Questa escursione è una di quelle toste,
di quelle hard, un'escursione che mette alla prova tutti i muscoli, non solo
quelli delle gambe ma dell'intero corpo, un'escursione che se non hai fiato
ti sconfigge, non mi sento di consigliarla in piena estate
come abbiamo fatto noi, le temperature possono essere davvero micidiali e la
mancanza d'acqua può creare problemi se non si è pensato di farne una buona
scorta, noi alla fine abbiamo bevuto 3 lt. a testa e se ne avessimo avuta
ancora non sarebbe stato male!
Detto questo andiamo avanti con il
racconto.
Siamo
nelle Apuane massesi, le più selvagge, le più aspre, le più segnate dalle
cicatrici delle vie di lizza…le Apuane più Apuane
Ci
portiamo a Resceto, proviamo a parcheggiare nella piazzetta dove gira il
pullman ma ovviamente non c'era posto, quindi cerchiamo parcheggio più in
basso lungo la via, siamo fortunati troviamo spazio poco sotto.
Subito ci
incamminiamo e prendiamo quella che è la Via Vandelli
da prima asfaltata ma che diventa subito
sterrata, sentiero CAI 166,
ardita opera di ingegneria stradale nata per
mettere in comunicazione Modena con Massa, valicando l'Appennino e le
Apuane. La strada, iniziata nel 1738 e terminata nel 1751, prende il nome
proprio dal suo progettista, l'ingegnere Domenico Vandelli,
numerata CAI con segna via 35 e in
questo tratto prosegue in comune al 166 che da casa del Fondo ci condurrà
alle lizze Silvia o a quella del Padulello.
Giunti alla casa del Fondo,
costruzione recente, qui giungeva la lizza del Padulello ma essendo
franata nella parte iniziale dobbiamo percorrere ancora la via Vandelli sino
a trovare l'indicazione del sentiero 166A che và a riprendere il tracciato
della lizza. Lizza che si presenta subito molto ripida, si raggiungono
pendenze anche del 90%. Si prosegue un pò seguendo la lizza e un pò anche
seguendo quello che doveva essere il sentiero di servizio. Molte ancora le
testimonianze delle attività di discesa dalla lizza dei blocchi di marmo: si
notano moti fori dei piri, alcuni con ancora mozziconi di tronchi di legno
dove venivano avvolte le funi e i cavi per guidarne la scesa, sulle rocce i
segni di sfregamento delle funi.
proseguendo ci uniamo al sentiero che
viene sempre da Resceto e per la Foce della Vettolina, sent. 170,
continuiamo ripidamente, nonostante siamo partiti presto l'aria è già calda
e ventilazione quasi assente, sudata assicurata!
Proseguiamo per la lizza
ci troviamo di fronte alla " lastronata" di marmo del Piastrone, seguiamo la
traccia che è agevolata da tacche scavate nel marmo, giungiamo infine nelle
vicinanze delle cave del Padulello, adesso la lizza è stata sommersa dagli
scarti della sovrastate strada marmifera e dobbiamo raggiungere la cresta
appena sopra di noi, è comunque segnata. Percorrendo la cresta giungiamo
alla parte più noiosa dell'escursione la polverosissima strada marmifera che
sotto il sole diventa un forno crematorio.
Camminiamo nella polvere e non
vediamo l'ora di uscirne, finalmente siamo davanti all'altezza di Punta
Padulello, è poco prima del grosso serbatoio dell'acqua, la Punta del
Padulello è l'ultima vetta della cresta sud ovest del Cavallo, chiamata
anche Coda del Cavallo.
Voltiamo lo sguardo sulla parete volta verso ovest, il
mare per intenderci, scorgiamo la ripida cengia erbosa che dobbiamo
affrontare, sotto la cengia un salto vertiginoso, vien da se che qui non si
deve sbagliare.
Per raggiungere la cengia dobbiamo prima
attraversare un tratto assai esposto e molto ma molto rotto, sotto di noi un
salto vertiginoso. Raggiuntala la percorriamo assai facilmente a ridosso
della parete, al contrario da quello che sembrava da sotto è più larga ma
poi non così tanto un metro un metro e mezzo.
La prete rocciosa che è
sopra di noi man mano che saliamo si abbassa quasi a formare una sorta di
grotta, un masso incastrato lascia solo un foro da dove si possa passare,
altre vie non ce ne sono. L'unica cosa è quella di levarci gli zaini dalle
spalle e passare attraverso il foro strisciando, comunque ci si passa
abbastanza bene.
Al di là del passaggio la cengia è più ampia e ben presto termina, qui
cerchiamo di capire da dove prendere, scartiamo aggiramenti a destra o
sinistra e optiamo, giustamente, nell'arrampicarci una breve paretina
davanti a noi con passaggi di II° la roccia è buona e usiamo anche la sempre
utile " paleo traction" .
Oltre la parete ci troviamo su un bel pendio
erboso neanche troppo ripido che ci porterà sino alla vetta della Punta
Padulello.
Successivamente scendiamo dalla parte opposta sempre su paleo
e vaghe tracce sino a raggiungere la bella guglia di Punta Ferro. Dalla sua
base scendiamo a sinistra aggirando la punta per poi risalire un successivo
canalino sino ad un intaglio fra Punta Ferro e Punta Graziosa. Da qui
imbocchiamo una cengetta un pò esposta in discesa verso la Focolaccia fino a ritrovarci alla base
della Punta Graziosa e poi arriviamo alla Punta Carina.
