Valdicastello,
Foce di Compito, Monte lieto (m.1016)
Relazione dell'escursione dal sito della UOEI di Ripa di Versilia
La Valle di Castello racchiude in un
fazzoletto interessanti peculiarità di natura storica e ambientale come le sue
miniere risalenti, alcune, all'età romana. Entrando nel paese si ha la
sensazione di entrare in una valle piena di mistero e dotata di copiosi
incantesimi naturali. Ma Valdicastello è forse più nota perché ha dato i
natali al poeta Giosuè
Carducci che vi nacque nel 1835; la casa natia, monumento nazionale, fu
acquisito dal Comune di Pietrasanta nel 1912 con una pubblica sottoscrizione e
oggi conserva ricordi e cimeli.
Valdicastello è facilmente
raggiungibile da Pietrasanta seguendo la Sarzanese Valdera in direzione
Camaiore. Nei pressi del cimitero si deve svoltare a sinistra, proseguendo poi
sempre dritto si raggiunge il paese dove si deve lasciare l'auto nei pochi spazi
disponibili.
Il percorso scelto non presenta difficoltà, anche se è assai faticoso per il
discreto dislivello da superare, è l'ideale per iniziare la stagione
escursionistica o per un'escursione comunque poco impegnativa. Vuoi per la
località insolitamente vicina, vuoi per la facilità con cui la si raggiunge,
partiamo tutti alla spicciolata incuranti delle prime gocce d'acqua che a tratti
cadono. Siamo comunque in 18, non male. Lasciate le auto seguiamo la
carrozzabile che si inoltra nella vallata fino al bivio in località Piovane;
qui si deve svoltare a sinistra raggiungendo quasi subito il tiro a volo. Ci
affrettiamo perché il percorso deve obbligatoriamente attraversare il campo di
tiro, che chiude la vallata in basso, dove alle 9 iniziano le attività.
Raccomandiamo a tutti coloro che volessero ripetere l'escursione di arrivare a
questo punto in tempo e, al ritorno di non percorrere assolutamente lo stesso
itinerario seguito per la salita. Si accede al campo di tiro passando attraverso
le postazioni dei tiratori, si attraversa il campo disseminato di piattelli
rotti e cartucce, incontrando sulla sinistra un sentiero in salita
sufficientemente pulito e segnalato da sbiaditi segni rossi. Per ovvi motivi è
opportuno lasciare alla svelta la zona, gli addetti al poligono non consentono
l'attività finché c'è gente entro il perimetro, ma è comunque buona norma
non indugiare inutilmente.
Superata una precaria recinzione, comunque ben segnalata con nastri bianco-rossi
e cartelli, possiamo iniziare a goderci l'ambiente che riserverà vere sorprese:
frequenti cascatelle, vegetazione lussureggiante, torrenti dalle acque e dal
fondo rossastro a causa del minerale ferroso e tante tracce delle antiche
attività estrattive. Frequenti anche i metati e le immagini votive a
testimonianza di come un tempo la preghiera era spesso l'unica difesa dagli
incidenti sul lavoro così frequenti in miniera. Il sentiero inizia subito a
salire decisamente, in parte seguendo la vecchia mulattiera, e dove questa non
esiste più inerpicandosi tra i castagni. Il fondo si rivela subito assai
scivoloso a causa del muschio e dell'umidità, si deve fare molta attenzione e
usare i bastoncini per evitare pericolose cadute.
Lasciamo l'alveo del torrente Canale di Fondo. Incontriamo i primi ruderi, resti
di impianti estrattivi ma anche abitazioni a testimonianza di come un tempo
questa zona, ora interamente boscosa, fosse interamente sfruttata. A metà costa
il sentiero, che ora è poco più di una traccia con rari segni sbiaditi,
incontra nuovamente i resti della mulattiera in prossimità del rudere di un
vecchio impianto minerario che deve essere aggirato dal basso, non si deve
seguire la mulattiera. Dopo pochi metri ci troviamo di fronte all'ingresso di
un'antica miniera sfruttata per la prima volta dai romani. Siamo in località
Argentiera, un toponimo che ricorre più volte in Alta Versilia perché dalle
nostre montagne non si estraeva solo ferro.
Qui il terreno è fradicio e ricco di rigagnoli, si deve fare attenzione.
