16/17 luglio 2005 Rocciamelone Alpi Graie                 

Difficoltà: E ( escursionisti)
Dislivello: 1350 metri
Tempo: 4 ore dalla vetta
Luogo di partenza: : La Riposa 2205 m.
Attrezzatura: escursionistica in estate

Questa volta abbiamo deciso di allargare le nostre vedute e vedere anche altre zone, altre montagne che non siano le Apuane. Decidiamo per il Rocciamelone nella Val di Susa in Piemonte sulle Alpi Graie.
Partiamo alle 07,00 appunto per Torino e successivamente per Susa, siamo in 7.
Affrontiamo il viaggio senza grossi disagi a parte che giunti a Torino si deve pagare per ben tre volte la tangenziale, addirittura l’ultimo pezzo di dieci chilometri  a  3,80 euro. Va bene non ci pensiamo e godiamoci la nostra gita.
Visto che siamo nei paraggi decidiamo di allungare per il Passo del Moncenisio.
Si parte appunto da Susa,  città romana ricca di storia (era la "Porta delle Alpi"), e si inizia subito a salire sulla SS25  con innumerevoli tornanti, inoltrandosi in Val Cenischia e toccando il ridente e soleggiato comune di Giaglione  con le sue innumerevoli frazioni.
Lungo la strada notiamo molte gallerie con cartelli che indicano la vecchia linea della ferrovia Fell. Nello stesso periodo in cui si realizzava il traforo e la ferrovia del Fréjus, venne inaugurata un’avveniristica linea ferroviaria di montagna che collegava Susa con Saint Michel de Maurienne, passando per il Colle del Moncenisio. Una strada ferra­ta “alternativa”, ad aderenza artificiale, dovuta alla straordinaria intuizione del ricercatore inglese J. B. Fell. I lavori di costruzione iniziarono il 1 maggio 1866 e la linea fu inaugurata il 15 giugno 1868, la lunghezza era di 77,8 Km. I tratti di maggiore pendenza erano armati di una terza rotaia centrale rialzata che permetteva di migliorare l'aderenza artificiale. La locomotiva costruita appositamente per questo impiego era di piccole dimensioni, come pure tutto il convoglio composto da non più di 3/4 vagoni.
Salaimo, molti appassionati di ciclismo si cimentano su questo tortuoso itinerario, giungiamo alla frontiera con la Francia, ci aspettiamo di essere controllati in quanto la Francia in questi periodi a sospeso il trattato di Schengen ma a quanto pare qui non temono nessun pericolo perché il confine non è presidiato.
Ancora qualche tornante e giungiamo al Piano delle Fontanette in riva al lago del Moncenisio, una diga artificiale per la produzione dell’energia elettrica, questa diga, come spesso accade a ricoperto il vecchio ospizio che ospitava i pellegrini e molte fortificazioni della ultime guerre.
Dal Moncenisio si dice
che ci sia passato Annibale con i suoi elefanti, lanciato nella sua spedizione contro Roma: di certo lo hanno attraversato per secoli  migliaia di mercanti, pellegrini e turisti. Il Moncenisio è il più antico e frequentato valico delle Alpi, cerniera tra l’Italia, la Francia e l’Europa del Nord. Un luogo di passaggio, certo, ma anche di forti suggestioni paesaggistiche, favorite da una natura forte e selvaggia, che unisce l’aspetto severo delle montagne ai mutevoli riflessi delle acque di uno stupendo lago alpino.
Il colpo d’occhio è subito impressionante moltissime vette si rispecchiano nel Lago, i prati sono ricoperti di fiori di ogni genere.

