Oggi
ripetiamo un'avventura al di là del semplice escursionismo in
montagna, qualcosa che ci avvicinerà moltissimo all'attività alpinistica: ci
cimenteremo sulla difficile cresta nord/nordovest della Roccandagia,
escursione già effettuata in passato ma oggi l'arricchiremo allungandoci
sino alla vetta della tambura per la cresta nord/est, proviente, appunto,
dalla Sella della Roccandagia ed è la cresta più lunga e la meno
semplice per salire alla vetta.
Il monte Roccandagia (1770m) fa
parte del massiccio della Tambura e si sviluppa a sud-ovest della cima
principale, domina la conca di Campocatino è meno semplice a salire e
riveste anche interesse alpinistico. .
Siamo solo in quattro,
queste attività è meglio farle in pochi.
Partiamo abbastanza
presto, alle ore 7,00 per essere sul posto ad un'ora giusta per effettuare
questa salita.
Risalendo la Garfagnana in
direzione di Vagli di Sopra dopo due chilometri dall'abitato, seguendo le
indicazioni, ci imbattiamo in uno di quei posti che mette in pace con il
mondo; il luogo situato nello splendido scenario delle Alpi Apuane,
collocato e chiuso a nord dalle vette del Pisanino e a sud dal Sumbra,
questa meraviglia è
Campocatino sovrastato dalla maestosità del Roccandagia.
E' posto a
1000 mt. s.l.m. è costituito da un
grande prato originatosi da un antico bacino glaciale, nell'altipiano è
ubicata una minuscola chiesetta ed alcune decine di case in pietra
utilizzate un tempo come rifugio da pastori. Dal 1991 questo meraviglioso
angolo di Garfagnana è divenuto "Oasi naturale della LIPU" in considerazione
delle numerose specie di uccelli che vi vivono.
Prendiamo gli zaini con
le attrezzature, imbrago, moschettoni e tutto quello che ci potrà servire
per l'escursione; in realtà ci serviranno solo la corda da 60 mt.( in realtà
noi abbiamo due mezze corde da 60) e gli
attrezzi per una calata in corda doppia.
Attraversiamo il piccolo borgo e
prendiamo subito il sentiero 177
che si inoltra su prati abbastanza ripidamente, l'erba molto alta e folta ci
impedisce a tratti di vedere bene dove mettiamo i piedi.
Proseguiamo e
mentre camminiamo una grossa serpe ci attraversa il sentiero, non sò chi dei
due fosse più spaventato!
Il sentiero si inoltra nel bosco di faggi e ora
è più fresco, inoltre la salita si fa' più leggera in sostanza la
camminata è decisamente più piacevole.
Continuiamo il cammino sino al passo della Tombaccia,
che raggiungiamo in un'ora scarsa.
Il Passo della Tombaccia non è molto segnato bene, il segnale CAI c'è ma non è molto
evidente lo troviamo sulla sinistra dietro un sasso, comunque vicino c'è un
ometto di sassi.
Ci idratiamo e via si parte, iniziamo la cavalcata della
cresta nord-nordovest della Roccandagia.
Ci inoltriamo tra alberi ma
quasi subito si esce su paleo, non vi sono segni che indicano la strada ma è
presente a tratti una traccia prodotta forse da animali.
Siamo su una
cresta ma la sua ampiezza non la fa sembrare tale, arriviamo ad un primo
affioramento roccioso lo saliamo brevemente ma poi lo si aggira, in basso
sulla sinistra si vede la traccia, poi continuiamo su paleo, la cresta da erbosa comincia a diventare rocciosa e il paleo pian piano
scompare.
fa' caldo ma comunque veniamo ripagati da una stupefacente vista sulla Tambura, Pisanino e il Monte
Cavallo.
La salita aumenta in modo molto significativo e siamo sulla vera
e propria cresta, adesso si
che ci si rende conto di ciò che ci attende.
