Per prima cosa vorrei precisare, per evitare inutili polemiche,
che per questa escursione che viene definita alla Serra Cocca corrono
delle Voci che non sono riuscito, per il momento, a verificare che
quella lunga cresta non sia la Cocca. Io in questo mio racconto
Continuerò a chiamarla così, anche perchè in molti la
conoscono per tale. Il toponimo Serra Cocca Pare, e specifico pare,
venga citato da E. Medda nel volume le cave di Massa. Conosco Medda dai
suoi scritti e non mi sembra uno sprovveduto e che le cose se le
inventi, comunque continuerò le ricerche.
Ora veniamo a noi, abbiamo
trovato una relazione su questo posto e ci ha incuriosito, appena viene
fatta la proposta è subito accettata; siamo in cinque e ci portiamo in
un punto un pò complicato da trovare tra Gronda e Resceto. Oltrepassiamo
il borgo di Gronda per circa 1,5Km sulla destra troviamo un piccolo
slargo su erba lungo il fosso di Resceto, un pò prima al di là del fosso
ci sono delle baracche. Pensiamo sia qui ci guardiamo attorno e poco più
avanti dove abbiamo lasciato l'auto è visibile uno stradello in parte
invaso dalla vegetazione, comunque è ancora ben leggibile, si nota che
una volta doveva esser ben più largo di come si presenta. Attraversiamo
il Fosso di R. e prendiamo quello che rimane di una via con massicciate
comunque a tratti ancora ben conservata, la strada ci porta a i piedi di
un enorme ravaneto, un vero mare di sassi, ci sconforta un po' perché
sappiamo cosa vuol dire camminare su tali pietraie sono sempre instabili
e con equilibrio precario. Da qui inizia il Canale del Fecorino.
Iniziamo la salita e con sollievo ci rendiamo conto che non è così i
massi sono abbastanza fermi e proseguiamo senza grossi sforzi. Sono
presenti molti "ometti" che puntualmente li seguiamo. Seguendoli ci
portiamo sulla nostra destra, sinistra idrografica, e troviamo una sorta
di traccia che entra nel bosco, prosegue tra gli alberi e il ravaneto.
Al culmine del ravaneto, ovviamente siamo alla vecchia cava della
Cimetta, appena sotto la Sella della Cimetta, non servirebbe salire alla
Sella ma noi siamo curiosi e saliamo facilmente i pochi metri che ci
separano.
Oltre la sella ancora alcune piccole cavette, vediamo un ometto,
può darsi che si possa aggirare la Cimetta anche da qui ma non siamo
sicuri quindi proseguiamo su quello che abbiamo letto. Scendiamo di
nuovo dalla Sella Cimetta entriamo nella cava e ci dirigiamo a sinistra,
scendendo dalla sella a destra, dove intravediamo una debole traccia,
aggiriamo il costone e adesso notiamo meglio il vecchio sentiero dei
cavatori con qualche gradino. Qui dobbiamo fare attenzione perché
camminiamo su sentiero a bordo del vuoto e non è che sia molto largo
inoltre dobbiamo fare attenzione a non andare sull'umido perché molto
scivoloso; il punto più delicato è quando giungiamo ad una placca
apparentemente assai difficoltosa da attraversare, noi ci abbassiamo un
po' e troviamo un punto con qualche buon punto per i piedi e anche dove
poggiare le mani. Superata questa, prendiamo un ripido sentiero un po'
rotto ma ancora gradino che aiutano il proseguo. Giungiamo ad una
selletta sotto la Cimetta dove c'è un bel panorama sia sulla valle di
Renara che verso le Apuane Settentrionali, dal Sagro al Grondilice.
Alcuni di noi decidono per una variazione e salire dalla Cimetta: il
percorso non è segnato ma è evidente, si prosegue lungo la cresta
leggermente esposta, poi affrontiamo un ultimo tratto dove è richiesto
di più l'uso delle mani (I°) sino alla vetta, caratterizzata da un
grosso masso che per salirlo bisogna fare alcuni passi di II° .
Ricongiunti riprendiamo il cammino prendendo una traccia davanti a noi
che avanza nel bosco, tranquilla e ben presto arriviamo ad una vecchia
cava. Qui ci siamo dovuti un po' orientare non era molto chiaro in che
direzione prendere, consultando le cartine si è capito che alla nostra
sinistra c'era la dorsale del Poggio Brunazzo, quindi per forza di cose
quella che interessa a noi è quella che sale dalla sella appena
sopra il taglio di cava. Se a sinistra c'è il Brunazzo questa è la Serra
di Cocca, con le dovute riserve sul toponimo, come detto sopra.
Indossiamo il caschetto e iniziamo a salire su per la cresta, molto
bella con buona roccia ma anche con tratti smossi, quindi dobbiamo fare
attenzione a non far cadere sassi. E' molto ripida a divertente infine
giungiamo dove le due creste del Brunazzo e della Cocca si uniscono nel
punto tra il Canal Fecorino e i Piastriccioni. ora la relazione che
avevamo non è molto chiara, anzi per noi non risponde a ciò che abbiamo
davnti, secondo la relazione dovrebbe proseguire con minore pendenza
sino ad un ripiano con riparo pastorale, noi con tutti i nostri sforzi
non abbiamo visto niente del genere, può darsi che siamo duri noi.......nooooooo!
Va beh, davanti a noi abbiamo ancora la cresta con due risalti
decidiamo di andare a vedere come si possa fare, iniziamo a salire il
primo seguendo il filo ma anche a tratti scendendo e aggirando quando
verso destra quando verso sinistra, a sensazione, lo stesso per il
secondo. Arriviamo ad una selletta dove un branco di capre sta'
pascolando pacificamente e sembrano un po' scocciate del nostro arrivo.