Decidiamo di fare una piccola escursione al vicino Forte Roncia.
Indossiamo gli scarponi e ci inerpichiamo per la facile salita, saliamo e Piero e Erio danno sfoggio delle loro conoscenze floreali dicendoci come si chiama quel fiore o l’altro e anche quali proprieta’  abbiano; in breve siamo sul colle sulle pendici appunto del Monte Roncia, ci dedichiamo alla visita del forte tra le grida di molti gracchi che nidificano al suo interno.
Il Forte Roncia è stato uno dei primi ad essere costruiti al colle del Moncenisio con i fondi dello stanziamento straordinario per la difesa del 1874.
Si tratta di un piccolo forte fatto a torre.
Disarmato nel 1915, è stato nuovamente armato dopo la guerra.
Passato poi il Moncenisio alla sovranità francese, il Forte Roncia è stato uno dei pochi a non venire distrutto per fare posto alla diga del Moncenisio.
Il forte è raggiungibile dal Piano delle Fontanette, dove si imbocca un sentiero segnalato che conduce all’opera in pochi minuti. Il panorama si apre sull’anfiteatro del Moncenisio e sul lago artificiale, sui ghiacciai della Vanoise e sull’impressionante barricata rocciosa formata dal gruppo Roncia-Lamet.
Il tempo non promette buono e forti folate di vento ci investono, decidiamo di ridiscendere verso il lago e poi dobbiamo anche mangiare.
Entriamo in un negozio di alimentari e un cortese signora ci serve di quanto abbiamo bisogno, troviamo poi un posto riparato vicino al lago e pranziamo.
Dopo pranzo ridiscendiamo verso Susa per poi portarci verso il Rifugio Cà D’Asti.
Arrivati a Susa bisogna fare molta attenzione perché l’unico segnale che troviamo si trova sulla sinistra andando in direzione Torino e quindi non visibile
Una volta imboccata la via bisogna seguire le indicazioni per le frazioni di  Urbiano di Monpantero, da qui vi sono molte segnalazioni per la località Il Trucco.
Al termine della strada asfaltata si prosegue per sterrata sino alla Riposa, m. 2205 (25 km da Susa),  dove possiamo lasciare le macchine su un’ampio  parcheggio. Questa strada è molto stretta e bisogna fare molta attenzione nelle curve e nell’incrociare altri autoveicoli.
Rimaniamo subito colpiti dalla bellezza del posto ampi prati e alte vette, ci informiamo subito di qual è la cima del Rocciamelone e da quaggiù ci appare subito imponente. Una bella bevuta alla fontana dell’abbeveratoio delle mucche, mucche che subito arrivano come a rivendicarne la proprietà, si parte, certo che il rifugio da qui sembra molto lontano.
Imbocchiamo il sentiero, senza possibilità di sbagliarci.

Infatti si tratta di sentiero ben segnalato che si inerpica sui pendii erbosi in direzione della cima,  E' un continuo zigzagare tra fantastici prati in fiore, dove incontriamo anche qualche stella alpina, moltissime invece le pulsatille alpine, le nigritelle o morette, i garofanini di montagna e gli onnipresenti semprevivi.
Seguendo il sentiero in poco più di un'ora e mezza arriviamo al Rif. Ca’ d’Asti (2854 m).
Prima di avvistare il rifugio si nota una strana costruzione, apprendiamo che è un ricovero che   Bonifacio Rotario d'Asti costruì la sua prima ascensione nel 1358, a dopo le spiegazioni.
Siamo tutti arrivati, il posto è bellissimo, il rifugio un po’ meno, i bagni sono all’aperto di conseguenza vi faccio immaginare cosa vuol dire se di notte hai bisogno oppure di lavarti a una temperatura come quella che abbiamo trovato noi, le camere, almeno quella dive abbiamo dormito, è un unico stanzone di una trentina di letti tutti attaccati gli uni agli altri, un enorme letto da dividere con una quindicina di persone da un lato e dall’altro.
Va bene lo stesso, un po’ di avventura e spirito di adattamento non ci faranno certo male.
Ci sistemiamo, naturalmente le battute sono sull’imminente notte che ci vedrà dormire un po’ troppo intimamente vicini.
Scendiamo a cena, cena non troppo ricca ma anche qui bisogna far di necessità virtù, nella sala ci fa un po’ troppo freddo per i nostri gusti e allora andiamo a scaldarci alla luce dell’ultimo sole che sta quasi tramontando. La nostra stessa idea l’hanno avuta anche altri componenti di un gruppo CAI di Villasanta (MI); come è inevitabile in montagna facciamo subito amicizia e apprendendo che arriviamo dalla Versilia e in Versilia vi sono le Apuane ci fanno tante domande e poi ci chiedono se possiamo accompagnarli in qualche escursione qui da noi, naturalmente non può che farci piacere.
Siamo stanchi, il sole è definitivamente sceso sotto l’orizzonte è ora di andare a letto.
La notte non è stata delle più confortevoli, la temperatura molto bassa e alcuni ragazzi che invece di venire a letto presto come d’uso nei rifugi si sono attardati e di conseguenza hanno un po’ disturbato quando hanno cominciato a far cigolare le brande; ma quanto spirito di adattamento ci vuole per andare in montagna?

