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Monte Rovaio
9 Settembre |
Percorso:Ad anello dal paease di Pizzorno | Segnaletica:biancorossa CAI segnavia 138 , 131 |
Dislivello: m.circa670 sia in salita che in discesa | Tempo di percorrenza: ore6 circa |
Classificazione: EE allenati | Punti sosta: Colle Panestra |
Acqua: nel paese di Pizzorno, fonte nei pressi di Colle Panestra | Periodo consigliato: tutto l'anno se non c'è neve e/o ghiaccio |
Appena
Terminata la due giorni sulle Alpi Graie eccoci di nuovo in escursione
sulle nostre Apuane. La meta di oggi è un monte sconosciuto ai più,
non certo significativo per altitudine (solo 1147 m.) ma impegnativo e
impervio, tanto che in alcuni punti di cresta è necessario arrampicare.
Dalla vetta lo sguardo spazia dalla Garfagnana, all’Appennino
Tosco-Emiliano che la delimita a nord,alla verdeggiante vallata della
Turrite Secca, alle rocciose pareti del monte Sumbra, al gruppo delle
Panie che da qui è possibile ammirare nella sua interezza. Prima di
raccontare la nostra esperienza vogliamo ricordare a chi volesse
ripeterla che il percorso richiede buon allenamento e una certa
esperienza su roccia. L’itinerario inizia dal paese di Pizzorno (m.
480), poche case alcune delle quali abitate tutto l’anno,alla base
della strapiombante parete nord del monte Rovaio. Pizzorno è raggiungibile percorrendo la provinciale che da Ripa porta a Castelnuovo Garfagnana attraverso la galleria del Cipollaio. Superata Isola Santa si procede per circa un Km cercando il cartello che indica la località Pizzorno, e una strada a destra che scende verso il torrente Turrite Secca risalendolo per un breve tratto. Da notare che in paese non esiste possibilità di parcheggio, c’è solo lo spazio per eventuali manovre perciò una volta arrivati conviene girarsi e, tornando indietro, parcheggiare lungo la strada. Alle 8, dopo qualche vicissitudine col parcheggio, siamo finalmente pronti per indossare gli zaini, siamo in 10. Attraversiamo il paese senza badare troppo ai segni inerpicandoci su una traccia ben evidente che sembra proprio essere il sentiero. Ben presto però ci rendiamo conto che c’è qualcosa che non va, la traccia scompare! E’ evidente che abbiamo preso la direzione sbagliata, stiamo andando all’attacco delle vie di arrampicata. Va beh abbiamo scaldato i muscoli, ora torniamo indietro e staremo più attenti. Attraversato il paese sull’angolo di una casa c’è un segnale ben visibile che indica il sentiero (segnavia 138) che procedendo inizialmente in piano si inoltra nel bosco. Quasi subito però inizia a salire, da qui alla vetta sono poco meno di 700 metri di dislivello ma la salita non molla mai, e per lunghi tratti è veramente ripida. L’umidità prodotta dal Fosso Rimondina che scorre sul fondovalle rende particolarmente verde la zona. Raggiunto il Fosso del Burrone, particolarmente suggestivo per la presenza di muschi sui tronchi gettati nell’alveo per regimarne le acque, la salita si fa davvero faticosa mentre la vegetazione cambia gradualmente con i castagni che lasciano il posto ai faggi. In breve arriviamo a Colle Panestra (m.1008), poco prima delle case troviamo un vecchio lavatoio con una fontanella, l’acqua fresca è proprio quello che ci vuole. Ci concediamo una sosta per bere, rinfrescarci e farne una buona scorta perché da ora in poi non ne troveremo più e, credetemi, la parte più dura deve ancora venire. Da Colle Panestra proseguiamo lungo il sentiero (segnavia 133) verso Pasquigliora percorrendo una sorta di viale alberato fino ad incontrare la strada forestale che sale dall’Alpe di San Antonio. Da ora in poi si deve prestare molta attenzione perché il sentiero segnalato scompare, si deve procedere inizialmente su tracce e poi fuori sentiero. Scendiamo per un tratto lungo la carrareccia fino ad incontrare, sulla sinistra, un’ampia traccia recentemente ripulita e perciò oggi ben visibile, che in altri momenti potrebbe però essere sporca e seminascosta dall’erba, attenzione dunque. In pochi minuti siamo in località Colle, due case in evidente stato di abbandono. La nostra attenzione è subito attratta da una pianta carica di mele, proprio quello che ci vuole per un “branco” di assetati come noi. Belle speranze fatte svanire da un poggio, le mele sembravano facilmente raggiungibili, invece! Per fortuna che Piero è un arrampicatore più agile di una scimmia! Proseguiamo tra piante di nocciolo mentre la traccia diventa sempre più aleatoria. Da ora in avanti non esiste più nessuna traccia effettiva, se non quelle create dal passaggio degli animali che naturalmente portano fuori strada, attenzione quindi a non scambiarle per tracce da seguire. Molto in alto è visibile la cresta, è li che dobbiamo