Anche questa settimana vogliamo mettere alla prova tutti i nostri muscoli di
tutto il corpo, per di più in un'estate torrida che non si ricorda a meria
d'uomo, in questa escursione alpinistica non troveremo acqua per molto tempo
e una buona scorta di questa più tutta la ferraglia e le corde per salire in
sicurezza ci rendono gli zaini di un peso disumano.
Questa escursione è una di quelle toste,
di quelle hard un'escursione che se non hai fiato
ti sconfigge, non mi sento di consigliarla in piena estate
come abbiamo fatto noi, le temperature possono essere davvero micidiali e la
mancanza d'acqua può creare problemi se non si è pensato di farne una buona
scorta, noi alla fine abbiamo bevuto 4 lt. a testa, siamo partiti con tre,
il primo rifornimento è stato possibile rifarlo solo al ritorno alla Foce di
Mosceta ad una bella e fresca fonte e se ne avessimo avuta
ancora non sarebbe stato male!
Partiamo di buon ora, le sei (sig) e ci dirigiamo verso Passo Croce.
Prendiamo per
Seravezza seguendo la strada di fondovalle del Serra e in località Ruosina
si svolta a sinistra per salire lungo la rotabile del Cipollaio lungo una
strada sulla quale una volta passava il trenino dei marmi che dalla zona di
Arni portava i blocchi ai moli caricatori attraversando la galleria del
Cipollaio. La strada di inerpica lungo le pendici meridionali del Corchia
fino a raggiungere il paese di
Levigliani (m. 582), borgo di cavatori e meta ideale per raggiungere sia
il Corchia che la Pania attraverso verso il caratteristico sentiero a
tornanti molto conosciuto detto "Le Voltoline"; dopo Levigliani la strada
sale lasciando a sinistra il bivio per
Terrinca (m. 517) mentre noi, poco dopo il bivio, svoltiamo a destra per
una larga strada asfaltata che risale le pendici del Corchia (m. 1677)
attraversando una zona chiamata Pian del Lago fino a giungere ai 1.160 m.
del Passo Croce dove si apre uno stupendo panorama su varie vette della
catena apuana.
Una volta raggiunto, dove
termina la strada asfaltata, ci troviamo davanti ad un bivio, a
destra una strada camionabile per le cave chiusa da una sbarra e a sinistra
un'altra sterrata ex strada di cava che ci porta a Fociomboli. Prendiamo
quella di sinistra, ma prima paghiamo i tre euro per la sosta, che ci
permetterà di lasciare l'auto per tutta la giornata, il parchimetro accetta
solo monete, no bancomat!
Il proseguo della strada non è consigliato a macchine dal fondo basso dato
il pessimo stato della strada stessa, specialmente l'ultima salita che è
ripida e scavata dall'acqua.
Eccoci a destinazione, lasciamo l'auto in un
piazzale oltre non si può andare, qui è
Fociomboli.
Fociomboli è posto fra il Freddone e il Corchia: dal valico si può andare
sul Freddone, sul Corchia, a Foce di Mosceta, alla torbiera di Fociomboli,
ai bei prati terrazzati del Puntato e al paese abbandonato di Col di
Favilla.
Appena scesi ci mettiamo gli scarponi e issiamo i
pesantissimi zaini sulle spalle e via partiamo alla volta della
nostra prima meta: il rifugio del Freo del CAI di Viareggio in località
Mosceta.
Percorriamo ancora per alcuni minuti la strada sterrata e poi
sulla sinistra si trovano le indicazioni del sentiero 129.
Il sentiero
entra subito nella fitta faggeta, è un sentiero comodo in quanto prosegue
quasi sempre in falso piano ma purtroppo non ci permettere di vedere il
panorama tranne alcune rare volte che si apre su Sumbra.
Giungiamo in
cima alla cresta che scavalcandola porta il sentiero in ripida discesa, un
po' insidiosa in caso di terreno bagnato.
Poi torna a seguire un
tracciato i leggeri saliscendi sino ad uscire dal bosco e prendere in
discesa tra larici e a seconda del periodo anche tra molti lamponi, la vista
si apre sulla Pania e il Pizzo delle Saette, il sentiero ci porta sui bei
prati di Mosceta dove appunto sorge il rifugio Del Freo.
passiamo davanti al rifugio e la tentazione sarebbe forte di una bella fetta
di torta con frutti di bosco e un caffè fumante, scacciamo la
tentazione e salutiamo senza neanche fermarci gli ospiti del rifugio che
sono ai tavoli all'aperto. Raggiungiamo la vicina Foce di Mosceta e
imbocchiamo il sentiero n° 9, una bella mulattiera ancora ben conservata che
scende verso Isola Santa, proseguiamo sino a d incontrare un bivio con il
sentiero 127 ( Mosceta - Piglionico) Lo imbocchiamo,
""primo
tratto del sentiero è comune con il sentiero 9 e costeggia il modesto fosso
di Mosceta, tributario del canale delle Verghe, che rimane sulla nostra
sinistra. Esso incide la valle erbosa e a sinistra di esso passa il sentiero
128. Il primo tratto è aperto e panoramico sulla sinistra sulle pendici del
Corchia (dietro noi) e sulla destra sul Pizzo delle Saette. È una prateria
dove prosperano i lamponi e sulla destra continua l'abetaia mista a faggi.