Il paleo è terminato
definitivamente e camminiamo su una cresta sassosa formata da placche da
dove si staccano continuamente delle scaglie, sulla nostra destra il
salto di 700 mt. che dà su campo Catino. Veramente impressionante!
Ci
fermiamo un attimo a guardare il panorama e coì con calma ci godiamo il
panorama della conca di campo
Catino e il lago di Vagli.
La cresta continua su lastroni con
pendenza molto pronunciata, saliamo su un tratto
molto liscio e quindi
arriviamo alla famigerata "Trave".
La trave è una formazione
squadrata sembra proprio una trave ma molto inclinata e la difficoltà è che
bisogna proprio percorrerla appigliandosi sul filo di cresta, l'ultima volta
ero sceso su una esigua cengia a picco sulla Conca di
Campocatino ma visto l'evidente contrarietà del mio compagno di allora,
questa volta decido di salirci sopra, per un tratto sono riuscito anche
a stare in piedi ma poi la vista vertiginosa del sottostante e
profondissimo strapiombo mi sono ritrovato a continuare a carponi; comunque
è molto impressionante e adrenalinico.
Superata anche questa difficoltà percorriamo un tratto
ancora in cresta ma relativamente più tranquillo e poi raggiungiamo il
Grondalpo un salto di 30 mt da fare con corda doppia, infatti qui è
attrezzata una sosta per attrezzare la calata.
Questa calata da notizie
prese qua e in la pare che si possa aggirare attraverso una cengia molto
esposta che dà su Campocatino, i più optano per la più sicura calata in
corda doppia! Noi siamo per la corda. Allestiamo la calata e uno alla volta
scendiamo; la discesa deve essere " pilotata " verso la nostra sinistra in
quanto la sosta ci spingerebbe verso destra (lato Carcaraia) rischiando di
far pendolo e di finire su un pianoro molto scivoloso e difficile da
risalire. Quindi ci caliamo lentamente cercando di mantenerci sulla nostra
destra puntando alla crestina sottostante, veramente siamo scesi leggermente
un pò di più raggiungendo un piccolo terrazzino, come detto noi di corda ne
avevamo più che a sufficenza avendone due mezze da 60 metri.
Giunti in
fondo non ci si trova su una bella piazzola ma bensì su terreno scosceso e
composto da sfasciumi, ora la prossima difficoltà è lo "Spiaggione", una
lunga placca molto inclinata che dà verso la Carcaraia. Tutte le volte
che la guardo non posso non pensare che sia il tratto più scosceso e quindi il più
difficile e non nascondo che cerco qualche altra via per poter salire sino
alla vetta ma inutile illudersi non ce ne è nessuna oltre a questa.
Dai
partiamo questa è l'ultima difficoltà ma poi siamo in vetta!!Al contrario di
altre volte, questa , so che in realtà ci si ""cammina abbastanza bene"", tra virgolette,
infatti troviamo una specie di esile esile cengetta, da fare con estrema
attenzione, che ci permette di
giungere all'ultimo risalto di un paio di metri, dovrebbe essere di II+ III,
non sarebbe difficile se non per la parte strapiombante che fa tutto più
rischioso, uno sbaglio ora che siamo quasi in vetta non è proprio
augurabile, non che prima sia da augurarselo!
Sale prima Michele sfruttando dei vecchi chiodi che sono
all'inizio, io mi assicuro con longe a due chiodi, meglio abbondare, poi ci
recupera con la corda, grande!
Finalmente
siamo sulla cresta anche
questa esposta ma in confronto a quella percorsa è una passeggiata. Davanti
a noi la Penna di Campo Catino, vorrei andarci ma vediamo che è molto
scoscesa e franata, desistiamo e andiamo avanti.
Proseguendo sempre sulla
cresta e proseguiamo alla Sella della Roccandagia.
Tratto non difficile ma attenzione alla natura della roccia, viene via a
scaglie, proibito scivolare!!!
Tutta la cresta sommitale è segnata con
tratti azzurri ma comunque non è che ci sia tanta scelta!