Costeggiando la parete della cresta Botto, (il
lungo tratto roccioso, nella coda del monte Cavallo, tormentato da guglie e
canali tra la Forcella di Porta e la Punta Carina. Raggiunge i 1756 metri e
permette alcune vie di arrampicata e la salita per la cresta sommitale per
la sicura roccia scistosa. Dal sito Escursioni Apuane) raggiungiamo
la Forcella di Porta, volevamo percorre la cresta del Botto ma considerando
il dislivello che abbiamo già fatto e quello che ancora dobbiamo affrontare
senza tralasciare dalla considerazione il caldo torrido che ci opprime
la lasciamo perdere. Facciamo una piccola sosta per reidratarci e mangiare
qualcosa, siamo osservati da vicino da un branco di capre che ci guardano
sospettose.
Dalla Forcella di Porta si prosegue seguendo una traccia che senza mai
scendere costeggia la quota 1851 del Cavallo (quarta cima partendo con il
conteggio da nord) finchè, quando ci si trova fra la terza e quarta quota
(ometto in pietra presente), si risale il ripido pendio erboso seguendo una
traccia tra il folto paleo.
Finalmente raggiungiamo la cresta e risaliamo
verso la terza gobba, il conteggio delle " gobbe" è fatto da nord a sud,
risaliamo, quindi la terza facilmente ma fare sempre attenzione anche per
via della natura detritica del terreno, la discesa dal versante opposto è un
pò più problematica o almeno da farsi con più attenzione su terreno sempre
sfatto e l'esposizione è notevole, si deve scendere affrontando un tratto
scalinato e poi prendendo una cengetta fino a raggiungere la prossima sella.
Da quest'ultima proseguiamo e raggiungiamo una cima secondaria per poi
salire alla vetta "gobba" principale, la seconda da nord, a 1895 mt.
Veniamo rapiti dal panorama unico che
il monte ci offre. Possiamo ammirare tutta la maestosa imponenza del
Pisanino, le aspre pareti del Pizzo d’Uccello, la Tambura, il Contrario e
spaziare dai laghi artificiali ma non per questo meno suggestivi della
Garfagnana, alla Lunigiana, dalla costa livornese alle Cinque Terre con ben
in vista le isole Palmaria e Tino.
Una breve sosta e poi proseguiamo
la "cavalcata" scendendo verso la sella che separa la vetta dalla cima
settentrionale, qui dobbiamo attraversare un costone roccioso , detto " La
Piastra, si tratta di una parete molto scoscesa ma con l'aiuto di un cavetto
d'acciaio per una decina doi metri, la superiamo, in discesa è un pò
delicata, scivolare qui non si può assolutamente...neanche prima!
Arriviamo all'imbocco del Canal Cambron e invece di proseguire per la gobba
settentrionale decidiamo di scendere il canale molto ripido, noi ci siamo
tenuti a ridosso della parete di destra, lato orografico, aiutandoci con
l'abbondante paleo, abbondanti anche i cardi che con le loro foglie spinose
ci hanno tormentato per tutta la discesa.
Al termine del canale è bene
osservare bene la direzione per uscirne stando piuttosto centrali troviamo
un risalto, ci spostiamo un po' a destra e con un po' di disarrampicata e
paleo traction raggiugiamo il sentiero 179 e successivamente la marmifera
per il passo della Focolaccia.
Dobbiamo ancora tornare a Resceto e questa volta
percorreremo la via di lizza Silvia o lizza Magnani, segnavia 166.
Prendiamo la polverosa e ora caldissima via marmifera, il riverbero del
sole ci acceca! Un ultimo sguardo e salutiamo la nostra " Carina"
e
il bivacco Aronte. Prendiamo a scendere, dopo numerosi tornanti su una
strada polverosa e scivolosa, giungiamo a quella
che dovrebbe essere la mensa dei cavatori, comunque è denominata Casa
Verde di Piastra Marina. Da qui inizia la via di lizza, segnalata,
iniziamo a scendere ripidamente e poi un tratto a ravaneto, finalmente
possiamo godere di un po' di frescura in una zona alberata, pare di
rinascere. Mentre scendiamo incrociamo il bivio con il sentiero 163 che
conduce alla miniera di ferro sotto la Finestra Vandelli, classificato
difficile, bello non è!
Scendiamo inesorabilmente, in salita con
questo caldo deve essere micidiale, la lizza segue la morfologia della
montagna e non dà un attimo di respiro, vedere quelle pendenze, quei
luoghi sembra impossibile che uomini potessero trasportare dei grossi
blocchi di marmo sino a Resceto.
La lizza in alcuni tratti è ancora
ben conservata ma in altri è in pessimo stato con frane e cedimenti
della stessa, peccato.
Finalmente siamo in vista della Via Vandelli e
dalla lizza vediamo sotto di noi il ponte metallico che permette di
oltrepassare il Canal Pianone.
Lasciamo la lizza e ci
immettiamo in quella che ci sembra un autostrada, la Via Vandelli. In
breve raggiungiamo la casa del Fondo e più avanti sulla nostra destra il
bivio con il sentiero per la Vettolina, il 170.
Siamo alla piazzola
dell'elicottero e dopo un tratto all'ombra di grossi castagni giungiamo
alla strada asfaltata che entra nel paese di Resceto.
Andiamo alla
fontana per una bella sciacquata alla faccia per toglierci un po' di polvere
e sudore di dosso e terminiamo qui questa bellissima e affascinante
escursione.
Fonti Escursioni Apuane e Lorenzo
Verdiani Wikiloc
Alla prossima!
Foto
escursione