In 5' cominciamo a entrare nel bosco che si infittisce progressivamente. Il
sentiero è una mulattiera con qualche tratto ancora ben conservato e scende
con tratti ripidi e altri meno. A 15' superiamo un canale dove la
mulattiera è franata e il sentiero è stato ridisegnato, in sicurezza, un po'
più in alto. Subito dopo siamo a una maestà fatta costruire da Sergio
Cipollini, con icona marmorea dedicata all'Angelo Custode. Ancora un paio di
minuti di discesa e a 18' troviamo il primo bivio: il sentiero 9 scende a
sinistra, per la mulattiera, diretto a Col di Favilla e Isola Santa mentre
il nostro sale lievemente a destra. Poco più in alto si apre una finestra
panoramica su Fiocca e Sumbra che vedremo ancora, più avanti, nelle parti
aperte del sentiero. Continuando si superano un paio di canalini dove in
inverno rimane a lungo la neve, il primo a 29' e il secondo poco dopo. Il
sentiero si fa più stretto e pieno di foglie per cui richiede attenzione,
specialmente in autunno e in inverno. Segue poi un tratto in discesa e poi
saliscendi e uno dei tanti ravaneti che scendono da destra dalle ultime
pendici delle Panie, qua il sentiero è aperto e molto panoramico. A 49'
siamo a un secondo bivio (presenti indicazioni): il sentiero 139 sale ripido
a destra diretto alla Focetta del Puntone e al Rifugio Rossi e, più in
alto, percorre la selvaggia Borra di Canala. Prendiamo quest'ultimo sentiero
che sale a destra nel bosco: la salita è molto ripido, prima nel bosco, poi
su roccette poi ci troviamo all’aperto, alle pendici di un ravaneto, con il
panorama che si allarga, a sinistra, sul monte Rovaio e Capanne di
Careggine. Saliamo ancora, il sentiero si sviluppa per sfasciumi, e a 30’
siamo alla Porta di Borra di Canala. Questo "orrido" canale ha sulla
sinistra l’altopiano carsico della Vetrìcia, con la Torre Oliva e, a destra,
le propaggini orientali del Pizzo delle Saette, la Pianizza, e di fronte la
Pania della Croce. La salita, molto ben segnata, avviene su roccette con
tratti di sentiero più agevole: è faticosa, ma non difficile"" (Quest'ultima
descrizione da escursioniapuane.com)
Da qui il racconto diventa meno
preciso in quanto non ci sono ne segni ne punti di riferimento, quindi quel che segue è un
mero racconto di come è andata la scalata.
Noi
ci fermiamo alla Porta della Borra di Canala, non abbiamo descrizioni
sufficientemente chiare per capire da dove prendere la cresta, appena alla
Porta prendiamo sulla destra su facili roccette sino ad entrare nel
boschetto di faggi, da prima ci spostiamo a destra ma poi dei lunghi
traversi pericolosi ci fanno desistere, torniamo parzialmente sui nostri
passi ed individuiamo una spalla che si dirige verso la cresta nord est,
iniziamo salendo sciolti dato la facilità ma poi guardando in alto ci sembra
di vedere dei passaggi un pò più impegnativi e iniziamo la salita in
sicurezza. Approntiamo una sosta ad un alberello e Emanuele inizia a salire,
non sembra che trovi molte difficoltà, vedrò poi che si tratta di passaggi
di III°, caso mai la difficoltà è la natura del terreno sfatto e nei tratti
erbosi la terra scivola via, neanche il paleo ci dà garanzia di tenuta in
quanto secchissimo. Come da manuale ci facciamo sicura, ecco è il mio turno,
salgo e tolgo i vari rinvii, è un tiro assai lungo ma raggiungo il socio
senza patemi. Facciamo altri tre tiri sempre, più o meno, con le stesse
caratteristiche. Però, c'è sempre un però, all'ultimo tiro Emanuele è quasi
arrivato al punto della sosta, io sento un rumore sulla mia destra,
istintivamente mi abbasso credendo fossero sassi che cadevano, invece no, si
trattava di due mufloni che arrivavano di corsa, un maschio e una femmina,
in traiettoria con la corda. La femmina passa, il maschio rimane impigliato
con le corna alla corda stessa, dall'alto sento il mio compagno che impreca
e di non strattonarlo io per fortuna sono allongiato e quindi in sicurezza
ma mi dà una bella botta anche a me. Inutile dire che sono terrorizzato, non
per me che sono assai sicuro ma per il mio compagno che ancora non è in
sicura, blocco la corda sul "secchiello" e con una mano cerco di tirare a me
a bestia indemoniata. Con un faticoso tiro alla fune ce la faccio ora è a
pochi metri, vedo distintamente l'occhio dilatato forse dalla paura, mi
arriva l'olezzo di stallino, continuo a pensare come devo fare per uscire da
quella situazione. Ok, devo prendere una decisione; prendo la corda che sale
e pratico un barcaiolo al moschettone della sosta in modo che non tiri
più ad Emanuele e allo stesso tempo blocco il muflone, poi, non a cuor
leggero mi sciolgo e a questo punto la bestia non sentendosi più tirata
scappa via portandosi dietro la corda. Ecco ora mi tocca una salita su
rocce, per fortuna abbastanza facili e scalinate, mi sposto
contemporaneamente verso sinistra sino a riprendere la corda, mi lego e
ricomincio a salire. Inutile dire che quando arrivo alla sosta sono spossato
e molto ma molto spaventato. Stavolta ci è andata bene, di lassù qualcuno
c'ha messo una pezza, grazie chiunque tu sia!
