Per questa domenica
poniamo interesse in un'escursione al limite tra l'escursionistico e
l'alpinistico, vogliamo cimentarci su una delle creste più interessanti
delle Apuane, la Garnerone, uno dei posti più belli, suggestivi e
selvaggi delle Alpi Apuane.
Questa volta siamo solo io ed Emanuele.
La lunga e noiosa strada presa ad Aulla ci porta alla nostra meta
il Rifugio Donegani in Orto di Donna.
Il
tempo di indossare gli scarponi e via si parte per la nostra escursione.
Prendiamo il sentiero n° 37 che si inoltra nel bosco proprio davanti al
rifugio, purtroppo solo per pochi metri, infatti sbuca subito dopo sulla
strada marmifera che porta alle cave e al suo termine al rifugio Orto di
Donna o Cava 27.
Come detto siamo sulla strada di cava, se devo dire la verità non è che
siano un grande spettacolo sia per il deturpamento selvaggio che vi è
stato fatto e per l'abbandono in cui si trovano con rifiuti di tutti i
tipi.
Seguiamo la marmifera per un breve tratto e sulla destra, in
prossimità di una rampa, troviamo le indicazioni che indicano la
direzione.
Da qui abbiamo un bellissimo panorama su tutta la valle,
a parte le cave, lo sguardo va dal Pisanino agli Zucchi di Cardeto, dal
Cavallo al Contrario, dal Grondilice alla Cresta Garnerone.
Saliamo
adesso per tratto ampio e agevole su sfasciumi di marmo, avendo sulla
sinistra vecchie cave. Superiamo alcuni ruderi ed entriamo in un
piazzale costituito dal taglio di cava.
Proseguiamo la salita per
detriti poi dobbiamo percorrere un tratto piuttosto ripido, una volta
era presente un cavetto d'acciaio, non che sia molto utile ma adesso ci
sono rimasti solo i pali che lo reggevano.
Proseguendo, in salita,
troviamo un'altra vecchia cava dove è presente una bella vasca scavata
nel marmo e anche qualche blocco che era già pronto per il trasporto e
che rimane lì ad aspettare inutilmente che venga utilizzato.
Entriamo
nella faggeta e troviamo, poi, il bivio tra il 37 che sale verso
sinistra e il 191 a destra, quest'ultimo porta alla foce del Giovetto;
noi prendiamo il 37 per Foce a Giovo.
La raggiungiamo siamo a quota
1500 mt.
si tratta di crinale
divisorio tra la valle di Vinca e la Val Serenaia, un'ampia sella erbosa
e ottimo punto panoramico sull'Appennino, ad est e sulla Valle di Vinca
e il mare ad ovest a
sud il
Monte Cavallo, il Contrario ed il Grondilice,
davanti
a noi si staglia la mole del Pisanino, guardiamo con rispetto la Bagola
Bianca, il crinale che abbiamo percorso altre volte ma guardandolo
ancora ci rendiamo conto che è stata una bella impresa.
Mentre
guardando in basso
di fronte a noi sbucano i tetti rossi
delle case di Vinca, e sopra di
noi, a nord, il Pizzo d'Uccello.
Dopo una doverosa sosta per ammirare tanta
bellezza riprendiamo il cammino e qui prendiamo a destra, il
sentiero179, costeggiando la cresta con le Guglie di Vinca.
Lo
percorriamo per pochi minuti, e da qui inizia l'avventura, la prima
difficoltà si è rivelata quella di trovare il punto giusto dove lasciare
il sentiero, abbiamo letto su una relazione che bisogna prendere come
punto di riferimento uno " scivolo di placche rocciose " appena sotto il
sentiero. Facciamo un paio di tentativi e infine lo troviamo. Saliamo
cercando la via migliore, non sempre facile da individuare comunque
proseguiamo prendendo, poi, a mezza costa. Giungiamo in quello che si
presenta una distesa infinita di detriti e ghiaie, la classica ravanata.
Sopra di noi abbiamo il Gobbo e il Garnerone nord.
Ora dobbiamo
necessariamente salire per raggiungere la Forcella del Gobbo, forcella
che proprio sopra di noi. Abbiamo due opzioni: salire per ghiaione
oppure per una ripida via tra roccette, chi sa perché scegliamo il
ghiaione? Proseguiamo su un terreno più che instabile niente sta fermo,
tutto è precario, aiuto, non potevamo salire per roccette??
Beh in
qualche maniera raggiungiamo la cresta, diamo un'occhiata al canale
appena percorso ed è davvero da matti passare da lì.
