Questa volta partiamo per
un week and sull'Appennino Tosco Emiliano, l'idea è quella di
salire i monti Cella, Vecchio e Prado per poi ridiscendere al
rifugio CAI Battisti, ma, c'è sempre un ma, vedremo poi che
proprio così non è andata.
Siamo in 6, non molti ma per un'escursione
che prevede l'uso di attrezzatura su terreno difficile, forse è
meglio essere in pochi che in tantissimi. L'escursione parte dal Casone di Profecchia, questa località
è una moderna stazione turistica dell’Appennino (1314 s.l.m.),
che ha iniziato la sua storia recentemente (metà del XIX
secolo),
luogo che nel 1200 era uno dei ritrovi maggiori di
contrabbandieri dell’intero Appennino.
Con la costruzione della
nuova strada di valico, voluta dal Duca di Modena, per
facilitare il commercio fra la Garfagnana e Modena, fino allora
penalizzato dal percorso tortuoso e soprattutto pericoloso in
inverno, dell’antica via medievale, che da Castiglione
Garfagnana giungeva al Passo delle Radici attraversando
S.Pellegrino in Alpe. Durante la costruzione della strada, in
quel breve tratto piano venne edificato un ricovero, in grado di ospitare
gli operai del Duca, oggi accanto a questa prima costruzione se
ne sono aggiunte delle altre, grazie anche alla realizzazione di
alcuni impianti sportivi (pista da sci e campi da calcetto), che
inseriti in una fitta rete di
sentieri di montagna, diretti
verso le vette (Prado, Cusna, Cella....) e i luoghi più belli di
quel tratto dell’Appennino (Lago Santo....), ogni anno in
inverno e in estate sono meta di numerosi turisti appassionati
di montagna.
Lasciata l’auto davanti
all'albergo ci prepariamo ee imbocchiamo poi il Sentiero CAI 54
che
si trova subito sulla sinistra e comincia a salire intersecando
anche una strada forestale, che attraversiamo per due volte
mentre noi proseguiamo sempre per sentiero sino ad a tornare
sulla strada in prossimità del rifugio della forestale, il Monte
Cella,
si tratta di un rifugio delle guardie forestali che viene usato
in estate da pastori. . Siamo partiti
un pò in ritardo in quanto la mancanza di segnalazioni che
indicassero la strada chiusa a causa si una manifestazione
sportiva, giunti a Cerageto dobbiamo per forza tornare a
Castelnuovo di Garfagnana e riprendere la strada per Chiozza e
passare per San Pellegrino in Alpe e il Passo delle Radici,
allungando notevolmente. E adesso sentiamo i primi morsi
della fame quindi approfittando del riparo che ci offre il
ricovero approfittiamo per pranzare. Ci fermiamo ben poco e
riprendiamo subito la salita verso Bocca di Massa.
Proseguiamo sui tondeggianti pendii sud occidentali del
crinale principale e cominciamo la salita verso la cresta
attraverso Bocca di Massa (m.1816) che raggiungiamo per pendii
aperti con una breve traversata in direzione nord. Appena
arrivati sul
crinale un vento gelido ci attanaglia, facciamo anche molta
fatica a vestirci, il vento ci fà correre il rischio di farci
volare via tutto quanto, un'impresa è anche quella di
dismetter le ciaspole per i ramponi. Dobbiamo prendere una
decisione, che facciamo? Ci avventuriamo sulle creste con questo
forte vento o scegliamo un'altro percorso per raggiungere la
nostra meta? Decidiamo per il sentiero, o dove dovrebbe
passare il sentiero 633 scendendo in direzione nord ovest; e
adesso viene il bello! Inizialmente sembra una piacevole
passeggiata con le ciaspole, scendiamo in un bel vallone
immacolato sotto le pareti del Vecchio e del Cella, ma poi ci
accorgiamo che stiamo scendendo troppo, segna via non se ne
trovano e ci aiutiamo con una traccia sul gps che non sempre ci
è comprensibile, in inverno, con la neve, cambia proprio tutto!
