22/24 Luglio 2011 -
Alpi Occidentali - Alpi Graie (attorno
al Rutor)
Ben visibile da
molte parti della Vallée, la calotta ghiacciata del Rutor
stupisce per la sua estensione
e la sua forma che ricorda quella dei ghiacciai della Groenlandia. Ai suoi
piedi, sale verso
il Piccolo San Bernardo l'Alpis Graia degli antichi, una delle
più verdi vallate della regione.
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Classificazione:
EEA |
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Periodo consigliato: Estate
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Eccoci all'appuntamento annuale
con la gita organizzata dalla UOEI di Ripa di Versilia che ci
porterà, chi a fare escursioni lontano dalle nostre Apuane e chi
invece preferisce fare del turismo a visitare luoghi altrettanto
belli.
La meta per quest'anno è la Val D'Aosta sulle Alpi Occidentali esattamente sulle Alpi Graie Vorremmo andare sul ghiacciaio del Rutor giungendo sino alla vetta a quota 3486 mt ma come vedremo le cose non sono andate proprio così ! Con il pullman bello pieno partiamo alla volta di Aosta che poi superiamo sino a raggiungere l'uscita di Morgex, risaliamo la SS 26 sino a Pré-Saint-Didier per poi dirigerci verso La Thuile. Raggiunto il centro di La Thuile prendiamo a sinistra la strada asfaltata verso Villaret e La Joux. Il pullman non potendo più proseguire ci lascia in uno spiazzo dove può far manovra mentre con l'auto si potrebbe proseguire sino alla località, siamo a circa 15 minuti a piedi da la Joux. Una volta indossati i panni da escursionisti montani e caricato sulle spalle pesanti zaini completi di corde, piccozze e ramponi partiamo alla volta del rifugio Defejes. imbocchiamo la strada asfaltata che porta a La Joux, oltrepassando un ponticello prendiamo a sinistra, dopo pochi metri giungiamo ad un sentiero che ci porta in 15 minuti in prossimità del ristorante-bar di La Joux. L'itinerario che ci stiamo accingendo a percorrere è probabilmente il più frequentato della valle di La Thuile: saliremo presso le principali cascate del Rutor, sfioreremo il bucolico Plan de la Lière, con ampi panorami sulla catena del Monte Bianco, rimonteremo il pendio erboso che precede il rifugio Deffeyes. Dal rifugio si apre la vista del ghiacciaio del Rutor, separato dalle Vedettes du Rutor. Dal parcheggio del ristorante-bar (1603mt.), prendiamo a sinistra il sentiero con segnavia 3 e 8. Procediamo per un breve tratto lungo il torrente e ci portiamo sulla sponda opposta attraversando su un ponte. In mezzo al bosco si risaliamo fino al balcone panoramico sulla prima cascata del Rutor (1700mt.). Proseguiamo per svolte nel bosco, passando accanto ad un caratteristico masso e si esce a Parcet. Procediamo ora su una salita più dolce passando accanto ad un'altra cascata e si giunge ad un bucolico pianoro vicino al torrente, in prossimità di un ponte. Riprendiamo a salire sul sentiero, a tratti lastricato, fino alla breve deviazione, a destra, per la seconda cascata. Mentre saliamo notiamo un'interminabile fila di ragazzi che scendono verso valle, incuriositi chiediamo chi fossero e soprattutto quanti fossero, la risposta ci ha sconcertato, il numero non era preciso ma tutti concordavano tra i cinquecento e i seicento e facevano parte di un'università di Milano. E poi si dice che i ragazzi non amano la montagna! Continuiamo a salire ed in pochi minuti arriviamo alla successiva deviazione per la terza cascata, per poterla visitare bisogna però fare una breve deviazione ed è raggiungibile in 3-4 minuti (1996mt.). Nel visitare questa cascata bisogna prestare particolare attenzione al terreno molto scivoloso perché continuamente spruzzato d'acqua. Si riprende il cammino lungo un tratto scalinato fino all'incrocio col segnavia 8 per il vallone della Belle Combe. Prendiamo a sinistra e risaliamo qualche minuto, poi si cala nell'incantevole Plan de la Lière, presso il Lac du Glacier (2140mt.), con grandi panorami sulla catena del Monte Bianco, se non c'è nebbia come oggi. Attraversiamo l'emissario sul ponticello (dedicato al Sergente