Questa volta abbiamo deciso di allargare le nostre
vedute e vedere anche altre zone, altre montagne che non siano le Apuane.
Decidiamo per il Rocciamelone nella Val di Susa in Piemonte sulle Alpi Graie.
Partiamo alle 07,00 appunto per Torino e successivamente per Susa, siamo in 7.
Affrontiamo il viaggio senza grossi disagi a parte che giunti a Torino si deve
pagare per ben tre volte la tangenziale, addirittura l’ultimo pezzo di dieci
chilometri a 3,80 euro. Va bene non ci pensiamo e godiamoci la nostra
gita.
Visto che siamo nei paraggi decidiamo di allungare per il Passo del Moncenisio.
Si parte appunto da Susa, città romana ricca di storia (era la
"Porta delle Alpi"), e si inizia subito a salire sulla SS25 con
innumerevoli tornanti, inoltrandosi in Val Cenischia e toccando il ridente e
soleggiato comune di Giaglione con
le sue innumerevoli frazioni.
Lungo la strada notiamo molte gallerie con cartelli che indicano la vecchia
linea della ferrovia Fell. Nello stesso
periodo in cui si realizzava il traforo e la ferrovia del Fréjus, venne
inaugurata un’avveniristica linea ferroviaria di montagna che collegava Susa
con Saint Michel de Maurienne, passando per il Colle del Moncenisio. Una strada
ferrata “alternativa”, ad aderenza artificiale, dovuta alla straordinaria
intuizione del ricercatore inglese J. B. Fell. I
lavori di costruzione iniziarono il 1 maggio 1866 e la linea fu inaugurata il 15
giugno 1868, la lunghezza era di 77,8 Km. I tratti di maggiore pendenza erano
armati di una terza rotaia centrale rialzata che permetteva di migliorare
l'aderenza artificiale. La locomotiva costruita appositamente per questo impiego
era di piccole dimensioni, come pure tutto il convoglio composto da non più di
3/4 vagoni.
Salaimo, molti appassionati di ciclismo si cimentano su questo tortuoso
itinerario, giungiamo alla frontiera con la Francia, ci aspettiamo di essere
controllati in quanto la Francia in questi periodi a sospeso il trattato di
Schengen ma a quanto pare qui non temono nessun pericolo perché il confine non
è presidiato.
Ancora qualche tornante e giungiamo al Piano delle Fontanette in riva al lago
del Moncenisio, una diga artificiale per la produzione dell’energia elettrica,
questa diga, come spesso accade a ricoperto il vecchio ospizio che ospitava i
pellegrini e molte fortificazioni della ultime guerre.
Dal Moncenisio si dice che ci sia passato Annibale con i suoi
elefanti, lanciato nella sua spedizione contro Roma: di certo lo hanno
attraversato per secoli migliaia di mercanti, pellegrini e turisti. Il
Moncenisio è il più antico e frequentato valico delle Alpi, cerniera tra
l’Italia, la Francia e l’Europa del Nord. Un luogo di passaggio, certo, ma
anche di forti suggestioni paesaggistiche, favorite da una natura forte e
selvaggia, che unisce l’aspetto severo delle montagne ai mutevoli riflessi
delle acque di uno stupendo lago alpino.
Il colpo d’occhio è subito impressionante moltissime vette si rispecchiano
nel Lago, i prati sono ricoperti di fiori di ogni genere.
Decidiamo di fare una piccola escursione al
vicino Forte Roncia.
Indossiamo gli scarponi e ci inerpichiamo per la facile salita, saliamo e Piero
e Erio danno sfoggio delle loro conoscenze floreali dicendoci come si chiama
quel fiore o l’altro e anche quali proprieta’
abbiano; in breve siamo sul colle sulle pendici appunto del Monte Roncia,
ci dedichiamo alla visita del forte tra le grida di molti gracchi che nidificano
al suo interno.
Il Forte Roncia è stato uno dei
primi ad essere costruiti al colle del Moncenisio con i fondi dello stanziamento
straordinario per la difesa del 1874.
Si tratta di un piccolo forte fatto a torre.
Disarmato nel 1915, è stato nuovamente armato dopo la guerra.