Sono le 06,30 del 17/07/2005 ci vegliamo e quasi con rivalsa facciamo un po’ di casino anche noi, comunque niente di più del normale preparaci per scendere a fare colazione.
Sono le 07,00 e siamo pronti a partire per la vetta del Rocciamelone, Un occhiata dal basso e ci sembra molto imponente già quello la parte di tracciato che si vede, la freccia che indica il percorso precisa anche il tempo: un’ora e cinquanta, bè neanche tanto, noi considerando la quota e visto che noi veniamo dal mare calcoliamo di metterci almeno tre ore.
 BREVI NOTIZIE STORICHE RELATIVE AL RIFUGIO CA' D'ASTI e ALLA PRIMA SALITA AL ROCCIAMELONE
(Contributo di Claudio Trova & Giuliano Tomasetti scariacate dal sito  www.cisonostato.it )
Quando gli eventi meteorologici creano le condizioni per un'atmosfera particolarmente tersa, appare assai evidente alle spalle di Torino l'ampio imbocco della Valle Susa, imbocco dominato sul lato settentrionale da un'alta montagna dalla forma quasi piramidale: si tratta del Rocciamelone, spesso innevato, che per la sua mole è stato nei secoli passati e per molto tempo ritenuto erroneamente la vetta più alta del Piemonte.
Questa stupenda cima, dall'aspetto severo ma in realtà di relativamente semplice accesso, è stata per molto tempo avvolta da un alone di mistero; numerose sono le leggende che la vedono protagonista: alcune narrano di un demone pronto a scatenare fortunali contro chiunque avesse tentato di violarne l'accessibilità, altre parlano di un misterioso Re Romulo e di un suo altrettanto misterioso tesoro nascosto in qualche anfratto del monte, tesoro spesso cercato ma naturalmente mai trovato.
Notevole doveva quindi essere il coraggio di Bonifacio Rotario d'Asti che nel lontano 1358, superando il diffuso timore reverenziale verso la montagna, raggiunse per la prima volta la vetta, portando con sè un famoso trittico metallico (trittico ora conservato nella cattedrale di Susa).
Il valore religioso di questa cima ha comunque superato i secoli, tanto che ancora oggi all'inizio di agosto una processione, composta spesso da persone con attrezzatura precaria e allenamento scarso, raggiunge il punto culminante, ove trovano posto una madonna bronzea su grande piedistallo in pietra ed un santuario, il Rifugio Santa Maria, che può fungere anche da ricovero per alcune decine di persone: la madonnina risale al 1899 e pare sia stata costruita con le offerte di 130.000 bambini (almeno così si legge sul basamento) mentre la cappella è stata completata nel 1920.
L'itinerario descritto si sviluppa sul versante valsusino del Rocciamelone, percorrendo il classico tragitto che sale da La Riposa (ruderi di un ex-forte militare) fino alla Ca' d'Asti; quest'ultima, sorta nel luogo ove Bonifacio Rotario d'Asti costruí un ricovero durante la sua prima ascensione, rappresenta dal 1980 un comodo rifugio e valido punto d'appoggio, specialmente per chi preferisce raggiungere la vetta in due giorni.
Si tenga comunque presente che la salita del Rocciamelone resta un'ascensione abbastanza impegnativa, sia per la quota raggiunta che per il dislivello da superare: inoltre se l'escursione non viene effettuata in piena estate ed in assenza di neve, il tratto finale può presentare qualche difficoltà sia nell'attraversamento del versante est, subito dopo La Crocetta, sia per il superamento di un punto un po' esposto collocato appena sotto la vetta, punto dove alcune corde fisse facilitano comunque il passaggio.
Dalla cima il panorama è grandioso su tutte le Alpi Occidentali; dal punto culminante e soltanto da quello sono inoltre visibili sia il ghiacciaio che ricopre il versante francese (percorso da un itinerario alpinistico facile che sale dal Rifugio Tazzetti) sia il Laghetto della Malciussia, da dove parte un secondo percorso escursionistico che, attraverso il Colle della Croce di Ferro e la Ca' d'Asti, raggiunge la vetta partendo dalla Val di Viù.