Giulio Guedoz e costruito dal battaglione Aosta nel 1934), e passiamo accanto all'Alpage du Glacier, proprio un posto magnifico per installare un alpeggio. Risaliamo a svolte il pendio erboso e poi in obliquo verso destra fino alla selletta presso l'Alpage du Rutor che precede il rifugio Deffeyes (2494mt.). In fronte al rifugio il magnifico panorama sul ghiacciaio del Rutor, noi non è che siamo stati tanto fortunati, una fitta nebbia persisteva sulla vetta. Ci presentiamo al rifugista che ci accoglie festosamente e ci invita a lasciare zaini e tutto quello che non serve per il pernottamento in un'apposita stanza e poi ci mostra la camerata che ci ospiterà per due notti. Il rifugio è stato inaugurato nel 1953 anno della morte di Albert Deffeyes deceduto nel medesimo anno per emorragia cerebrale. Alberto Deffeyes: Nato ad Aosta nel 1913 e morto a soli quarant'anni nel 1953, Albert Deffeyes è stato uno dei protagonisti della vita politica e culturale valdostana del suo tempo. Appassionato di montagna, condivise le sue esperienze con i più validi alpinisti locali dell'epoca: I fratelli Charrey, Norat, Piccone, Chabod, Créder, Binel e tanti altri furono suoi compagni di ascensioni e di vita e, spesso, con gli stessi condivideva anche quegli ideali politici che il nuovo regime stava ostacolando o frantumando. Le doti di alpinista gli valsero la presidenza della sezione valdostana del Club Alpino Italiano e l'onore di accompagnare la principessa Maria José di Savoia nelle sue escursioni. Seguace di Emile Chanoux, Deffeyes aderì giovanissimo, fin dal 1927, alla "Jeune Vallèe d'Aoste" e continuò a sostenere le sue idee regionaliste e federaliste anche durante gli anni bui del fascismo. Fu tra i fondatori dell'Union Valdótaine e nel 1949, dopo essere stato eletto consigliere regionale, ricoprì la carica di Assessore al Turismo. (Testo tratto da: "Volti di Aosta” di Iris Morandi - Edizioni Chateau) Il rifugio dispone di 92 posti letto e di camerette riservate per famiglie, docce calde. Una bella sorpresa è stata al momento della cena, abituati ai rifugi alpini dove i menù sono quasi sempre scarsi e di sapore inqualificabili, quì devo dire che abbiamo mangiato bene e abbondante. Dopo la cena servita alle 19,00 ci siamo intrattenuti un pò, uscire fuori era improponibile faceva troppo freddo, prima di un'escursione dobbiamo decidere a che ora partire,le 5,30, poi c'è la questione di come formare le cordate per l'eventuale salita al Rutor. Nei rifugi vige la regola di andare a letto alle 22,00 ma noi alle 21,30 siamo già sotto coperta. Dopo una notte abbastanza movimentata suona la sveglia, finalmente, ci rechiamo a fare colazione ma la prima cosa che ci preoccupiamo di vedere è com'è il celo, purtroppo non promette niente di buono. Dopo una ricca colazione regolarmente partiamo alle 5,30 come programmato ma le prime luci dell'alba ci fanno vedere ancora meglio che le condizioni non sono le migliori per inoltraci in un ghiacciaio; ma continuiamo a sperare hai visto mai? Seguiamo l'alta via che si dirige attraverso una zona di laghi verso il passo Planaval, percorso piuttosto lungo e senza marcati dislivelli tra rocce montonate, prati, morene. Ci dirigiamo verso il ponticello che attraversa il torrente e il sentiero si innalza in diagonale verso sud est e ben presto il rifugio non è più visibile. Aggiriamo alcuni laghetti glaciali nei quali si specchia la Grande Assaly e giungiamo sul dosso di una grande morena dalla quale si ha la prima vista ravvicinata del fronte del ghiacciaio. Seguiamo un tratto sul filo della morena in leggera salita fino ad uno sperone roccioso (le Pointe des Invergneuresche) che genera un ripido canalino attraversabile con l'aiuto di due brevissime serie di catene che facilitano il superamento del tratto esposto, il ghiacciaio del Rutor rimane sulla nostra destra. Continuiamo costeggiando il ghiacciaio sulla traccia di sentiero fino allo sbocco della valletta, dove troviamo la deviazione per il Passo di Planaval (dove transita l'Alta Via n.2). Il morale adesso è basso, è inconfutabile