cava dismessa, poi il sentiero ci porta sul filo di
cava troviamo una recinzione per evitare di cadere di sotto, la seguiamo
fino a scendere su ravaneto molto instabile ma la termine troviamo una
scala fatta tutta di marmo con corrimano, gli scalini un po' alti ma
insomma...
Al termine della scalinata siamo su una strada marmifera
polverosissima, la strada all'inizio è in ripida discesa per poi risalire
altrettanto ripidamente ma poi sulla sinistra ritroviamo il sentiero
assistito con un cavetto d'acciaio, siamo su sentiero abbastanza esposto
e arriviamo ancora ad una cava, questa volta attiva, un'altra cava e
poi ancora un'altra e non possiamo far a meno di notare ancora lo scempio che
viene fatto di queste stupende montagne, guardando verso il litorale
vediamo il grande bacino marmifero di Colonnata e Vara dove ormai sono
scomparse intere montagne e solo l'ipocrisia dell'uomo lascia eretto
quello che rimane della vetta tanto per dire che la cima c'è ancora,
quando impareremo ad usare con più raziocinio le risorse della terra
senza sfruttarle sino all'osso? E che cosa lasceremo ai nostri figli?
Scusate lo sfogo ma quelle ferite sulle montagne è come sentirmele
addosso.
Siamo nella zona denominata dei Vallini, tagliamo il
versante meridionale dello Spallone sino a intercettare il sentiero 38
che ci porta alla Foce Luccica, adesso risiamo sul sentiero che abbiamo
percorso al mattino e procedendo a ritroso raggiungiamo il Vergheto e
successivamente il Pianello e infine l'auto.
Adesso non ci resta per
coronare la nostra bellissima giornata che terminarla davanti ad una
fresca birra.
Ciao, alla
prossima!
"La Montagna. Per
chi è appassionato è il sentirsi vivi è il ritrovare se stesso, la
montagna è il disegno di un grande pittore, la montagna è la parola di
un soave poeta.
E' qualcosa di magico che è già dentro di te e che
ritrovi soltanto quando arrivi in quei luoghi perenni che da sempre ti
aspettano .
La montagna è la storia del mondo se l'ascolti ti sa
raccontare storie di vita vissuta di uomini e donne che hanno tracciato
in essa, come rughe che ti segnano il volto con lo scorrere degli anni,
i loro destini di guerre, di lavoro, di morte. Ma anche di vita e
d'amore per chi era disposto a varcarle per portare i beni necessari da
una valle all'altra o per trovare la sua bella.
La montagna che
spesso ancor oggi, forse più di un tempo, viene tradita ed offesa da
mani che cercano in essa il profitto ne scavano i fianchi strappandole
tutto quello che lei generosa può offrire.
E poi ci siamo noi, quelli
che per le erte strade antiche salgono lungo i pendii rispettandola come
si rispetta una madre. Ci siamo noi gli escursionisti che spesso nel
silenzio o nel rumore del vento o del fiato affannoso ci inerpichiamo
accompagnati da una farfalla un insetto o un animale che curioso ci
osserva. Nel colore e nei profumi dell'erba e dei fiori.
Ci fermiamo
ogni tanto ammirati da panorami stupendi oppure anche inorriditi da
quello che può un nostro simile rovinare. Sinceramente spesso umanamente
cerchiamo una giustificazione si pensa allora che la montagna è anche
pane e proviamo a convincerci che tutto questo sia giusto. Ogni tanto ce
la facciamo molte altre no. Sarebbe forse meglio cercare di
salvaguardare l'ambiente pensando all'interesse di tutti invece che al
guadagno di pochi ricordandoci che tutto ciò che abbiamo trovato su
questa terra l'abbiamo avuto in prestito e quando ce ne andremo dovremmo
restituirlo perché altri possano gioire e godere delle meraviglie della
natura.
Ed allora continuiamo a salire. Fino a raggiungere la vetta,
spesso sormontata da una Croce o dalla statua della Madonna che in molti
casi viene vandalicamente mutilata dall'idiota di turno ed allora vien
proprio da pensare che l'essere umano sia il peggiore degli animali.
Ed è sulla vetta, bellissima terrazza naturale aperta sull'infinito, che
ti senti piccolo di fronte a tanto splendore sei conquistato da tanta
armoniosità e grandezza che ti si presenta davanti. Quale mano maestosa
può aver costruito tutto questo e quale bontà ha fatto in modo che io
potessi goderne."