Ripartiamo
andando verso sud, scendiamo brevemente e raggiungiamo presto e
facilmente la Forcella del Gobbo e ci troviamo davanti ad una parete
rocciosa che sembrerebbe ostica ma che in realtà non supera il 1° grado
, magari un pò esposta, noi percorriamo una esile cengetta con paleo e
che prosegue in obliquo sino alla vetta dove troviamo una sosta. Sosta
che utiliziamo per una divertete calata in corda doppia, ci caliamo
verso il versante occidentale, quello verso Vinca, sino a raggiungere la
Foce del Gobbo che ci separa dal Garnerone Nord. Davanti a noi una
parete con un camino invitante ma forse un pò troppo impegnativo,
proseguiamo aggirando la cima sul versante occidentale, il terreno è
tritato e sotto di noi impressionanti canaloni.
Giungiamo ad una
piccola sella e qui ci fermiamo per capire dove passare, davnti a noi
c'è un canale, non molto ampio, e dall'altra parte una cengia, l'inizio
della cengia ci appare assai esposto e la natura detritica del terreno
ci dà qualche preoccupazione ma alla fine giungiamo alla decisione che
non c'è alternativa. Con molta cautela passiamo sulla cengia e
fortunatamente i nostri timori non sono proprio come ce l'aspettavamo,
passato il primo tratto si percorre più tranquillamente.
Al termine
della cengia prendiamo sulla sinistra in salita tra paleo e detriti, uno
sguardo al panorama e ripartiamo scendendo sino ad una sottostante
forcella, forcella che separa la cima nord con la centrale. Troviamo,
davanti a noi, una parete alta non più di tre metri la dobbiamo salire
in aderenza piuttosto esposta. Giumgiamo sulla cima del Garnerone
Centrale e procediamo verso la cima sud percorrendo una bella cresta
assai aerea sino ad una parete assai verticale con passaggi di 3° la
saliamo in arrampicata, e come se nò? Poi ci troviamo su placche
ed infine sull'ultima cima del Garnerone, la sud.
Sulla cima c'è una
sosta per una calata in doppia che sfruttiamo per raggiungere la foce
del Garnerone. Continuiamo sulla cresta e si raggiunge una cengia che
poi ci porta ad una foce, davanti a noi l'antecima del Grondilice.
Da
qui obbligatoriamente prendiamo a destra verso l'antecima e poi la cima
del Grondilice.
Per raggiungere questa vetta dobbiamo, come già detto
prendere verso sud, sulla cresta di nord/ovest, seguendone il filo, si
tratta di un percorso facile, con divertenti passaggi su roccia di
I°/II° grado.
In circa mezz'ora siamo sulla vetta del Grondilce a
quota 1805, come succede spesso in questo periodo, la visuale non è
perfetta e nebbie si alternano a visuali bellissime, non godiamo di
tutta la bellezza che si può avere da quassù ma comunque spesso si
aprono scorci sulle varie cime delle Apuane, dal Pisanino alle Panie, ma
quello che colpisce soprattutto è la meravigliosa visione del Cavallo e
delle sue gobbe e della frastagliata Cresta Garnerone.
Ci fermiamo
per ammirare l'ammirabile e per riprendere anche un po' d'energie ma poi
decidiamo di ridiscendere sino alla Finestra del Grondilice.
Per
raggiungerla seguiamo la via normale dal versante sud-ovest, non
difficile ma un po' esposta e con gran sfasciumi ed è obbligatorio non
far cadere pietre; sono presenti vecchi segni abbastanza sbiaditi
azzurri o tre bolli rossi; con prudenza arriviamo alla Finestra, è un
valico a quota 1750 metri tra la vetta del monte Grondilice e la sua
ante cima Sud-Est, detta Forbice.
Dalla Finestra imbocchiamo il
sentiero 186/179 scendiamo il facile sentiero dove ogni tanto è ancora
presente molta neve, un tratto lo facciamo scivolando con le terga a
terra. Troviamo il bivio tra 179 che conduce a Foce a Giovo e il 186 per
il rifugio Orto di Donna, noi prendiamo quest'ultimo e in breve lo
raggiungiamo. Dal rifugio prendiamo il sentiero 180 e,nel bosco di
faggi, scendiamo non sempre agevolmente, grandi accumuli di neve e
moltissimi alberi abbattuti ostacolano il cammino ma in circa un ora
siamo sulla strada che porta al rifugio Donegani dove abbiamo lasciato
l'auto.
L'escursione è finita e siamo stanchi
ma soddisfatti. Siamo convinti di aver fatto qualcosa di grande non ci
sentiamo degli eroi o dei super uomini abbiamo fatto quello che di umano
e per noi è possibile. Abbiamo visto cose magnifiche e abbiamo
avuto sensazioni straordinarie. Immersi nella natura e in tutte le
meravigliose grandiosità che essa può offrirti e nei suoi silenzi riesci
spesso ha ritrovare te stesso ed essere in pace col mondo. E quando il
batter delle ali di un uccello il soffio del vento il ruzzolare di un
sasso o una farfalla e un insetto dispettoso ti portano alla realtà,
allora sorridi e sai di esser felice.
Forse o sicuramente abbiamo fatto una normale
escursione ma sono convinto che resterà nei nostri ricordi per lungo
tempo, probabilmente per sempre.
Ciao, alla prossima!