Procedendo sempre nel bosco e in salita giungiamo ad incontrare una strada
forestale che dovremo seguire fino ad un bivio. Svoltiamo a sinistra e in breve
siamo sulla strada asfaltata che da Sant'Anna conduce al Sacrario. Le previsioni
promettevano un miglioramento ma qui invece piove, una pioggerellina fine e
gelata che in realtà cade già da un po' ma ora bagna veramente. Indossiamo le
giacche a vento mentre il Monte Lieto, la nostra meta, è interamente nascosto
dalla nebbia. Seguiamo la strada in discesa per un breve tratto per poi piegare
a destra incontrando il sentiero segnalato (segnavia 3) che proseguendo in
discesa conduce verso la Foce di Sant'Anna. Lungo il sentiero c'è ancora neve
ma non costituisce un problema, non è ghiacciata ma per nostra fortuna neanche
fradicia. Il vento è ora davvero gelido e continua a piovere, decidiamo di
ripararci momentaneamente presso alcune case poco distanti dalla Foce per
riflettere sull'opportunità di salire in vetta, da qui facilmente raggiungibile
ma interamente incappucciata. Di panorama non ne vedremo certamente e lo sperato
miglioramento sembra non esserci.
Fa davvero freddo, non abbiamo voglia di bagnarci per salire in vetta senza
godere del panorama che speravamo. Sono solo le 11 c'è ancora molto tempo,
decidiamo di recarci al Sacrario di Sant'Anna
eretto in perenne ricordo dell'eccidio
nazista, una tappa peraltro prevista,per un momento di riflessione
sull'atrocità della guerra, di tutte le guerre. Un gruppetto di irriducibile
sale comunque in vetta per ridiscendere per un altro sentiero. Chi volesse
ripetere la nostra escursione salendo in vetta al Monte Lieto può farlo senza
problemi imboccando il sentiero che inizia proprio di fianco alle case che ben
si vedono dalla Foce; il percorso non presenta problemi. A Sant'Anna di Stazzema
il 12 agosto 1944 arrivarono quattro compagnie di SS del secondo Battaglione, la
quinta, la sesta, la settima e l'ottava. Li guidava il fu capitano Anton Galler,
un ex fornaio. I nazisti radunarono vari gruppi di persone, trascinandole fuori
di casa, per ucciderle: alla fine le vittime di questa strage furono 560, tra
cui molti anziani, donne e bambini. I tedeschi buttarono le bombe e poi diedero
fuoco alle case. Tra quei massacratori c'erano anche degli italiani: lo dimostra
una targhetta, che ora è nel museo, con la scritta "Stalag IB-NR 749
I". IB è la sigla del campo, che secondo ricerche fatte da Mancini
(curatore del museo di Stazzema) è nei pressi di Stettino, in Polonia, NR 749
è la matricola del soldato, la I indica la nazionalità italiana: evidentemente
un militare del nostro paese passato ai tedeschi. Entrò in azione anche un
discreto numero di collaborazionisti, almeno una quindicina. Guidarono i nazisti
per le impervie mulattiere che portavano a Sant'Anna, si caricarono sulle spalle
cassette di munizioni. Una particolare citazione merita Aleramo Garibaldi, noto
fascista locale. L'11 agosto, il giorno prima della strage, aveva cercato un
rifugio per la moglie e le due figlie: un indizio macroscopico che l'eccidio era
stato veramente programmato. All'arrivo la nostra attenzione è immediatamente
catturata dalle bandiere. Nel vento del colle sventolano la bandiera italiana
con a fianco la bandiera europea e la bandiera tedesca. Un'immagine
significativa di come in Europa sono cambiati i tempi e di quanta distanza ci
sia oramai da quelle ideologie scellerate. Una bellissima immagine che non
commentiamo, un'immagine che ci entra nel cuore. Indugiamo a lungo sul piazzale
del Sacrario. Oramai è mezzogiorno così ci fermiamo a mangiare poco lontano.
Che disdetta ! Ora il tempo migliora veramente, la vetta del Lieto pian piano si
scopre, invidiamo solo un poco i temerari ma dentro di noi sappiamo che volevamo
soprattutto venire al Sacrario. Non fa poi molto freddo ma un burlone accende un
fuoco, scherzi e battute ma poi siamo in molti a sistemarci vicino, anche se
solo perché il fuoco fa compagnia. Scendiamo verso il paese, sembra di
camminare sull'olio tanto il selciato è scivoloso; nonostante tutto arriviamo
integri. Ci fermiamo un po' in paese per una visita alla chiesa e un momento di
riflessione al monumento, dietro la chiesa, che ricorda i piloti di un
elicottero militare precipitato nel 1964 durante un volo di soccorso alla
popolazione locale.