Discese e salite su una neve marcia, dobbiamo attraversare
torrenti e poi....i traversi su pendii vertiginosi e la neve
sempre più pesante. Ci alterniamo, almeno i maschietti, ad
aprire la traccia ma la quantità e la qualità della neve ci
rendono il cammino veramente difficile. Finalmente dopo
un'ultimo e interminabile traverso passiamo sotto il Sassofratto
e il monte Cipolla ed ecco davanti a noi il Passo di Lama Lite.
davanti è davanti ma ancora c'è una bella salita da affrontare
per salire sino al passo. Quando lo raggiungiamo orami le ombre
della sera stanno calando su questi monti e verso il mare
abbiamo un bel rosseggiare del tramonto. Siamo stanchi e
bagnati, tanto che non individuiamo subito il sentiero che porta
al rifugio Battisti ma poi indossate le lampade frontali ci
orientiamo meglio e in pochissimi minuti siamo davanti alla
porta del confortante Rifugio Battisti. Se interessati alla
storia del rifugio battisti seguire questo link -
Storia -
Il rifugio conta 39 posti letto, distribuiti in camere
più o meno grandi (da 3 a 12 posti letto ciascuna), ed è dotato
di due bagni di cui uno attrezzato per disabili. Sul retro sono
presenti anche una legnaia e un locale invernale con 8 posti
letto.
I posti a sedere sono all’interno 65,
distribuiti in due ampie sale fornite di stufe a legna, e durate
l’estate il rifugio dispone di una distesa estiva da cui è
possibile godere di un ottimo panorama.
L’acqua è servita da
due fonti, una situata a quota superiore del rifugio e l’atra a
quota inferiore, e l’energia elettrica è totalmente assicurata
da un impianto fotovoltaico. Il rifugio possiede inoltre
telefono con ponte radio. Ci affrettiamo ad entrare, siamo
infreddoliti e stremati, ci liberiamo di ramponi, scarponi e
calze bagnate che mettiamo subito ad asciugare su un
provvidenziale stendino posto sopra una bella e calda stufa,
dopo preso posto nella camera ci tuffiamo nella sala a noi
riservata per la cena. Antipasto insolito di castagne
arrostite, le mondine, con vin brûlé che ci riscalda subito lo
spirito e il corpo, a seguire pizzoccheri e polenta con
salsiccia, due buon litri di vino, caffè e ammazza caffè. La
stanchezza e il freddo ormai sono scomparsi e ci ritroviamo alle
23:00 che siamo ancora a chiacchierare, il vino e la grappa ci
hanno sciolto la lingua. Comunque ci rendiamo conto che è meglio
se andiamo a riposare. Riusciamo a passare una notte
tranquilla e abbastanza riposante e al mattino siamo pronti, più
o meno, ad affrontare una nuova giornata. Una bella e
abbondante colazione, gli ultimi preparativi per riassettare gli
zaini, salutiamo il gestore e via si riparte. Ci riportiamo
verso Lama Lite e seguiamo per il Lago Bargetana con l'idea di
salire al Prado ma subito i rendiamo conto che da quì non c'è
passato nessuno, non vi sono tracce, la neve è molta e pesante,
bagnata e il vento spira ancora forte. Valutiamo lo stato del
gruppo e decidiamo di abbandonare l'idea e scendere verso il
rifugio Segheria all'Abetina Reale. Torniamo al Passo di
Lama Lite e prendiamo il sentiero 605/633 che scende appunto
all'Abetina Reale. Guardiamo da dove siamo passati il giorno
prima e notiamo una cosa che ci inquieta: la traccia sulla neve
che abbiamo lasciato è interrotta da ul largo fronte di una
slavina, da distante sembrava poca cosa ma quando ci siamo stati
davanti abbiamo visto quanto può essere pericoloso camminare su
pendii così pronunciati. Bè ci è andata bene perché questa si
deve essere staccata appena dopo che siamo passati. Scendiamo
sulla neve che sente già il calore ed è sempre più bagnata e
pesante, necessariamente abbiamo le ciaspole ai piedi. Dopo
aver percorso il sentiero costeggiando le pendici del Prado, lo
Sprone del monte Prado, entriamo nel folto dell'Abetina Reale,
in realtà un misto di faggi e abeti.
"L'Abetina Reale, che occupa il
lato destro dell'Alta Valle delle Dolo, fino al crinale
appenninico al confine con la Garfagnana, è una delle
foreste di conifere che, nell'Appennino Settentrionale,
sopravvivono come popolazioni autoctone relitte delle epoche
a clima più freddo.
A questa particolarità
botanico-ambientale, ci unisce la nota storia di questa area
boscasa: già feudo dei Canossa, diventa nel 1415
possedimento degli Estensi, i quali cominciano quello
sfruttamento di legname che ha segnato queste foreste fino
al XX secolo. La famiglia degli
Este,
infatti, costruisce qui la prima segheria idraulica in
occasione della costruzione della fortezza di Castelnuovo in
Garfagnana, nel '600.
Dopo un periodo di attenuazione
dell'attività, nella prima metà dell'800 la segheria viene
ricostruita e l'abbattimento degli alberi si intensifica,
soprattutto a spese dell'abete bianco: si tratta di una
selvicoltura di rapina incrementata dalla realizzazione di
una teleferica per il trasporto dei tronchi verso la
Garfagnana.
