Oggi siamo venuti in Val Sernaia alla
scoperta della cresta sud ovest del Pisanino, conosciuta anche come
via dei Lucchesi. Come già detto nelle note sopra spiegare come si
sviluppa il percorso è veramente difficile. Non ci sono tracce di
nessun tipo e punti di rifermento assai scarsi. Inizialmente ci
siamo orientati più che altro puntando alla cresta rocciosa che
sapevamo dovevamo affrontare ma una volta raggiunta non è che le
cose sono state così chiare, molto utile è stata la traccia GPS,
traccia che comunque letta un metro più su o più giù fa molta
differenza. Io non vi esorto ne a ripeterla e neppure a scartare
l'idea. E buona cosa che ognuno soppesi le proprie capacità ed
energie e decida da solo. Io spero solo di far capire ad un
eventuale arrampicatore cosa si troverà davanti.
Siamo partiti
di buon ora e la nebbia che vediamo sulle montagne non sembra
promettere bene, le previsioni danno parzialmente coperto sino a
metà mattinata ma poi danno sereno, speriamo!
Lasciamo l'auto al parcheggio del
campeggio Val Serenaia, partiamo subito seguendo il sentiero 178,
attraversiamo un torrente asciutto e sulla sinistra abbiamo una
radura con una casetta, senza raggiungere la casetta attraversiamo
il prato a lamponi e ci portiamo verso il bosco fitto di faggi.
iniziamo subito a salire ma cerchiamo di tenerci piuttosto verso il
bordo sinistro sino a trovare un traverso su paleo verso sinistra e
poi giriamo subito a destra. Non è che siamo tanto sicuri che sia la
direzione giusta ma controllando la traccia GPS non fatichiamo a
rimetterci sulla via giusta, o almeno su quella percorsa da chi
aveva registrato la traccia. Continuiamo su ripido alternando tratti
di paleo e tratti con alberi scegliendo la direzione migliore
di volta in volta.
Davanti a noi ora abbiamo un'altra macchia boschiva, molto
fitta. Vi entriamo ed è assai tetra, come il forte bramito che
sentiamo molto vicino, che sensazione spiacevole!! All'interno
vi sono dei grossi macigni squadrati simili a quelli sotto gli
Zucchi di Cardeto, caduti chi sa da dove e quando.
Proseguiamo nel bosco sempre tenedendoci sul lato sinistro, andiamo
più che altro intuitivamente perché qui non ci sono ne tracce ne
punti di riferimento come del resto in tutta la salita. Ci troviamo
fuori dal bosco e puntiamo verso una parete rocciosa che risulterà
poi indispensabile aggirarla verso sinistra. Risiamo sul paleo,
santo paleo quanto sei stato utile! Terreno ancora più ripido e
oltre al paleo troviamo molte rose selvatiche e ginepri che sono
molto fastidiosi quando li afferri. Comunque noi ci siamo orientati
principalmente puntando verso il filo di cresta. iniziamo ad
arrampicare su roccia non sempre solida, a tratti sfatta. alla
nostra destra la cresta precipita nel profondo Canale del Sambuco,
mentre a sinistra vi sono placche inclinate che comunque danno
qualche apprensione. Sin qui non abbiamo trovato passaggi
particolarmente ostici, max. 2°, solo prima della cresta
abbiamo trovato una placca assai liscia con scarsissimi appigli, ma
roba di pochi metri. Seguendo la cresta e tratti ripidi di paleo
ci permette di arrivare alla così detta Selletta ( 1617 mt.).
La Selletta è un luogo piacevole abbastanza pianeggiante e bella
verde, con un bell'affaccio sulla sottostante Val Serenaia. Dalla
selletta si scende brevemente e comodamente per poi risalire pendii
di paleo molto molto ripidi. Ci troviamo davanti ad uno sperone
roccioso con due direzioni possibili, prendiamo la direzione di
destra ma dopo una salita sul paleo ci troviamo in un canale
infossato che così ad occhio non sembra percorribile. Torniamo
indietro e prendiamo verso sinistra aggirando lo sperone per poi
salire a destra sulla sovrastante cresta. La cresta è abbastanza
comoda ma poi diventa assai sottile, la roccia è solida con passaggi
di 1° ma con molta molta esposizione sia destra che a sinistra.