che ormai posiamo dire addio alle speranze di effettuare l'escursione al Rutor, tanto più che adesso ha cominciato anche a nevicare. Come alternativa decidiamo di salire al Colle di Planaval ma percorso una mezzora di cammino le condizioni meteo si fanno proibitive e decidiamo di tornare indietro. Mentre torniamo veniamo incuriositi dal ghiacciaio e da una grande caverna scavata all'interno di esso, appena possibile scendiamo lungo la morena e raggiungiamo l'antro. E' stata una decisione azzeccata quella di scendere si quà, all'interno filtra la luce e il ghiaccio prende una colorazione blu intensa e se per quanto possa essere pericoloso addentrarci all'interno ci azzardiamo a percorrere qualche metro per ammirare meglio questo spettacolo. Inoltre quella che sembrava un'unica grotta si rivela una serie di cunicoli scavati dall'acqua di fusione del ghiacciaio, questa meraviglia ci ha ripagato del fallimento della salita alla vetta. Per il ritorno costeggiamo sempre il ghiacciaio sino a raggiungere per sfasciumi il lago Marginale (2502 mt.) formato dall'acqua che fuoriesce dal ghiacciaio stesso, lo costeggiamo sulla morena e giungiamo ad una fragorosa cascata. Scendiamo un pò avventurosamente sino a giungere ai prati dei laghi: Superiore (2584 mt.) - Grigio (2531 mt.) - Verde (2535 mt.)- Inferiore (2388 mt.). Il terreno che dall'alto ci sembrava compatto è in realtà intriso d'acqua e molte sono le rane che saltellano tra l'erba belle anche le fioriture: Anemoni, Campanule, Sempre Vivo ecc. Ora vediamo su uno sperone la cappella dedicata a San Grato e Santa Margherita, e sappiamo che il rifugio allora è vicino. Dobbiamo salire un ripido pendio erboso per poi ridiscendere verso la forra scavata dal torrente del Rutor, una volta attraversato dobbiamo risalire una ripida fascia rocciosa vi sono numerose segnalazioni di pericolo ma non mi sembra che ve ne siano davvero, forse con le rocce bagnate.... Risalite queste il sentiero passa sotto la cappellina ma a questo punto la visita diventa obbligatoria; si sale alcuni scalini scavati nella roccia e in breve siamo sulla spainata dello sperone dove è stata eretta la cappellina. storia della cappella di Santa Margherita e di San Grato Il ghiacciaio del Rutor, nel corso dei millenni si espanse e si ritirò più volte seguendo i capricci del clima. In particolare tra il XVI e XVII secolo le lingue terminale del ghiacciaio tendevano ad ostruire l'emissario del lago, formando una diga che, per effetto della pressione esercitata dall'acqua e delle più alte temperature estive, cedeva improvvisamente liberando enormi quantità d'acqua, ghiaccio e pietrame che precipitavano rovinosamente su La Thuile, travolgendo ponti, strade, edifici e coltivazioni e facendo straripare in più punti la Dora Baltea nella Valdigne e addirittura nella valle centrale. Le autorità valdostane convocarono vari esperti ma i loro progetti, troppo costosi, non vennero mai realizzati. Non potendo adottare soluzioni tecniche, nel 1603 il Vescovo di Aosta Bartolomeo Ferrero concesse alla comunità di La Thuile di compiere una processione sino al ghiacciaio, con l'ostensione delle reliquie di San Grato, invocato anche contro le inondazioni. Nel luogo in cui erano giunte in processione le reliquie del Santo, in seguito alla visione di un abitante della zona, nel 1606 venne edificata la cappella dedicata ai Santi Grato e Margherita. Malgrado ciò, le inondazioni continuarono per oltre un secolo. Soltanto con i cambiamenti climatici e di conseguenza con il ritirarsi del fronte del ghiacciaio a monte del lago, il problema si risolse e le acque si riversarono su La Thuile, per l'ultima volta e senza produrre danni, nel settembre 1864. La cappella venne ricostruita nel 1924; non lontano sorge il rifugio alpino che, nel corso degli eventi bellici del 1941 , venne ricostruito e dedicato ad Alberto Deffeyes. (Testo tratto dal pannello informativo posto alla frazione di La Joux, all' inizio del sentiero delle cascate del Rutor.) All'interno vi sarebbero affreschi di pregevole fattura ma la stupidità umana