Nel 1977 l'Abetina Reale è stata
definitivamente acquistata dalla Regione Emilia Romagna e,
oggi, è un
Sito di Interesse Comunitario,
oltre ad essere parte del Parco Nazionale dell'Appennino
Tosco-Emiliano.
Tra i nuclei spontanei di
preziosi e slanciati abeti bianchi secolari, coesistono
esemplari di impianto antropico, derivati dall'attività
economica legata alla segheria, mentre intorno si estendono
le foreste di abete rosso ed altre conifere, frutto di
successivi rimboschimenti.
L'Abetina, dunque, dietro
l'aspetto semplice e malinconico di un bosco, ci racconta la
vicissitudini storiche che l'hanno resa tale: dai resti dei
boschi millenari postglaciali, al taglio e reimpianto di
coltivazione, ai più recenti interventi di rimboschimento."
( dal sito
http://www.parcoappennino.it
)
Percorriamo quella che intuiamo essere
una strada, ogni tanto dove la neve è scarsa si intravedono dei
selciati di questa vecchia strada che veniva usata per
tarsportare la legna.
Man mano che scendiamo la neve
diminuisce sempre di più e ci togliamo le ciaspole giunti
in prossimità di un bel laghetto artificiale per la produzione
dell'energia elettrica, le acque alimentano una centralina
idroelettrica nei pressi del rifugio Segheria compiendo un salto
di 80 mt e con una portata di 30litri al secondo
Seguiamo
i segnavia che ogni tanto escono dalla via principale per poi
rientrarci ed eccoci siamo arrivati al rifugio Segheria.
Il Rifugio prende il nome dall'antica
segheria costruita alla fine del XV secolo dal Ducato Estense e
rimasta in funzione, con importanti passaggi proprietari, fino
alla fine degli anni sessanta. E'
situato nella parte intermedia della valle del fiume Dolo, nel
cuore dell'Abetina Reale, zona posta sul confine tra la Toscana
e l'Emilia Romagna, delimitata dal massiccio del Monte Prado.
Si compone di tre edifici: quello principale dove alloggia la
famiglia che gestisce il rifugio e dove si trova la sala
ristorante, quello secondario, ex casa del custode,
ristrutturato per gli alloggi dei clienti; tra i due una piccola
chiesa. Vi sono a disposizione di chi pratica turismo a
cavallo una stalla con 8 poste e box coperti con 4 poste. E'
un bellissimo posto e l'aria è tiepida quindi ne approfittiamo
accomodandoci ai tavoli all'aperto e ordiniamo porzioni per ogni
tipo di torta che hanno. I panini ce li abbiamo, prendiamo anche
qualche birra e chi stà meglio di noi? Dopo una lunga e
piacevole pausa a malincuore riprendiamo il cammino.
Seguiamo le indicazione per Passo delle Forbici, sentiero n°
681, che viene indicato raggiungibile in 45 minuti percorrendo
la strada realizzata nei primi anni del XX secolo per il
trasporto della legna tagliando i pendii settentrionali del M.te
Cella e M.te Vecchio. Il posto è bello ma la lunga strada nel
bosco senza panorami alla fine diventa monotona e sempre uguale
e il sospirato passo sembra non arrivare mai. Ma con un pò di
pazienza giungiamo anche qui dove vi è un vecchio oratorio e un
monumento in ricordo di partigiani caduti nell'ultima guerra.
Seguiamo poi a destra, proseguendo dritto si prenderebbe per
il Passo del Giovarello e il passo delle Radici, sempre su
strada forestale ancora per qualche km, tralasciamo una
deviazione a sinistra che scende a Profecchia e prendiamo quella
di destra che sale leggermente sino ad rincrociare il sentiero
54 che ci riporta al Casone di Profecchia.
Dopo esserci un po'
riassettati e cambiato scarpe
e calze fradice entriamo nel bar per un bel brindisi alla belle giornate
trascorse, e un gradito scambio di
impressioni ed opinioni concludono un'esperienza gratificante
anche se l'escursione non si è svolta proprio come è stata
programmata, ma che importa, l'importante è condividere la
esperienze e le belle sensazioni che si provano immergendoci
in ambienti come questi con amici unici e formidabili.
Alla prossima!
Avvertenza: Questa non vuol
essere una guida esaustiva di ciò che descrive (può contenere
errori di ogni genere), ma solo divulgativa e nessuno può
attribuire responsabilità di alcun genere al proprietario del
sito o all' autore di questa pagina.
Per maggiori informazioni e per i
pernottamenti si possono trovare nelle librerie e nei negozi
specializzati guide fondamentali e mappe dei sentieri sopra
citati.
Foto
escursione
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