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Torniamo a noi: dal rifugio, il sentiero comincia a salire in modo molto ripido lungo il versante sud del Rocciamelone.  In questa escursione non siamo soli ma moltissime persone chi ha dormito al rifugio, chi invece arriva direttamente dalla valle, chi per spirito d’avventura e chi per spiritualità cristiana.
Saliamo affannando per la quota più che per lo sforzo ma comunque superiamo moltissimi che avendoci un po’ snobbato erano partiti in quarta, il sentiero si snoda in numerosi tornanti senza alcuna difficoltà su largo sentiero e pietrisco che da un po’ di fastidio. Mentre saliamo notiamo anche molti escursionisti salgono con scarpette da tennis e addirittura con sandali, è vero che questa montagna non presenta difficoltà ma comunque secondo noi andrebbe sempre presa con rispetto e tenuto conto che comunque siamo a quote di tutto rispetto, bè il mondo è bello perché è vario!!!
Arriviamo a quota 3300 sembra che la salita sia terminata, invece è da qui che inizia la vera salita alla cima, da un cippo commemorativo a qualche vescovo di Susa, che non ricordo il nome, continua il sentiero da prima in dolce salita e poi decisamente erto, talmente che dal basso sembra che le persone sopra di noi si arrampicano, quando raggiungiamo anche noi la salita ci accorgiamo che in realtà il sentiero prosegue abbastanza ampio su diversi tornanti , nell’ultimo tratto vi sono delle corde fisse, che penso siano più utili in inverno, che aiutano la salita.

 Arriviamo in vetta salutati da una grossa faccia del Re d’Italia Vittorio Emanuele II, volgiamo la testa verso l’alto e un’immensa statua della Madonna ci sovrasta. E’ passato solo un’ora e mezza, ci siamo sottovalutati.
Il panorama che si può ammirare dal Rocciamelone è estesissimo, ed abbraccia quasi tutto l’arco alpino occidentale, comprendendo il Monviso, i principali massicci francesi (Ecrins e Vanoise) al completo, il lontanissimo gruppo del Monte Bianco con il Dente del Gigante e le Grandes Jorasses in evidenza. Il Grand Combin, il Gran Paradiso e il Monte Rosa sono appena riconoscibili, mentre vicino a noi distinguiamo Croce Rossa, Ciamarella, Bessanese, Albaron, Charbonnel e Roncia; ai nostri piedi si adagia il Ghiacciaio del Rocciamelone. Questo ghiacciaio ha subito negli ultimi anni un drastico ridimensionamento e a partire dal 1985 si è formato un ampio lago epiglaciale, oggi lungo circa 600 metri, largo 50 e con una profondità massima di circa 18, ma destinato ad espandersi. L’evoluzione del ghiacciaio e del lago è tenuta sotto osservazione per prevenire eventuali fenomeni catastrofici.
Siamo arrivati tutti, siamo felici anche se la salita è stata facile da quassù l’anima si rinfranca e la vista rinfranca tutti quanti, facciamo una visita alla piccola cappella votiva c’è anche chi ringrazia la Madonna per averci fatto arrivare quassù ad ammirare tanta bellezza.
Il gestore del rifugio è già quassù e molto gentilmente prepara per tutti un buonissimo tè caldo accompagnato da molti cioccolatini, grati approfittiamo.
Come dicevo la vista rapisce l’occhio e non vorremmo mai tornarcene giù e più di una volta rimandiamo. Facciamo delle foto di gruppo e poi via a malincuore ridiscendiamo. Ora siamo più tranquilli e scendiamo agevolmente chi più velocemente chi meno, ma comunque entro un’ora siamo tutti al rifugio, tranne Erio che si attarda a fotografare ogni angolo della montagna, del resto lui è un professionista della fotografia.
Ci sediamo all’aperto, un caldo sole ci scalda e ne approfittiamo anche per abbronzarci un po’, tiriamo fuori dallo zaino i nostri viveri e ci diamo dentro, la quota ci ha messo fame, anche qui non ci facciamo mancare niente comprese le nostre grappine aromatizzate.
Indugiamo ancora un po’, il sole è troppo invitante per ripartire ma alla fine dobbiamo proprio andare, ci prepariamo e via per la discesa che ci porta alle macchine.
Nello scendere non ci stanchiamo mai di ammirare le moltissime fioriture limitandoci a fotografarle lasciandoli anche per chi salirà domani. Siamo verso valle e attraversiamo vari branchi di mucche al pascolo in alpeggio, molto caratteristico per noi che non siamo più abituati a vederne libere per prati.
E’ passata un’ora e mezzo e siamo alle macchine; ci leviamo le magliette sudate, via gli scarponi e prima che arrivino le mucche a reclamare la loro fonte ci diamo una bella rinfrescata. Indossiamo degli indumenti puliti, un’ultima occhiata al Rocciamelone e via si parte per tornare a casa, ritorno tranquillo senza code o forte traffico, forse tutti sono scappati verso luoghi freschi.