puntare attraverso il bosco badando di scegliere un percorso che non finisca in uno dei tanti burroni. Questo sarà particolarmente importante in discesa. E’ dura col terreno sempre più impervio man mano che saliamo. Marco, che peraltro è uno dei più allenati, non ne può davvero più e sbotta annunciando che quello che stiamo facendo non è escursionismo, è “caprettismo” a sottolineare che il percorso è più adatto alle capre che agli escursionisti. Ancora uno sforzo e finalmente siamo in cresta, ora viene il difficile. E’ affilata e presenta numerosi passaggi dove si deve arrampicare. Con infinita cautela cercando di aggirare i punti più esposti, per farlo è necessario ridiscendere alcune volte nel bosco, raggiungiamo stanchissimi la vetta alle 10,50. Salendo avevamo gia capito che il panorama sarebbe stato a dir poco unico, ora però siamo stupefatti. I paesi della Garfagnana ,l’Appennino, il Sumbra e la maestosità delle Panie che da qui si mostrano nella loro interezza. Abbiamo proprio bisogno di riposo e di fare il punto per la discesa. Il percorso è pressoché obbligato, la parete est è troppo impervia per discenderla dopo un breve tratto di sentiero si deve obbligatoriamente arrampicare su rocce strapiombanti,non resta che la cresta a ritroso. Ma la discesa è tutt’altra cosa della salita, così mandiamo avanti i due più esperti per individuare i passaggi meno difficili. Alcuni però sono inevitabili, attenzione dunque! Appena possibile ridiscendiamo nel bosco per procedere in direzione dello strapiombo della parete nord-ovest, quella che sovrasta Pizzorno. Da qui diventa assolutamente necessario procedere con la massima cautela perché il pendio è spesso interrotto da burroni, procediamo tra gli alberi scendendo di quota. Nonostante l’attenzione prestata qualche scivolone è inevitabile. Scendiamo fino ad incontrare la traccia che aggira il monte, attenzione perché è una traccia di cacciatori perciò non è facilmente individuabile. A fatica raggiungiamo la località Bovaio dove ci fermiamo ammirati. E’ un autentico esempio di ingegno del passato, qui una famiglia era del tutto autosufficiente. Ingegnosamente ricavata sfruttando una imponente rientranza della parete rocciosa era la stalla col sovrastante fienile. Più in alto la roccia era stata modellata per ricavarne una cisterna per la raccolta dell’acqua che scolava dalla roccia. Ora è asciutta ma un tempo dai numerosi canaletti gocciolava l’acqua che consentiva la vita di animali e uomini. Più avanti la casa con annesso porcile, gabinetto e forno per il pane. Avanziamo ora in un fitto boschetto di noccioli che nelle piane, tuttora visibili, hanno preso il posto delle colture dopo l’abbandono. Usciti dal bosco in corrispondenza del pianoro al termine della cresta rocciosa proseguiamo a dritto verso il dirupo. Si racconta che nel corso di un violento scontro a fuoco con le truppe naziste, un gruppo di partigiani si gettarono dal dirupo pur di non arrendersi. Ci fermiamo nei pressi del cippo di pietre che ricorda l’episodio, anche noi lasciamo una pietra com’è abitudine per tutti coloro che passano da queste parti, prima di risalire fino al pianoro al termine della cresta. Sono le 12,50 adesso pausa pranzo. Il sole caldissimo invita al riposo, ripartiamo solo alle 13,40 imboccando il sentiero non segnalato ma ben evidente e visibile che aggirando la cresta torna a Colle Panestra. Le numerose piante di Lagno (Farinaccio o Matallo in garfagnino) sono coperte di bacche rosse, irresistibile richiamo per uccelli e per alcuni di noi. Le bacche infatti sono commestibili ma eccessivamente dolci, tanto da risultare stucchevoli. Passiamo dalla casa dove ebbe inizio il citato scontro a fuoco tra i partigiani del Gruppo Valanga e le truppe naziste, che il 29 Agosto 1944 costò la vita a 18 partigiani. Proseguiamo verso Colle Trescala (m. 985), solo due case ma ben ristrutturate. Ci fa piacere vedere che su questi monti ogni casa,anche semi diroccata, ha un suo numero civico segno di lungimiranza del comune di Molazzana. Tornati a Colle Panestra aggirando il Monte Rovaio, svoltiamo a destra immettendoci sul sentiero (segnavia 138) che abbiamo percorso al mattino. Non ci sono più difficoltà, basta fare attenzione alle foglie che rendono la discesa piuttosto difficoltosa facilitando gli scivoloni. Per nostra fortuna non sono bagnate! Siamo di ritorno alle 15,30. Rivolgiamo un ultimo sguardo al Rovaio, col sole ancora alto la parete nord ha un aspetto maestoso. Siamo di ritorno alle 15,30. Rivolgiamo un ultimo sguardo al Rovaio, col sole ancora alto la parete nord ha un aspetto maestoso.
Testo tratto liberamente dal sito UOEI di Ripa di
Versilia Foto
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