Non ci resta che proseguire sulla cresta ora più ampia andando verso
destra, oppure si posso seguire delle tracce, probabilmente di animali
che salgono su per il paleo per poi arrivare ancora una volta sul
crinale, proseguiamo ancora e raggiungiamo una selletta erbosa,
guardando sotto di noi vediamo il Canale del Chiasso con la Monorotaia,
in particolare la vecchia casa dei macchinari. Dalla relazione si
dovrebbe continuare sino a trovare il sentiero 160 e poi per 165
raggiungere Resceto, oppure sempre dal 160 scendere dalla parte opposta
e raggiungere la monorotaia. Noi decidiamo di raggiungere la monorotaia
scendendo dall'invaso che scende dalla sella. Scendiamo prudentemente
perché è molto ripido e su paleo secco, arriviamo ad un ciglio e
scrutiamo bene ciò che vi è sotto, si può ancora scendere ora su ancora più
ripido ma il paleo ci aiuto fornendoci forti appigli. Giungiamo, però,
dove il canale diventa troppo ripido, impercorribile, allora ci
spostiamo sulla sinistra superando una spalla rocciosa e prendiamo
riferimento un rudere da dove parte un piano inclinato che scende
alla monorotaia. Si prosegue cercando il percorso più facile, passiamo
alcuni ravaneti e giungiamo in quello che è un canaletto appena sotto il
rudere, lo percorriamo e in breve scendiamo sino a raggiungere la
monorotaia non lontano dalla casa dei macchinari.
MONOROTAIA DENHAM
Conosciuta anche come lizza meccanica
dell’alto di Sella, o via di lizza di Piastreta, dal toponimo del
versante marmoreo del monte Sella che precipita per oltre 500 metri.
È una delle
più lunghe vie di lizza della Apuane (circa 3500 metri) ed è quella che
supera il dislivello maggiore: 1270 metri.
Dalla Cava
Ronchieri (1580 metri), anticamente cava Denham, portava in basso a
Renara al vecchio poggio di carico (310 metri).
La particolarità
di questa via di lizza è il sistema di progressione del carico di marmo
che avveniva su un carrello frenato, la
“macchina di Denham”,
lungo una monorotaia, in parte ancora esistente.
Charles Denham, ingegnere
inglese, fu proprietario delle cave negli anni venti ed ideatore del
sistema di discesa, attivo dal 1922 al 1936, quando Denham, in conseguenza
delle sanzioni economiche imposte all’Italia a causa dell’invasione
dell’Etiopia, fu costretto a lasciare i suoi affari italiani. (
dal sito
https://www.escursioniapuane.com/SDF/MonorotaiaDenham.html )
Ci
riposiamo un po' e mangiamo qualcosa, ci vuole, ma poi è inutile
indugiare, ci aspetta ancora molta strada e per di più sulla ripidissima
via di lizza della monorotaia.
Iniziamo a scendere in fortissima
pendenza ma invece di seguire il percorso della monorotaia prendiamo il
vecchio sentiero dei cavatori e dei resti della lizza della Piastrella,
questo sentiero non è molto conosciuto ma è comunque segnato con bolli
rossi. scendiamo su questo tratto tra sfasciumi, ogni tanto si notano
degli scalini, siamo sul ripido e dobbiamo fare attenzione per il
brecciolino che abbiamo sotto i piedi, davanti a noi si pone il monte
Pelato, che a dir la verità lo abbiamo avuto a vista quasi tutta la
mattina, dietro l'Altissimo. Superiamo una curva ben marcata ed un pò
esposta, zig zaghiamo su paleo, proseguiamo su canalini, più in basso un
lastrone enorme sembra scivolato da chi sa da dove forma una specie di
riparo, poi il sentiero piega decisamente a destra e sbuchiamo
sull'ultimo tratto della monorotaia.
Il Sentiero dei Cavatori era inizialmente parte della Via di
Lizza dei Bagnoli che iniziava dalle cave omonime, a 1610 metri di quota
e passava dalla Focola del Vento per scendere poi a incrociare la via di
lizza Ronchieri (poi Denham) poi scendeva a sinistra del crinale
divisorio tra il Fosso del Chiasso e quello della Piastrella, per poi
inserirsi in quello del Chiasso, qua dove ora inizia il Sentiero dei
cavatori. In seguito la via di lizza fu trasformata in sentiero
scalinato, usato dai cavatori per evitare le pendenze elevatissime della
lizza del Chiasso. ( sempre dal sito Escursioni Apuane)
Percorriamo infine l'ultimo tratto, il più degradato, sino a raggiungere
il poggio caricatore e per vecchia strada a tratti anche cementata,
pochi, comunque facilmente percorribile sino a raggiungere il canale
della Buchetta dove l'impeto dell'acqua ha eroso violentemente la via ma
rendendo suggestivo la creazione di tante piccole vasche con acqua
limpida e fresca di un bel colore verde azzurrino. Riappare la via
adesso ben cementata con scolo centrale per lo scarico delle acque, con
questa siamo a Renara dove scambiamo un po' di parole con il pastore che
qui ha il gregge. ma poi prendiamo la strada percorribile in auto, da
prima sterrata poi asfaltata per raggiungere il paese di Gronda e
da qui raggiungere la nostra auto. questo ultimo tratto su asfalto è
stato il più noioso, sapremo poi che si tratta di circa cinque km.