Scendiamo verso Valdicastello seguendo la mulattiera che da qui in poi è ben
tenuta. La mulattiera inizia dall'abitato, scende subito i ripida discesa
raggiungendo i castagneti immediatamente sotto il paese. Non è segnalata ma non
c'è pericolo di sbagliare basta seguirla! Basta fare attenzione al selciato
perché se è bagnato si scivola. Dopo pochi metri scopriamo, però, che la neve
caduta abbondante ha fatto dei danni. Sono molti gli alberi divelti che ci
costringono ad autentiche acrobazie, purtroppo si verificano anche alcune
cadute, fortunatamente senza alcuna conseguenza se non per il morale. Quando i
castagni cominciano a lasciare il posto agli oliveti, in stato di abbandono, si
vedono chiaramente i resti delle miniere, tetri cunicoli nella montagna che
fanno ancora impressione. E' davvero difficile pensare alla fatica e alle
sofferenze della gente che vi ha lavorato. Sono solo le 15,15 quando ritorniamo
alle auto, un'ora del tutto insolita ma siamo soddisfatti. Questa escursione era
stata pensata come una passeggiata per sgranchire le gambe dopo il torpore
invernale, invece si è rilevata oltremodo appagante e ricca. Non esitiamo a
raccomandarla a chiunque voglia compiere un'escursione facile che accomuni
natura e storia.
Sino qui la relazione della sezione UOEI
di Ripa di versilia.
Ora vi racconto come l'Apuano entra in scena.
Dopo che i responsabili dell'escursione hanno deciso dopo aver ben ponderato la
situazione e tenendo conto che noi siamo un po' scapestratelli, li mettiamo al
corrente che è nostra intenzione continuare e a questo punto entra in
azione il gruppo dell'Apuano.
Dalla Foce di Compito imbocchiamo il sentiero n°3 che conduce al paese di Farnocchia, subito visto l'esposizione a nord, ci troviamo su parecchi cm di
neve, arriviamo sotto le pareti attrezzate del lieto e qui abbiamo dovuto porre
molta attenzione perché il sentiero è un po' franato e per di più c'èra stata
anche una piccola slavina, ma niente paura pochi passi e via siamo
passati. Si sale alcuni tornati allo scoperto e appena si rientra nel bosco
sulla sinistra si trova il sentiero che sale al Lieto. Se non si conosce la zona
bisogna
agguzzare bene la vista perché la segnaletica non è ben evidente; con la neve
poi.....
Continuiamo a salire la neve è solo a tratti non ci complica molto il
proseguire e ben presto arriviamo in vetta a quota 1016 m contrassegnata da un
cippo di cemento.
Naturalmente facciamo le foto di gruppo e porgendo lo sguardo verso il mare si
nota che stà scintillando come il lago di Massaciuccoli e le numerose serre che riempiono
la pianura. Le previsioni si stanno realizzando il celo cominciando dal mare si
sta aprendo!
Arrivati in vetta si potrebbe pensare di essere arrivati: invece siamo appena
all'inizio del percorso infatti dobbiamo percorrere su numerosi saliscendi
quello che dalla costa viene riconosciuto come il profilo della bella
addormentata. Infatti la cresta del lieto se vista dal mare appare come la
sagoma di una donna sdraiata. Da nord sud si percorre il volto, il seno (
Rossano non vedeva l'ora di esserci chi sa perché?),il ventre sino alle gambe.
Nell'ultimo tratto la neve và sparendo e proseguiamo facendo attenzione alle
rocce scivolose, dalla cresta guardando verso l'interno si notano i bei paesi di
Farnocchia e Pomezzana ancora con i tetti ancora ricoperti di neve, anche le
nuvole si stanno alzando e si comincia a vedere il Nona, il Procinto, la
Pania.
Arriviamo al valico delle Focette (m. 873) sulla vecchia mulattiera che unisce S. Anna di Stazzema
con Farnocchia. Sono le 12,30, è già un po' che si sente la fame e approfittando
di una marginetta ci sistemiamo e cominciamo a tirare fuori il pasto, non prima
di aver acceso un bel fuoco.
Le salsicce questa volta non le abbiamo portate visto che l'escursione era
cominciata con la UOEI di Ripa di
Versilia e loro non è che siano tanto mangiatori, due crekers, un pezzo di
grana al massimo una frutta e via si riparte, no! no! questo non è lo spirito
dell'Apuano.
Pane e prosciutto, formaggi, pomodori, frutta, dolce, caffè e ammazza caffè.
Belle chiacchiere intorno al fuoco e si sono fatte le 14,00. Intanto il celo è completamente
sgombro dalle nubi, come al solito viene bello sempre quando torniamo a casa!
Si riparte prendiamo il sentiero n° 4 che ci porta a S.
Anna di Stazzema. Arrivati nella piazza del paese in prossimità di vecchi
lavatoi inizia la mulattiera che porta sino a Valdicastello, la imbocchiamo
subito proseguiamo tra boschi di castagno, interessanti ponticelli e antiche
miniere, purtroppo l'inverno ha prodotto molti danni e piante enormi ci
sbarravano più volte la strada, comunque si poteva passare agevolmente
aggirandole
in meno di un'ora siamo arrivati alle prime case del paese e in pochi minuti
alla macchina.
Qui ci siamo salutati e dati appuntamento alla prossima camminata del gruppo (di
amici) Apuano.