Passato poi il Moncenisio alla sovranità francese, il Forte Roncia è stato uno
dei pochi a non venire distrutto per fare posto alla diga del Moncenisio. Il
forte è raggiungibile dal Piano delle Fontanette, dove si imbocca un sentiero
segnalato che conduce all’opera in pochi minuti. Il panorama si apre
sull’anfiteatro del Moncenisio e sul lago artificiale, sui ghiacciai della
Vanoise e sull’impressionante barricata rocciosa formata dal gruppo
Roncia-Lamet.
Il tempo non promette buono e forti folate di vento ci investono, decidiamo di
ridiscendere verso il lago e poi dobbiamo anche mangiare.
Entriamo in un negozio di alimentari e un cortese signora ci serve di quanto
abbiamo bisogno, troviamo poi un posto riparato vicino al lago e pranziamo.
Dopo pranzo ridiscendiamo verso Susa per poi portarci verso il Rifugio Cà
D’Asti.
Arrivati a Susa bisogna fare molta attenzione perché l’unico segnale che
troviamo si trova sulla sinistra andando in direzione Torino e quindi non
visibile
Una volta imboccata la via bisogna seguire le indicazioni per le frazioni
di Urbiano di Monpantero, da qui vi
sono molte segnalazioni per la località Il Trucco.
Al termine della strada asfaltata si prosegue per sterrata sino alla Riposa, m.
2205 (25 km da Susa), dove possiamo
lasciare le macchine su un’ampio parcheggio.
Questa strada è molto stretta e bisogna fare molta attenzione nelle curve e
nell’incrociare altri autoveicoli.
Rimaniamo subito colpiti dalla bellezza del posto ampi prati e alte vette, ci
informiamo subito di qual è la cima del Rocciamelone e da quaggiù ci appare
subito imponente. Una bella bevuta alla fontana dell’abbeveratoio delle
mucche, mucche che subito arrivano come a rivendicarne la proprietà, si parte,
certo che il rifugio da qui sembra molto lontano.
Imbocchiamo il sentiero, senza possibilità di sbagliarci.
Infatti si tratta di sentiero ben segnalato che si
inerpica sui pendii erbosi in direzione della cima,
E' un continuo zigzagare tra fantastici prati in fiore, dove incontriamo
anche qualche stella alpina, moltissime invece le pulsatille alpine, le
nigritelle o morette, i garofanini di montagna e gli onnipresenti semprevivi.
Seguendo il sentiero in poco più di un'ora e mezza arriviamo al Rif. Ca’
d’Asti (2854 m).
Prima di avvistare il rifugio si nota una strana costruzione, apprendiamo che è
un ricovero che Bonifacio
Rotario d'Asti costruì la sua prima ascensione nel 1358, a dopo le spiegazioni.
Siamo tutti arrivati, il posto è bellissimo, il rifugio un po’ meno, i bagni
sono all’aperto di conseguenza vi faccio immaginare cosa vuol dire se di notte
hai bisogno oppure di lavarti a una temperatura come quella che abbiamo trovato
noi, le camere, almeno quella dive abbiamo dormito, è un unico stanzone di una
trentina di letti tutti attaccati gli uni agli altri, un enorme letto da
dividere con una quindicina di persone da un lato e dall’altro.
Va bene lo stesso, un po’ di avventura e spirito di adattamento non ci faranno
certo male.
Ci sistemiamo, naturalmente le battute sono sull’imminente notte che ci vedrà
dormire un po’ troppo intimamente vicini.
Scendiamo a cena, cena non troppo ricca ma anche qui bisogna far di necessità
virtù, nella sala ci fa un po’ troppo freddo per i nostri gusti e allora
andiamo a scaldarci alla luce dell’ultimo sole che sta quasi tramontando. La
nostra stessa idea l’hanno avuta anche altri componenti di un gruppo CAI di
Villasanta (MI); come è inevitabile in montagna facciamo subito amicizia e
apprendendo che arriviamo dalla Versilia e in Versilia vi sono le Apuane ci
fanno tante domande e poi ci chiedono se possiamo accompagnarli in qualche
escursione qui da noi, naturalmente non può che farci piacere.
