Ennio Navari: un profilo

Nato a Pietrasanta (Lucca) nel 1931 e rimasto orfano di entrambi i genitori in età giovanissima, non poté compiere studi regolari e completi. Al fianco del padre, scultore e ritrattista, si avvicinò molto presto ai segreti di quello che in seguito diventò il suo mestiere. Nel raccontare il suo passato, Ennio Navari, rammenta sempre che fra i suoi primi apprendimenti, vi fu quello relativo all'uso dello " spumino ", un rotolino di carta da zucchero occorrente per sfumare i disegni a carboncino. La lavorazione del marmo, profondamente radicata nella tradizione del luogo, aveva attirato inizialmente anche il giovane Navari. che poi, però, si dedicò al metallo. A diciotto anni infatti trovò lavoro presso la bottega del fabbro Edgardo Santini, dove venne iniziato alla lavorazione del bronzo e del ferro, principalmente con la tecnica dello sbalzo.
Il rinnovamento della chiesa segnato da Papa Giovanni XXIII, le conseguenti riforme liturgiche e le nuove esigenze della committenza, contribuirono a determinare anche per gli scultori di Pietrasanta un difficile periodo di ricerca di nuovi orientamenti.
Per Navari si aprì un ciclo nuovo: chiusa la bottega del santini. continuò con la sua attività presso la fonderia " Mariani e  Belfiore ", dove fece valere straordinarie doti di inventore di patine per il bronzo. L'operazione di patinatura viene effettuata utilizzando acido a caldo. Navari si è reso famoso per la sua abilità nel creare miscele nuove, in grado di conferire al metallo inedite tonalità coloristiche.
Nel lungo periodo trascorso alla fonderia artistica, le soddisfazioni non mancarono al Navari, il quale entrò in contatto con artisti rinomati, quali Giò Pomodoro, Pietro Cascella, Fernando Botero, Franco Begonzi, Igor Mitoraj, Helaine Blumenfeld, ed atri ancora: tutti gli espressero riconoscimenti lusinghieri

 

 

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Il presente profilo dell'artista intende soprattutto privilegiare e mettere in luce l'attività pittorica del Navari, aspetto poco conosciuto e forse  non sufficientemente presente all'attenzione della critica. La notorietà raggiunta dal pietrasantino nel campo della tecnica della patinatura ha probabilmente oscurato o relegato quasi in secondo piano la sua pittura. Tuttavia, il suo eclettismo artistico, lungi dall'essere un difetto, merita di essere esplorato ed attentamente valutato, poiché i risultati raggiunti dall'artista sono notevoli.
Enni Navari, si propone come abile artigiano ed artista di statura non comune. Nell'atelier dove abitualmente lavora, situato nel Vicolo Lavatoi a Pietrasanta, si trovano quelli oggetti occorrenti all'artigiano: bottiglie di varie cromie, martelli, la fiamma a gas, l'incudine, sono molte poi le espressioni artistiche che al visitatore è dato di osservare: sculture, talune anche i legno, e tele. A proposito delle quali occorre subito dire che l'artista non appare legato ad una corrente particolare: non è forse fuori luogo definirlo un pittore " spontaneo " che si presenta outsider nel panorama artistico contemporaneo, imponendovi la sua esplosiva personalità .
La possente individualità manifestata dall'artista toscano nelle sue opere pittoriche trova sorgenti nelle movenze, nei sortilegi e negli incantesimi strettamente congiunti con l'inconscio onrinico. Si avverte fortemente che il pietrasantino intende insieme esprimere tanto le sensazioni più segrete e riposte nel suo animo, come tutto il terribile groviglio di problemi morali e sociali che l'uomo d'oggi deve imbattersi ad affrontare, senza dimenticare le reazioni del tutto personali di fronte a ciò che di più triste e lacerante la storia ha impresso nel Navari come uomo prima che nel Navari artista. Lo denuncia con evidente chiarezza il dolore, presente in ogni suo quadro, le cui origini si trovano anche e specialmente nel massacro perpetuato dai nazisti in terra toscana durante l'estate del 1944. Fu in questa tragica circostanza che l'artista perse il padre.

