Ferrata degli Alberghi al Monte Contrario
25/08/2005
E' già molto tempo che programmiamo di
fare un'escursione sulla recente ferrata, costruita nel 2002, del Monte
Contrario, nome non molto esatto perché, infatti, la ferrata non termina
sul Contrario ma in vicinanza del Passo delle Pecore, da dove si potrebbe
continuare verso la vetta, difficile, del Contrario.
Oggi ci decidiamo a cimentarci su questa lunga parete.
Siamo in 5 ci sistemiamo su due macchine e partiamo alla volta di Massa successivamente
risaliamo la valle del fiume Frigido, seguendo le indicazioni per Forno e poi
seguire la strada fin dove finisce l'asfalto in località Biforco ( 376 mt.).
Da qui inizia la nostra escursione, indossiamo gli scarponi e ci issiamo gli
zaini sulle spalle e via si parte su strada marmifera lungo il Canal Fondone,
sentiero n° 168, camminiamo nel silenzio, ognuno di noi immerso nei propri
pensieri o più semplicemente ancora dovevamo svegliarci del tutto dopo la
levataccia. All'improvviso un forte boato ci desta dal torpore mattutino e ci
allarmiamo anche un pò, capiamo subito però, ripensando che oggi è giorno
lavorativo, che non può essere altro che dell'attività dell'innumerevoli cave
di marmo che deturpano tutto l'ambiente circostante.
In breve giungiamo in prossimità di una vecchia via di lizza dove una freccia
di legno indica la via ferrata, un segnale CAI ci indica che si tratta del
sentiero n° 167.
Le vie di lizza, per chi non lo sa, sono
vecchie vie che servivano per il trasporto dei blocchi di marmo dalle cave
generalmente in quota sino a valle e hanno tutte delle pendenze
vertiginose, per chi voglia approfondire l'argomento nelle librerie vi è un bel
libro di Enrico Medda e F. Bradley " Le strade dimenticate. Vie di lizza e
discesa del marmo nelle alte valli massesi" Massa, 1989 (Poliedizioni,
Massa 1995 2 ed.).
Dicevamo della pendenza di queste vie e anche questa che stiamo percorrendo non
è tra le meno ripide; quindi dobbiamo salire affannosamente.
Sul tragitto possiamo ancora vedere i fori dei " piri", pali di marmo
o legno dove venivano avvolti i cavi per frenare o mollare i carichi di marmo
che scendevano a valle, e ci sorge spontaneo pensare a che fatiche dovessero
sopportare chi lavorava nelle cave sino agli anni cinquanta.
Dopo circa un'ora giungiamo dove la lizza
spiana un pò e entriamo nella valle degli Alberghi. Questo nome deriva dal
fatto che in questa valle vi è un grande edificio chiamato appunto la casa
degli Alberghi dove i cavatori che lavoravano in queste cave trovavano ricovero.
Entrando nella valle abbiamo un bel colpo d'occhio sulla tutta la valle stessa e
in particolare la grande parete del Contrario.
Proseguiamo e ci dirigiamo verso la casa degli Alberghi seguendo anche le
indicazioni per la ferrata.
Arrivati alla casa un forte abbaiare di cani e un forte tanfo di pecore ci
assale, lì troviamo ancora chi vuol vivere libero e radicato a culture ormai in
via d'estinzione, un giovane uomo è lì con le sue capre all'alpeggio estivo e
nella casa ha tutto l'occorrente per fare il formaggio; è ammirevole che ancora
si possano trovare di queste persone ma paragonandolo ai nostri figli ci
meravigliamo anche e neanche poco.
Scambiamo due chiacchiere e poi ripartiamo, anche perché per noi quell'odore
diventa insopportabile, passiamo sopra la casa e seguiamo un vecchio
sentiero dei cavatori, arriviamo ad un'altra costruzione, scendiamo in un
canale, si risale, troviamo un paio di frecce e un cartello che spiega lo
sviluppo della ferrata, come comportarsi e l'equipaggiamento da indossare.
Dopo due ore circa di marcia faticosa
siamo giunti all'attacco della ferrata il cartello precedente diceva che siamo a
quota 1058 metro più metro meno.
Riprendiamo un'attimo fiato e poi indossiamo tutto il kit da ferrata al
completo, il casco da subito fastidio ma è indispensabile, in alto il terreno
potrebbe esser più smosso e una pietra può sempre cascare.
Uno a uno ci portiamo all'attacco e senza indugio ci affermiamo al cavo, subito
abbiamo la sensazione che sarà un bel tiro alla fune! Infatti ci troviamo su un
grande lastrone liscio senza appigli e dobbiamo issarci su a braccia, giungiamo
in una zona pianeggiante, verrebbe voglia di rimanere qui, a me quel luogo dava
un gran senso di pace, ma proseguiamo. Man mano che saliamo la ferrata diventa
sempre più ripida, in alcuni casi vi sono dei gradoni dove salire è facile ma
in molti altri la tecnica del tiro alla fune era l'unica da fare, puntare i
piedi e issarsi con le braccia. Arriviamo su un piccolo spiazzo dove possiamo
fermarci e mangiare qualcosa, guardiamo in alto ma la nebbia avvolge
tutt'intorno, solo verso il basso la visibilità è buona, giù vediamo la casa
degli alberghi, come appare lontana!