Siamo stanchi, il sole è definitivamente sceso sotto l’orizzonte è ora di
andare a letto.
La notte non è stata delle più confortevoli, la temperatura molto bassa e
alcuni ragazzi che invece di venire a letto presto come d’uso nei rifugi si
sono attardati e di conseguenza hanno un po’ disturbato quando hanno
cominciato a far cigolare le brande; ma quanto spirito di adattamento ci vuole
per andare in montagna?
Sono le 06,30 del 17/07/2005 ci vegliamo e quasi con
rivalsa facciamo un po’ di casino anche noi, comunque niente di più del
normale preparaci per scendere a fare colazione.
Sono le 07,00 e siamo pronti a partire per la vetta del Rocciamelone, Un
occhiata dal basso e ci sembra molto imponente già quello la parte di tracciato
che si vede, la freccia che indica il percorso precisa anche il tempo: un’ora
e cinquanta, bè neanche tanto, noi considerando la quota e visto che noi
veniamo dal mare calcoliamo di metterci almeno tre ore.
BREVI NOTIZIE STORICHE RELATIVE AL
RIFUGIO CA' D'ASTI e ALLA PRIMA SALITA AL ROCCIAMELONE
(Contributo di Claudio Trova & Giuliano Tomasetti scariacate dal sito www.cisonostato.it
)
Quando gli eventi meteorologici creano le condizioni per un'atmosfera
particolarmente tersa, appare assai evidente alle spalle di Torino l'ampio
imbocco della Valle Susa, imbocco dominato sul lato settentrionale da un'alta
montagna dalla forma quasi piramidale: si tratta del Rocciamelone, spesso
innevato, che per la sua mole è stato nei secoli passati e per molto tempo
ritenuto erroneamente la vetta più alta del Piemonte.
Questa stupenda cima, dall'aspetto severo ma in realtà di relativamente
semplice accesso, è stata per molto tempo avvolta da un alone di mistero;
numerose sono le leggende che la vedono protagonista: alcune narrano di un
demone pronto a scatenare fortunali contro chiunque avesse tentato di violarne
l'accessibilità, altre parlano di un misterioso Re Romulo e di un suo
altrettanto misterioso tesoro nascosto in qualche anfratto del monte, tesoro
spesso cercato ma naturalmente mai trovato.
Notevole doveva quindi essere il coraggio di Bonifacio Rotario d'Asti che nel
lontano 1358, superando il diffuso timore reverenziale verso la montagna,
raggiunse per la prima volta la vetta, portando con sè un famoso trittico
metallico (trittico ora conservato nella cattedrale di Susa).
Il valore religioso di questa cima ha comunque superato i secoli, tanto che
ancora oggi all'inizio di agosto una processione, composta spesso da persone con
attrezzatura precaria e allenamento scarso, raggiunge il punto culminante, ove
trovano posto una madonna bronzea su grande piedistallo in pietra ed un
santuario, il Rifugio Santa Maria, che può fungere anche da ricovero per alcune
decine di persone: la madonnina risale al 1899 e pare sia stata costruita con le
offerte di 130.000 bambini (almeno così si legge sul basamento) mentre la
cappella è stata completata nel 1920.
L'itinerario descritto si sviluppa sul versante valsusino del Rocciamelone,
percorrendo il classico tragitto che sale da La Riposa (ruderi di un ex-forte
militare) fino alla Ca' d'Asti; quest'ultima, sorta nel luogo ove Bonifacio
Rotario d'Asti costruí un ricovero durante la sua prima ascensione, rappresenta
dal 1980 un comodo rifugio e valido punto d'appoggio, specialmente per chi
preferisce raggiungere la vetta in due giorni.
Si tenga comunque presente che la salita del Rocciamelone resta un'ascensione
abbastanza impegnativa, sia per la quota raggiunta che per il dislivello da
superare: inoltre se l'escursione non viene effettuata in piena estate ed in
assenza di neve, il tratto finale può presentare qualche difficoltà sia
nell'attraversamento del versante est, subito dopo La Crocetta, sia per il
superamento di un punto un po' esposto collocato appena sotto la vetta, punto
dove alcune corde fisse facilitano comunque il passaggio.