Continuiamo
naturalmente anche qui con molta cautela,
la concentrazione non deve ancora calare
specialmente nel tratto in discesa che porta alla Sella.
Alla Sella
superiamo circa cinquanta metri di cresta molto aerea e affilata, a primo
impatto viene pensato che sia molto difficile ma se ci si tiene sulla
sinistra, sul versante di Arnetola per intenderci, si può affrontare
agevolmente.
Una volta superata quest'ultima cresta ci troviamo alla
Sella della Roccandagia, per raggiungere la nostra prossima meta, La
Tambura, dobbiamo percorrere la cresta nord est della montagna, affrontiamo
un primo risalto con passaggi di II° che ci porta ad una sella, Verso
Carcaraia, qui presenza di un "omino" dopo la selletta affrontiamo un altro
risalto con le stesse, se non minori, difficoltà. Ora la cresta è facilmente
percorribile e ci incamminiamo per la vetta che ben presto raggiungiamo(1890
mt.).
Facciamo una sosta ci riposiamo un po' ma riempiamo anche gli occhi
e l'anima di tanta bellezza che ci circonda, ci
godiamo lo spettacolo: panorama eccezionale, lo sguardo si rivolge a tutte
le cime delle Apuane settentrionali, in particolare al Pisanino, la
Roccandagia, il Cavallo e il Pizzo Maggiore, la valle di Vagli con il suo
lago, alla Garfagnana, gli Appennini, la Versilia, il mar Tirreno e se fosse
stato più limpido si potevano veder tutte le isole dell'arcipelago toscano.
Quando decidiamo di ripartire scendiamo verso il passo della Tambura
prendendo la cresta sud, la via più corta ma più
ripida per raggiungere il Passo della Tambura, questa cresta corrisponde
comunque al sentiero 148. Dalla vetta viene indicato come tempo un'ora per
il passo ma noi lo raggiungiamo in 40 min. Una volta
raggiunto prendiamo la via Vandelli dal Lato garfagnino, che si dirige verso
le Arnetola. Abbiamo finito l'acqua e la nostra speranza è quella di
trovarla in una vecchia captazione presso un casolare d'alpeggio ormai
ridotto a rudere. Lo notiamo già dall'alto con i suoi due abbeveratoi ma
sembra che d'acqua non ce ne sia. Percorsi alcuni tornanti raggiungiamo il
sito e con nostra grande soddisfazione notiamo che dal tubo esce un po'
d'acqua, quel tanto da poter rifornire le borracce, buona e freschissima.
Ora scendiamo più contenti, rinfrancati e rinfrescati da quella
provvidenziale fonte, percorriamo la vecchia via Vandelli che da questo lato
si presenta più ombrosa, cosa che non ci dispiace, ma anche più in cattivo
stato. Percorriamo gli innumerevoli tornanti sino alle cave
Formignacola da dove prendiamo il sentiero 147
che ci condurrà sino a Campocatino. Inizialmente il sentiero percorre lungo
vecchi saggi di cava in piano ma ben presto troviamo
un breve tratto attrezzato con cavo d'acciaio che richiede un minimo di
attenzione, attenzione nel secondo tratto del cavo un chiodo è staccato, il
cavo è stato legato ad un albero con un cordino, credo non sia consigliabile
attaccarcisi con tutto il peso. Dalle cave un cartello indicava Campo Catino
a un'ora e venti, noi ce ne abbiamo messo un'ora
con un lungo traverso principalmente all'interno del bosco, senza
particolari dislivelli.
Bel percorso
alpinistico, molto lungo, adrenalinico e con viste mozzafiato, stupenda
la calata in corda doppia, un grazie sentito ai miei compagni d'avventura:
Silvia, indomabile, Fabio e Michele quest'ultimi con perizia e conoscenza dei posti
hanno fatto sì che questa uscita sia una di quelle da ricordare per sempre.
Alla prossima!