Ripartiamo e subito troviamo una
scaletta che ci agevola al salita, entriamo nella parte più esposta della
ferrata ancora un pò di cavo, un'altra scaletta e siamo nel tratto finale della
ferrata, un ultimo sforzo l'ultimo tratto da issarci con le braccia e siamo nel
versante che dà sulla val Serenaia (1655 mt) con il Pisanino, il Cavallo, il
Contrario proprio sopra le nostre teste, E' stata faticosa ma che soddisfazione!
Ad effettuare tutta la ferrata ci abbiamo messo 2,45 ore.
Ci togliamo di dosso tutto l'armamentario, un pò di sosta intanto ci scambiamo
le nostre opinioni sulla ferrata tutto sommato positive, ne è uscito fuori che:
La ferrata è stata costruita con materiali e tecniche buone, i cavi, i paletti
e i morsetti sono tutti di acciaio inossidabile, i pali sono ben fissati,
mancano in molti casi degli appigli artificiali e gli scalini non sempre sono a
una distanza tale da, specie persone come me con gambe corte, raggiungere
agevolmente, l'ambente, anche se noi nella parte alta siamo stati avvolti dalla
nebbia e non abbiamo visto un gran che, è spettacolare e dato il grado di
difficoltà possiamo dire che anche noi sulle Apuane abbiamo una signora ferrata
senza niente togliere alle altre, tipo la Siggioli,
quella del Procinto
e del Forato.
Decidiamo di scendere verso il rifugio
Orto di Donna del Parco
delle Apuane, prendiamo il sentiero dove sono ancora fissati dei cavi per
aiutare la discesa in quanto questo tratto e molto smosso ma in breve siamo su
un sentiero tranquillo e in circa 15 minuti giungiamo al rifugio. Una sosta,
beviamo un caffè e poi decidiamo di portarci verso la foce di Cardeto sul
sentiero n° 179, camminiamo immersi in una fresca faggeta, il sentiero a
confronto della ferrata è davvero una passeggiata, oltrepassiamo il
"giallo" bivacco K2 sempre chiuso, in compenso cè indicato dove si
possono prendere le chiavi, ma che me ne faccio delle chiavi di un bivacco se un
bivacco serve per le emergenze?
Va bè! continuiamo usciamo ora dal bosco e attraversiamo una bella prateria di
mirtilli e ne facciamo una bella scorpacciata, proseguiamo e ora siamo appena
sotto la foce di Cardeto e qui ci rimpinziamo di lamponi, scendiamo nel versante
tirrenico e la nebbia ci riavvolge, scendiamo ancora vediamo la strada marmifera
sotto di noi, siamo vicini! Lasciamo il 179 per L'Acqua Bianca e prendiamo il
180 per la Focolaccia, segnalati da cartelli.
Siamo ora sulla marmifera e entriamo in un ambiente deturpato dall'attività
scellerata d'estrazione del marmo, mi sono già espresso altre volte su questo
argomento e ormai penso che alla scelleratezza umana non vi sia limite.
Attraversiamo la cava, ogni volta che veniamo qua dobbiamo passare su strade
nuove, ci portiamo al bivacco
Aronte, da dentro con la porta aperta vediamo solo verso la punta Carina e
ci dimentichiamo dello scempio presente alle nostre spalle.
Ci siamo meritati un bel pasto, tiriamo fuori i nostri viveri anche questa volta
abbondanti, terminiamo con un bel liquorino all'anice stellato fatto dalla
Luciana, oggi assente.
Sono le 13,30 il tempo alla Focolaccia è inclemente, nebbia e forte vento,
decidiamo di ridiscendere, prendiamo il sentiero n° 36 per il Passo della
Vettolina, scendiamo per la marmifera per alcuni tornanti, in prossimità di una
curva bisogna fare molta attenzione perchè il segnale è stato buttato di sotto
nel risistemare la strada, si inizia su una via di lizza scendendo alla cava di
Piastra Marina per seguire in località Piastrone, sulla sinistra,
successivamente troviamo il sentiero n° 166b per la lizza " Silvia",
quest'ultimo lo ignoriamo per tenerci sulla sinistra, giungiamo in prossimità
di una casa per cavatori, ormai in rovina e scendiamo per paleo verso la
Vettolina. Si prosegue su sentiero tranquillo, dobbiamo fare solo attenzione al
paleo alto che potrebbe nascondere qualche insidia, arrivati alla foce della
Vettolina scendiamo sulla destra, passando verso sinistra si scenderebbe verso
Resceto sulla via Vandelli, si scende abbastanza spediti e già si vede la
strada marmifera.
Andiamo bene finché il sentiero è praticato dalle pecore che lo rendono ben
visibile poi la vegetazione diventa così fitta che è difficile anche
individuare la traccia, ogni tanto qualche vecchio segno affiora tra l'erba.
Per terminare un taglio di cava taglia il sentiero e ci troviamo obbligati a
passare sopra tutta la cava e ridiscendere dalla parte opposta tra sfasciumi.
Ora va bene che chi lavora in una cava ci lavora per portare il pane a casa ma
un pò di rispetto per tutti non farebbe poi male.
Siamo sulla marmifera e questo è il tratto più noioso; all'inizio sembra che
sia una passeggiata arrivare alle macchine ma in breve ci accorgiamo che non è
affatto così.
La forte pendenza e il terreno friabile ci obbligano a veri numeri da
equilibristi e comunque le scivolate sono state numerose, attraversiamo numerose
cave le più in disuso ma con tutti i rifiuti che hanno prodotto ancora in bella
vista, non vedo l'ora di uscirne!
Finalmente dopo circa un'ora giungiamo all'asfalto dove abbiamo le auto.
Escursione che si rispetti si deve chiudere con una bella mangiata di gelato e
cosi fù!