Dalla cima il panorama è grandioso su tutte le Alpi Occidentali; dal punto
culminante e soltanto da quello sono inoltre visibili sia il ghiacciaio che
ricopre il versante francese (percorso da un itinerario alpinistico facile che
sale dal Rifugio Tazzetti) sia il Laghetto della Malciussia, da dove parte un
secondo percorso escursionistico che, attraverso il Colle della Croce di Ferro e
la Ca' d'Asti, raggiunge la vetta partendo dalla Val di Viù.
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Arriviamo in vetta salutati da una grossa faccia del Re
d’Italia Vittorio Emanuele II, volgiamo la testa verso l’alto e un’immensa
statua della Madonna ci sovrasta. E’ passato solo un’ora e mezza, ci siamo
sottovalutati.
Il panorama che si può
ammirare dal Rocciamelone è estesissimo, ed abbraccia quasi tutto l’arco
alpino occidentale, comprendendo il Monviso, i principali massicci francesi (Ecrins
e Vanoise) al completo, il lontanissimo gruppo del Monte Bianco con il Dente del
Gigante e le Grandes Jorasses in evidenza. Il Grand Combin, il Gran Paradiso e
il Monte Rosa sono appena riconoscibili, mentre vicino a noi distinguiamo Croce
Rossa, Ciamarella, Bessanese, Albaron, Charbonnel e Roncia; ai nostri piedi si
adagia il Ghiacciaio del Rocciamelone. Questo ghiacciaio ha subito negli ultimi
anni un drastico ridimensionamento e a partire dal 1985 si è formato un ampio
lago epiglaciale, oggi lungo circa 600 metri, largo 50 e con una profondità
massima di circa 18, ma destinato ad espandersi. L’evoluzione del ghiacciaio e
del lago è tenuta sotto osservazione per prevenire eventuali fenomeni
catastrofici.
Siamo arrivati tutti, siamo felici anche se la salita è stata facile da quassù
l’anima si rinfranca e la vista rinfranca tutti quanti, facciamo una visita
alla piccola cappella votiva c’è anche chi ringrazia la Madonna per averci
fatto arrivare quassù ad ammirare tanta bellezza.
Il gestore del rifugio è già quassù e molto gentilmente prepara per tutti un
buonissimo tè caldo accompagnato da molti cioccolatini, grati approfittiamo.
Come dicevo la vista rapisce l’occhio e non vorremmo mai tornarcene giù e più
di una volta rimandiamo. Facciamo delle foto di gruppo e poi via a malincuore
ridiscendiamo. Ora siamo più tranquilli e scendiamo agevolmente chi più
velocemente chi meno, ma comunque entro un’ora siamo tutti al rifugio, tranne
Erio che si attarda a fotografare ogni angolo della montagna, del resto lui è
un professionista della fotografia.
Ci sediamo all’aperto, un caldo sole ci scalda e ne approfittiamo anche per
abbronzarci un po’, tiriamo fuori dallo zaino i nostri viveri e ci diamo
dentro, la quota ci ha messo fame, anche qui non ci facciamo mancare niente
comprese le nostre grappine aromatizzate.
Indugiamo ancora un po’, il sole è troppo invitante per ripartire ma alla
fine dobbiamo proprio andare, ci prepariamo e via per la discesa che ci porta
alle macchine.
Nello scendere non ci stanchiamo mai di ammirare le moltissime fioriture
limitandoci a fotografarle lasciandoli anche per chi salirà domani. Siamo verso
valle e attraversiamo vari branchi di mucche al pascolo in alpeggio, molto
caratteristico per noi che non siamo più abituati a vederne libere per prati.
E’ passata un’ora e mezzo e siamo alle macchine; ci leviamo le magliette
sudate, via gli scarponi e prima che arrivino le mucche a reclamare la loro
fonte ci diamo una bella rinfrescata. Indossiamo degli indumenti puliti,
un’ultima occhiata al Rocciamelone e via si parte per tornare a casa, ritorno
tranquillo senza code o forte traffico, forse tutti sono scappati verso luoghi
freschi.