 

 

 

 

 

La coscienza allucinatoria e la sensibilità  quasi visionaria e primordiale di Ennio Navari conducono all'evocazione di demoni: nessun'altra sfera della vita umana infatti è così strettamente legata alle dimensioni metaforiche dell'arte figurativa come il sogno e il ricordo. La sua pittura appare onrinicamente presagita, a volte angosciosa, agghiacciante, comunque sempre avvolta in un'ala di mistero il cui segreto soltanto l'artista conosce a fondo, malgrado egli sappia rivelarlo quasi con perfetta lucidità non proveniente dall'intelletto o ragionata, che prende avvio nell'istinto innato ed ancestrale e che costituisce la cifra dell'intera opera del toscano.
Sartre ha affermato che nella pura, nella condizione dell'uomo ad essere esposto, l coscienza afferra la sua libertà. Navari capisce tale concetto e lo fa suo. Conduce una vita semplice, austera, in pienezza anteriore, e la traduce con i mezzi dell'arte. Molte opere sono non a caso a carattere religioso, come il bellissimo bassorilievo dell'ultima cena (Collezione privata, Lugano), scolpito con competenza e splendido dominio della materia: sembrerebbe che Navari sia spinto, in un certo senso, dal proposito di riannodare la continuità artistica che si tramanda da padre in figlio, drammaticamente interrotta nel caso personale; come pure dal bisogno di ricercare un senso nella sofferenza che affligge l'umanità. Nel complesso, l'elaborazione intorno al "male" , viene trasmessa dall'artista pietrasantino senza condanna. La compassione, la pietas, sono le armi con cui affronta la realtà. Le figure della sofferenza che compaiono nei dipinti di soggetto religioso; quelle infauste del patimento e della morte devastatrice ma forse anche della mors esotericamente ianua vitae, che con le immagini di templi e di soli lucenti si affacciano in opere di altro contenuto, diventando per il Navari emblema del dolore universale e cosmico, ma indicano anche il fondarsi di una speranza di purificazione e di salvezza. Il significato dell'opera nata come esigenza personale ed interiore assume quindi proporzioni collettive.
Nel modo di rivelarsi all'osservatore, Navari parrebbe mosso così dal  desiderio denunciare apertamente e con forza il detrimento morale del mondo, come pure dall'intento di liberarsi intimamente dal peso del passato: senza l'intenzione di affidare ai suoi dipinti un messaggio particolare. E, in contrasto con la sua concezione rigorosa di vita, in molte tele, l'interpretazione simbolica affidala all'uomo " in pericolo " viene tradotta in forme e motivi che si ripetono all'interno di un horror vacui. Sono animali diabolici che a volte simboleggiano il peccato, a volte hanno funzione apotropaica; satiri ironicamente incuranti dell'avvenire del mondo; streghe che raffigurano le potenze oscure dell'inconscio; girovaghi in preda al panico; ricorrenti rappresentazione elementari del sesso, a disegnare il manifestarsi del male. A tale riguardo occorre precisare che una delle fonti ispiratrici principale della fantasia dell'artista è il pittore fiammingo Hieronymus Bosch (1450 ca. - 1516).
Navari appartiene alla cerchia di artisti che si appropriano, privatizzando per così dire, simboli o miti universali, facendone un idioletto, ma lasciando una traccia, identificabile almeno dall'osservatore più attento, che permette la percezione dei contenuti più profondi, riconducibili probabilmente alle cause che hanno scatenato lo sfogo dell'artista. La presenza del mithos non nasce, come in alcune tele di Picasso da una visione voluttuosa e trasgressiva; non c'è evocazione fabulistica, le persone mitiche non sono semplicemente usate o divengono pretesto. Navari non crede nei fauni o nelle ninfe silvestri e neppure  è "mitico" in quanto evocatore di remote figure emblematiche: si serve di questa " strumentazione " simbolica e mitologica per trasferirvi i contenuti che gli stanno più a cuore, ed 
 

 

esprimere il suo pensiero drammatico in modo libero e certamente non convenzionale. Il discrimine talora fortemente evidente tra latavismo del pietrasantino e le forme con cui si esprime trova parallelismo nelle opere pittoriche. In esse si riscontra chiaramente e tragicamente, come , assieme alla volontà di ribellione, cresca il senso di impotenza dell'uomo nei confronti dei mali di cui il mondo è vittima. Non vi è mestizia e, una volta esaurita l'energia necessaria per esternare il suo malessere, l'artista non è più possibile affidare alla sfera ctònia traslata nei suoi dipinti un segnale qualsiasi sia esso proposta di rinnovamento oppure portatore di pace e serenità.

 

 

Navari comunica le sue tensioni e le passioni terrene attraverso produzioni artistiche, talvolta senza neutralizzarne gli effetti. Il raggiungimento della sublimazione estetica nel processo creativo risulta così difficile. Il  "rifugiarsi" nell'arte e la convinzione dell'artista nell'immagine che dei propri impulsi e intuizioni potesse farsene un'idea tanto precisa, sono elementi che trovano sbocco nella pittura del Navari, e da questo intreccio, forse, nasce espressività di questo particolare pittore


 


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