arriva anche in alta quota e il risultato si vede sulle pareti affrescate devastate da graffiti fatti sugli stessi nel corso di anni. Riprendendo il cammino giungiamo presto al rifugio dove ci riuniamo alle signore che avevano deciso di restare nelle vicinanze. Pranziamo e passiamo il resto della giornata a conversare o a giocare a carte, fuori imperversa una furiosa tempesta di neve. Presto giunge anche l'ora di cena e come già detto il momento di andare a letto giunge presto e quindi ci apprestiamo per passare un'altra notte al rifugio. Questa volta la notte passa più tranquilla forse per la stanchezza accumulata nei due giorni dormiamo tutti come angioletti, magari qualche russata di troppo ma nel complesso è passata bene. Ci svegliamo alle ore 6,30, per fortuna non nevica più, ma comunque per terra c'è una bella spolverata che ci rende perplessi sul ritorno. Bè adesso facciamo colazione poi si vedrà. Sono le 7,00 e dopo aver rifatto gli zaini salutiamo il gestore e riprendiamo il cammino di ritorno, ritorno che non effettueremo per la via di salita ma per il sentiero n° 15 per Plan Praz. Seguiamo il segnavia n° 3 a ritroso su mulattiera e dopo due tornanti giungiamo alla palina con il bivio con il sentiero n° 15 a quota 2450 mt. Imbocchiamo quest'ultimo da prima scendendo per poi risalire sino ad attraversare un canale. Percorriamo poi una cengia un pò esposta dove vi sono alcuni tratti attrezzati, di cui solo uno, con catene, richiede un pò di attenzione. Oltrepassiamo il contrafforte del mont Lussè e si sbocca sulla Combassa, un selvaggio vallone assolutamente privo di sentieri. scavalchiamo poi lo spallone del Mont Cormet (2490 mt.) e si entra in un vallone successivo , la Comba di Prevè. il percorso ci porta a superare un marcato contrafforte passando nei pressi di un grande cippo di pietra. Il sentiero, poi, scende un canalino sopra le rocce del Bec de Aille. Si prosegue sul sentiero che prosegue con leggeri saliscendi, sotto di noi illuminata dal sole La Thuile. Proseguendo a mezza costa tra detriti raggiungiamo una mulattiera militare dall'alto notiamo i ruderi del ricovero Capitano Sandino, la nostra meta sarebbe stata il Colle della Croce e successivamente Colle S. Carlo ma a questo bivio non vi sono, stranamente indicazioni che ci aiutino, l'unica freccia indica il rifugio Defejes, non sapendo bene dove prendere scendiamo sino al ripiano glaciale dove sorge il rudere Capitano Sandino e quì capiamo che il sentiero giusto era quello che abbiamo tralasciato, di risalire non se ne riparla e decidiamo di scendere sino alla località La Theraz. Entriamo in un fitto bosco di altissimi abeti e con una lunga serie di tornanti in circa un'ora giungiamo a La Theraz (1769 mt.) Questo itinerario ci avrebbe potuto offrire bellissimi panorami sul Monte Bianco ma come detto il tempo non ci è stato amico e sui monti persiste una nuvolaglia insistente. Bè ora il sentiero termina e non ci resta altro da fare che percorrere gli ultimi due Km su strada asfaltata sino al passo di Colle San Carlo. In circa venti minuti vi arriviamo e ci dirigiamo al ristorante la Genzianella dove abbiamo appuntamento con i turisti per un pranzo conviviale. Siamo arrivati prima noi ma non dobbiamo aspettare molto, infatti eccoli che arrivano, sono tutti felici e ci riferiscono che sono stati molto bene e le visite al Lago di Ginevra, Chamonix, Courmayeur e Aosta sono state meravigliose. Ci cambiamo togliendoci di dosso un pò di sudore e bene o male ripuliti prendiamo posto al ristorante dove ci vengono serviti vari tipi di polenta accompagnate da piatti valdostani. Dobbiamo riprendere la via del ritorno e quindi ripartiamo ma non prima di fare una sosta per gli ultimi acquisti di prodotti locali. Posso concludere che è stata una bella gita sia dal punto di vista degli escursionisti che anche se il tempo non ha permesso di effettuare l'escursione programmata siamo stati comunque soddisfatti dagli ambienti che abbiamo visitato e sia dai turisti che dalle loro facce si capiva che avevano passato tre giorni moto belli. |