Terminata siamo su paleo e si può dire quasi orizzontale. Si apre
uno squarcio tra la nebbia e notiamo la Bagola Bianca giù in basso,
assai distante; allora significa che siamo finalmente arrivati in
vetta. Giungiamo proprio sopra la nicchia della Madonnina del
Pisanino, due escursionisti ci squadrano incuriositi da dove siamo
sbucati. Siamo felicissimi dell'impresa compiuta, peccato nelle
condizioni meteo se ci fosse stata buona visibilità probabilmente
avremmo tribolato meno nell'orientamento e avremmo goduto di
panorami stupendi. Senza nebbia il panorama sarebbe maestoso:
la Garfagnana punteggiata di laghi orlata dalle cime dell'Appennino,
la Lunigiana in tutta la sua vastità, la costa tirrenica con le
isole più vicine visibili e in lontananza le Alpi Marittime.
Ma lo sguardo è costantemente rapito dalle vette delle Apuane che
potremmo ammirare nella loro interezza. Va beh, oggi non è
così; accontentiamoci, dopo una breve sosta riprendiamo il cammino
seguendo il sentiero della normale verso il canale delle Rose.
Prendiamo l’elementare ma esposta cresta
sud della montagna (presenti segni blu) sino ad arrivare allo sbocco
del Canale delle Rose, il cui nome deriva da una delicata leggenda.
Qui il rischio è dato principalmente dalla forte pendenza
della discesa ed è pieno di sassi friabili e smossi. Dopo una
lunga discesa nel Canale giungiamo alla Foce Altare da dove
decidiamo di lasciare il sentiero normale e di scendere mediante il
canal Sambuco. Scendiamo sulla destra
in un canale,
che ancora non è il Rio Sambuco, e iniziamo a scendere su pendio
erboso e terreno smosso si scende costeggiando la base dello Zucco
Nero, si aggira andando verso destra tenendosi sempre alla sua base
e ci si immette in una cengia erbosa facile ma esposta specialmente
poco più avanti quando si passa sopra una placca liscia ma ben
percorribile. Cambiamo più volte direzione continuando a
scendere sino ad arrivare ad un salto di una ventina di metri, qui
provvidenzialmente troviamo una sosta allestita dove possiamo
montare una corda doppia. La discesa non è difficile in quanto molto
appoggiata, il pericolo sono i sassi, basta anche solo il movimento
della corda a farne cadere moltissimi. Finalmente siamo nel Rio
Sambuco una pietraia infinita! Camminiamo su fondo molto franoso e
per questo cerchiamo di raggiungere la sponda sinistra dove vegetano
erbe e ci permettono di camminare un po'meglio. Tra scivoloni,
innocui, e pietraie percorriamo tutto il tratto scoperto, ma poi
arriviamo nel punto più incasinato, un fitto intrigo di alberi
caduti, rampicanti e rovi ci è quasi impossibile proseguire.
troviamo degli "ometti" e uno sul bordo a sinistra del canale indica
dove lasciarlo e inoltraci nel bosco dove troviamo subito una
traccia appena visibile ma comunque segnata da ometti, traccia che
ben presto ci conduce all'innesto sul 178 e in circa mezz'ora siamo
in Val Serenaia da qui la sagoma del Pisanino è impressionante,
incute timore e profondo rispetto. Infine raggiungiamo il
parcheggio, sudati, stanchi ma immensamente soddisfatti per aver
salito la montagna più maestosa e difficile delle Apuane soprattutto
da una via nuova a noi completamente sconosciuta . Una montagna da
salire con la massima attenzione, rispetto e consapevolezza dei
rischi che possono essere davvero molto seri.
Alla Prossima!
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