Il socio non si era ancora
reso conto di cosa fosse successo, glie lo racconto e concorda che stavolta
ci è andata bene.
Rirendo fiato e cerco di calmarmi, non nascondo che mi
tremano le mani. Una banana, una bevuta e riprendiamo il cammino, adesso
sempre su roccette ma elementari, passiamo attraverso radi alberelli e poi
ci troviamo su pendio erboso all'altezza della Pianizza, sopra di noi la
vetta del Pizzo delle Saette, ci portiamo sul crinale, non lontano dalla
Croce di Petronio, ci dirigiamo verso di lei.
Questa volta evitiamo di
raggiungerla ma piuttosto imbocchiamo un canalino che sale ripido un pò di
metri prima
per sbucare ad una forcella: il luogo
merita senz’altro una pausa per ammirare da questo ballatoio le
montagne circostanti e pure il mare. Le Cenge riprendono e,
raggiunto un contrafforte del Pizzo delle Saette, iniziano a
scendere: è questo forse il punto più spettacolare, poiché ci si
trova sospesi su una terrazza inclinata larga alcuni metri sopra
il maestoso versante occidentale della montagna. Iniziamo subito affrontando la cresta
superando uno spigolo esposto e poi ci dirigiamo verso un
canalino tra detriti. Al canalino lo risaliamo sino ad una nuova
cresta. Dalla cresta diamo uno sguardo se individuiamo il
percorso e da lontano la traccia è ben visibile sul versante
ovest del Pizzo Saette, le conosciute Mura del Turco.
Adesso proseguiamo sull'esile
cengia molto esposta, a complicare le cose sono i molti
sfasciumi che si trovano sul percorso, oltre all'esposizione
anche il terreno scivoloso!
Superiamo la Cresta del Serpente e
raggiugiamo un'altra crestina da dove ci si pone davanti a noi
il grande Canale Centrale.
Ora dobbiamo attraversare il canale, qui c'è chi è passato sulla
sinistra scavalcando una costola, io e altri abbiamo preferito
scendere nel canale e attraversarlo superando un ravaneto e
risalire poi la sponda opposta tenendoci sulla sinistra così
facendo si può camminare su ferme roccette e non su sfasciumi
instabili. Una volta oltrepassato il canale ci dirigiamo
verso un piccolo boschetto di faggi, il sentiero n° 126 ormai è
a vista, è vicino molto vicino. Scendiamo sui pendii, con
faggi e alcune dorsali secondarie poco pronunciate, che
precedono i prati della via normale della Pania.
Una volta
raggiunto il sentiero lo prendiamo dirigendoci verso il rifugio
Del Freo.
Facciamo una sosta alla vicina sorgente per
riempire le ormai prosciugate borracce e siccome il miosocio è un uomo
crudele e non ha rispetto per gli anziani mi obbliga a riprendere la via,
ripercorrendo il sentiero fatto precedentemente. il brutto è che dobbiamo
subito affrontare una lunga e ripida salita, proseguire su facile e poi
ritrovare un'altra salita tosta; va bèh da qui in avanti e passeggiata!
Bellissima escursione in
ambienti sconosciuti, sicuramente tragitti del genere non
li troveremo mai affollati, qui tutt'al più si possono
incontrare capre e mufloni, soprattutto mufloni. Escursione che personalmente la
consiglierei solo se esperti di terreno apuano con piede fermo e
con buon senso d'orientamento, le possibilità di assicurazione
nella parte più impegnativa della cresta sono buone, sono invece scarse
sulle cenge, comunque un
pò d'attrezzatura non è male averla,
indispensabile il caschetto per l'elevato pericolo di caduta
sassi.
alla prossima!
Foto
escursione